Emotorace da Rottura di Varici Intratoraciche: Un Incredibile Caso Legato alla Sindrome di Budd-Chiari
Ciao a tutti! Oggi voglio raccontarvi una storia medica che ha dell’incredibile, un caso clinico che ci ricorda quanto il corpo umano possa essere complesso e sorprendente. Parliamo di un emotorace, ovvero sangue che si accumula nella cavità toracica, ma non per una causa comune come un trauma. No, qui la faccenda è molto più intricata e ci porta dritti a una condizione rara chiamata Sindrome di Budd-Chiari (BCS). Sembra fantascienza, vero? Eppure è successo.
Un Arrivo Misterioso in Ospedale
Immaginatevi la scena: una donna di 43 anni, senza particolari malattie pregresse note, arriva in ospedale. Il suo problema principale? Mancanza di respiro da due giorni. Niente traumi recenti al torace, niente episodi di vomito con sangue. Eppure, qualcosa non va. Gli esami del sangue rivelano subito un’anemia importante: emoglobina a soli 69 g/L (il normale è ben sopra i 115 g/L!). Durante la visita, si notano alcuni segni particolari: i cosiddetti “spider nevi” (piccole dilatazioni di capillari a forma di ragno) sul torace, un suono respiratorio ridotto nel polmone destro e gonfiore alle gambe (edema).
Una TAC (tomografia computerizzata) al torace fatta in un altro ospedale aveva già mostrato un versamento pleurico a destra (liquido nello spazio attorno al polmone) e segni di cirrosi e splenomegalia (ingrossamento della milza). Con questi indizi, la paziente viene ricoverata nel reparto di Gastroenterologia.
I Primi Indizi Diagnostici
Una volta ricoverata, partono gli approfondimenti. Gli esami del fegato mostrano qualche anomalia, come l’albumina bassa e il lattato deidrogenasi alto, ma gli enzimi principali (transaminasi) sono nella norma. Si escludono le epatiti virali comuni (A, C, E) e le malattie autoimmuni del fegato. I marcatori tumorali nel sangue sono negativi. Tuttavia, i marcatori di fibrosi epatica sono decisamente alti, suggerendo un danno cronico al fegato.
Si procede con una gastroscopia, che rivela solo una gastrite superficiale, ma, cosa importante, nessuna varice esofagea o gastrica (vene dilatate che spesso sanguinano nei pazienti con cirrosi). Anche la colonscopia non mostra nulla di anomalo.
Una TAC con mezzo di contrasto focalizzata sulla fase venosa portale (quella che riguarda la vena porta, che porta il sangue dall’intestino al fegato) aggiunge pezzi al puzzle:
- Dilatazione delle vene della parete addominale.
- Conferma di cirrosi, ipertensione portale (aumento della pressione nella vena porta) e splenomegalia.
- Dilatazione della vena splenica.
- Dilatazione delle vene paravertebrali (vicino alla colonna vertebrale) che comunicano con la vena renale sinistra.
Tutto questo quadro suggerisce fortemente un problema di circolazione legato al fegato, tipico dell’ipertensione portale.

Un Labirinto Diagnostico: Il Liquido nel Torace
Nel frattempo, la paziente riceve trasfusioni per l’anemia, e l’emoglobina si stabilizza intorno a 100 g/L. Un’ecografia toracica conferma la presenza di abbondante liquido nella pleura destra. Si decide quindi di eseguire una toracentesi, cioè un prelievo del liquido pleurico. E qui arriva la sorpresa: il liquido è francamente ematico (sanguigno).
L’analisi del liquido rivela:
- Un numero elevatissimo di globuli rossi (oltre 2.7 milioni per microlitro!).
- Un numero elevato di globuli bianchi.
- Albumina e lattato deidrogenasi alti, tipici di un essudato (un liquido infiammatorio o ricco di cellule/proteine).
Purtroppo, non viene misurato l’ematocrito del versamento (la percentuale di globuli rossi), che è il criterio formale per definire un emotorace (>50% dell’ematocrito del sangue). Tuttavia, l’aspetto e l’altissimo numero di globuli rossi lasciano pochi dubbi.
Ma ecco il colpo di scena che complica tutto: i marcatori tumorali *nel liquido pleurico* mostrano valori alle stelle per l’enolasi neurone-specifica (NSE) e per il frammento di citocheratina 19 (CYFRA21-1). Nonostante non si trovino cellule tumorali all’esame citologico, questi valori così alti fanno scattare l’allarme per una possibile neoplasia maligna nascosta. La paziente viene quindi trasferita al reparto di Pneumologia per escludere un versamento pleurico maligno, con l’idea di procedere eventualmente a una toracoscopia (un esame endoscopico della cavità toracica) per fare una biopsia.
