Scatto ad angolo largo fotorealistico, lente da 20 mm, guardando in basso un tunnel in cemento con un soffitto curvo distinto. Fiamme arancione brillante da una fonte di fuoco sul pavimento si estendono in modo significativo lungo la curva del soffitto, creando ombre e luci drammatici. Focus acuto, illuminazione controllata, senso del pericolo contenuto.

Fiamme Sotto Soffitti Curvi: Un Ballo Pericoloso che Dobbiamo Capire

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che forse non considerate tutti i giorni, ma che è fondamentale per la nostra sicurezza: il comportamento del fuoco, in particolare quando incontra un soffitto curvo. Pensateci: tunnel stradali, metropolitane, ma anche certi design architettonici moderni. Come si propagano le fiamme in questi ambienti? È diverso da un normale soffitto piatto? La risposta breve è: sì, dannatamente diverso! E capire queste differenze è cruciale per la progettazione della sicurezza antincendio.

Immergiamoci insieme in questo argomento affascinante e un po’ inquietante. La sicurezza antincendio non è solo estintori e uscite di emergenza; è una scienza complessa che studia come nasce, cresce e si diffonde un incendio. Uno degli aspetti chiave è proprio l’estensione delle fiamme sotto un soffitto. Quando le fiamme raggiungono il soffitto, non si fermano: si “sdraiano” e corrono lungo la superficie, propagando l’incendio molto più velocemente. Questo fenomeno ha un impatto diretto sulla velocità con cui il fuoco si diffonde in un ambiente e potenzialmente ad altre aree.

Perché i Soffitti Curvi Cambiano le Regole del Gioco?

Abbiamo tonnellate di studi sui soffitti piani, orizzontali o inclinati. Ma il mondo non è fatto solo di angoli retti. L’architettura moderna ama le curve, e le infrastrutture sotterranee, come i tunnel, hanno spesso sezioni curve. Cosa succede qui? Beh, la geometria conta, eccome!

Diversi fattori influenzano la danza delle fiamme:

  • La geometria dell’ambiente (e qui entra in gioco la nostra curvatura!)
  • La ventilazione (quanto ossigeno arriva?)
  • Il tipo di combustibile (brucia legna, plastica, un liquido infiammabile?)
  • La “potenza” dell’incendio (il famoso Heat Release Rate o HRR)

La letteratura scientifica sui tunnel è vasta, ma spesso si concentra su altri aspetti. I modelli esistenti per l’estensione delle fiamme sotto soffitti curvi sono per lo più adattamenti di quelli creati per soffitti piani. Il pioniere in questo campo fu You e Faeth, che proposero una formula per i soffitti orizzontali. Altri, come Pan e collaboratori, hanno cercato di adattare queste idee ai soffitti curvi, usando incendi sperimentali (pozze d’olio in modelli in scala).

Tuttavia, questi modelli iniziali non raccontavano tutta la storia. Mancava qualcosa. Quando una fiamma colpisce un soffitto piatto, il suo slancio (momentum) passa da verticale a orizzontale. Ma con un soffitto curvo, la faccenda si complica: lo slancio acquista componenti sia orizzontali che verticali lungo la curva. Qui entra in gioco la differenza tra due tipi di “flusso” del fuoco:

  • Flusso dominato dalla galleggiabilità (Buoyancy Dominated): Tipico degli incendi di pozza (come una vaschetta di liquido infiammabile che brucia). Qui è la spinta verso l’alto dei gas caldi (la galleggiabilità, appunto) a comandare.
  • Flusso dominato dalla quantità di moto (Momentum Dominated): Pensate a un getto di gas infiammabile che esce sotto pressione, come da una bombola o una perdita. Qui è la velocità iniziale del combustibile (la quantità di moto) a dettare legge, almeno all’inizio.

Nei soffitti curvi, questa distinzione diventa cruciale. Un flusso dominato dalla quantità di moto, combinato con la spinta della galleggiabilità lungo la curva, può far sì che il combustibile incombusto viaggi ancora più lontano lungo il soffitto prima di bruciare completamente. Risultato? Fiamme potenzialmente più lunghe e pericolose.

Scatto di lenti macro, 85 mm, di fiamme arancione e gialle tremolanti che si leccano verso l'alto e si diffondono orizzontalmente lungo la parte inferiore di un soffitto curvo di cemento ruvido e grigio, alto dettaglio, messa a fuoco precisa, illuminazione drammatica controllata che enfatizza la consistenza del calcestruzzo e del calore.

