Primo piano sulle mani di uno studente di chiropratica che eseguono una manipolazione spinale su un manichino, una mano appare sicura, l'altra leggermente incerta, illuminazione drammatica da studio con ombre definite, obiettivo macro 90mm, alta definizione dei dettagli della pelle e del manichino, focus selettivo sulle mani.

Mani Sicure, Ma Davvero Abili? Il Dilemma degli Studenti di Chiropratica tra Fiducia e Competenza

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi affascina molto nel mondo della formazione sanitaria, in particolare quella chiropratica: il rapporto, a volte un po’ ingannevole, tra fiducia e competenza. Sappiamo tutti che per un professionista della salute sentirsi sicuro di sé è importante, ma lo è ancora di più saper fare davvero bene il proprio lavoro, giusto? Ecco, nel campo della chiropratica, dove la Terapia Manipolativa Spinale (SMT) è una delle abilità fondamentali, questo binomio diventa cruciale.

Recentemente mi sono imbattuto in uno studio davvero interessante (una rianalisi di dati già raccolti, per essere precisi) che ha cercato di capire quali caratteristiche degli studenti – come sesso, altezza, peso, anno di studio o esperienza pratica – influenzano la loro fiducia e la loro reale capacità di applicare la giusta forza durante una manipolazione spinale. Perché è importante? Perché capire questo può aiutarci a creare percorsi formativi più efficaci e personalizzati.

Lo Studio: Mettere alla Prova Mani e Menti

Immaginatevi la scena: 149 studenti di chiropratica, dal primo al terzo anno, messi alla prova. Il loro compito? Eseguire delle manipolazioni su un manichino speciale, posizionato su un tavolo super tecnologico chiamato FSTT® (Force-Sensing Table Technology), capace di misurare ogni dettaglio della forza applicata. Dovevano raggiungere tre livelli di forza di picco specifici (200 N, 400 N e 800 N – Newton, l’unità di misura della forza), mantenendo un certo precarico (la forza applicata prima della spinta vera e propria) e con un tempo di esecuzione rapidissimo (sotto i 150 millisecondi).

Prima di iniziare, a ogni studente è stato chiesto: “Quanto ti senti sicuro di riuscire a fare questa cosa?”. Hanno risposto usando una scala visiva, da “per niente sicuro” a “completamente sicuro”. Poi, via alle prove pratiche, con il tavolo che registrava implacabilmente la loro reale performance: forza di precarico, forza di picco raggiunta e tempo impiegato. L’obiettivo era vedere chi riusciva a centrare i bersagli richiesti.

Chi si Sente Più Sicuro? Questione di Genere ed Esperienza

E qui iniziano le scoperte intriganti. Chi si sentiva più sicuro? Beh, i risultati parlano chiaro:

  • I ragazzi tendevano ad avere molta più fiducia rispetto alle ragazze, specialmente quando si trattava di applicare le forze più elevate (400 N e 800 N).
  • Gli studenti degli anni successivi (secondo e terzo anno) mostravano generalmente più sicurezza rispetto alle matricole del primo anno. Comprensibile, hanno più ore di pratica alle spalle.
  • Anche il tempo passato ad esercitarsi specificamente sul tavolo FSTT® sembrava aumentare leggermente la fiducia.

Interessante notare che, inizialmente, anche peso e altezza sembravano legati a una maggiore fiducia, ma analizzando i dati più a fondo, solo il peso è rimasto un fattore significativo per sentirsi sicuri con la forza più alta (800 N). L’età, invece, non sembrava fare una grande differenza.

Ritratto di uno studente di chiropratica maschio e una studentessa femmina, fianco a fianco in un laboratorio di pratica, entrambi con espressioni che riflettono diversi livelli di confidenza, obiettivo prime 35mm, duotono blu e grigio, profondità di campo media.

Ma la Fiducia si Traduce in Abilità? Non Sempre…

Ed ecco il punto cruciale: sentirsi sicuri significa anche essere bravi a farlo? La risposta è… dipende.
Se da un lato i ragazzi e gli studenti più avanti negli studi non solo si sentivano più sicuri, ma erano effettivamente più bravi a eseguire la manipolazione velocemente (sotto i 150 ms) e avevano maggiori probabilità di raggiungere la forza target più alta (800 N), le cose si complicano per le altre misurazioni.