Il Sospetto di Malignità e il Colpo di Scena
Si ripete una TAC toracica con mezzo di contrasto. Questa volta, l’esame rivela qualcosa di cruciale: nel mediastino posteriore (la zona dietro il cuore) c’è una formazione allungata, simile a un tessuto molle, che si “accende” (capta il contrasto) in modo evidente sia nella fase parenchimale che in quella tardiva. Questo comportamento non è tipico di un linfonodo ingrossato, ma suggerisce fortemente che si tratti di una vena varicosa, una vena dilatata e tortuosa, strettamente connessa alla vena cava inferiore.
A questo punto, i pezzi del puzzle iniziano a combaciare in modo diverso. Il liquido pleurico è sangue. C’è una vena varicosa gigante nel torace. La paziente è anemica. L’ipotesi più logica diventa quella di un emotorace causato dalla rottura di questa varice intratoracica.

La Verità Nascosta nelle Immagini: La Sindrome di Budd-Chiari
Viene consultato un medico specialista in radiologia interventistica vascolare. Riguardando attentamente la precedente TAC addominale con contrasto, nota un dettaglio fondamentale: una stenosi (un restringimento) tra la vena epatica e la vena cava inferiore. I segmenti venosi sopra e sotto questo restringimento appaiono tortuosi e ispessiti. Considerando questo, insieme all’ipertensione portale e alle multiple vene varicose già viste, il sospetto cade sulla Sindrome di Budd-Chiari (BCS).
La BCS è una condizione in cui il deflusso del sangue dal fegato è ostacolato, solitamente a livello delle vene epatiche o della vena cava inferiore nel suo tratto vicino al fegato. Questo blocco causa un aumento della pressione a monte (ipertensione portale e ipertensione della vena cava inferiore), portando a conseguenze come cirrosi, ascite (liquido nell’addome), splenomegalia e, appunto, la formazione di circoli collaterali, cioè vene alternative che cercano di bypassare l’ostacolo. Tra queste, possono formarsi anche varici in sedi insolite, come all’interno del torace.
L’Intervento che Cambia Tutto
Dopo circa 10 giorni, la paziente viene sottoposta a un intervento di radiologia interventistica. Tramite un catetere inserito in una vena, si esegue un’angiografia della vena cava inferiore, che conferma il blocco del flusso sanguigno nella sua parte superiore. Si vedono anche numerose circolazioni collaterali attorno all’ostruzione.
A questo punto, si interviene: la porzione occlusa della vena cava viene delicatamente dilatata con un catetere a palloncino (angioplastica) e viene somministrata urochinasi, un farmaco trombolitico, per sciogliere eventuali coaguli. Una nuova angiografia di controllo mostra un netto miglioramento del flusso sanguigno. La diagnosi di Sindrome di Budd-Chiari è confermata.
Diventa quindi chiaro che l’emotorace della paziente era dovuto proprio alla rottura di una varice intratoracica formatasi come conseguenza della BCS. Due mesi dopo l’intervento, una TAC di controllo mostra che la grossa varice nel torace si è notevolmente ridotta.
Cos’è Esattamente la Sindrome di Budd-Chiari?
Descrita per la prima volta nel 1845, la BCS è una malattia rara ma potenzialmente letale. È causata da un’ostruzione del deflusso venoso epatico, che può avvenire a qualsiasi livello, dalle piccole vene epatiche fino allo sbocco della vena cava inferiore nell’atrio destro del cuore. Le cause possono essere diverse, spesso legate a stati di ipercoagulabilità del sangue (tendenza a formare trombi), come malattie mieloproliferative, emoglobinuria parossistica notturna, uso di contraccettivi orali, gravidanza, o cause più rare. Nel caso della nostra paziente, non è stata identificata una causa specifica sottostante, ipotizzando uno stato di ipercoagulabilità idiopatico (senza causa apparente).
Le manifestazioni cliniche sono varie e spesso non specifiche all’inizio. L’ipertensione portale può causare:
- Danno epatico
- Splenomegalia
- Ascite refrattaria
- Varici esofagee e gastriche
- Dilatazione delle vene della parete addominale (il famoso “caput medusae”)
L’ipertensione della vena cava inferiore può invece provocare:
- Edema degli arti inferiori
- Varici alle gambe
- Pigmentazione della pelle e ulcere croniche agli arti inferiori
La nostra paziente presentava edema ricorrente agli arti inferiori e spider nevi, oltre ai segni radiologici di ipertensione portale.