Dentro il Laboratorio: Come Abbiamo Studiato le Fiamme

Per capirci di più, abbiamo dovuto sporcarci le mani (in sicurezza, ovviamente!). Presso il Fire Lab dell’Università di Lund, abbiamo allestito un modello in scala di un tunnel con soffitto curvo, fatto di cemento. Le dimensioni interne erano circa 90 cm di diametro e 1.2 metri di lunghezza. Abbiamo usato pannelli isolanti per creare una base piana e pareti verticali interne, concentrandoci sull’estensione trasversale delle fiamme.

Come fonti d’incendio, abbiamo usato due “attori” principali:

  1. Un bruciatore a gas propano: un quadrato di circa 7×7 cm, che ci permetteva di controllare con precisione il flusso di gas e quindi l’HRR. Questo simula un flusso dominato dalla quantità di moto.
  2. Una pozza di eptano: un liquido infiammabile in una vaschetta quadrata di 18×18 cm. Questo rappresenta un classico incendio dominato dalla galleggiabilità. Per assicurarci che le fiamme raggiungessero il soffitto, abbiamo dovuto metterlo su dei mattoncini!

Abbiamo posizionato queste fonti d’incendio in due punti strategici: al centro della base e attaccato a una delle pareti laterali. E poi, via con gli esperimenti! Abbiamo variato la potenza (HRR) del bruciatore a propano e ripetuto ogni test tre volte per essere sicuri dei risultati. Una cappa aspirante sopra il setup raccoglieva i fumi e analizzava i gas (O2, CO2, CO) per calcolare l’HRR effettivo con il metodo del consumo di ossigeno.

Per “vedere” e misurare le fiamme, abbiamo usato una videocamera ad alta velocità (240 FPS). Ma come misuri una fiamma che guizza e cambia forma continuamente? Qui entra in gioco la tecnologia: abbiamo sviluppato uno script Python [23] usando la libreria OpenCV (Open Source Computer Vision). Questo script analizza ogni fotogramma del video, converte i colori da RGB a HSV (più facile per rilevare le sfumature del fuoco), identifica i pixel “infuocati” (dal rosso all’arancio chiaro) e poi disegna un rettangolo attorno alla fiamma. La larghezza di questo rettangolo, mediata sui 30 secondi di video stabile, ci ha dato la lunghezza dell’estensione della fiamma (quella che si vede il 50% delle volte, un valore standard in ingegneria). Con un po’ di trigonometria, abbiamo convertito questa misura in pixel nella lunghezza reale lungo la curva del soffitto.

Sorpresa! Propano vs. Eptano: Due Comportamenti Diversi

E qui arrivano i risultati interessanti. Per il propano (flusso dominato dalla quantità di moto), abbiamo notato che l’HRR era molto simile sia che il bruciatore fosse al centro sia che fosse attaccato alla parete. Ma l’estensione della fiamma… ah, quella cambiava eccome! Quando il bruciatore era contro la parete, le fiamme erano significativamente più lunghe per ogni livello di potenza. Perché? Immaginate: da un lato c’è il muro, che impedisce all’aria di essere “risucchiata” (trascinamento d’aria) per alimentare la combustione da quel lato. Meno aria disponibile subito dopo l’impatto col soffitto significa che il combustibile gassoso, spinto dalla sua velocità iniziale, deve viaggiare più lontano lungo il soffitto per trovare l’ossigeno necessario a bruciare completamente. Risultato: fiamme più lunghe.

Immagine divisa, fotorealistica. Lato sinistro: una fiamma a getto intensa e intensa (propano) che tira verso l'alto e si estende lontano lungo un soffitto in cemento curvo, girato con teleobiettivo da 150 mm, velocità dell'otturatore veloce per congelare i dettagli della fiamma. Lato destro: un fuoco di piscina più ampio e più diffuso (eptano) con fiamme che si diffondono meno sotto lo stesso soffitto curvo, galleggianza visibile, lenti e impostazioni per il confronto.

Per l’eptano (flusso dominato dalla galleggiabilità), la storia è stata diversa. Quando abbiamo messo la pozza contro la parete, è successo l’opposto: l’HRR è diminuito rispetto a quando era al centro. La ridotta disponibilità d’aria non solo ha reso la combustione meno efficiente, ma ha anche ridotto il calore “rimandato” indietro alla superficie del liquido, diminuendo la sua velocità di evaporazione (Mass Loss Rate, MLR) e quindi l’HRR. Meno potenza significa, ovviamente, fiamme più corte quando la pozza era attaccata alla parete.

