Eosinofili vs Cancro Vescica: Eroi Silenziosi, Ma Non Indovini della Terapia BCG
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di affascinante che sta emergendo dalla ricerca sul cancro alla vescica, in particolare quello non muscolo-invasivo (NMIBC). Sapete, una delle terapie più usate dopo la rimozione chirurgica iniziale (la TURBT) è l’immunoterapia con il Bacillo di Calmette-Guérin, il famoso BCG. È un’arma potente, ma c’è un “ma”: non tutti i pazienti rispondono allo stesso modo. Anzi, la risposta è molto variabile, e capire perché è una sfida cruciale.
Il Contesto Immunitario: Th1 vs Th2
Da tempo si sa che il successo del BCG sembra legato al tipo di risposta immunitaria presente nella vescica. Si pensa che il BCG funzioni scatenando una forte risposta infiammatoria locale di tipo Th1. Tuttavia, alcuni studi suggeriscono che avere un microambiente immunitario preesistente orientato verso il Th2 (quello tipico delle allergie, per intenderci) potrebbe addirittura favorire una buona risposta al BCG. Sembra un controsenso, vero? Ma è proprio qui che entrano in gioco due tipi di cellule immunitarie associate al Th2: i mastociti (MCs) e gli eosinofili. Ci siamo chiesti: che ruolo giocano queste cellule nel cancro alla vescica? E soprattutto, potrebbero aiutarci a prevedere chi risponderà bene al BCG?
Eosinofili: I Combattenti Inaspettati
Per capirci qualcosa di più, abbiamo iniziato con esperimenti in laboratorio (in vitro). Abbiamo messo a contatto cellule di cancro della vescica (la linea T24, piuttosto aggressiva) con eosinofili umani purificati dal sangue. E qui la prima sorpresa: gli eosinofili hanno dimostrato di saper ridurre significativamente la vitalità delle cellule tumorali, fino al 55% quando erano in numero maggiore! Questo effetto era meno marcato su una linea cellulare di cancro a basso grado (RT112), suggerendo che forse sono più efficaci contro i tumori più aggressivi.
E i mastociti? Beh, loro non sembravano avere lo stesso impatto diretto sulla sopravvivenza delle cellule tumorali T24. Interessante, però, è stato scoprire che sia gli eosinofili che i mastociti sono “attratti” dalle cellule tumorali: in un test di migrazione, entrambe le popolazioni cellulari si muovevano attivamente verso le cellule T24. Quindi, anche se non le uccidono direttamente (nel caso dei mastociti), sentono la loro presenza e si avvicinano.

La Prova sul Campo (Animale)
Ok, i risultati in provetta sono incoraggianti, ma come si traducono in un organismo complesso? Abbiamo usato un modello animale (topi) in cui abbiamo indotto un cancro alla vescica. Abbiamo confrontato topi normali (wild type, WT) con topi geneticamente modificati per essere privi di mastociti (Sash) o di eosinofili (GATA). I risultati? Nei topi senza eosinofili (GATA), abbiamo osservato una tendenza (anche se non statisticamente significativa in questo specifico esperimento) ad avere tumori alla vescica più grandi rispetto ai topi normali. Nei topi senza mastociti (Sash), invece, il peso del tumore era simile a quello dei topi normali. Questo, pur con cautela, sembra confermare l’idea che gli eosinofili abbiano un’attività anti-tumorale anche in vivo, mentre i mastociti, in questo contesto, sembrano più neutrali.
E il BCG? Cosa Cambia?
A questo punto, la domanda sorge spontanea: cosa succede quando aggiungiamo il BCG all’equazione? Abbiamo visto che il BCG è in grado di “attivare” sia gli eosinofili che i mastociti in laboratorio, inducendoli a rilasciare il contenuto dei loro granuli (un processo chiamato degranulazione). In particolare, abbiamo misurato il rilascio di perossidasi eosinofila (EPX) dagli eosinofili e di β-esosaminidasi dai mastociti. Curiosamente, solo i mastociti rilasciavano una citochina infiammatoria importante, il TNF-α, in risposta al BCG.
Ma questa attivazione si traduce in un potenziamento dell’azione anti-tumorale? Sembrerebbe di no. Il BCG da solo induceva un po’ di migrazione degli eosinofili, ma non dei mastociti. E quando abbiamo messo insieme BCG, eosinofili e cellule tumorali, non abbiamo visto un aumento dell’effetto “killer” degli eosinofili rispetto a quello che facevano da soli. Né il BCG sembrava aumentare l’attrazione (chemiotassi) di queste cellule verso le cellule tumorali già stimolate. Insomma, il BCG li attiva, ma non sembra renderli “super-soldati” anti-cancro in questo setting sperimentale.

