Epatite B e COVID-19 Grave: Lo Studio Svedese Rivela un Rischio Nascosto
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha davvero colpito, un argomento che intreccia due grandi sfide sanitarie del nostro tempo: l’Epatite B cronica (HBV) e il COVID-19. Durante la pandemia, ci siamo chiesti tutti quali fossero i fattori che rendevano alcune persone più vulnerabili alle forme gravi di COVID-19. Sappiamo che le malattie epatiche gravi possono peggiorare le cose, ma il ruolo specifico dell’infezione cronica da HBV non era così chiaro. C’erano studi, sì, ma spesso contrastanti o su piccola scala.
Ecco perché uno studio svedese, basato su dati nazionali, ha attirato la mia attenzione. Hanno fatto un lavoro enorme, analizzando i dati di tutta la Svezia per capire se chi vive con l’Epatite B cronica abbia davvero corso un rischio maggiore di finire male a causa del COVID-19. E i risultati, ve lo anticipo, fanno riflettere.
La Grande Domanda: L’Epatite B Peggiora il COVID-19?
L’obiettivo principale di questi ricercatori era cristallino: determinare se avere un’infezione cronica da HBV aumentasse il rischio di sviluppare una forma grave di COVID-19. Per “grave” intendiamo finire in ospedale, necessitare di terapia intensiva (ICU), intubazione o, nel peggiore dei casi, morire a causa del virus. Inoltre, volevano capire se la presenza di cirrosi epatica, una complicanza nota dell’HBV cronico, facesse la differenza.
Come Hanno Fatto? Uno Sguardo allo Studio Svedese
Qui sta la forza dello studio: hanno usato i registri nazionali svedesi. Immaginate un enorme database che collega le informazioni sanitarie (diagnosi, ricoveri, cause di morte) con dati demografici e socioeconomici di quasi tutta la popolazione. Hanno identificato tutti i casi di COVID-19 confermati in laboratorio tra febbraio 2020 e aprile 2021 – parliamo di oltre un milione di persone! Tra queste, hanno individuato circa 2.900 persone con diagnosi di Epatite B cronica precedente all’infezione da SARS-CoV-2.
Hanno poi diviso il gruppo HBV in due: quelli con cirrosi e quelli senza. Per rendere il confronto equo, hanno usato modelli statistici complessi (regressione logistica multivariata, per i più tecnici) per “aggiustare” i risultati, tenendo conto di un sacco di fattori che potrebbero influenzare l’esito, come:
- Età e sesso
- Presenza di altre malattie (usando un indice chiamato Charlson Comorbidity Index, wCCI)
- Stato vaccinale contro il COVID-19 (anche se all’inizio della pandemia la copertura era bassa)
- Livello di istruzione e reddito (fattori socioeconomici)
- Paese di nascita (diviso per regioni geografiche)
Questo permette di isolare, per quanto possibile, l’effetto specifico dell’HBV.

I Risultati: Cosa Ci Dicono i Numeri?
E qui arrivano le conferme. Analizzando i dati, è emerso che le persone con Epatite B cronica avevano un rischio significativamente maggiore di sviluppare COVID-19 grave (ospedalizzazione, ICU o morte) rispetto a chi non aveva l’HBV. Il rischio “aggiustato” (cioè al netto degli altri fattori) era circa il 24% più alto (aOR 1.242).
Ma la differenza più impressionante si è vista quando hanno distinto tra chi aveva la cirrosi e chi no:
- Persone con HBV senza cirrosi: Rischio di COVID-19 grave aumentato di circa il 18% (aOR 1.183) rispetto ai non HBV.
- Persone con HBV con cirrosi: Rischio di COVID-19 grave quasi due volte e mezzo più alto (aOR 2.463)! Un dato davvero pesante.
Interessante notare che, guardando solo alla mortalità specifica per COVID-19, l’aumento del rischio per l’intero gruppo HBV non era statisticamente significativo nei modelli aggiustati. Tuttavia, per i pazienti HBV con cirrosi, il rischio di morte per COVID-19 era più che doppio (aOR 2.350), anche se il risultato era al limite della significatività statistica (p=0.050), probabilmente a causa del numero relativamente piccolo di decessi in questo sottogruppo specifico (97 persone con HBV e cirrosi in totale nello studio).
Perché Questo Legame? Le Ipotesi Scientifiche
Ma perché l’HBV dovrebbe peggiorare il COVID-19? Gli autori dello studio suggeriscono alcune spiegazioni biologiche plausibili. Una delle principali è l’esaurimento delle cellule T (T-cell exhaustion). L’infezione cronica da HBV costringe il sistema immunitario a una battaglia continua, che alla lunga può “stancare” alcune cellule immunitarie cruciali, come i linfociti T CD8+. Queste cellule diventano meno efficaci nel combattere non solo l’HBV, ma potenzialmente anche altri virus, come il SARS-CoV-2.
Inoltre, l’HBV cronico può alterare il funzionamento di altre componenti del sistema immunitario, come le cellule Natural Killer (NK) e le cellule dendritiche. Tutto questo porta a una funzione immunitaria compromessa, rendendo l’organismo più vulnerabile. Se a questo aggiungiamo la cirrosi, che di per sé compromette ulteriormente la regolazione immunitaria e la funzione epatica, si capisce perché il rischio diventi così elevato. Non dimentichiamo poi che lo stesso SARS-CoV-2 può causare danno epatico, creando una sorta di tempesta perfetta nel fegato già provato dall’HBV.

