Un paziente anziano in un ambiente di cure palliative utilizza un nebulizzatore, assistito da un'infermiera compassionevole. Luce morbida e calda. Obiettivo prime 50mm, profondità di campo.

Respirare Sollievo: I Farmaci Nebulizzati nelle Cure Palliative, un Mondo da Esplorare

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento tanto delicato quanto fondamentale: le cure palliative e, più nello specifico, un modo particolare di somministrare farmaci che forse non tutti conoscono a fondo: l’inalazione tramite nebulizzatore. Mi sono imbattuto in uno studio tedesco molto interessante che ha cercato di capire quanto i medici palliativisti in Germania conoscano, usino e ritengano importanti questi trattamenti. E, ve lo dico subito, i risultati sono stati piuttosto rivelatori!

Perché l’Inalazione nelle Cure Palliative?

Prima di tuffarci nello studio, facciamo un passo indietro. Perché mai dovremmo considerare di far inalare farmaci a pazienti in cure palliative? Beh, le ragioni sono diverse e molto pratiche. Immaginate situazioni in cui un paziente ha difficoltà a deglutire (disfagia, si chiama in gergo tecnico) e quindi assumere farmaci per bocca diventa un problema. Allo stesso tempo, magari, una via endovenosa non è disponibile o non è ben tollerata.

Ecco che l’inalazione entra in gioco come un’alternativa potenzialmente vantaggiosa. Quali sono i pro?

  • Azione diretta: Il farmaco arriva dritto dove serve, nel sistema bronchiale.
  • Dosi più alte localmente: Si possono raggiungere concentrazioni maggiori nel punto d’azione.
  • Meno effetti collaterali sistemici: Agendo localmente, si riducono gli effetti sul resto del corpo.
  • Effetto più rapido: L’assorbimento può essere più veloce rispetto ad altre vie.

Certo, alcuni farmaci nebulizzati sono già ben noti e usati comunemente, come la soluzione salina, i cortisonici e i broncodilatatori. Ma per molti altri, le evidenze scientifiche sono ancora pochine, soprattutto nel contesto specifico delle cure palliative. Ed è proprio qui che lo studio tedesco ha voluto indagare.

Lo Studio Tedesco: Cosa Hanno Chiesto ai Medici?

Tra settembre 2021 e aprile 2022, è stato condotto un sondaggio online anonimo tra i medici palliativisti in tutta la Germania. Hanno risposto in 108 (quelli con questionario completo, analizzato nello studio). La maggior parte di loro aveva almeno 5 anni di esperienza nel campo, lavorando sia in ospedale che nell’assistenza domiciliare specializzata.

Il questionario era bello tosto: chiedeva informazioni demografiche, ma soprattutto indagava la familiarità, la percezione di rilevanza e le abitudini prescrittive riguardo a ben 21 farmaci nebulizzabili. Per ogni farmaco, si chiedeva: lo conosci? Lo prescrivi? Quanto spesso? Per quale indicazione? Quanto lo ritieni clinicamente rilevante? In che contesto lo usi (ospedale, casa, consulenza)? Che dosaggio? Con che frequenza? Lo combini con altri farmaci inalatori? Insomma, un’indagine a tappeto!

I Farmaci Più Conosciuti e Utilizzati: I “Soliti Noti”

Come c’era da aspettarsi, alcuni farmaci sono risultati sulla bocca (o meglio, nel nebulizzatore) di quasi tutti.

  • Soluzione Salina Normale (0.9%): Praticamente tutti la conoscono e la usano, principalmente per idratare le mucose. Curiosamente, alcuni medici hanno ammesso di usarla anche per dare una sensazione di “benessere” o per “strutturare la giornata del paziente”, quasi come un intervento psicologico, dato che ha effetti collaterali praticamente nulli.
  • Mucoattivi (Ambroxolo, Acetilcisteina, Salina Ipertonica): L’ambroxolo nebulizzato è risultato il più conosciuto tra questi, seguito dalla salina ipertonica e dall’acetilcisteina. Servono a fluidificare il muco e facilitarne l’eliminazione, un problema comune in cure palliative. Tuttavia, l’efficacia di questi farmaci è dibattuta e mancano studi specifici in questo setting. Nonostante ciò, una parte dei medici li ritiene rilevanti e li prescrive.
  • Broncodilatatori (Salbutamolo, Ipratropio Bromuro): Conosciutissimi e usatissimi, come da linee guida per BPCO e asma. La maggioranza dei medici li prescrive regolarmente anche in cure palliative e li considera molto rilevanti.
  • Steroidi (Budesonide): Anche questo è un classico, noto e frequentemente utilizzato per ridurre l’infiammazione delle vie aeree, considerato rilevante dalla maggior parte dei prescrittori.

Questi farmaci, insomma, rappresentano la base della terapia inalatoria nelle cure palliative secondo questo sondaggio.

Primo piano di un nebulizzatore medico portatile appoggiato su un comodino accanto a un letto d'ospedale, luce soffusa dalla finestra. Obiettivo macro 85mm, alta definizione, illuminazione controllata.

Farmaci Promettenti ma Meno Diffusi: Adrenalina e Acido Tranexamico

Qui le cose si fanno interessanti. Circa la metà dei medici intervistati ha dichiarato di conoscere l’uso nebulizzato di:

  • Adrenalina (Epinefrina): Usata per i suoi effetti anti-edematosi (riduce il gonfiore) e vasocostrittori. Sebbene l’approvazione ufficiale sia per l’edema delle vie aeree superiori (come nella laringotracheite), alcuni la usano anche per fermare sanguinamenti (emostasi), sfruttando l’effetto vasocostrittore.
  • Acido Tranexamico: Un farmaco antifibrinolitico, usato per fermare le emorragie. Ci sono studi crescenti (anche se piccoli) e case report che ne suggeriscono l’efficacia per via inalatoria nel controllare sanguinamenti polmonari (emottisi) e persino sanguinamenti post-tonsillectomia o epistassi, senza effetti collaterali gravi riportati.

