Fotografia paesaggistica grandangolare, 15mm, di campi coltivati sull'altopiano tibetano al tramonto, con il terreno scuro e fertile in primo piano e le montagne illuminate sullo sfondo. Messa a fuoco nitida, colori caldi, lunga esposizione per cielo suggestivo.

Fertilizzanti Organici in Tibet: Meno Gas Serra, Ma Occhio all’Azoto!

Ciao a tutti, appassionati di scienza e curiosi del nostro pianeta! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che tocca da vicino le nostre tavole e l’aria che respiriamo: l’agricoltura e il suo impatto ambientale. Sapete, per far crescere il cibo che mangiamo, spesso usiamo fertilizzanti chimici. Funzionano, certo, ma hanno un “lato oscuro”: possono rilasciare nell’atmosfera un gas serra potentissimo, il protossido di azoto (N2O). Pensate che è quasi 300 volte più impattante della CO2 sul riscaldamento globale nel lungo periodo! L’agricoltura, proprio a causa di questi fertilizzanti, è responsabile di circa un quarto delle emissioni globali di N2O. Mica poco, eh?

Ecco perché scienziati e agricoltori cercano alternative più “verdi”. Una delle strategie più promettenti è quella di sostituire parzialmente i fertilizzanti chimici (CF) con quelli organici (OF), come il compost o il letame. L’idea è semplice: nutrire il suolo in modo più naturale, migliorare la sua fertilità e, si spera, ridurre quelle fastidiose emissioni di N2O.

La Sfida Tibetana: Un Esperimento sul Tetto del Mondo

Ma funziona davvero? E come? Per capirlo meglio, un gruppo di ricercatori ha condotto un esperimento affascinante, e lo ha fatto in un luogo incredibile: l’altopiano tibetano. Hanno preso del terreno agricolo locale (un tipo sabbioso-limoso) e hanno simulato diverse condizioni di fertilizzazione in laboratorio, in un processo chiamato “incubazione”.

Hanno confrontato un controllo senza fertilizzanti (CK), un trattamento con solo fertilizzante chimico (N, urea), e quattro trattamenti in cui il 40% dell’azoto chimico veniva sostituito con diversi fertilizzanti organici tipici della zona:

  • Compost (CP): un mix di letame di yak, paglia di Qingke (orzo tibetano) e letame di pecora, compostato aerobicamente.
  • Letame di Yak (YD): essiccato all’aria.
  • Paglia di Qingke (QS).
  • Letame di Pecora Tibetana (SD).

L’obiettivo? Vedere come queste diverse “ricette” influenzassero le emissioni di N2O e cosa succedesse ai processi chiave nel suolo, come la nitrificazione (la trasformazione dell’ammonio in nitrato) e la denitrificazione (la trasformazione dei nitrati che può produrre N2O, ma anche innocuo azoto gassoso N2). Hanno monitorato le emissioni di gas per 85 giorni e analizzato il suolo e i microbi presenti.

Risultati Sorprendenti: Meno N2O, Ma Non Sempre!

E qui arrivano i risultati interessanti! La buona notizia è che, rispetto all’uso esclusivo di fertilizzanti chimici (N), la maggior parte delle sostituzioni organiche ha funzionato alla grande nel ridurre le emissioni cumulative di N2O:

  • Il Compost (CP) è stato il campione assoluto, riducendo le emissioni del 53,43%!
  • La Paglia di Qingke (QS) ha ottenuto una buona riduzione del 25,96%.
  • Il Letame di Pecora (SD) ha contribuito con un calo del 16,64%.

Ma c’è stato un colpo di scena: il Letame di Yak (YD), usato da solo (mescolato con urea), ha fatto l’esatto contrario! Ha aumentato significativamente le emissioni di N2O, addirittura del 115% rispetto al solo fertilizzante chimico. Un risultato che fa riflettere sull’importanza di come trattiamo i materiali organici prima di usarli.

Scatto macro con obiettivo da 85mm su terreno agricolo tibetano fertile con materia organica visibile, come piccoli pezzi di compost e paglia, illuminazione controllata laterale che evidenzia la texture granulosa del suolo sabbioso-limoso. High detail, precise focusing.

Dentro la “Scatola Nera” del Suolo: Microbi al Lavoro

Ma perché queste differenze? I ricercatori hanno scavato più a fondo, analizzando i microbi del suolo e i geni responsabili delle trasformazioni dell’azoto. Hanno scoperto che le emissioni di N2O sembrano essere regolate principalmente dai processi di denitrificazione.

Un gene chiave in questo processo, chiamato nirS, è risultato essere un ottimo indicatore delle emissioni cumulative di N2O. Nei trattamenti con compost, paglia e letame di pecora, l’abbondanza di questo gene (e di un altro simile, nirK) era generalmente più bassa rispetto al trattamento con solo chimico, suggerendo una minore produzione potenziale di N2O.

