Immagine simbolica di una procedura di colecistectomia laparoscopica, con focus sui possibili siti di incisione del trocar, ombelicale ed epigastrico, su un addome stilizzato. Illuminazione da studio, profondità di campo per evidenziare le aree di interesse, 35mm prime lens, colori naturali e chiari.

Colecisti: Meglio Togliere la Cistifellea dall’Ombelico o dall’Epigastrio? Occhio all’Ernia!

Amici della scienza e della salute, ben ritrovati! Oggi voglio parlarvi di un argomento che tocca da vicino molti di noi, o persone che conosciamo: la colecistectomia laparoscopica. Detta così suona complicata, ma stiamo parlando della rimozione della cistifellea (o colecisti, che dir si voglia) con quella tecnica chirurgica moderna, “con i buchini”, che ha soppiantato il vecchio taglio tradizionale. Un vero passo avanti, diciamocelo: meno dolore, degenza più breve, cicatrici minime. Insomma, una manna dal cielo!

Però, come in tutte le cose belle, c’è sempre un “ma”, un piccolo inconveniente che può presentarsi. Uno di questi è l’ernia sul sito del trocar (TSH), ovvero la fuoriuscita di tessuto attraverso il piccolo foro creato per inserire gli strumenti chirurgici. Non è frequentissima, ma quando capita, può richiedere un ulteriore intervento per essere riparata. E nessuno vuole finire sotto i ferri due volte, giusto?

La domanda che si sono posti alcuni ricercatori, e che voglio condividere con voi oggi, è: c’entra qualcosa il punto da cui viene estratta la cistifellea con il rischio di sviluppare quest’ernia? Perché, vedete, la cistifellea, una volta staccata, deve pur uscire da qualche parte! E di solito si usa uno dei fori già esistenti, quello ombelicale o quello epigastrico (cioè, sotto lo sterno, per intenderci).

Cos’è questa ernia sul sito del trocar (TSH)?

Prima di addentrarci nello studio, facciamo un piccolo ripasso. L’ernia sul sito del trocar è una complicanza nota della chirurgia laparoscopica. Immaginate la parete addominale come un tessuto robusto. Quando facciamo un buco per passare con gli strumenti, quel punto può indebolirsi. Se la pressione interna all’addome spinge, ecco che qualcosa (solitamente grasso o, più raramente, intestino) può farsi strada, creando un rigonfiamento: l’ernia.

La sua incidenza, stando alla letteratura scientifica, varia parecchio, dallo 0% fino a circa il 5.1%, ma si sospetta che questi numeri siano sottostimati. Molte ernie piccole, infatti, potrebbero non dare sintomi e non venire diagnosticate.

Fattori di rischio: chi è più a rischio?

Come per molte condizioni mediche, ci sono dei fattori che possono aumentare la probabilità di sviluppare una TSH. Possiamo dividerli in due categorie:

  • Fattori legati al paziente: diabete mellito, età superiore ai 70 anni e obesità sono tra i principali indiziati. Il nostro corpo, con l’età o con certe patologie, può avere tessuti meno resistenti.
  • Fattori legati alla chirurgia (o tecnici): qui la cosa si fa interessante per il nostro discorso. Contano la posizione del trocar, la sua dimensione (quelli da 10-12 mm sono più a rischio di quelli da 5 mm), come viene chiusa la fascia muscolare dopo l’intervento e persino le infezioni post-operatorie sul sito del trocar.

Un punto debole ben noto è la regione ombelicale. La linea alba, quella striscia di tessuto connettivo al centro dell’addome, è meno supportata dai muscoli rispetto alle pareti laterali. Non a caso, molte ernie ventrali primarie spuntano proprio lì intorno!

La domanda cruciale: da dove estrarre la cistifellea?

Durante una colecistectomia laparoscopica standard, si usano solitamente due trocar più grandi (10-12 mm) e due più piccoli (5 mm). Uno dei trocar grandi è quello ombelicale (UTP), usato per la telecamera, e l’altro è quello epigastrico (ETP), usato come porta di lavoro principale. La cistifellea, una volta messa in un apposito sacchetto (retrieval pouch), viene estratta attraverso uno di questi due accessi maggiori. A volte, se ci sono calcoli grossi o una cistifellea particolarmente voluminosa, bisogna pure allargare un po’ l’incisione della fascia.