In generale, abbiamo osservato che le fiamme del propano (momentum) erano più lunghe di quelle dell’eptano (buoyancy) a parità di altre condizioni. Un altro concetto utile per capire questa differenza è l’HRR per unità di area (HRRPUA). Si calcola dividendo l’HRR totale per l’area della sorgente del fuoco. Il nostro bruciatore a propano, pur essendo più piccolo, aveva un HRRPUA molto più alto di quello dell’eptano. Questo indica un fuoco più “intenso”, tipico dei flussi dominati dalla quantità di moto. È interessante notare che per il propano, l’HRRPUA non cambiava molto con la posizione, mentre per l’eptano sì, confermando come la posizione influenzi di più gli incendi dominati dalla galleggiabilità.

Modelli Matematici: Cercando la Formula Perfetta

Ok, abbiamo i dati sperimentali. Ma come li colleghiamo ai modelli esistenti? Abbiamo confrontato i nostri risultati con le formule proposte in letteratura, in particolare quelle di Pan et al. [10, 11]. Ci siamo accorti che i modelli basati solo su incendi di pozza (come quelli originali di You e Faeth o le prime versioni di Pan) non riuscivano a catturare bene il comportamento osservato, specialmente per il propano.

Abbiamo provato un approccio leggermente diverso, usando un adattamento logaritmico di una delle correlazioni. Sorprendentemente, questa nuova forma sembrava funzionare meglio! Mettendo insieme i nostri dati (sia propano che eptano, in entrambe le posizioni) e quelli di Pan et al., abbiamo ottenuto una nuova equazione (Eq. 12 nello studio originale) che rappresenta abbastanza bene (R² = 0.8358) l’estensione della fiamma in tutte queste diverse condizioni. Sembra che questo approccio logaritmico riesca a tener conto, almeno in parte, degli effetti combinati di quantità di moto, galleggiabilità e geometria curva.

Poi abbiamo considerato il modello più recente di Pan et al. (2022) [11], che cerca esplicitamente di includere l’effetto della componente di galleggiabilità variabile lungo il soffitto curvo. Anche qui, abbiamo visto che il modello originale si adattava meglio ai dati dell’eptano (comprensibile, visto che era stato sviluppato con incendi simili). Tuttavia, faticava un po’ con i dati del propano. Abbiamo quindi proposto una leggera modifica a questo modello (Eq. 13 nello studio), semplicemente aggiustando una costante moltiplicativa. Questa versione adattata (con un R² di 0.8902!) sembra fornire una rappresentazione ancora più efficace e precisa per entrambi i tipi di flusso (momentum e buoyancy) sotto soffitti curvi.

Immagine fotorealistica astratta, lenti macro 100mm, che mostrano linee luminose che rappresentano percorsi di fiamma tracciati su uno sfondo scuro e strutturato che ricorda il calcestruzzo, alcune linee più lunghe e più dirette (moto), altre più corti e diffuse (galleggiamento), alto dettaglio, focus preciso.

Cosa Abbiamo Imparato (e Cosa Resta da Scoprire)

Questo viaggio nel mondo delle fiamme sotto soffitti curvi ci ha insegnato molto:

  • La geometria curva non è un dettaglio: influenza attivamente il flusso e tende ad allungare le fiamme.
  • Il tipo di fuoco è fondamentale: i flussi dominati dalla quantità di moto (come un getto di gas) producono fiamme più lunghe rispetto a quelli dominati dalla galleggiabilità (come una pozza di liquido).
  • La posizione della sorgente d’incendio conta: metterla contro una parete laterale allunga ulteriormente le fiamme per i flussi momentum-dominated (meno aria), ma indebolisce e accorcia quelle buoyancy-dominated (meno HRR).
  • I modelli esistenti necessitavano di adattamenti per catturare questi comportamenti complessi. Le nuove correlazioni proposte sembrano un passo avanti significativo.

Certo, come ogni ricerca, anche questa ha i suoi limiti. Abbiamo usato un modello in scala e solo due tipi di combustibile. Sarebbe fantastico poter fare test su scale diverse, con altri materiali e magari analizzando anche l’estensione longitudinale della fiamma (che non potevamo vedere bene nel nostro setup). Anche usare misure sperimentali dell’altezza della fiamma in condizioni libere ((H_f)) invece di calcolarla con formule empiriche potrebbe migliorare ulteriormente l’accuratezza.

Ma il punto chiave resta: capire come le fiamme si comportano in geometrie complesse come i soffitti curvi è essenziale per progettare tunnel, metropolitane ed edifici più sicuri. Ogni passo avanti nella nostra comprensione può, letteralmente, salvare vite. È un campo di ricerca in continua evoluzione, e spero di avervi trasmesso un po’ della sua importanza e del suo fascino!

Fonte: Springer

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