Infatti, per quanto riguarda la capacità di mantenere costante il precarico o di centrare esattamente le forze più basse (200 N e 400 N), non sono emerse differenze significative legate al sesso o all’anno di studio. Sembra quasi che la velocità e la forza bruta siano più influenzate da questi fattori, mentre la precisione e il controllo a forze inferiori siano un’altra storia.

Un altro dato interessante riguarda l’altezza: gli studenti più alti (indipendentemente dal sesso) avevano più probabilità di riuscire a generare la spinta da 800 N. Questo ha senso, la leva fisica può aiutare. Ma la scoperta forse più spiazzante è legata all’esperienza sul tavolo FSTT®: sebbene passare più ore in laboratorio aumentasse la fiducia, questo non si traduceva automaticamente in una maggiore competenza nel raggiungere gli obiettivi di forza e tempo. È come dire: “Mi sento più sicuro perché mi sono allenato tanto”, ma poi, alla prova dei fatti, la performance non migliora di pari passo su tutti i fronti.

Il Gap tra Fiducia e Competenza: Un Rischio da Non Sottovalutare?

Questa discrepanza tra come ci si sente e come si agisce è un tema caldo. Da un lato, è positivo che l’esperienza aumenti la fiducia, perché in clinica serve sentirsi sicuri per interagire con i pazienti. Dall’altro, però, c’è il rischio dell’eccesso di fiducia. Se uno studente, magari maschio e al terzo anno, si sente super sicuro ma in realtà non modula la forza come dovrebbe, potrebbe applicare troppa forza (rischio per il paziente) o troppo poca (inefficacia del trattamento)? È una domanda aperta, ma lo studio suggerisce che i programmi formativi dovrebbero concentrarsi non solo sull’insegnare la tecnica, ma anche sull’aiutare gli studenti a calibrare realisticamente la propria autovalutazione.

Pensiamoci: gli studenti, nonostante l’allenamento con la tecnologia FSTT®, facevano fatica a raggiungere gli 800 N e si sentivano meno sicuri nel farlo. Questo è un po’ preoccupante, perché in alcune situazioni cliniche quella forza potrebbe essere necessaria. Forse le attuali strategie di insegnamento non sono sufficienti per tutti, specialmente per raggiungere livelli di forza più elevati?

Un grafico astratto che mostra due linee divergenti su uno sfondo scuro, una linea rappresenta la fiducia crescente (magari in blu) e l'altra la competenza che si stabilizza o cresce più lentamente (magari in rosso), simboleggiando il gap tra le due, illuminazione d'accento sulle linee.

Verso una Formazione Più Su Misura

Cosa ci portiamo a casa da tutto questo? Che la strada per diventare un bravo chiropratico non è uguale per tutti. Fattori come il sesso, l’anno di studio e persino l’altezza possono influenzare sia la percezione di sé che la performance reale, soprattutto per certi aspetti della manipolazione. L’esperienza conta per la fiducia, ma non basta da sola a garantire la competenza su tutta la linea.

Questo studio, pur con i suoi limiti (è stato fatto in un solo college, con un campionamento non casuale, e non può dirci come le cose evolvono nel tempo), lancia un messaggio importante agli educatori: bisogna pensare a strategie di insegnamento più personalizzate. Forse le studentesse o gli studenti più bassi hanno bisogno di tecniche o supporto specifici per generare forze maggiori in sicurezza? Forse bisogna lavorare di più sull’allineamento tra fiducia percepita e competenza reale, magari con feedback più mirati o workshop sulla calibrazione della fiducia?

La ricerca futura dovrà approfondire questi aspetti, magari seguendo gli studenti nel tempo, anche quando iniziano a lavorare con pazienti veri. L’obiettivo finale è formare professionisti che non siano solo tecnicamente competenti, ma anche consapevoli delle proprie capacità, capaci di adattare la tecnica al paziente e, ovviamente, sicuri di sé nel modo giusto. Un equilibrio delicato, ma fondamentale per la salute dei pazienti.

Un docente di chiropratica mostra una tecnica di manipolazione specifica a una piccola classe di studenti attenti, l'ambiente è un'aula pratica ben illuminata, obiettivo zoom 50mm, focus sull'interazione didattica e l'apprendimento personalizzato.

Insomma, la prossima volta che pensiamo a un’abilità manuale complessa come la manipolazione spinale, ricordiamoci che dietro quelle mani c’è un mondo fatto non solo di tecnica, ma anche di percezioni, esperienze individuali e un continuo dialogo tra il sentirsi capaci e l’esserlo davvero. E la sfida, per chi insegna, è proprio quella di far convergere questi due aspetti.

Fonte: Springer

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