Rivoluzione in Sala Operatoria: Come Stiamo Portando l’ERAS in Ruanda, Passo Dopo Passo
Ciao a tutti! Oggi voglio raccontarvi una storia affascinante, una di quelle che ti fanno credere davvero nel potere del cambiamento e dell’innovazione, anche quando le risorse sembrano scarseggiare. Parliamo di chirurgia, di recupero post-operatorio e di come un approccio chiamato ERAS (Enhanced Recovery After Surgery) stia iniziando a farsi strada in un contesto complesso come quello del Ruanda.
Ma cos’è questo ERAS?
Immaginate di dover subire un intervento chirurgico importante. Tradizionalmente, il percorso prevedeva lunghi periodi di digiuno prima dell’operazione, farmaci antidolorifici potenti (spesso oppioidi) a fiumi dopo, e giorni, se non settimane, a letto in ospedale. L’ERAS, nato nel Nord Europa grazie all’intuizione di Henrik Kehlet negli anni ’90, ha letteralmente ribaltato questo paradigma. L’idea di base? Minimizzare lo stress chirurgico sul corpo del paziente attraverso una serie di pratiche basate sull’evidenza scientifica, applicate prima, durante e dopo l’intervento.
Pensate: Kehlet dimostrò che pazienti sottoposti a resezione del sigma potevano tornare a casa in soli due giorni, contro i dieci tradizionali! Questo approccio si basa su pilastri fondamentali come:
- Ottimizzazione delle condizioni del paziente prima dell’intervento.
- Utilizzo, quando possibile, di tecniche chirurgiche mini-invasive (come la laparoscopia).
- Gestione del dolore con un approccio multimodale (combinando diversi farmaci e tecniche per ridurre l’uso di oppioidi).
- Gestione attenta dei fluidi.
- Mobilizzazione precoce (alzarsi dal letto il prima possibile!).
- Ripresa rapida dell’alimentazione.
I risultati? Studi internazionali parlano chiaro: riduzione delle complicanze fino al 50%, degenze ospedaliere più brevi, e benefici sia clinici che economici. Insomma, una vera rivoluzione!
La Sfida Ruandese e la Nostra Missione
Portare un protocollo così strutturato in un Paese come il Ruanda, però, non è una passeggiata. Nonostante gli enormi progressi fatti nel sistema sanitario ruandese (pensate alla copertura assicurativa comunitaria che raggiunge oltre l’85% della popolazione!), ci sono sfide concrete: infrastrutture a volte limitate, standard di cura perioperatoria non sempre uniformi, pochi posti letto in terapia intensiva, e un accesso non sempre ottimale a farmaci e tecnologie avanzate.
Eppure, proprio la struttura piramidale del sistema sanitario ruandese, dai community health workers agli ospedali terziari come il Centre Hospitalier Universitaire de Kigali (CHUK), ci è sembrata un terreno fertile per provare a integrare l’ERAS. La nostra scommessa? Introdurre l’ERAS al CHUK, adattandolo alle risorse e al contesto locale, partendo da un intervento specifico: la colecistectomia laparoscopica (l’asportazione della cistifellea).
Un Approccio Passo-Passo: Dall’Ascolto all’Azione
Non potevamo certo arrivare e imporre un protocollo dall’alto. Dovevamo capire la situazione attuale, le conoscenze, le attitudini e le pratiche del personale sanitario coinvolto nel percorso chirurgico. Ecco come ci siamo mossi:
1. Webinar Introduttivo: Abbiamo iniziato con un seminario online, organizzato insieme ai Dipartimenti di Chirurgia e Anestesia del CHUK. Esperti di ERAS hanno presentato i principi chiave e discusso le sfide dell’implementazione nei paesi a basso e medio reddito, con un focus sulla chirurgia laparoscopica. È stata un’occasione preziosa per aprire il dialogo e iniziare a pensare a come adattare l’ERAS al contesto ruandese.
2. Lo Studio KAP (Knowledge, Attitudes, Practices): Dopo il webinar, abbiamo lanciato un’indagine trasversale per “fotografare” la situazione. Tramite un questionario online (anonimo e volontario), abbiamo chiesto a chirurghi, anestesisti, infermieri, ostetriche, specializzandi e persino psicologi clinici cosa sapessero dell’ERAS, cosa ne pensassero e quali pratiche adottassero già.
3. Formazione Mirata: I risultati dello studio KAP ci hanno mostrato dove intervenire. Abbiamo scoperto lacune nella conoscenza, ma anche un grande entusiasmo! Così, abbiamo organizzato sessioni di formazione specifiche per colmare queste lacune, concentrandoci sui principi cardine dell’ERAS (ottimizzazione preoperatoria, gestione del dolore multimodale, gestione dei fluidi, mobilizzazione e nutrizione precoci) e su come applicarli con le risorse disponibili al CHUK.