Il Legame Inaspettato: Fegato, Vene e Torace
L’emotorace ha diverse cause possibili: traumi, rottura di vasi importanti come l’aorta (dissezione aortica), fistole artero-venose polmonari, metastasi tumorali. Il sanguinamento da varici è una complicanza ben nota dell’ipertensione portale, ma di solito avviene nel tratto gastrointestinale (varici esofagee o gastriche). Il sanguinamento *extraluminale*, cioè al di fuori del tubo digerente, come la rottura di varici intratoraciche, è estremamente raro, specialmente se legato alla BCS.
Esiste un altro caso simile descritto in letteratura (citato come Paparoupa M et al.), dove un paziente con cirrosi ha avuto un emotorace bilaterale da rottura di varici, anch’esse apparse come una massa nel mediastino alla TAC. In quel caso, però, il sanguinamento fu massivo, causando shock emorragico e richiedendo un’embolizzazione d’urgenza della vena rotta. Fortunatamente, nel nostro caso, il sanguinamento si è autolimitato dopo le trasfusioni, dando il tempo necessario per arrivare alla diagnosi corretta senza interventi d’emergenza sul sanguinamento stesso.
Attenzione ai Falsi Allarmi: I Marcatori Tumorali
E che dire di quei marcatori tumorali (NSE e CYFRA21-1) così alti nel liquido pleurico, che hanno quasi portato a una biopsia toracoscopica potenzialmente pericolosissima? L’NSE è presente nei neuroni ma anche nelle piastrine e nei globuli rossi. L’emolisi, cioè la rottura dei globuli rossi (che era ovviamente presente nel liquido ematico pleurico), può causare un falso aumento dell’NSE. Per il CYFRA21-1, il motivo dell’aumento non è chiarissimo, ma si ipotizza che anche in questo caso l’emolisi possa giocare un ruolo. Questo ci insegna una lezione fondamentale: valori elevati di marcatori tumorali nel liquido pleurico, specialmente se ematico, non significano automaticamente cancro e bisogna sempre considerare altre possibilità, soprattutto quelle vascolari, prima di procedere con manovre invasive come una biopsia.
Diagnosticare e Trattare la BCS
La diagnosi di BCS si basa principalmente sull’imaging:
- Ecografia Color Doppler (CDUS): spesso il primo esame, molto sensibile se eseguito da operatori esperti.
- TAC con contrasto e Risonanza Magnetica (MRI): utili per confermare la diagnosi e definire l’anatomia.
- Angiografia con sottrazione digitale (DSA): considerata il gold standard per visualizzare le lesioni, l’estensione dell’occlusione e i circoli collaterali, ma è invasiva.
Negli ultimi anni, la terapia interventistica (come l’angioplastica con palloncino e la trombolisi eseguite nella nostra paziente, o il posizionamento di stent) è diventata il trattamento di scelta per molti casi di BCS, con buoni risultati nel ripristinare il flusso sanguigno. Tuttavia, bisogna ricordare che esiste un rischio di recidiva dell’ostruzione anche dopo l’intervento.
Cosa Impariamo da Questo Caso?
Questa storia clinica complessa ci lascia alcuni messaggi importanti:
- Mai dare nulla per scontato: Di fronte a un versamento pleurico ematico inspiegabile, anche se i marcatori tumorali sono alti, bisogna pensare oltre il tumore. Escludere cause vascolari è fondamentale prima di considerare procedure invasive come la biopsia toracoscopica, che in questo caso sarebbe stata potenzialmente fatale.
- La BCS può dare sorprese: Sebbene rara, la combinazione di BCS ed emotorace da rottura di varici intratoraciche è una possibilità da considerare nei pazienti con ipertensione portale e versamento pleurico ematico.
- Il lavoro di squadra è cruciale: La collaborazione tra diversi specialisti (gastroenterologi, pneumologi, radiologi, radiologi interventisti) è stata essenziale per risolvere questo puzzle diagnostico.
- Gestione del sanguinamento: Fortunatamente, in questo caso il sanguinamento si è fermato spontaneamente. Ma se così non fosse stato, o in caso di recidiva, sarebbe stato necessario un intervento tempestivo (come l’embolizzazione della varice rotta) per controllare l’emorragia.
Spero che questo racconto vi abbia affascinato quanto ha affascinato me e che possa essere d’aiuto per allargare gli orizzonti diagnostici di fronte a casi clinici complessi. Alla prossima!
Fonte: Springer
