Immagine fotorealistica di un team chirurgico (chirurgo, patologo) in una sala operatoria moderna, che collabora analizzando un campione di tessuto. Prime lens, 35mm, con profondità di campo che mette a fuoco i volti concentrati e le mani esperte, illuminazione da sala operatoria ma con un tocco di calore per umanizzare la scena, duotone blu e grigio per un aspetto professionale e tecnologico.

Margini Chirurgici nel Tumore al Seno: Il Bisturi “Intelligente” che Evita Nuovi Interventi – La Mia Analisi

Amiche, parliamoci chiaro: il tumore al seno è una brutta bestia, la più comune tra noi donne in India, e purtroppo un triste primato che ci accomuna a livello globale. E quando si affronta, una delle opzioni terapeutiche più gettonate per i tumori in fase iniziale è la chirurgia conservativa del seno (BCT), quella che permette di salvare il seno, per intenderci. Ma c’è un “ma”, un dettaglio cruciale che può fare tutta la differenza: lo stato dei margini chirurgici.

Cosa sono i margini chirurgici e perché sono così importanti?

Immaginate che il chirurgo sia uno scultore che deve rimuovere la parte “malata” del seno. I margini sono i bordi del pezzetto di tessuto che viene asportato. Se su questi bordi ci sono ancora cellule tumorali (margini “positivi”), il rischio che il tumore torni nello stesso punto (recidiva locale) aumenta parecchio. E questo, spesso, significa dover tornare sotto i ferri per un secondo intervento, con tutto lo stress, i costi e le possibili conseguenze estetiche che ne derivano. Un incubo che tutte vorremmo evitare!

La BCT, che di solito include l’asportazione limitata del tumore e dei linfonodi, seguita da radioterapia, ha dimostrato di avere tassi di sopravvivenza globale paragonabili alla mastectomia (l’asportazione completa del seno) nei tumori al seno in fase iniziale. E grazie ai progressi, come la chemioterapia neoadiuvante (fatta prima dell’intervento per ridurre le dimensioni del tumore) e le tecniche di chirurgia oncoplastica, sempre più donne possono beneficiare di questo approccio conservativo.

La “bacchetta magica” in sala operatoria: l’esame istologico intraoperatorio (Frozen Section)

Ma come facciamo a sapere subito, lì per lì, se i margini sono “puliti”? Ecco che entra in gioco una tecnica che per me ha del magico: l’esame istologico intraoperatorio su sezione congelata, o più semplicemente “frozen section”. In pratica, mentre l’intervento è ancora in corso, un pezzettino del margine del tessuto asportato viene inviato al patologo. Lì, viene congelato rapidamente, tagliato in fettine sottilissime, colorato e analizzato al microscopio. Tutto questo in pochi minuti! Il patologo comunica l’esito al chirurgo, che può così decidere se è necessario asportare altro tessuto immediatamente, nella stessa seduta operatoria.

Certo, il gold standard rimane l’analisi su sezioni in paraffina, che richiede più tempo, ma la frozen section è un asso nella manica per ridurre drasticamente i tassi di reintervento. E credetemi, evitare un secondo intervento non è solo una questione di costi o di tempo, ma impatta enormemente sull’ansia della paziente, sulla sua soddisfazione e sul risultato estetico finale.

La nostra esperienza in un centro oncologico nel Nord-Est dell’India

Nel centro dove lavoro, abbiamo voluto vederci chiaro sull’efficacia di questa tecnica. Così, abbiamo fatto un’analisi retrospettiva, andando a spulciare i dati di tutte le donne sottoposte a chirurgia conservativa per un tumore al seno invasivo tra il 2017 e il 2022. Parliamo di 210 pazienti, con un’età media di circa 49 anni e mezzo.

Abbiamo confrontato i risultati della frozen section con quelli dell’esame istologico definitivo su paraffina. E i numeri, lasciatemelo dire, sono stati davvero confortanti!

  • La sensibilità della frozen section (cioè la sua capacità di identificare correttamente i margini positivi) è stata del 92.5%.
  • La specificità (la capacità di identificare correttamente i margini negativi) ha toccato il 99.8%.
  • Il valore predittivo positivo (PPV), ovvero la probabilità che un margine segnalato come positivo dalla frozen lo sia davvero, è stato del 94.8%.
  • Il valore predittivo negativo (NPV), cioè la probabilità che un margine segnalato come negativo lo sia davvero, è stato addirittura del 99.8%.

L’accuratezza complessiva? Un incredibile 99.63%! Questo significa che la frozen section si è dimostrata uno strumento estremamente affidabile nel nostro contesto.

Fotografia di un laboratorio di patologia, un patologo osserva un vetrino al microscopio, accanto un criostato. Macro lens, 60mm, high detail, precise focusing, controlled lighting, con colori freddi e neutri per un'atmosfera clinica ma rassicurante.

