Farmaci e Anziani in Soggiorno Temporaneo: Un’Occhiata da Vicino (e un Po’ Preoccupata!) dalla Danimarca
Amici, parliamoci chiaro: l’invecchiamento della popolazione è una realtà che tocca tutti i sistemi sanitari, Italia inclusa. E con l’età, ahimè, spesso arrivano gli acciacchi e le malattie croniche. Risultato? Sempre più spesso i nostri cari anziani vengono dimessi dagli ospedali un po’ prima del previsto, magari non ancora al top della forma. Questo ha fatto schizzare alle stelle la richiesta di servizi di assistenza sul territorio, come le strutture per soggiorni temporanei. Immaginatele come dei luoghi dove chi ha bisogno di un piccolo aiuto extra per riprendersi dopo un ricovero può trovare supporto.
Ora, chi sono gli “ospiti” tipici di queste strutture? Prevalentemente persone anziane, spesso fragili e con più di una patologia. E, come potete immaginare, l’uso di farmaci in questi contesti è una faccenda piuttosto seria e complessa. Mi sono imbattuto in uno studio danese che ha voluto vederci più chiaro, analizzando proprio le abitudini di utilizzo dei farmaci prescritti tra i pazienti in questi soggiorni temporanei. E, ve lo dico subito, qualche sopracciglio si è alzato leggendo i risultati.
Un Cocktail di Farmaci: La Polifarmacia dilaga
Lo studio ha preso in esame ben 11.424 pazienti, con un’età media di 81 anni (e il 54% erano donne, per la cronaca), distribuiti in 14 comuni danesi tra il 2016 e il 2023. Sapete qual è stata una delle prime cose che è saltata all’occhio? La quantità di medicine. Nei quattro mesi prima di entrare nella struttura temporanea, questi pazienti assumevano in media sei diverse classi di farmaci. Pensateci: sei! E non è finita qui. Il 68%, cioè più di due terzi, ne assumeva almeno cinque (quella che i medici chiamano “polifarmacia”), e un buon 26% addirittura dieci o più (e qui si parla di “polifarmacia eccessiva”).
Quali erano i “campioni d’incasso”? Al primo posto il paracetamolo (usato dal 49% dei pazienti), seguito dalle statine per il colesterolo (30%) e dagli inibitori di pompa protonica per lo stomaco (29%). Insomma, un bel mix.
L’Effetto “Ingresso in Struttura”: Un Boom di Nuove Prescrizioni
Ma la vera sorpresa, o forse dovrei dire la conferma di un sospetto, arriva quando si guarda a cosa succede intorno al momento dell’ingresso nella struttura. Il tasso mensile di inizio di nuovi farmaci ha avuto un’impennata pazzesca: sei mesi prima dell’ingresso era di 23 nuovi farmaci ogni 100 pazienti, ma nel primo mese dopo l’ingresso è schizzato a 262 ogni 100 pazienti! Un aumento di più di dieci volte! E quali farmaci hanno guidato questa ondata? Principalmente lassativi, analgesici e antibiotici. Questo picco poi tendeva a diminuire gradualmente, stabilizzandosi su livelli comunque un po’ più alti rispetto al periodo pre-ricovero dopo circa nove mesi.

Farmaci ad Alto Rischio: Un Campanello d’Allarme
E qui, lasciatemi dire, la faccenda si fa seria. Lo studio ha esaminato anche l’uso di farmaci considerati “ad alto rischio”, quelli cioè che richiedono un’attenzione speciale perché più facilmente associati a eventi avversi. Bene, la percentuale di pazienti che ne utilizzava almeno uno è passata dal 70% nei quattro mesi prima dell’ingresso all’83% nei quattro mesi successivi. Quasi la metà dei pazienti (49%) ha iniziato ad assumere almeno un nuovo farmaco ad alto rischio dopo l’ingresso, e i più comuni erano gli oppioidi (28% dei nuovi inizi), il potassio (17%) e gli anticoagulanti/antiaggreganti (15%). Certo, c’è anche un 24% che ha smesso di usare un farmaco ad alto rischio che prendeva prima, ma il saldo è decisamente a favore di un aumento.
