Siccità e Cambiamenti: Viaggio nell’Evapotraspirazione delle Pianure Tedesche e le Sfide del Futuro
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, anche se un po’ preoccupante, nel cuore di un processo naturale fondamentale per la vita sulla Terra: l’evapotraspirazione (ET). Immaginate le piante che “respirano” e il suolo che “suda”: ecco, in parole povere, di cosa stiamo parlando. L’ET è la somma dell’acqua che evapora dal terreno e quella che traspira dalle piante, un elemento chiave nel ciclo dell’acqua e dell’energia, soprattutto nelle zone agricole come le pianure della Germania orientale.
Queste aree, dal clima prettamente continentale, sono tra le più aride della Germania, eppure l’agricoltura la fa da padrona. Viene da chiedersi: come se la cava l’acqua in queste condizioni? E come reagisce ai cambiamenti climatici e all’intervento dell’uomo sull’uso del suolo? Per rispondere a queste domande, ci siamo tuffati (metaforicamente, s’intende!) in uno studio approfondito, analizzando dati dal 2000 al 2020.
Cosa abbiamo scoperto sull’Evapotraspirazione?
Beh, la prima cosa che salta all’occhio è un leggero aumento medio annuo dell’ET. In alcune zone del Brandeburgo meridionale e sud-orientale, questo aumento ha toccato picchi del 7,2%. Non sembra tantissimo, ma in un sistema delicato ogni piccola variazione può avere grandi conseguenze.
Abbiamo poi guardato come i cambiamenti nell’uso del suolo (il cosiddetto LUCC, Land Use/Land Cover Change) influenzano questo processo. Qui le cose si fanno interessanti:
- Quando i prati (grassland) sono stati convertiti in terreni coltivati (cropland) – un fenomeno che ha interessato il 14,8% delle aree di transizione – l’ET è aumentata del 10%. Più coltivazioni intensive, più “sete” del terreno, per così dire.
- Al contrario, dove i terreni coltivati sono tornati a prato (una diminuzione del 22,2% di questa specifica transizione), l’ET è calata del 21%. Meno intervento umano intensivo, meno acqua che se ne va nell’atmosfera.
Sembra quasi un controsenso, ma in realtà ci dice che il tipo di vegetazione e le pratiche agricole hanno un impatto diretto su quanta acqua viene “consumata” dal paesaggio.
I veri registi: Clima o Uso del Suolo?
Ora, la domanda da un milione di dollari: chi comanda veramente il gioco dell’ET? I fattori climatici o le nostre decisioni su come usare il terreno?
Per capirlo, abbiamo analizzato diversi parametri. E i risultati parlano chiaro:
- Il Deficit di Pressione di Vapore (VPD), che in pratica misura quanto l’aria è “assetata”, contribuisce per il 25,2% alla variabilità dell’ET.
- La Temperatura (Temp) non è da meno, con un bel 30,9%. Più fa caldo, più si traspira ed evapora.
- L’Umidità Relativa (RH) gioca un ruolo importante con il 23,2%. Aria più secca significa più evaporazione.
Anche l’umidità del suolo (SM) ha la sua parte, contribuendo per il 17,7%, ma questo effetto l’abbiamo notato soprattutto nei prati. Sembra che lì, la disponibilità d’acqua nel terreno sia un fattore limitante più diretto.
E l’uso del suolo (LUCC)? Beh, nonostante i cambiamenti che abbiamo visto, il suo ruolo sulla variabilità totale dell’ET è risultato minore, dato che “solo” il 22% dell’area studiata ha subito conversioni significative nel periodo analizzato. Alla fine della fiera, è emerso che il cambiamento climatico, rappresentato dalle variazioni temporali dei fattori climatici, è il vero dominatore, spiegando ben il 97% della variabilità dell’ET!
Questi dati, amici miei, non sono solo numeri. Sottolineano quanto sia cruciale tenere d’occhio temperatura, umidità relativa e umidità del suolo per una gestione sostenibile delle risorse idriche e dell’agricoltura, soprattutto in un mondo che cambia così velocemente.
Un’occhiata più da vicino al Brandeburgo
Il Brandeburgo, la nostra area di studio, è un posto affascinante. È il quarto stato più grande della Germania, con paesaggi diversi e tantissimi laghi. Circa il 45% del suo territorio è agricolo (il 77% di questo è coltivato, il resto è prato permanente), e le foreste coprono un buon 35,3%. Come dicevo, ha un clima continentale ed è una delle regioni più secche della Germania, con una media di 585 mm di pioggia all’anno. Le temperature medie annue si aggirano sui 10.9°C. Negli ultimi anni, però, il Brandeburgo ha visto un aumento delle temperature medie e una diminuzione delle piogge estive, un chiaro segnale del riscaldamento globale. Le siccità, specialmente a fine primavera o in estate, sono diventate più frequenti. Pensate che nella siccità del 2018, il 92% del Brandeburgo e il 77% dei suoi terreni agricoli hanno subito danni significativi! I suoli sabbiosi, tipici della zona, non aiutano, perché hanno una capacità limitata di trattenere l’acqua.
Come abbiamo “spiato” l’Evapotraspirazione?
Per condurre questa indagine, ci siamo affidati a un mix di tecnologie. Abbiamo usato i dati del sensore MODIS della NASA, che ci fornisce informazioni sull’ET, sulla radiazione solare e sull’uso del suolo con una risoluzione spaziale notevole. Per altri dati cruciali come l’umidità del suolo, l’umidità relativa, la temperatura dell’aria, la velocità del vento e le precipitazioni, ci siamo rivolti al DWD, il servizio meteorologico tedesco. Certo, mettere insieme dati con risoluzioni spaziali e temporali diverse è stata una bella sfida, ma con un po’ di “cucina” statistica (ricampionamenti, interpolazioni) siamo riusciti a farli dialogare tra loro in modo coerente.