La cosa notevole è che, sebbene solo la metà dei medici li conoscesse, oltre il 60% di chi li prescriveva li considerava “rilevanti” o “molto rilevanti”. Questo suggerisce che chi li usa ne vede un beneficio clinico importante, soprattutto per gestire sintomi difficili come edema e sanguinamento. Tuttavia, l’uso frequente (“spesso” o “molto spesso”) era riportato solo da una minoranza (6% per adrenalina, 19% per acido tranexamico), indicando forse un utilizzo più mirato a situazioni specifiche.

Territori Inesplorati: Opioidi, Anticoagulanti e Altri Nebulizzati

E poi c’è tutto un gruppo di farmaci che la stragrande maggioranza dei medici palliativisti tedeschi ha dichiarato di conoscere poco o non usare affatto per via inalatoria. Parliamo di:

  • Oppioidi (Morfina, Idromorfone, Fentanyl): Usati per dolore, dispnea (fame d’aria) e tosse. Meno di un terzo dei partecipanti conosceva questa via di somministrazione. Forse perché esistono già molte altre vie efficaci e facili (orale, sottocutanea, transdermica, nasale)? L’evidenza scientifica sull’efficacia degli oppioidi inalati, soprattutto per la dispnea, è peraltro piuttosto controversa e limitata.
  • Eparina: Nota come anticoagulante, ma con potenziali effetti anti-infiammatori, antimicrobici e mucoattivi descritti in letteratura (soprattutto in terapia intensiva o per danni da fumo). Nello studio, il suo uso inalatorio in cure palliative è risultato quasi sconosciuto.
  • Ketamina e Lidocaina: Potenziali analgesici locali. La ketamina inalata è stata studiata nel dolore acuto e post-operatorio, la lidocaina per la tosse intrattabile o il dolore locale (es. mucosite). Pochissimi medici nello studio le usavano per via inalatoria.
  • Iloprost: Farmaco per l’ipertensione polmonare. Conosciuto e usato da pochissimi.
  • Antibiotici (Tobramicina, Gentamicina, Colistina, Aztreonam): Usati per infezioni da batteri Gram-negativi (come Pseudomonas), principalmente in fibrosi cistica o polmoniti associate a ventilazione. Quasi nessuno li conosceva o usava in questo contesto palliativo, e giustamente il loro uso va ponderato attentamente per evitare resistenze.
  • Dexpantenolo: Usato per effetti anti-infiammatori e cicatrizzanti (spesso consigliato per tracheiti “per sentito dire”). Circa un terzo lo conosceva e lo prescriveva, ritenendolo rilevante, nonostante la mancanza di studi specifici.

Per questi farmaci meno noti, le informazioni su dosaggi, frequenza e indicazioni erano molto variabili e basate su numeri piccoli, rendendo difficile trarre conclusioni solide.

Fotografia macro di goccioline di farmaco nebulizzato che fluttuano nell'aria contro uno sfondo leggermente sfocato di una stanza di cura. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, messa a fuoco precisa.

La Grande Domanda: Ma Funzionano Davvero in Cure Palliative?

Ed eccoci al punto cruciale che emerge dallo studio. Se da un lato i farmaci “classici” (salina, broncodilatatori, steroidi) sono ben integrati nella pratica e considerati utili, per molti altri l’uso è sporadico e, soprattutto, mancano solide evidenze scientifiche specifiche per il setting delle cure palliative.

Molti degli studi esistenti su farmaci come eparina, acido tranexamico, oppioidi o antibiotici inalati sono stati condotti su popolazioni diverse (pazienti in terapia intensiva, con fibrosi cistica, BPCO, asma, ecc.). Siamo sicuri che quei risultati siano trasferibili ai pazienti in cure palliative, che spesso hanno condizioni cliniche complesse e diverse? Probabilmente no, o almeno non direttamente.

Questa incertezza si riflette anche nella grande variabilità di prescrizione (dosi, intervalli) riportata dai medici per i farmaci meno comuni. Sembra che molto si basi sull’esperienza personale, sull’opinione di esperti o su tentativi “off-label” quando le opzioni standard falliscono.

Cosa Ci Portiamo a Casa?

Insomma, questo studio tedesco ci apre una finestra affascinante sull’uso dei farmaci nebulizzati nelle cure palliative. Ci dice che non sono affatto una rarità, anzi, per alcuni sintomi sono uno strumento quotidiano e ritenuto prezioso. Allo stesso tempo, però, mette in luce una zona grigia, un’area vasta dove la pratica clinica si muove su un terreno di evidenze scientifiche ancora poco solido per questo specifico gruppo di pazienti.

C’è una chiara necessità di più ricerca! Servono studi ben disegnati, condotti proprio su pazienti in cure palliative, per capire davvero l’efficacia, la sicurezza e il ruolo di molti di questi farmaci somministrati per via inalatoria. Ottimizzare il controllo dei sintomi è l’obiettivo primario, e l’inalazione potrebbe offrire strumenti in più, ma dobbiamo essere sicuri di come e quando usarli al meglio. È una sfida, certo, ma fondamentale per continuare a migliorare la qualità di vita di chi affronta l’ultima fase della vita.

Ritratto di un medico palliativista pensieroso che guarda fuori da una finestra, luce naturale. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo, toni leggermente desaturati.

Fonte: Springer

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