Esketamina: L’Alleato Inaspettato in Sala Operatoria Contro un “Imbarazzo” Chirurgico
Amici, oggi vi parlo di un grattacapo che, seppur non comunissimo, può mettere a dura prova i nervi di chirurghi e anestesisti durante interventi urologici: l’erezione intraoperatoria (IPE, dall’inglese Intraoperative Penile Erection). Immaginate la scena: siete lì, pronti per un intervento endourologico, al pene o ai testicoli, il paziente è sotto anestesia generale, e all’improvviso… beh, diciamo che la situazione si “anima” inaspettatamente. Non è solo una questione di imbarazzo, ma un problema concreto che può complicare parecchio le cose.
Un Problema da Non Sottovalutare
Quando si verifica un’IPE, i corpi cavernosi si ingrossano, distorcendo l’anatomia dell’uretra e spostando i punti di riferimento chirurgici. Questo rende più difficile l’inserimento di cateteri o strumenti, aumentando il rischio di lesioni uretrali iatrogene, riducendo la visibilità del campo operatorio e portando a possibili complicazioni post-operatorie come rottura dell’uretra o disfunzione erettile. Insomma, un bel pasticcio!
Finora, le soluzioni per far “rientrare l’allarme” sono state per lo più empiriche. Le iniezioni intracavernose di farmaci vasoattivi (come fenilefrina, noradrenalina, efedrina) si sono dimostrate efficaci nello stimolare la detumescenza attraverso la stimolazione α-adrenergica. Però, diciamocelo, queste iniezioni non sono prive di rischi: dolore, ematomi, infezioni localizzate e, in alcuni casi, eventi avversi sistemici come ipertensione e aritmie, dovuti all’assorbimento del vasocostrittore. C’era quindi un bisogno urgente di alternative non invasive, ad azione rapida e con un profilo di sicurezza migliore.
Esketamina: Una Nuova Freccia all’Arco dell’Anestesista?
Qui entra in gioco l’esketamina. Forse ne avete sentito parlare come anestetico o per il trattamento di alcune forme di depressione. L’esketamina è l’enantiomero S della ketamina e ha delle proprietà interessanti: è sedativa, analgesica e, soprattutto per il nostro caso, simpaticomimetica. Questo significa che può aiutare a ristabilire l’equilibrio tra sistema simpatico e parasimpatico, che viene alterato dall’anestesia e che è alla base della regolazione del tono vascolare del pene.
Perché preferire l’esketamina ai tradizionali agonisti α intracavernosi? I motivi sono principalmente tre:
- Doppio meccanismo d’azione: Oltre a mantenere sedazione e analgesia, le sue proprietà simpaticomimetiche possono riequilibrare il sistema nervoso autonomo inibendo la ricaptazione della noradrenalina.
- Superiorità non invasiva: La somministrazione endovenosa evita i rischi associati alle iniezioni intracavernose.
- Vantaggio in termini di sicurezza: Le complicazioni psicomimetiche e cardiovascolari della ketamina sono ridotte con l’esketamina, grazie alla sua maggiore affinità per i recettori NMDA (N-metil-D-aspartato) e ai dosaggi inferiori necessari.
Nonostante questi vantaggi teorici, c’erano delle lacune da colmare: gli attuali agonisti α spesso non risolvono la soppressione simpatica indotta dall’anestesia, portando a una detumescenza ritardata. Inoltre, i protocolli di iniezione intracavernosa variano molto, col rischio di sotto o sovra-trattamento. E, cosa fondamentale, la relazione dose-risposta dell’esketamina, la sua efficacia comparativa e la sua stabilità emodinamica in contesti urologici non erano ancora ben caratterizzate.
Lo Studio: Esketamina vs. Efedrina sul Campo
Per far luce su questi aspetti, è stato condotto uno studio retrospettivo clinico presso il Wuhan No.1 Hospital, in Cina. I ricercatori hanno analizzato i dati di 3.848 pazienti sottoposti a interventi endourologici, penieni o testicolari in anestesia generale tra il 2021 e il 2023. Di questi, 37 casi hanno sviluppato IPE e hanno ricevuto un intervento farmacologico.