La Prova del Nove: I Pazienti
Tutto molto interessante, ma la vera domanda rimane: la presenza di eosinofili o mastociti nel tumore prima di iniziare la terapia con BCG può dirci se il paziente risponderà bene a lungo termine? Per rispondere, abbiamo analizzato le biopsie di 26 pazienti con NMIBC primario, prelevate dopo la resezione chirurgica ma prima dell’inizio delle instillazioni di BCG. Abbiamo seguito questi pazienti per due anni e li abbiamo divisi in “responder” (nessuna recidiva) e “non-responder” (recidiva del tumore).
Abbiamo contato meticolosamente gli eosinofili e i mastociti presenti nel tessuto tumorale usando colorazioni specifiche (ematossilina-eosina, anti-EPX per gli eosinofili e anti-triptasi per i mastociti). Il risultato? Nessuna differenza significativa nel numero di eosinofili o mastociti tra i pazienti che hanno risposto bene alla terapia e quelli che non hanno risposto.
L’Indizio Nascosto nei Geni: La Matrice Extracellulare
Abbiamo voluto scavare ancora più a fondo analizzando l’espressione genica (mRNA) in un sottogruppo di queste biopsie. Anche a livello genetico, non abbiamo trovato differenze significative nell’espressione di geni legati a eosinofili o mastociti tra responder e non-responder. Sembrava un vicolo cieco… finché non abbiamo allargato lo sguardo.
Analizzando l’intero profilo di espressione genica, abbiamo identificato 56 geni espressi in modo diverso tra i due gruppi. E qui la scoperta intrigante: molti di questi geni erano legati alla matrice extracellulare (ECM) – l’impalcatura che tiene insieme i tessuti – e alla transizione epitelio-mesenchimale (EMT), un processo che permette alle cellule di cambiare forma e diventare più mobili (spesso associato alla progressione tumorale). Ad esempio, geni come COL1A1 e COL3A1 (che codificano per tipi di collagene, componenti chiave della ECM) erano più espressi nei responder, mentre FRAS1 (legato all’adesione tra cellule e matrice) era meno espresso. Analisi più complesse (GSEA) hanno confermato che le “vie metaboliche” legate all’organizzazione della ECM e all’EMT erano effettivamente più attive nei pazienti responder.

Cosa Ci Portiamo a Casa?
Quindi, cosa significa tutto questo? Beh, il nostro viaggio ci ha mostrato che gli eosinofili, queste cellule spesso associate alle allergie, hanno effettivamente un’attività anti-tumorale contro le cellule del cancro alla vescica, sia in provetta che (tendenzialmente) nel modello animale. I mastociti, invece, sembrano avere un ruolo meno diretto sulla vitalità tumorale in questo contesto.
Tuttavia, la scoperta più importante è che, nonostante il loro potenziale ruolo nella battaglia contro il tumore, né la quantità di eosinofili né quella di mastociti presenti nel tumore prima della terapia sembra essere un buon indicatore per predire il successo a lungo termine del trattamento con BCG. Questo contrasta con alcuni studi precedenti (che però valutavano la risposta a tempi più brevi) ma è in linea con altri che associavano alti livelli di eosinofili nel sangue a una prognosi peggiore.
La vera novità, forse, arriva dall’analisi genica: suggerisce che fattori legati alla struttura stessa del tessuto tumorale, alla sua “impalcatura” (ECM) e alla capacità delle cellule di cambiare forma (EMT), potrebbero essere molto più importanti nel determinare se il BCG funzionerà o meno. È come se la “qualità del terreno” (il microambiente strutturale) fosse più decisiva della presenza di specifici “soldati” immunitari (almeno per quanto riguarda eosinofili e mastociti) per l’esito della battaglia.
Ovviamente, c’è ancora molta strada da fare per capire appieno questi meccanismi complessi. Ma questi risultati aprono nuove prospettive, spostando un po’ il focus dall’infiltrazione di specifiche cellule immunitarie alla composizione e dinamica della matrice extracellulare come potenziale fattore predittivo e, chissà, futuro bersaglio terapeutico. La ricerca continua!
Fonte: Springer
