Elettroliti Polimerici Solidi: La Mia Avventura Eco-Friendly con PVA, Chitosano e Gelatina di Pesce!
Ciao a tutti! Oggi voglio raccontarvi di un viaggio affascinante nel mondo dei materiali, un’esplorazione che ci porta dritti al cuore delle batterie e dei dispositivi energetici del futuro. Avete mai pensato a quanto sarebbe bello avere batterie non solo potenti, ma anche sicure, flessibili ed ecologiche? Beh, è proprio quello su cui ho lavorato di recente, e i risultati sono davvero promettenti!
Parliamo di elettroliti polimerici solidi biodegradabili (li chiameremo BSPE, per comodità). Sembra un nome complicato, ma l’idea è semplice: sostituire i liquidi potenzialmente pericolosi (infiammabili, corrosivi, che possono perdere) dentro le batterie con un materiale solido, più stabile e, nel nostro caso, amico dell’ambiente.
Perché proprio solidi e biodegradabili?
I classici elettroliti liquidi, pur avendo un’ottima conduttività, presentano sfide non da poco: perdite, reazioni indesiderate con gli elettrodi, corrosione e, in alcuni casi, rischi di esplosione. Non proprio l’ideale, vero? Gli elettroliti solidi, invece, eliminano questi problemi alla radice. Sono più sicuri, termicamente stabili, a prova di perdita e possono essere modellati facilmente in varie forme.
Ma volevamo fare un passo in più: renderli biodegradabili. Viviamo in un’epoca in cui l’accumulo di rifiuti tecnologici è un problema serio. Utilizzare polimeri che la natura può “digerire” facilmente, come l’alcool polivinilico (PVA), il chitosano (CS) – derivato dai crostacei – e la gelatina di pelle di pesce (FSG), significa creare sistemi energetici più sostenibili. Questi materiali sono abbondanti, leggeri, formano ottimi film e hanno buone proprietà meccaniche.
La nostra ricetta “segreta”: una miscela ternaria
Qui viene il bello! Invece di usare un solo polimero, abbiamo pensato: perché non combinarne tre? Abbiamo creato una miscela ternaria di PVA, CS e FSG. L’idea era di sfruttare le migliori proprietà di ciascuno e, magari, ottenere qualcosa di ancora migliore. Il PVA è noto per la sua resistenza dielettrica, il CS ha gruppi funzionali ottimi per interagire con i sali, e la FSG, pur avendo proprietà meccaniche non eccellenti da sola, poteva essere migliorata grazie alla miscelazione.
A questa miscela polimerica abbiamo aggiunto un “dopante”: il tiocianato di sodio (NaSCN). Perché il sodio? È abbondante, economico (molto più del litio!) e le sue proprietà lo rendono interessante per i sistemi ionici allo stato solido. Abbiamo preparato diversi campioni aggiungendo quantità crescenti di NaSCN (dal 10% al 50% in peso), chiamandoli STC1, STC2, STC3, STC4 e STC5.
La preparazione è stata relativamente semplice, usando una tecnica chiamata solution casting: abbiamo sciolto i polimeri e il sale in solventi appropriati, mescolato il tutto, versato in piastre Petri e lasciato evaporare lentamente. Dopo qualche giorno, voilà: film sottili, flessibili e pronti per essere analizzati!
Cosa ci hanno detto le analisi? Uno sguardo all’interno
Per capire cosa succedeva a livello molecolare, abbiamo usato due tecniche potentissime: la spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier (FTIR) e la diffrazione a raggi X (XRD).
L’FTIR ci ha confermato che i polimeri e il sale interagivano tra loro, formando dei “complessi”. È come se le molecole dei polimeri “abbracciassero” gli ioni di sodio (Na+) del sale. Abbiamo anche potuto “vedere” la presenza degli ioni liberi (quelli che trasportano la carica) e degli ioni ancora “legati” o aggregati. Curiosamente, la percentuale di ioni liberi aumentava aggiungendo più sale, fino a un certo punto.
L’XRD, invece, ci ha rivelato la struttura interna dei nostri film: quanto fossero cristallini (ordinati) o amorfi (disordinati). Perché è importante? Perché in un materiale più amorfo, gli ioni si muovono più facilmente! E indovinate un po’? Aggiungendo NaSCN, la cristallinità diminuiva, raggiungendo il minimo nel campione STC4 (quello con il 40% di sale). Era diventato il più “disordinato” e quindi, potenzialmente, il miglior conduttore! Con il 50% di sale (STC5), però, abbiamo visto ricomparire dei picchi cristallini: troppo sale iniziava a riaggregarsi, ostacolando il movimento.
Misurare la performance: la conduttività ionica
Il test chiave è stato misurare la conduttività ionica, cioè quanto bene gli ioni di sodio si muovono attraverso il nostro materiale. Abbiamo usato la spettroscopia di impedenza elettrochimica (EIS). I risultati hanno confermato le nostre aspettative basate sull’XRD: la conduttività aumentava con la quantità di sale, raggiungendo il massimo proprio con il campione STC4, con un valore di (2.74 × 10⁻⁶ S/cm) a temperatura ambiente. Non male per un materiale solido e biodegradabile! L’aumento era dovuto sia alla maggiore disponibilità di ioni liberi sia alla struttura più amorfa che facilitava il loro movimento. Nel campione STC5, la conduttività diminuiva leggermente, confermando che troppo sale può essere controproducente a causa dell’aggregazione ionica.
Un’analisi più profonda: dielettrica e relax
Per capire ancora meglio il comportamento dei nostri elettroliti, abbiamo studiato le loro proprietà dielettriche. Queste analisi ci aiutano a comprendere come il materiale risponde a un campo elettrico a diverse frequenze e ci danno informazioni sul movimento degli ioni e sulla polarizzazione. Abbiamo osservato un comportamento detto non-Debye, tipico dei polimeri, che indica una stretta connessione tra il movimento degli ioni e i movimenti segmentali delle catene polimeriche. Anche qui, il campione STC4 si è distinto, mostrando il tempo di rilassamento più breve, segno di una maggiore mobilità ionica.
Conclusioni (per ora!)
Questa ricerca è stata entusiasmante! Siamo riusciti a creare un elettrolita polimerico solido ternario e biodegradabile (PVA-CS-FSG) drogato con NaSCN, usando un metodo semplice ed economico. Abbiamo dimostrato che:
- La miscelazione ternaria è un approccio valido per modulare le proprietà degli elettroliti.
- L’aggiunta di NaSCN migliora significativamente la conduttività ionica, rendendo la struttura più amorfa.
- Esiste una concentrazione ottimale di sale (40% nel nostro caso, campione STC4) per massimizzare la conduttività.
- Le analisi strutturali (XRD, FTIR) e quelle elettrochimiche/dielettriche (EIS, M*, tan δ) si supportano a vicenda, fornendo un quadro completo del comportamento del materiale.
Questo lavoro apre nuove strade per lo sviluppo di dispositivi elettrochimici – come batterie al sodio e supercondensatori – più sicuri, sostenibili e potenzialmente più economici. Certo, la strada è ancora lunga, ma aver dimostrato che questa combinazione “insolita” di polimeri funziona è un passo importante. Chissà quali altre scoperte ci aspettano combinando materiali naturali e sintetici in modi nuovi e creativi!
Fonte: Springer