Abbiamo usato la regressione lineare per analizzare i trend temporali e il test di Mann-Kendall per valutarne la significatività. Per capire le relazioni tra ET e i vari fattori, ci siamo affidati al Coefficiente di Correlazione di Pearson. E per districare il contributo di ciascun fattore, specialmente quando sono correlati tra loro (la famosa multicollinearità), abbiamo impiegato una tecnica robusta chiamata regressione Ridge. Questa ci ha permesso di “pesare” l’importanza di ogni variabile nel tempo e a seconda del tipo di uso del suolo.
Dettagli sui Trend e le Correlazioni
Analizzando i dati dal 2000 al 2020, l’ET media annua nel Brandeburgo è stata di 398 mm/anno. C’è una tendenza generale all’aumento dell’ET da sud verso nord. Le zone meridionali e sud-orientali, dominate da foreste e praterie, mostrano valori di ET più bassi. Al contrario, la regione nord-occidentale, con prevalenza di terreni coltivati, registra livelli di ET più elevati. Questo si sposa bene con la distribuzione spaziale della temperatura e del VPD, che tendono a diminuire da sud a nord, mentre l’umidità del suolo e l’umidità relativa aumentano da sud a nord.
Nonostante un andamento fluttuante, l’ET media ha mostrato un incremento complessivo di 0.38 mm/anno, anche se senza un trend chiarissimo a lungo termine. I prati hanno costantemente registrato l’ET più bassa. Anni come il 2003, 2004, 2019 e 2020 hanno visto cali significativi dell’ET, spesso in corrispondenza di valori negativi dell’indice SPEI (Standardized Precipitation Evapotranspiration Index), un indicatore di siccità. Il 2003, in particolare, ha registrato il valore SPEI più basso del periodo (-1.13).
Le correlazioni confermano quanto detto prima: per l’intera area, la relazione più forte con l’ET è stata trovata con la Temperatura (coefficiente di 0.59), il VPD (0.48) e l’Umidità Relativa (in negativo, -0.42). Precipitazioni e velocità del vento, invece, non hanno mostrato correlazioni significative. Questi pattern si ripetono anche analizzando separatamente i tre principali usi del suolo (foreste, terreni coltivati, prati), con qualche sfumatura: nelle foreste, ad esempio, la correlazione con temperatura e VPD è ancora più marcata.
Il Peso dei Fattori Climatici e dell’Uso del Suolo
La regressione Ridge ci ha aiutato a capire meglio il contributo di ciascun fattore. Su base annua, Temperatura (30.9%), VPD (25.2%) e Umidità Relativa (23.2%) sono stati i dominatori. È interessante notare che, nel corso degli anni, il contributo dell’umidità relativa e dell’umidità del suolo all’ET è diminuito significativamente (-14.3% e -7.1% rispettivamente), mentre quello della temperatura e della radiazione solare è aumentato. Il VPD è salito leggermente, mentre precipitazioni e velocità del vento hanno visto piccoli cali.
Analizzando i diversi usi del suolo, il VPD si conferma un attore chiave ovunque, contribuendo per il 35.7% nei prati, il 44.3% nei terreni coltivati e il 38.7% nelle foreste. L’umidità relativa è il secondo fattore più influente. L’umidità del suolo, invece, ha un impatto notevole soprattutto sui prati (17.1%), più che sugli altri tipi di copertura.
E l’impatto delle conversioni dell’uso del suolo? Abbiamo visto che le conversioni da terreno coltivato e prato a foresta hanno ridotto l’ET (rispettivamente -12.4mm e -6.7mm). Questo suggerisce una minore “domanda” di ET da parte delle foreste in queste condizioni specifiche. Al contrario, le transizioni da terreno coltivato a prato e da prato a terreno coltivato hanno causato aumenti sostanziali dell’ET (14.1mm e 10.3mm). È un po’ come se queste coperture fossero più “assetate”. Curiosamente, la transizione da foresta a terreno coltivato ha portato a una moderata diminuzione dell’ET (-5.4mm).
Ma, come anticipato, quando mettiamo tutto insieme e confrontiamo l’impatto del cambiamento climatico con quello del LUCC sulla variabilità dell’ET, il primo vince a mani basse. Nel periodo studiato, il cambiamento climatico è stato responsabile del 97% delle variazioni dell’ET, mentre il LUCC solo del 3%. Certo, in anni con significative conversioni del suolo (come il 2004, 2009 e 2019), l’impatto del LUCC si è fatto sentire un po’ di più, ma nel complesso è il clima che detta le regole.
Cosa ci portiamo a casa?
Questo studio ci ha mostrato che nelle pianure orientali tedesche, l’ET è in leggero aumento, soprattutto nel sud e sud-est dell’area. I fattori climatici come temperatura, deficit di pressione di vapore (VPD) e umidità relativa sono i principali motori di questa variabilità, superando di gran lunga l’impatto dei cambiamenti nell’uso del suolo. L’umidità del suolo gioca un ruolo cruciale specialmente nelle praterie.
Anche se le conversioni tra terreni coltivati e prati hanno mostrato effetti locali sull’ET, il cambiamento climatico rimane il fattore dominante. Questo significa che, con il clima che continua a cambiare, sarà fondamentale considerare attentamente questi fattori climatici nella gestione delle risorse idriche. L’obiettivo? Garantire terreni agricoli sostenibili e resilienti, specialmente in regioni come il Brandeburgo, già alle prese con la scarsità d’acqua.
Insomma, la natura ci manda segnali chiari. Sta a noi ascoltarli e agire di conseguenza per proteggere il nostro prezioso oro blu e chi ne dipende, cioè tutti noi!
Fonte: Springer