Immagine fotorealistica che cattura l'essenza del debriefing MAES©: un gruppo diversificato di studenti di infermieristica post-simulazione, seduti in cerchio in un'aula moderna e luminosa. Al centro, uno studente presenta con sicurezza usando un tablet interattivo, facilitando una discussione animata ma rispettosa. Gli altri partecipano attivamente, alcuni prendono appunti digitali, altri dialogano scambiandosi sguardi d'intesa. Sullo sfondo, si intravede l'area di simulazione con un manichino paziente. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo media che mantiene a fuoco il gruppo ma sfoca leggermente lo sfondo, illuminazione naturale brillante da ampie finestre, atmosfera collaborativa, dinamica e focalizzata sull'apprendimento attivo.

Debriefing MAES©: Quando gli Studenti Prendono la Parola (e Imparano Meglio!)

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che sta rivoluzionando il modo in cui impariamo in ambito sanitario, specialmente quando si tratta di simulazione clinica. Sapete, quelle sessioni super realistiche dove possiamo fare pratica in un ambiente sicuro, senza rischi per i pazienti reali? Ecco, la simulazione è fantastica perché ci permette di imparare dai nostri errori, riflettendo su ciò che abbiamo fatto. E il cuore pulsante di questa riflessione è il debriefing, quel momento cruciale dopo la simulazione in cui si analizza l’esperienza.

Tradizionalmente, il debriefing è guidato da un facilitatore, un esperto che ci pone domande e ci guida nella riflessione. Ma se vi dicessi che c’è un modo per rendere gli studenti ancora più protagonisti? Qui entra in gioco la metodologia MAES© (Metodologia di Autoapprendimento in Ambienti Simulati). Immaginate un percorso in sei tappe dove siamo noi studenti a prendere le redini: creiamo l’identità del gruppo, scegliamo l’argomento, definiamo obiettivi e competenze, progettiamo lo scenario, lo mettiamo in scena (la simulazione vera e propria) e, infine, facciamo il debriefing.

La vera chicca del debriefing MAES© è l’introduzione di una fase specifica, chiamata fase espositiva. È qui che la magia accade! In questa fase, gli studenti che hanno preparato lo scenario diventano i “docenti” per un momento. Presentano contenuti teorici e pratici legati al caso, basati su evidenze scientifiche, in modo dinamico e creativo. Il facilitatore c’è, certo, ma assume un ruolo più di supporto, lasciando a noi studenti il palco principale. A volte, pensate, persino pazienti reali (addestrati, ovviamente) possono co-facilitare questo momento!

Ma funziona davvero? Gli studenti come vivono questa fase così particolare? È proprio quello che ha cercato di scoprire uno studio qualitativo recente, analizzando le esperienze e le percezioni di studenti di infermieristica (sia universitari all’ultimo anno che post-laurea) che hanno sperimentato il debriefing MAES© con la sua fase espositiva. E i risultati, lasciatemelo dire, sono davvero affascinanti.

Ma cos’è esattamente questa Fase Espositiva nel Debriefing MAES©?

Prima di tuffarci nei risultati dello studio, capiamo meglio come si inserisce questa fase. Il debriefing MAES© segue una struttura ben definita in cinque fasi, allineata agli standard internazionali (INACSL):

  1. Reazioni: Subito dopo la simulazione, si dà spazio alle emozioni a caldo. Come ci siamo sentiti?
  2. Descrizione: Si ricostruisce narrativamente cosa è successo durante lo scenario.
  3. Analisi: Qui si scava più a fondo, usando tecniche come il “Plus/Delta” (cosa ha funzionato, cosa si può migliorare) per stimolare l’apprendimento riflessivo. E già qui, sono gli studenti che hanno preparato il caso a guidare la danza con domande e riflessioni.
  4. Fase Espositiva: Ecco il cuore dell’innovazione MAES©. Dura al massimo 10 minuti per mantenere alta l’attenzione. Gli studenti “designer” dello scenario presentano le evidenze scientifiche collegate al caso e agli obiettivi di apprendimento prefissati. E possono farlo nei modi più svariati: presentazioni classiche, contenuti visivi, attività interattive, brevi workshop, persino invitando esperti o pazienti a condividere la loro esperienza. È un momento di apprendimento collaborativo e peer-to-peer puro!
  5. Sintesi: Il facilitatore torna in gioco per aiutare il gruppo a tirare le somme, assicurandosi che tutti gli obiettivi (anche quelli emersi strada facendo) siano stati toccati.

Questo approccio non solo arricchisce il processo riflessivo, ma spinge tantissimo sull’autonomia e sul coinvolgimento di noi studenti. Ci sentiamo più responsabili del nostro apprendimento, più motivati.