Questi 37 pazienti sono stati divisi in due gruppi in base al farmaco ricevuto: un gruppo trattato con esketamina endovenosa (gruppo K, 27 pazienti) e un gruppo trattato con efedrina endovenosa (gruppo E, 10 pazienti). La scelta del farmaco è dipesa dal giudizio clinico individuale, considerando comorbidità, disponibilità del farmaco e preferenza dell’anestesista.
Gli esiti principali valutati sono stati: il tasso di successo della detumescenza, il tempo necessario per ottenerla, il tasso di risposta rapida (detumescenza entro 3 minuti), la necessità di misure correttive, l’ipertensione intraoperatoria, la tachicardia e gli eventi avversi neuropsichiatrici. Sono stati raccolti anche dati su età, indice di massa corporea (BMI), grado ASA (American Society of Anesthesiologists), tipo di intervento, metodi di anestesia, dosaggio del farmaco e tempo di recupero.
L’incidenza complessiva di IPE è stata dello 0,96%, in linea con ricerche precedenti. È interessante notare che il 70,3% dei pazienti con IPE aveva meno di 50 anni, un gruppo d’età noto per avere livelli più alti di ormoni maschili e una maggiore sensibilità nella regione genitale.
I Risultati: Esketamina Batte Efedrina su Più Fronti
E veniamo ai risultati, che sono davvero promettenti per l’esketamina. Non ci sono state differenze statisticamente significative tra i due gruppi per quanto riguarda età, BMI, grado ASA, tipo di intervento, metodi di anestesia, tasso di successo complessivo della detumescenza (96,3% per esketamina vs. 80,0% per efedrina, una differenza numerica ma non statisticamente significativa a causa del piccolo campione probabilmente) o tempo di recupero e complicanze psichiatriche post-operatorie (come vertigini, irrequietezza o delirio).
Tuttavia, l’esketamina ha mostrato prestazioni superiori rispetto all’efedrina in aspetti cruciali:
- Tempo di detumescenza più breve: 3,0 ± 0,4 minuti per l’esketamina contro 5,5 ± 1,1 minuti per l’efedrina. Una bella differenza!
- Tasso di risposta rapida più elevato: L’85,2% dei pazienti trattati con esketamina ha raggiunto la detumescenza entro 3 minuti, contro il 50% di quelli trattati con efedrina.
- Minore incidenza di eventi avversi cardiovascolari: Significativamente meno casi di ipertensione intraoperatoria e tachicardia nel gruppo esketamina.
In pratica, l’esketamina si è dimostrata più rapida ed efficiente, con un profilo di sicurezza cardiovascolare migliore. Un’analisi per sottogruppi d’età ha anche mostrato che l’esketamina portava a una risoluzione numericamente più veloce nei pazienti più giovani rispetto all’efedrina.
Perché l’Esketamina Funziona Così Bene? I Meccanismi d’Azione
Ma come fa l’esketamina a “spegnere” l’IPE? I meccanismi ipotizzati sono affascinanti e multidimensionali:
- “Anestesia dissociativa”: L’esketamina inibisce potentemente le reti di proiezione talamocorticale, bloccando la trasmissione degli impulsi dolorosi e attivando il tronco encefalico e il sistema limbico. Questo porta a una coscienza “annebbiata” e a una mancata risposta agli stimoli ambientali. Dato che l’IPE è spesso causata da stimoli esterni, l’esketamina può abolire la risposta cosciente a tali stimoli, interrompendo le vie riflessogene che scatenano l’erezione.
- Potenziamento catecolaminergico: Le catecolamine giocano un ruolo chiave nell’emodinamica peniena; l’attivazione α-adrenergica promuove la detumescenza tramite vasocostrizione. L’esketamina, con la sua attività simpaticomimetica, induce il rilascio di catecolamine e inibisce la ricaptazione della noradrenalina. Questo aumento di noradrenalina agisce sui recettori α-adrenergici delle arteriole peniene e del tessuto muscolare liscio dei corpi cavernosi, portando il pene allo stato flaccido.
