Immagine fotorealistica, obiettivo prime, 35mm, raffigurante una vista divisa stilizzata: da un lato, rappresentazione astratta dell'ematopoiesi clonale nel midollo osseo con cellule staminali mutate luminose; dall'altro lato, un'illustrazione dettagliata di una ghiandola tiroidea infiammata, profondità di campo.

Ematopoiesi Clonale e Tiroide: Un Legame Nascosto nel Sangue che Aumenta il Rischio di Malattie Autoimmuni?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento affascinante che collega due mondi apparentemente distanti: il nostro sangue e la nostra tiroide. Nello specifico, esploreremo come una condizione chiamata Ematopoiesi Clonale di Potenziale Indeterminato (CHIP) potrebbe influenzare il rischio di sviluppare una Malattia Tiroidea Autoimmune (AITD). Sembra complicato? Tranquilli, cercherò di spiegarlo nel modo più semplice e coinvolgente possibile.

Cos’è la Malattia Tiroidea Autoimmune (AITD)?

Partiamo dalla tiroide. Questa piccola ghiandola a forma di farfalla nel nostro collo è fondamentale per regolare tantissime funzioni del corpo, dal metabolismo all’energia. A volte, però, il nostro sistema immunitario, che dovrebbe difenderci dai nemici esterni, si confonde e attacca la tiroide stessa. Questo è ciò che accade nelle AITD, le malattie autoimmuni organo-specifiche più comuni in assoluto. Pensate che colpiscono circa il 2-5% della popolazione generale e rappresentano quasi il 90% di tutte le malattie tiroidee!

Le AITD sono un po’ subdole: spesso rimangono silenziose, asintomatiche, finché la tiroide non è già significativamente danneggiata. Possono portare a ipertiroidismo (troppi ormoni tiroidei) o, più comunemente, a ipotiroidismo (troppo pochi ormoni). Capire cosa scatena questa “ribellione” immunitaria è cruciale, e sappiamo che c’è una complessa interazione tra predisposizione genetica e fattori ambientali. Ma c’è dell’altro? Forse sì, e la risposta potrebbe trovarsi nel nostro sangue.

Entra in Scena l’Ematopoiesi Clonale (CHIP)

Ora, spostiamoci nel midollo osseo, la fabbrica delle nostre cellule del sangue. Con l’avanzare dell’età, può capitare che alcune cellule staminali ematopoietiche (quelle che danno origine a tutte le cellule del sangue) acquisiscano delle mutazioni somatiche, cioè cambiamenti nel DNA che non abbiamo ereditato. Se una di queste cellule mutate inizia a proliferare più delle altre, creando un “clone” di sé stessa, e questa popolazione raggiunge una certa dimensione (almeno il 2% delle cellule del sangue analizzate), parliamo di CHIP.

Attenzione: CHIP non è un cancro del sangue, ma è considerata una condizione pre-maligna. È molto comune con l’età, interessando oltre il 10% delle persone sopra i 70 anni. Chi ha CHIP ha un rischio aumentato di sviluppare leucemie o altre malattie ematologiche, ma non solo. Studi recenti hanno collegato CHIP a un maggior rischio di malattie cardiovascolari e persino a una mortalità generale più elevata. Ma come?

Il punto chiave è che CHIP non è una condizione “silenziosa” a livello biologico. Le cellule mutate possono scatenare uno stato pro-infiammatorio cronico e alterare il funzionamento delle cellule immunitarie. È come se queste cellule “ribelli” nel sangue soffiassero continuamente sul fuoco dell’infiammazione in tutto il corpo. Non a caso, CHIP è stata associata a malattie infiammatorie croniche come quelle del fegato, dei reni e persino alla BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva) e alle malattie infiammatorie intestinali.

Macro fotografia, 90mm lens, di cellule del sangue umane con alcune cellule sottilmente alterate/luminose che rappresentano le mutazioni CHIP, giustapposte a un'illustrazione stilizzata di una ghiandola tiroidea leggermente infiammata sullo sfondo, alto dettaglio, illuminazione controllata.

L’Ipotesi: CHIP può Scatenare l’AITD?

Ed eccoci al dunque. Se CHIP causa infiammazione e disregolazione immunitaria, e se l’AITD è fondamentalmente una malattia immuno-mediata e infiammatoria… non potrebbe esserci un collegamento? È proprio questa l’ipotesi che un recente studio, basato sui dati della mastodontica UK Biobank, ha voluto verificare.

La UK Biobank è un tesoro per la ricerca: oltre mezzo milione di partecipanti seguiti per anni, con dati genetici (sequenziamento dell’esoma completo!), clinici e sullo stile di vita. I ricercatori hanno analizzato i dati di circa 454.000 persone (dopo aver escluso chi aveva già AITD o tumori del sangue all’inizio dello studio) per vedere se chi aveva CHIP sviluppava più frequentemente AITD nel corso del tempo.

I Risultati dello Studio: Cosa Abbiamo Scoperto?