Fotografia realistica di un gruppo eterogeneo di studenti di infermieristica (età 20-25 anni) che partecipano attivamente a una sessione di simulazione clinica in un ambiente ospedaliero simulato. Uno studente interagisce con un manichino paziente avanzato mentre altri osservano e prendono appunti. L'illuminazione è controllata, simile a quella di un ospedale. Obiettivo prime, 35mm, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo per concentrarsi sugli studenti. Atmosfera di apprendimento concentrato ma sicuro.

I Punti di Forza: Cosa Hanno Amato gli Studenti

Lo studio, basato sulle risposte aperte di 151 studenti, ha fatto emergere chiaramente i tanti lati positivi di questa fase espositiva. Cosa è piaciuto di più?

  • Chiarezza e Consolidamento: Moltissimi hanno sottolineato come questa fase aiuti a chiarire dubbi e a consolidare concetti teorici e pratici. Poter fare domande in qualsiasi momento è stato un plus non da poco. Uno studente ha detto: “Puoi chiedere qualsiasi cosa non sai o che non ti è stata chiara“. Un altro: “Aiuta a capire meglio il caso, fornendoti le informazioni necessarie basate su ciò che vogliamo imparare“.
  • Apprendimento Collaborativo: Lo scambio di prospettive tra pari è stato super apprezzato. Discutere diversi punti di vista, analizzare insieme gli errori e come migliorare è stato visto come un grande arricchimento. “Condividere conoscenze pratiche con i compagni” è una frase che riassume bene questo aspetto.
  • Riflessione su Errori e Miglioramenti: La fase espositiva spinge a identificare gli errori (il 10% delle risposte lo menziona!) e ad analizzarli per imparare da essi (6,6%). “Analizzare gli errori per imparare da essi” e “Si impara dagli errori” sono stati commenti frequenti.
  • Sviluppo di Competenze Comunicative: Dover presentare in pubblico, anche se in un contesto protetto, aiuta a vincere la timidezza e a migliorare l’espressività (6,6%). L’uso di metodi interattivi rende il tutto più coinvolgente (3,4%). Qualcuno ha notato: “Aiuta a presentare in pubblico e ci dà fiducia per altre presentazioni come il Progetto di Fine Corso“.
  • Sviluppo di Competenze Tecniche e Pratiche: Non solo teoria! Questa fase rafforza le competenze tecniche (6,6%) e la loro applicazione pratica (6%). “Rinfrescare tecniche infermieristiche, condividere esperienze con i compagni” è un esempio.
  • Ambiente Motivante e Positivo: Il clima di cameratismo, rispetto reciproco e il riconoscimento da parte dei pari creano un’atmosfera che motiva ad apprendere. “Il cameratismo e il rispetto durante i momenti di nervosismo che abbiamo quando presentiamo” è un commento che scalda il cuore.
  • Focus sull’Evidenza Scientifica: La necessità di preparare la presentazione spinge a cercare e utilizzare fonti scientifiche (7), rafforzando un approccio basato sull’evidenza (3,4%). “Cercare informazioni ti aiuta a imparare“.
  • Autonomia e Apprendimento Significativo: Essere coinvolti attivamente nella preparazione e presentazione del materiale porta a una comprensione più profonda e a una migliore ritenzione delle conoscenze (2,7%). “Preparare il materiale implica maggiore dedizione e apprendimento da parte della persona che lo fa“.
  • Innovazione Didattica: Gli studenti hanno riconosciuto la fase espositiva come un’alternativa efficace e dinamica (4%) all’apprendimento tradizionale, apprezzando la diversità delle risorse utilizzabili (2%). “Un modo diverso di imparare e, secondo me, più efficace e dinamico del convenzionale“.

Fotografia realistica, stile documentaristico, di studenti di infermieristica durante una fase di debriefing post-simulazione. Un piccolo gruppo è seduto in cerchio, uno studente sta presentando con entusiasmo usando un tablet per mostrare grafici, facilitando una discussione. Gli altri ascoltano attentamente, alcuni annuiscono, altri sembrano porre domande. Ambiente informale ma accademico. Obiettivo zoom 50mm, luce naturale da una finestra laterale, colori caldi e atmosfera collaborativa.

Spazio ai Miglioramenti: I Suggerimenti degli Studenti

Ma non è tutto oro quel che luccica, o meglio, c’è sempre margine per migliorare! È interessante notare che ben il 37,1% dei partecipanti ha dichiarato di essere pienamente soddisfatto e di non voler cambiare nulla. Questo è un segnale fortissimo sulla validità generale del metodo. Tuttavia, sono emerse anche aree di miglioramento:

