Emicrania in Giappone: Quando il Farmaco da Banco Diventa un Problema (e Come Ne Usciamo!)
Amici, parliamoci chiaro: chi di noi non ha mai allungato la mano verso un farmaco da banco per quel mal di testa improvviso che minaccia di rovinarci la giornata? È comodo, veloce, e spesso pensiamo: “Ma sì, cosa vuoi che sia?”. Ecco, oggi voglio portarvi con me in un viaggio un po’ insolito, fino in Giappone, per scoprire cosa succede quando questa abitudine, soprattutto per chi soffre di emicrania, diventa un po’ troppo… frequente. Ho sottomano i risultati freschi freschi dello studio OVERCOME (Japan) 2nd, e credetemi, c’è parecchio su cui riflettere.
Un’occhiata da vicino: lo studio OVERCOME (Japan) 2nd
Prima di tuffarci nei dati, capiamo un attimo di cosa stiamo parlando. Lo studio OVERCOME (Japan) 2nd è un’indagine bella grossa, fatta su scala nazionale in Giappone, che ha coinvolto quasi 20.000 persone con emicrania. L’obiettivo? Capire come se la cavano nella vita reale con i farmaci, specialmente quelli da banco (i cosiddetti OTC, Over-The-Counter), e quali ostacoli incontrano per accedere a cure mediche appropriate. Pensate che l’età media dei partecipanti era di circa 40 anni, e quasi il 70% erano donne – un dato che, purtroppo, rispecchia la maggiore incidenza dell’emicrania nel sesso femminile.
Farmaci da banco: la prima scelta (troppo spesso?)
E qui arriva il primo dato che fa drizzare le orecchie: l’uso di farmaci da banco è diffusissimo! Parliamo di oltre il 62% dei partecipanti che li ha usati nell’ultimo anno, e questo indipendentemente dal fatto che avessero consultato un medico o da quanti giorni di mal di testa avessero al mese. Anzi, la cosa ancora più sorprendente è che tra quelli che dicevano di usare solitamente farmaci prescritti dal medico per un attacco di emicrania, ben il 35,2% ha ammesso di ricorrere anche ai farmaci da banco. E per più della metà di chi aveva visto un dottore (il 51,3%), la frequenza d’uso degli OTC era uguale o addirittura superiore a quella dei farmaci con ricetta!
Ma perché questa preferenza per il “fai da te”? Le ragioni possono essere tante: i farmaci da banco sono economici, facili da trovare, magari i farmaci prescritti non danno i risultati sperati, o c’è una scarsa conoscenza delle terapie specifiche per l’emicrania. Il problema, però, è che l’abuso di questi medicinali, inclusi gli OTC, può portare a una brutta bestia chiamata MOH (Medication Overuse Headache), ovvero la cefalea da abuso di farmaci. Immaginate un mal di testa che si presenta per 15 o più giorni al mese, proprio a causa dell’uso eccessivo di farmaci per il mal di testa acuto. Un vero e proprio circolo vizioso! Nello studio, il 2,6% dei partecipanti mostrava un probabile MOH.
Il medico? Sì, ma non parliamo di tutto…
Un altro aspetto che mi ha colpito è la comunicazione (o la sua assenza) con i medici. Solo il 14,6% dei partecipanti ha discusso dell’uso di farmaci da banco con il proprio dottore durante le visite nell’ultimo anno. È un po’ come andare dal meccanico per un rumore strano alla macchina e non dirgli che ogni tanto ci mettete un olio non proprio consigliato! Come può il medico avere un quadro completo e aiutarci al meglio se non sa tutto?
E non è finita qui. La conoscenza e l’accesso ai farmaci specifici per l’emicrania, come i triptani o i più recenti anticorpi monoclonali anti-CGRP, sono risultati limitati, persino tra chi usava farmaci da banco per 10 o più giorni al mese. Pensate: il 18,2% di questi forti utilizzatori di OTC usava i triptani, ma un incredibile 65,5% non ne aveva mai sentito parlare!