I risultati sono stati davvero interessanti! Ecco i punti salienti:

  • Circa il 3.1% dei partecipanti aveva CHIP all’inizio dello studio.
  • Durante un follow-up mediano di quasi 13 anni, le persone con CHIP hanno mostrato un rischio statisticamente significativo aumentato (circa l’11% in più) di sviluppare AITD rispetto a chi non aveva CHIP (Hazard Ratio [HR] 1.11).
  • Questa associazione è rimasta valida anche dopo aver considerato tantissimi fattori confondenti (età, sesso, BMI, etnia, istruzione, fumo, alcol, ecc.) e attraverso diverse analisi di sensibilità per confermarne la robustezza.
  • Non tutte le mutazioni CHIP sembrano uguali: la mutazione nel gene TET2 è risultata specificamente associata a un rischio maggiore di AITD (HR 1.23). Altre mutazioni comuni (come DNMT3A, ASXL1, PPM1D, SRSF2, JAK2) non hanno mostrato un legame statisticamente significativo nell’analisi principale, anche se per ASXL1 il risultato era al limite.
  • La dimensione del clone conta: il rischio era più evidente per la CHIP “grande” (con una frequenza allelica variante, VAF, superiore al 10%) rispetto a quella “piccola” (VAF tra 2% e 10%). Nelle CHIP grandi, sia le mutazioni TET2 (HR 1.27) che quelle ASXL1 (HR 1.33) erano associate a un rischio aumentato di AITD.
  • Un dato importante: le persone con CCUS (Clonal Cytopenias of Undetermined Significance), cioè CHIP associata a basse conte di cellule del sangue (anemia, neutropenia, piastrinopenia), avevano un rischio ancora più alto di AITD (HR 1.47) rispetto a chi aveva CHIP senza citopenia.
  • Anche escludendo i partecipanti che hanno poi sviluppato tumori mieloidi (per evitare confondimenti), l’associazione tra CHIP con mutazione TET2 e AITD è rimasta significativa.

Illustrazione ravvicinata e fotorealistica di un filamento di elica del DNA con un segmento specifico luminoso (che rappresenta la mutazione del gene TET2), ambientata su uno sfondo di cellule immunitarie astratte che interagiscono, alto dettaglio, messa a fuoco precisa.

Perché Proprio TET2? I Possibili Meccanismi

Ma come fa una mutazione nel sangue, in particolare nel gene TET2, a influenzare la tiroide? Qui entriamo nel campo dei meccanismi biologici, ancora da chiarire completamente, ma le ipotesi sono intriganti.

Sappiamo che TET2 gioca un ruolo cruciale nella regolazione epigenetica, cioè nel controllo dell’espressione genica senza cambiare la sequenza del DNA. La perdita di funzione di TET2, comune in CHIP, porta a un aumento del rilascio di citochine pro-infiammatorie come IL-1β, IL-6 e TNF-α. In pratica, le cellule con TET2 mutato sono più “infiammabili”. Inoltre, TET2 è importante per “spegnere” l’infiammazione quando non serve più.

Non solo: TET2 influenza anche il comportamento delle cellule immunitarie. Esperimenti su modelli animali hanno mostrato che la sua mancanza può alterare l’equilibrio tra diversi tipi di linfociti T, in particolare potenziando l’attività delle cellule Th17, note per essere pro-infiammatorie e coinvolte in diverse malattie autoimmuni, inclusa l’AITD. Ricordiamo che l’AITD è considerata una malattia mediata proprio dai linfociti T, con un’infiltrazione massiccia di queste cellule (e anche di linfociti B) nella tiroide.

Quindi, l’idea è che le cellule immunitarie derivate da cloni CHIP (specialmente quelle con mutazione TET2) possano creare un ambiente infiammatorio sistemico e locale, attivando meccanismi (come l’inflammasoma NLRP3) e rilasciando segnali (come IL-1β) che favoriscono l’attacco autoimmune contro la tiroide.

Rappresentazione fotorealistica di cellule immunitarie (come macrofagi e cellule T) che rilasciano particelle luminose (che rappresentano citochine come IL-6, IL-1β) vicino alle cellule follicolari tiroidee, suggerendo infiammazione, obiettivo macro, 70mm, illuminazione controllata.

Cosa Implica Tutto Questo?

Questa scoperta apre scenari interessanti. Sebbene l’aumento del rischio di AITD associato a CHIP sia modesto (circa l’11% in più in generale), ci dice qualcosa di nuovo sulla patogenesi di queste comuni malattie tiroidee.

Potrebbe avere senso, in futuro, monitorare più attentamente la funzione tiroidea nelle persone a cui viene diagnosticata CHIP, specialmente se portatrici di mutazioni TET2 o ASXL1 o se presentano CCUS? E viceversa, potrebbe essere utile considerare la ricerca di CHIP in pazienti con AITD, magari per stratificare meglio il loro rischio di altre complicanze associate a CHIP (ematologiche, cardiovascolari)?

Sono domande a cui solo studi futuri potranno rispondere. È importante sottolineare anche i limiti di questo studio: è stato condotto principalmente su una popolazione di origine europea, potrebbero esserci bias o fattori confondenti non misurati, e non si è potuta valutare la gravità dell’AITD.

In Conclusione

Abbiamo scoperto un legame intrigante tra una condizione legata all’invecchiamento del nostro sistema ematopoietico (CHIP, in particolare con mutazioni TET2) e il rischio di sviluppare malattie autoimmuni della tiroide (AITD). Questo studio aggiunge un tassello importante alla nostra comprensione delle complesse cause dell’autoimmunità tiroidea, suggerendo che l’infiammazione e la disregolazione immunitaria indotte da CHIP possano giocare un ruolo non trascurabile.

È un campo di ricerca in rapida evoluzione che ci ricorda quanto siano interconnessi i diversi sistemi del nostro corpo. Continueremo a seguire gli sviluppi futuri per capire meglio le implicazioni pratiche di questa affascinante connessione tra sangue e tiroide!

Fonte: Springer

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