- Antagonismo dei recettori NMDA: I recettori NMDA e l’ossido nitrico sono fattori regolatori cruciali del comportamento sessuale e dell’erezione nel sistema nervoso centrale. Durante la stimolazione sessuale, gli amminoacidi eccitatori si legano ai recettori NMDA nell’ipotalamo e nel midollo spinale, attivando la sintetasi dell’ossido nitrico neuronale (NOS) e producendo ossido nitrico. Quest’ultimo è un neurotrasmettitore che causa rilassamento cavernoso ed erezione. L’esketamina, come antagonista non competitivo dei recettori NMDA, potrebbe influenzare la via di segnalazione della NOS e regolare i livelli di ossido nitrico, sopprimendo così l’IPE.
- Effetti locali sui recettori NMDA: Curiosamente, esperimenti in vitro hanno mostrato che subunità essenziali dei recettori NMDA potrebbero esistere nei tessuti del pene isolato, della prostata e di altre parti del tratto urogenitale inferiore sia nei ratti che negli umani. Bloccanti dei recettori NMDA come la ketamina potrebbero rilassare questi tessuti, forse attraverso una cascata sistolica/diastolica indipendente dall’ossido nitrico, mediata dalla chiusura dei canali del calcio nella muscolatura liscia e una riduzione della concentrazione di calcio intracellulare.
Quindi, l’esketamina sembra avere un doppio effetto anti-erettile: una soppressione centrale dell’eccitazione psicogena/riflessogena e un’inibizione periferica della contrattilità cavernosa mediata dai recettori NMDA. Questo profilo polifarmacologico unico offre vantaggi distinti rispetto agli effetti prevalentemente vasocostrittori dell’efedrina.
Sicurezza Cardiovascolare e Neuropsichiatrica
Nonostante le proprietà simpaticomimetiche dell’esketamina possano teoricamente aumentare pressione sanguigna e frequenza cardiaca, lo studio ha mostrato che le fluttuazioni cardiovascolari (ipertensione/tachicardia) si sono verificate solo nel 15-20% dei casi, un tasso 4 volte inferiore rispetto al 60-80% osservato con l’efedrina. Queste fluttuazioni, inoltre, si sono normalizzate rapidamente senza intervento farmacologico, probabilmente grazie al basso dosaggio e all’effetto cardiodepressivo di altri anestetici generali usati contemporaneamente.
Riguardo ai timori di recupero ritardato o manifestazioni psichiatriche post-operatorie, questi effetti avversi sono dose-dipendenti e generalmente lievi. Dosi basse di esketamina raramente scatenano questi sintomi. Lo studio attuale non ha trovato associazioni significative tra la somministrazione di esketamina e un recupero anestetico prolungato o sequele psichiatriche persistenti. Anzi, la disforia post-operatoria sembrava più legata al trauma tissutale locale degli strumenti uretrali che al farmaco stesso.
Limiti dello Studio e Prospettive Future
Come ogni ricerca, anche questo studio ha delle limitazioni. Essendo retrospettivo e monocentrico, la generalizzabilità dei risultati è limitata. La piccola dimensione del campione indebolisce la validità esterna. Inoltre, aggiustamenti concomitanti alle velocità di infusione di propofolo o alle concentrazioni di sevoflurano non sono stati documentati in modo consistente, potendo influenzare la valutazione dell’efficacia dell’esketamina da sola. Anche la variabilità nel dosaggio dell’esketamina, basato sull’esperienza degli anestesisti, introduce incertezza sui dosaggi ottimali.
Nonostante queste limitazioni, i risultati forniscono spunti preziosi e posizionano l’esketamina come un’opzione terapeutica interessante per la gestione acuta dell’IPE. Serviranno studi prospettici randomizzati controllati, multicentrici, con campioni più ampi, criteri più stringenti e protocolli standardizzati per confermare questi risultati e ottimizzare l’uso dell’esketamina nella pratica chirurgica.
In conclusione, l’IPE è un evento raro ma problematico che richiede una gestione aggressiva. Questo studio suggerisce che l’esketamina endovenosa potrebbe essere un intervento efficace e tempestivo, con un profilo di sicurezza favorevole. Una nuova arma, dunque, per affrontare con più serenità un “imprevisto” che può capitare in sala operatoria.
Fonte: Springer