La scelta del sito di estrazione (ombelicale o epigastrico) è spesso lasciata alla preferenza del chirurgo. Alcuni studi passati suggerivano che l’estrazione dall’ombelico potesse associarsi a meno dolore post-operatorio e a tempi chirurgici più brevi. Ma sull’incidenza dell’ernia, i dati erano scarsi e poco chiari. Fino ad ora!

Primo piano di un chirurgo in sala operatoria durante una colecistectomia laparoscopica, con monitor che mostra l'interno dell'addome. Luce chirurgica intensa, focus sugli strumenti laparoscopici, 35mm prime lens, atmosfera sterile e high-tech, duotone blu e grigio.

Lo studio che fa luce: i risultati che non ti aspetti!

Ed eccoci al cuore della questione. Un recente studio multicentrico retrospettivo, condotto in due ospedali generali olandesi, ha voluto vederci chiaro. Hanno analizzato i dati di ben 2377 pazienti sottoposti a colecistectomia laparoscopica tra il 2013 e il 2015. Di questi, per 1756 pazienti si sapeva con certezza da dove fosse stata estratta la cistifellea.

I risultati? Preparatevi, perché sono piuttosto netti!

  • Nel 53% dei casi (929 pazienti), l’estrazione è avvenuta dal sito ombelicale (UTP).
  • Nel 47% dei casi (827 pazienti), l’estrazione è avvenuta dal sito epigastrico (ETP).

Ebbene, la riparazione chirurgica di un’ernia sul sito del trocar si è resa necessaria nel 2.1% dei pazienti totali (36 casi). Ma guardate la differenza quando dividiamo per sito di estrazione:

  • Tra quelli con estrazione ombelicale, il 3.2% ha avuto bisogno di un intervento per ernia (30 su 929).
  • Tra quelli con estrazione epigastrica, solo lo 0.7% ha avuto bisogno di un intervento per ernia (6 su 827).

Una differenza statisticamente super significativa (p < 0.001)! In pratica, il rischio di dover tornare sotto i ferri per un'ernia si riduce di parecchio se la cistifellea viene fatta uscire dall'alto, dalla regione epigastrica, invece che dall'ombelico.

Ma non è finita qui. Se consideriamo tutte le ernie diagnosticate (anche quelle asintomatiche, confermate da esami clinici o radiologici), la musica non cambia:

  • 7.1% di ernie con estrazione ombelicale (66 su 929).
  • 2.9% di ernie con estrazione epigastrica (24 su 827).

Ancora una volta, una differenza notevole e statisticamente significativa.

L’analisi ha anche evidenziato che l’età più avanzata e un punteggio ASA (che valuta lo stato di salute generale del paziente) più alto erano associati a un maggior rischio di ernia. Invece, sesso e Indice di Massa Corporea (BMI) non sembravano fare una differenza significativa in questo studio, almeno nell’analisi multivariata. L’estrazione epigastrica, invece, è emersa come un fattore protettivo statisticamente significativo.

Perché l’epigastrio sembra essere la scelta vincente?

Ma perché questa differenza? I ricercatori hanno un’ipotesi piuttosto convincente. Il sito epigastrico si trova nella parte alta dell’addome, leggermente a destra del legamento falciforme (una specie di “divisorio” interno). In questa posizione, la parete addominale è come “schermata” dall’interno dal fegato, dall’omento (una sorta di grembiule di grasso) e dallo stesso legamento falciforme. Questa “protezione” interna potrebbe rendere il sito epigastrico meno vulnerabile alla formazione di ernie rispetto all’ombelico, che come abbiamo detto è un punto anatomicamente più debole.

Illustrazione anatomica dettagliata dell'addome superiore che mostra la posizione del trocar epigastrico e la sua relazione con il fegato, l'omento e il legamento falciforme. Macro lens, 60mm, alta definizione, illuminazione che evidenzia le strutture anatomiche, stile da manuale medico fotorealistico.

Cosa diceva la scienza prima di questo studio?