Un Fattore Inatteso: L’Importanza del Luogo di Nascita
Un altro dato che mi ha colpito è l’influenza del luogo di nascita. Lo studio ha rilevato che le persone con HBV nate fuori dal Nord Europa, e in particolare in Africa, avevano un rischio ancora maggiore di COVID-19 grave rispetto a quelle nate in Svezia o paesi vicini. Questo è un risultato complesso da interpretare. Potrebbe esserci un “confondimento residuo”, cioè magari i dati sui problemi di salute pregressi (comorbidità) erano meno completi per chi si è trasferito in Svezia più di recente, portando a una sottostima del loro stato di salute generale. Tuttavia, anche altri report svedesi e studi internazionali hanno notato una maggiore vulnerabilità al COVID-19 grave in persone immigrate, specialmente da Africa e Medio Oriente. Questo suggerisce che potrebbero esserci fattori socioeconomici, accesso alle cure, o forse anche biologici ancora non del tutto compresi che giocano un ruolo.
Punti di Forza e Limiti: Onestà Intellettuale
Come ogni studio, anche questo ha i suoi punti di forza e i suoi limiti. La forza è immensa: dati nazionali, un campione enorme, la capacità di controllare per molti fattori confondenti e l’inclusione di persone con HBV da tutto lo spettro della malattia COVID-19 (non solo i ricoverati). È uno dei più grandi studi del genere e fornisce una prospettiva importante, soprattutto perché molti studi precedenti venivano dall’Asia.
I limiti principali sono legati al periodo studiato (inizio pandemia, con varianti diverse da quelle attuali e bassa copertura vaccinale), il che significa che i risultati potrebbero non essere perfettamente generalizzabili ad oggi. Inoltre, l’identificazione di HBV e cirrosi si basa su codici diagnostici nei registri, il che potrebbe portare a qualche imprecisione o sottostima. Infine, mancavano dati clinici dettagliati sulla funzione epatica o sullo stato specifico dell’HBV (carica virale, ecc.).

Cosa Portiamo a Casa? Implicazioni e Futuro
Quindi, cosa ci dice tutto questo? Secondo me, il messaggio chiave è che l’infezione cronica da Epatite B è un fattore di rischio importante per il COVID-19 grave, e lo è in modo particolare per chi ha sviluppato cirrosi. Questo studio svedese, con la sua robustezza, lo conferma su larga scala.
Queste informazioni sono preziose. Suggeriscono che le persone con HBV, specialmente se con malattia epatica avanzata, dovrebbero essere considerate a maggior rischio nelle valutazioni cliniche e nelle strategie di prevenzione (come la vaccinazione) contro il COVID-19 e, potenzialmente, future pandemie respiratorie. Potrebbe influenzare le decisioni terapeutiche e aiutare a ridurre il peso della malattia in questo gruppo di pazienti.
Certo, dobbiamo essere cauti nel generalizzare i risultati all’attuale panorama, con nuove varianti e un’alta copertura vaccinale. Ma la base biologica del legame tra HBV e suscettibilità immunitaria rimane valida. Serviranno ulteriori studi per capire come queste dinamiche si evolvono nel tempo, ma intanto, questo lavoro ci ricorda l’importanza di non sottovalutare le infezioni croniche preesistenti quando affrontiamo nuove minacce virali.
È fondamentale continuare a monitorare, ricercare e adattare le nostre strategie sanitarie per proteggere al meglio le popolazioni più vulnerabili.
Fonte: Springer