Pensate che solo il 18.57% delle pazienti (nove su 210) ha avuto bisogno di una re-escissione dei margini durante lo stesso intervento per ottenere margini negativi, grazie proprio all’indicazione della frozen section. E i casi di discordanza, cioè quando la frozen dice una cosa e l’esame definitivo un’altra? Bassissimi. Solo 3 pazienti (l’1.5%) che avevano margini negativi alla frozen si sono rivelate positive all’esame definitivo e hanno dovuto subire una mastectomia nelle quattro settimane successive. Un tasso di reintervento post-operatorio decisamente basso, che si confronta molto bene con la letteratura internazionale.

Come funziona nel dettaglio? Un gioco di squadra!

Perché la frozen section funzioni a meraviglia, serve una collaborazione oliata tra chirurgo, patologo e radiologo, con i rispettivi tecnici. È un vero lavoro di squadra! Dopo l’asportazione, il campione viene orientato (per sapere qual è il margine superiore, quale il laterale, ecc.), immerso in soluzione salina e trasportato immediatamente al laboratorio di patologia. Lì, il patologo lo esamina macroscopicamente, lo inchiostra (per marcare i bordi) e poi lo posiziona nel criostato, una macchina che lo congela a -24°C o più. Una volta congelato, viene montato sul microtomo e sezionato in fettine di 5 micrometri (sottilissime!). Queste fettine vengono poste su un vetrino, colorate con ematossilina ed eosina e lette al microscopio.

Il patologo comunica l’esito al chirurgo per telefono: “positivo” (tumore a contatto con l’inchiostro), “negativo” (tumore lontano dall’inchiostro) o “sospetto” (cellule atipiche ma non chiaramente invasive). Se il margine è positivo, il chirurgo procede con una re-escissione di quel margine specifico, e il processo si ripete. Se anche la seconda volta il margine risulta positivo, si valuta attentamente il rapporto tra il beneficio di un’ulteriore escissione e il possibile danno estetico. A volte, se il risultato estetico rischia di essere compromesso, si discute con i familiari (previo consenso) e si può decidere di convertire l’intervento in una mastectomia.

Non solo margini: anche i linfonodi sentinella

La frozen section è utilissima anche per valutare i linfonodi sentinella, i primi linfonodi che drenano la linfa dal tumore. Se questi sono positivi per metastasi, si procede di solito con la dissezione ascellare completa. Nel nostro studio, 22 pazienti sono state sottoposte a biopsia del linfonodo sentinella, e in 6 di queste la frozen ha rilevato la presenza di malignità, guidando il chirurgo verso la dissezione ascellare.

Ritratto di una donna di mezza età, indiana, con un'espressione serena e fiduciosa, in un ambiente medico luminoso e moderno. Prime lens, 35mm, depth of field, con toni caldi e accoglienti per trasmettere speranza.

Costi, benefici e il fattore umano

Certo, la frozen section ha un costo: richiede attrezzature specifiche, personale dedicato e allunga un po’ i tempi dell’intervento chirurgico. Ma se confrontiamo questi “svantaggi” con i benefici – la drastica riduzione dei reinterventi, la minore ansia per le pazienti, i migliori risultati estetici e il fatto di non ritardare l’inizio delle terapie adiuvanti (come chemio e radio) – il bilancio è decisamente a favore della frozen section.

Nel nostro studio, il tasso di recidiva locale è stato basso (1.9%, ovvero 4 pazienti), e la metà di queste pazienti, purtroppo, non aveva completato la radioterapia adiuvante, che è fondamentale per ridurre il rischio di recidiva dopo una chirurgia conservativa. Questo sottolinea l’importanza di un percorso terapeutico completo.

Conclusioni e prospettive future

La nostra esperienza di 6 anni in un centro terziario nel Nord-Est dell’India conferma che l’analisi istologica intraoperatoria su sezione congelata è un metodo accurato, rapido e affidabile per stabilire lo stato dei margini nella chirurgia conservativa del seno. Permette di ridurre significativamente la necessità di secondi interventi chirurgici, con tutti i vantaggi che ne conseguono per le pazienti.

Certo, è fondamentale avere un team multidisciplinare affiatato e ben addestrato, e audit frequenti sulla qualità delle analisi aiutano a mantenere alta l’affidabilità del sistema. Il nostro studio è retrospettivo e il periodo di follow-up potrebbe essere un po’ breve per trarre conclusioni definitive sulle recidive a lungo termine, ma i dati sono estremamente incoraggianti.

In conclusione, posso dire con una certa sicurezza che, quando si parla di chirurgia conservativa del seno, la frozen section è una vera alleata. Un piccolo “sguardo” in più durante l’intervento che può fare una grande, grandissima differenza nella vita di una donna.

Fonte: Springer

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