Per quanto riguarda la nitrificazione, sembra che i principali attori in questo suolo tibetano siano degli archeobatteri specifici (quelli con il gene AOAamoA), piuttosto che i batteri più comuni (AOBamoA). La sostituzione organica tendeva ad aumentare gli AOA e diminuire gli AOB rispetto al solo fertilizzante chimico.

Un altro gene importante è nosZ, responsabile dell’ultimo passo della denitrificazione: trasformare il N2O in innocuo N2. Indovinate un po’? Il trattamento con Compost (CP), quello che riduceva di più le emissioni, aveva anche la più alta abbondanza del gene nosZ! Questo suggerisce che il compost non solo potrebbe produrre meno N2O, ma anche favorire la sua eliminazione trasformandolo in N2. Al contrario, il letame di Yak (YD), che aumentava le emissioni, aveva livelli più bassi di nosZ. Bingo!

Il Rovescio della Medaglia: Il Rischio Nitrati

Sembra tutto fantastico, vero? Meno gas serra, suolo più felice… Ma c’è un “ma”. Durante l’esperimento, i ricercatori hanno notato un accumulo significativo di nitrati (NO3−–N) nel suolo, specialmente nelle fasi finali dell’incubazione, anche quando le emissioni di N2O erano basse.

Questo è un campanello d’allarme. I nitrati sono molto solubili in acqua e possono essere facilmente “lavati via” dal suolo (un processo chiamato lisciviazione). Se finiscono nei fiumi o nelle falde acquifere, possono causare problemi di inquinamento (eutrofizzazione) e rappresentare un rischio per la salute. Quindi, anche se riduciamo le emissioni di N2O, potremmo involontariamente aumentare il rischio di perdere azoto prezioso dal campo e inquinare le acque. È un equilibrio delicato.

Immagine concettuale fotorealistica che illustra il ciclo dell'azoto nel suolo tibetano. Si vedono molecole stilizzate di NH4+, NO3-, N2O e N2 che interagiscono con rappresentazioni di microbi (AOA, AOB, batteri denitrificanti con geni nirS e nosZ visibili). Effetto macro 100mm, illuminazione controllata che crea profondità e mette in risalto le interazioni chimiche e biologiche.

Cosa Impariamo da Tutto Questo?

Questa ricerca ci dice cose molto importanti. Primo, sostituire parzialmente i fertilizzanti chimici con quelli organici può essere una strategia efficace per mitigare le emissioni di N2O dai terreni agricoli, almeno in condizioni simili a quelle tibetane.

Secondo, non tutti i fertilizzanti organici sono uguali. Il compost, ottenuto da un mix ben gestito di letame e residui vegetali, sembra essere l’opzione migliore, riducendo le emissioni e forse anche favorendo la trasformazione del N2O in N2. L’uso diretto di letame non trattato, come quello di yak, potrebbe invece peggiorare la situazione delle emissioni. Questo forse spiega perché tradizionalmente in Tibet si usa più il letame di pecora come fertilizzante e quello di yak come combustibile!

Terzo, dobbiamo stare attenti al rischio di lisciviazione dei nitrati. Ridurre un problema (N2O) non deve crearne un altro (inquinamento da nitrati). Servono strategie integrate, magari combinando la sostituzione organica con altre tecniche, come l’uso di inibitori della nitrificazione, per tenere sotto controllo l’intero ciclo dell’azoto.

La ricerca sottolinea l’importanza del compostaggio: trattare adeguatamente i materiali organici prima di usarli in campo sembra cruciale per massimizzare i benefici ambientali. Il co-compostaggio di letame animale e residui colturali ha un potenziale davvero notevole.

Ovviamente, questo era uno studio di laboratorio. Serviranno ulteriori ricerche sul campo per confermare questi risultati e considerare altri fattori ambientali tipici dell’altopiano tibetano, come i cicli di gelo-disgelo, che possono influenzare notevolmente il ciclo dell’azoto e le emissioni.

Ma il messaggio chiave è chiaro: possiamo rendere l’agricoltura più sostenibile scegliendo le giuste strategie di fertilizzazione. La sostituzione organica, specialmente con compost di qualità, è un passo nella direzione giusta, ma richiede attenzione e gestione oculata per evitare effetti collaterali indesiderati. Un’altra tessera nel complesso puzzle della sostenibilità agricola!

Paesaggio grandangolare con obiettivo 20mm di terreni agricoli terrazzati nella valle di Lhasa, Tibet. Il cielo è azzurro intenso con qualche nuvola bianca. In lontananza si vedono le montagne brulle tipiche dell'altopiano. Messa a fuoco nitida su tutto il paesaggio, luce solare chiara che illumina i campi verdi e marroni. Long exposure effect per rendere le nuvole leggermente mosse.

Fonte: Springer

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