Chi Tira le Fila delle Ricette? Medici di Base e Ospedalieri
Interessante anche capire chi prescrive tutti questi farmaci. Prima dell’ingresso, i medici di base erano i principali responsabili delle nuove prescrizioni (circa il 60-70%). Ma con l’avvicinarsi e subito dopo l’ingresso nella struttura temporanea, il ruolo dei medici ospedalieri è diventato molto più preponderante, arrivando a gestire il 55% delle nuove prescrizioni nel primo mese post-ingresso. Per quanto riguarda il mantenimento delle terapie già in corso, i medici di base restano i protagonisti (80-90% delle ricette), anche se pure qui si nota un aumento temporaneo del contributo ospedaliero subito dopo il trasferimento.
Le Sfide Quotidiane nelle Strutture Temporanee
Ora, perché vi racconto tutto questo? Perché gestire i farmaci in queste strutture temporanee è un vero e proprio percorso a ostacoli per il personale. Spesso non hanno accesso completo alle cartelle cliniche dei pazienti. Quando un paziente arriva dall’ospedale, il personale della struttura temporanea riceve una nota di dimissione infermieristica, ma non sempre la lettera di dimissione dettagliata del medico ospedaliero. E, per complicare le cose, di solito queste strutture non hanno una farmacia interna: i pazienti devono portarsi le medicine da casa o farsele consegnare. Immaginate il tempo e le energie che il personale deve impiegare per raccogliere informazioni e risolvere discrepanze! Uno studio precedente aveva rilevato che solo la metà dei pazienti arrivava con tutti i farmaci necessari. Un bel grattacapo, no?
Cosa Possiamo Fare? Idee per Migliorare
Questi dati danesi, pur riferendosi a un sistema sanitario specifico, ci danno spunti di riflessione importanti. L’uso massiccio di farmaci, inclusi quelli ad alto rischio, e i frequenti cambi di terapia suggeriscono che questi pazienti potrebbero trarre grande beneficio da una revisione strutturata della terapia farmacologica al momento dell’ingresso o durante il soggiorno. Strumenti come i criteri STOPP/START o i Criteri di Beers potrebbero aiutare a identificare farmaci potenzialmente inappropriati. Dopotutto, parliamo di persone anziane, spesso con molte malattie, più vulnerabili a effetti collaterali e interazioni. Per alcuni farmaci, come quelli per abbassare il colesterolo, in pazienti molto anziani e fragili con un’aspettativa di vita limitata, il tempo necessario per vedere un beneficio potrebbe superare la loro aspettativa di vita stessa. È fondamentale personalizzare!
Un’altra idea, già implementata in alcune strutture danesi ma non ovunque, è avere un medico consulente (o un farmacista) fisicamente presente in struttura. Questo aiuterebbe a ottimizzare le terapie, risolvere rapidamente problemi legati ai farmaci e supportare la crescita professionale del personale.
E poi c’è la questione della comunicazione. In Danimarca, si sta lavorando per migliorare il passaggio di informazioni. Ad esempio, è stata introdotta una “responsabilità di trattamento estesa di 72 ore”, in cui il reparto ospedaliero dimettente rimane responsabile per il trattamento del paziente per 72 ore dopo la dimissione verso una struttura territoriale. Le prime valutazioni mostrano che funziona, soprattutto per le questioni legate ai farmaci. Fornire direttamente alle strutture temporanee la lettera di dimissione completa, con tutti i dettagli sulla salute e sulla terapia del paziente, potrebbe davvero fare la differenza per la sicurezza e per snellire il lavoro del personale.

In conclusione, questo studio danese ci mette di fronte a una realtà complessa: i pazienti anziani in soggiorno temporaneo sono grandi consumatori di farmaci, con un notevole aumento delle nuove terapie e dell’uso di medicinali ad alto rischio proprio nel delicato momento del passaggio in struttura. È un segnale che non possiamo ignorare. Ottimizzare l’uso e la gestione dei farmaci in questi contesti è cruciale per migliorare la sicurezza e la qualità della vita dei nostri anziani. E chissà, magari anche per farci riflettere su come gestiamo queste transizioni qui da noi.
Fonte: Springer