Non è la prima volta che si indaga su questo aspetto. Una meta-analisi del 2019 (cioè uno studio che mette insieme i risultati di più studi precedenti) non aveva trovato prove sufficienti per una differenza significativa. Un’altra analisi retrospettiva del 2017 aveva riportato un’incidenza di TSH dello 0.94%, tutti casi avvenuti, guarda caso, al sito ombelicale. Una meta-analisi più recente, del 2020, aveva mostrato che l’estrazione epigastrica era associata a un rischio ridotto di TSH, ma senza raggiungere la significatività statistica. Infine, una revisione sistematica di Kulkarni e colleghi aveva descritto un’associazione con un rischio significativamente più alto di sviluppare TSH dopo estrazione ombelicale, favorendo quindi l’estrazione epigastrica.

Diciamo che il sospetto c’era, ma questo nuovo studio olandese, con la sua ampia casistica, porta dati molto robusti a conferma di questa ipotesi.

Punti di forza e qualche ombra dello studio

Ogni studio ha i suoi pro e i suoi contro. Tra i punti di forza di questo lavoro c’è sicuramente l’ampio numero di pazienti coinvolti, provenienti da due ospedali, il che rende i risultati più generalizzabili. Inoltre, si tratta di un piccolo accorgimento tecnico che, sebbene porti a una riduzione modesta del rischio in termini assoluti, potrebbe avere un impatto benefico su un gran numero di pazienti, considerando che la colecistectomia laparoscopica è uno degli interventi più eseguiti al mondo (si parla di oltre un milione all’anno!).

Tra le limitazioni, c’è il design retrospettivo. Questo significa che i dati sono stati raccolti “a posteriori”, il che può portare a qualche incompletezza. Ad esempio, non c’era un follow-up standardizzato a lungo termine per tutti i pazienti per diagnosticare le TSH, quindi l’incidenza reale potrebbe essere più alta (soprattutto per le ernie asintomatiche). Infatti, nel 25.5% dei pazienti non era documentato il sito di estrazione, e questi sono stati esclusi dall’analisi principale. Inoltre, alcuni potenziali fattori di rischio come il BMI specifico, il tipo di trocar usato o la tecnica di chiusura della fascia non erano sempre disponibili nei record e non sono stati analizzati in dettaglio. Infine, c’è un potenziale “contro” estetico: un’incisione allargata in epigastrio è sicuramente più visibile di una nascosta nell’ombelico.

Un dato interessante emerso, sebbene non statisticamente significativo (p=0.054), è una tendenza che suggerisce come il non chiudere la fascia muscolare potrebbe non aumentare il rischio di TSH. Questo è un dibattito aperto in chirurgia, con studi recenti che non trovano differenze significative tra chiusura o meno dei difetti fasciali, ma indicano che la forma dei trocar (ad esempio, quelli a lama) e l’angolo di inserzione potrebbero avere un ruolo.

Fotografia still life di diversi tipi di trocar chirurgici laparoscopici, alcuni a lama e altri smussi, disposti su un tavolo operatorio. Macro lens, 105mm, alta definizione, illuminazione controllata per evidenziare le differenze costruttive, sfondo neutro.

Cosa ci portiamo a casa e raccomandazioni finali

Tirando le somme, questo studio olandese ci dice una cosa importante: la necessità di un intervento chirurgico per riparare un’ernia sul sito del trocar dopo una colecistectomia laparoscopica è significativamente ridotta quando la cistifellea viene estratta attraverso il sito epigastrico rispetto a quello ombelicale. È un cambiamento relativamente piccolo nella pratica chirurgica, ma con un impatto potenziale notevole sull’incidenza di questa complicanza e sulla necessità di ulteriori interventi.

Quindi, la raccomandazione che emerge forte e chiara da questo studio è di preferire l’estrazione della cistifellea attraverso il trocar epigastrico. Certo, ogni paziente è un caso a sé e il chirurgo valuterà sempre la situazione specifica, ma avere questa informazione in più è fondamentale.

Per il futuro, una maggiore attenzione agli aspetti tecnici dell’inserimento del trocar, come la rimozione sotto visione e la corretta chiusura della fascia per i siti superiori a 10 mm (anche se questo studio non è dirimente su quest’ultimo punto), potrebbe contribuire a ridurre ulteriormente le TSH. La ricerca, come vedete, non si ferma mai e ogni piccolo passo avanti contribuisce a rendere la chirurgia sempre più sicura ed efficace. E noi siamo qui per raccontarvelo!

Alla prossima, e mi raccomando, se avete dubbi sulla vostra salute, parlatene sempre con il vostro medico!

Fonte: Springer

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