  • Dinamismo e Interattività: Un buon 12% ha chiesto più dinamismo. La richiesta principale? Meno presentazioni frontali stile PowerPoint® (viste come noiose o tediose da alcuni, 10,6%) e più attività pratiche, workshop, discussioni guidate, magari usando domande e risposte (10,6%). “Migliorare non usando PowerPoint per tutte le presentazioni; penso sia più arricchente fare workshop pratici“. Qualcuno ha persino suggerito di “Vietare l’uso delle presentazioni PowerPoint perché tendono ad essere molto noiose“.
  • Durata: Alcuni (10%) hanno trovato certe presentazioni un po’ troppo lunghe, suggerendo di renderle più brevi e concise per mantenere alta l’attenzione.
  • Organizzazione e Chiarezza: Una piccola parte (7,3%) ha suggerito una maggiore strutturazione, specialmente nella fase di analisi (Plus/Delta), e la necessità di sintesi finali più chiare per consolidare l’apprendimento. “Fare un riassunto alla fine del debriefing di tutto ciò che si è imparato. A volte è un po’ dispersivo“.
  • Supporto Emotivo e Personalizzazione: Un aspetto importante, anche se sollevato da pochi (4,7%), riguarda il supporto per chi è timido o ansioso nel parlare in pubblico. “L’unico inconveniente che trovo è che per le persone timide o che si innervosiscono a parlare in pubblico, può penalizzarle“. Questo suggerisce la necessità di un approccio più personalizzato.
  • Suggerimenti Specifici: Altre idee interessanti includono la condivisione di schemi riassuntivi dopo ogni presentazione o l’obbligo di includere sempre un elemento pratico.

Cosa Ci Dice Tutto Questo? Riflessioni e Prospettive Future

Questo studio ci conferma che la fase espositiva nel debriefing MAES© non è solo un’idea carina sulla carta, ma uno strumento pedagogico potente. Mette davvero gli studenti al centro, li rende attivi costruttori del loro sapere, in linea con le teorie dell’apprendimento attivo, collaborativo e autoregolato. Preparare e presentare contenuti non è solo un esercizio, ma un modo per approfondire, organizzare criticamente le informazioni e sviluppare autonomia.

Certo, i suggerimenti per migliorare sono preziosi. La richiesta di maggiore dinamismo e interattività, e di un minor ricorso al solo PowerPoint®, è un chiaro segnale dei tempi. Oggi abbiamo a disposizione tantissimi strumenti: video, infografiche, role-playing, gamification (quiz, sfide), persino podcast o contenuti per social media creati dagli studenti stessi! Integrare queste strategie può rendere l’apprendimento ancora più coinvolgente e adatto a diversi stili cognitivi.

Questo implica anche una riflessione sul ruolo del facilitatore. Nel MAES©, come abbiamo visto, è più una guida, un supporto. Deve essere flessibile, intervenire soprattutto se ci si allontana dagli obiettivi, ma lasciare spazio all’iniziativa studentesca. È un cambio di paradigma importante rispetto al debriefing tradizionale.

Fotografia macro, obiettivo 85mm, di mani di studenti che interagiscono con un tablet durante una sessione di apprendimento collaborativo. Sullo schermo si intravede un'infografica medica o un quiz interattivo. Alta definizione, messa a fuoco precisa sulle mani e sul tablet, sfondo leggermente sfocato. Illuminazione controllata e brillante per evidenziare i dettagli tecnologici e l'interattività.

È interessante notare come questi risultati si allineino, ma anche distinguano, da altri studi sul peer debriefing (debriefing tra pari). Mentre altri studi hanno mostrato che il debriefing guidato dagli studenti può essere efficace quanto quello guidato dal facilitatore in termini di riflessione, il MAES©, con la sua fase espositiva strutturata, sembra aggiungere un tassello importante: la consolidazione strutturata della conoscenza basata sull’evidenza, guidata dagli studenti stessi. Non è solo riflessione, ma anche integrazione attiva di teoria e pratica.

Certo, ci sono dei limiti. Lo studio è stato fatto in una sola università, quindi generalizzare è difficile. E usare questionari scritti potrebbe aver limitato la profondità delle risposte rispetto a interviste o focus group. Serviranno studi futuri, magari multicentrici e con metodologie miste, per confermare ed espandere questi risultati.

Pensate alle potenzialità future! Si potrebbe sperimentare la fase espositiva in simulazioni interprofessionali (coinvolgendo studenti di diverse discipline sanitarie) o persino in simulazioni “in situ” (direttamente nei reparti ospedalieri) per vedere se migliora il lavoro di squadra e la coesione del gruppo. E perché non integrare tecnologie emergenti come la realtà mista per rendere questa fase ancora più immersiva e interattiva?

In conclusione, la fase espositiva del debriefing MAES© sembra davvero una marcia in più per la formazione basata sulla simulazione. Promuove competenze chiave, autonomia e collaborazione, rendendo l’apprendimento più profondo e significativo. Ascoltando i feedback degli studenti e continuando a innovare, possiamo renderla uno strumento ancora più potente per formare i professionisti sanitari di domani. E voi, cosa ne pensate? Vi piacerebbe sperimentare un approccio simile?

Fonte: Springer

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