L’esitazione a chiedere aiuto: “Me la cavo da solo”
Ma perché questa reticenza a rivolgersi al medico o a parlare apertamente? Tra chi aveva esitato a consultare un dottore (il 37,1% di chi aveva avuto visite), la ragione più comune era: “Potevo gestirla da solo con i farmaci da banco” (34,9%). Questa risposta era frequente anche tra chi usava OTC per 10 o più giorni al mese (44,5%) – persone che, vi assicuro, avevano un carico di emicrania significativo, con una media di 11,5 giorni di mal di testa al mese!
Altre frasi tipiche erano: “Anche dopo la visita, mi hanno prescritto solo farmaci simili a quelli da banco” oppure “Pensavo non ci fossero trattamenti migliori di quelli che stavo già usando”. Questo suggerisce una profonda sfiducia o una scarsa informazione sulle possibilità terapeutiche moderne.
Il fattore “Gaman”: perseverare, a volte troppo
C’è poi un aspetto culturale interessante, il “gaman” giapponese, che potremmo tradurre come “perseveranza”, “tolleranza” o “auto-negazione”. Questa attitudine potrebbe portare le persone a sopportare il peso dell’emicrania, cercando di cavarsela da sole il più possibile e mettendo in secondo piano la gestione della propria salute. Peccato che una cattiva gestione dell’emicrania possa aumentare assenteismo e presenteismo sul lavoro, impattare negativamente sulla produttività e far lievitare i costi sanitari.
Cosa ci insegna tutto questo?
Beh, la lezione principale mi sembra chiara: l’uso di farmaci da banco per l’emicrania è una realtà diffusissima, ma spesso nascosta e non discussa con i medici. Questo può portare a un uso eccessivo, al rischio di MOH e a non accedere a terapie più specifiche ed efficaci.
È fondamentale che noi pazienti siamo più aperti con i nostri medici riguardo tutto ciò che assumiamo, anche i “semplici” farmaci da banco. E, d’altro canto, è cruciale che i medici indaghino attivamente su queste abitudini.
Lo studio evidenzia anche la necessità di una maggiore educazione sanitaria:
- Informare sui rischi dell’automedicazione eccessiva e del MOH.
- Far conoscere le opzioni terapeutiche specifiche per l’emicrania, incluse le più recenti.
- Guidare i pazienti verso centri specializzati quando necessario.
Pensate che chi usava farmaci da banco per 10 o più giorni al mese aveva iniziato a prenderli in media a 19 anni, poco dopo l’insorgere dei primi mal di testa. Questo suggerisce che un uso prolungato, iniziato in giovane età, può cronicizzare certe abitudini.

Nuove frontiere terapeutiche: gli anticorpi anti-CGRP
Una nota positiva: lo studio menziona gli anticorpi monoclonali anti-CGRP (Calcitonin Gene-Related Peptide monoclonal antibodies). Questi farmaci più recenti hanno mostrato di ridurre i giorni di mal di testa mensili anche in pazienti con MOH. Certo, il loro costo può essere un ostacolo, e i criteri di rimborso variano da paese a paese (in Giappone, ad esempio, sono rimborsati per chi ha almeno 4 giorni di emicrania al mese e ha fallito almeno una terapia preventiva orale). Ma rappresentano una speranza concreta per molti.
In conclusione: un dialogo aperto è la chiave
Insomma, questo studio giapponese ci offre uno spaccato affascinante e un po’ preoccupante sull’uso dei farmaci da banco nell’emicrania. Ci ricorda che l’automedicazione, sebbene comoda, nasconde insidie, soprattutto per una patologia cronica e complessa come l’emicrania.
La strada da percorrere è quella di una maggiore consapevolezza, sia da parte nostra, come pazienti, nel riconoscere i limiti del “fai da te” e nell’essere trasparenti con i nostri curanti, sia da parte del sistema sanitario, nel promuovere informazione e accesso a cure appropriate. Perché convivere con l’emicrania è già abbastanza dura, non complichiamoci la vita ulteriormente con un uso scorretto dei farmaci, no?
Fonte: Springer