4. Sviluppo del Protocollo Adattato: Un team multidisciplinare (chirurghi, anestesisti, infermieri) si è messo al lavoro per creare una versione “ruandese” del protocollo ERAS, prendendo spunto dalle linee guida internazionali (ad esempio, quelle per la chirurgia colorettale) ma adattandole alle realtà locali. Abbiamo puntato su strategie di analgesia multimodale fattibili, sulla riduzione di interventi non necessari (come l’uso routinario di drenaggi) e sulla definizione di percorsi di cura chiari.
5. Creazione di Team e “Campioni” ERAS: Per rendere l’implementazione sostenibile, abbiamo formato team ERAS multidisciplinari nei vari reparti e nominato dei “campioni” (figure di riferimento) in chirurgia, anestesia e assistenza infermieristica. Il loro compito? Supervisionare l’aderenza al protocollo, continuare la formazione e risolvere eventuali problemi pratici.
Cosa Abbiamo Imparato dallo Studio KAP?
I risultati dell’indagine sono stati illuminanti! Abbiamo coinvolto tanti professionisti, prevalentemente donne (77.5%) e con molta esperienza (il 64.8% lavorava da più di 10 anni). Ecco alcuni dati chiave:
- Solo il 45.7% conosceva i protocolli ERAS specifici, e una percentuale simile (48%) applicava già alcuni principi, spesso senza saperlo!
- La conoscenza delle linee guida internazionali sul digiuno preoperatorio (NPO) era presente nel 63.6%, ma non era omogenea.
- C’era un forte supporto (88.4%) per l’uso selettivo degli oppioidi, ma anche una certa resistenza (81.5%) all’idea di eliminarli del tutto – un punto cruciale su cui lavorare con la formazione sull’analgesia multimodale.
- Solo il 45.7% era pienamente convinto della nutrizione precoce dopo chirurgia addominale, ma quasi tutti (92.5%) concordavano che prevenire nausea e vomito fosse fondamentale per il recupero.
- L’85% riconosceva che la chirurgia laparoscopica facilitasse l’ERAS.
- L’atteggiamento era estremamente positivo: il 97.7% credeva che l’ERAS potesse migliorare la qualità delle cure e il 94.8% supportava l’approccio multidisciplinare. Inoltre, il 79.2% pensava potesse ridurre le spese ospedaliere.
Questi dati ci hanno confermato che, nonostante le lacune conoscitive, c’era una base solida di percezioni positive e una volontà di migliorare.
Adattare, Non Solo Applicare: Il Nostro Protocollo ERAS “Su Misura”
Sviluppare il protocollo modificato è stato un esercizio di equilibrio tra le evidenze scientifiche e la realtà quotidiana del CHUK. Le modifiche chiave hanno riguardato:
- Analgesia Multimodale Realistica: Abbiamo definito strategie basate sui farmaci effettivamente disponibili e accessibili.
- Gestione degli Oppioidi: Data la resistenza all’eliminazione totale, abbiamo puntato su un uso più mirato e selettivo, educando sulle alternative.
- Focus su Mobilizzazione e Nutrizione Precoce: Abbiamo enfatizzato questi aspetti, cercando di superare eventuali barriere culturali o organizzative.
- Minimizzare l’Invasività Non Necessaria: Abbiamo scoraggiato l’uso routinario di sondini nasogastrici o drenaggi, quando non strettamente indicati.
Il coinvolgimento dei team multidisciplinari e dei “campioni” è stato fondamentale per rendere questo protocollo non solo un pezzo di carta, ma uno strumento vivo e applicabile.
Primi Passi e Prospettive Future
Anche se i risultati dettagliati della fase pilota sull’intervento di colecistectomia laparoscopica non fanno parte di questo specifico studio (ma sono stati già riportati altrove), possiamo dire che l’implementazione iniziale del nostro protocollo ERAS modificato ha dato segnali molto incoraggianti. I pazienti hanno tollerato bene la mobilizzazione e l’alimentazione precoci, senza un aumento apparente delle complicanze.
Certo, le sfide restano. La resistenza al cambiamento, la variabilità nell’aderenza da parte dei singoli operatori, le limitazioni di risorse (specialmente per la laparoscopia e alcuni farmaci per l’analgesia) sono ostacoli reali. Anche fattori culturali legati al digiuno o alla gestione del dolore richiedono un lavoro continuo di educazione e comunicazione con i pazienti.
Ma la strada è tracciata. Questo studio dimostra che introdurre l’ERAS in un contesto come il Ruanda è fattibile e promettente. Colmando le lacune conoscitive, adattando i protocolli alle risorse locali e promuovendo la collaborazione multidisciplinare, abbiamo mosso un primo, importante passo.
Il futuro? Continuare con la formazione, monitorare i risultati, migliorare costantemente il protocollo e, speriamo, estendere l’approccio ERAS ad altri tipi di interventi chirurgici. L’obiettivo finale è ottimizzare le cure chirurgiche in Ruanda e, perché no, offrire un modello replicabile in altri paesi a basso e medio reddito. È una sfida complessa, ma i benefici potenziali per i pazienti e per il sistema sanitario sono enormi. E noi siamo pronti a continuare questo viaggio!
Fonte: Springer