Immagine concettuale di molecole di CO2 catturate da una struttura molecolare innovativa elettrificata, con scintille di energia che simboleggiano il processo elettrochimico, sfondo scuro per far risaltare i dettagli luminosi, obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione drammatica.

Una Scossa alla Cattura della CO2: La Rivoluzione degli Acidi Redox-Sintonizzabili!

Amici, parliamoci chiaro: il cambiamento climatico è una gatta da pelare non da poco, e la CO2 è il principale imputato quando si parla di emissioni serra. Per anni abbiamo cercato modi per acchiapparla prima che finisca in atmosfera, specialmente dalle grandi fonti industriali. Uno dei metodi più collaudati è il cosiddetto “amine scrubbing”, che usa delle sostanze chiamate ammine. Ma, come tutte le cose, ha i suoi problemini. Oggi, però, voglio raccontarvi di una svolta che potrebbe davvero cambiare le carte in tavola, rendendo la cattura della CO2 più efficiente, economica e, soprattutto, più “verde” grazie all’elettricità!

Il Vecchio Metodo: Ammine e Tanto Calore

Immaginate le ammine come delle spugne super-selettive per la CO2. Funzionano alla grande nell’assorbirla. Il problema sorge quando dobbiamo “strizzare” queste spugne per recuperare la CO2 e riutilizzare le ammine. Tradizionalmente, questo processo, chiamato rigenerazione, richiede un sacco di calore, spesso tra i 100 e i 120°C. Questo significa un enorme dispendio energetico, perdita di ammine per evaporazione o degradazione, corrosione degli impianti e una certa complessità nell’integrare questa tecnologia con le infrastrutture esistenti. Insomma, efficace sì, ma con un bel cartellino del prezzo energetico e ambientale. Si è cercato di usare solventi non acquosi per ridurre alcuni di questi problemi, ma la rigenerazione termica rimaneva un ostacolo.

La Scintilla dell’Innovazione: Elettrificare la Cattura

E se invece del calore usassimo l’elettricità, magari quella prodotta da fonti rinnovabili? Ecco l’idea che sta dietro alla cattura del carbonio mediata elettrochimicamente (EMCC). L’EMCC promette di operare in condizioni più miti, essere compatibile con l’energia rinnovabile intermittente e avere sistemi modulari, tipo “plug-and-play”. Figo, no? Peccato che i materiali redox-attivi usati finora nell’EMCC abbiano i loro limiti: spesso sono sensibili all’ossigeno quando sono “attivati” (cioè ridotti), e tendono a degradarsi dopo un po’ di cicli di cattura e rilascio. Inoltre, produrli su larga scala costa un occhio della testa.

Arrivano gli Eroi: Gli Acidi Redox-Sintonizzabili (RA)

Ed è qui che entra in gioco la vera magia, o meglio, la scienza di cui vi parlo oggi! Un gruppo di ricercatori ha introdotto una nuova classe di acidi di Brønsted, chiamati acidi redox-sintonizzabili (RA), che sono robusti, economici e, appunto, “sintonizzabili” tramite potenziale elettrochimico. Questi RA permettono di “elettrificare” il classico processo di cattura con le ammine, in un approccio battezzato RAMAR (Regenerazione Amminica Mediata da Acidi Redox-sintonizzabili).

Come funzionano? È geniale nella sua semplicità.

  • Quando sono ossidati (cioè dopo aver ricevuto una “scossa” elettrica in un certo modo), questi RA si comportano come acidi di Brønsted forti. In questa forma, aiutano a rilasciare la CO2 “protonando” gli addotti ammina-CO2. Immaginate che diano un piccolo “calcio” protonico che libera la CO2.
  • Quando sono ridotti (cioè dopo una “scossa” elettrica inversa), si trasformano in potenti basi di Brønsted. In questa forma, rigenerano le ammine per la cattura della CO2, “strappando” via i protoni dagli ammoni.

La cosa sbalorditiva è che questi RA possono variare la loro acidità (il famoso pKa, per i chimici tra voi) di oltre 20 unità in solventi organici, semplicemente cambiando il potenziale elettrochimico. È la più grande sintonizzabilità mai riportata per acidi/basi stimolo-responsivi! Questa enorme flessibilità è la chiave per rigenerare elettrochimicamente le ammine. E la ciliegina sulla torta? Questi RA sono stabili, facili da sintetizzare e isolare in forma pura.

Visualizzazione macro di molecole di acido redox-sintonizzabile che interagiscono con molecole di ammina e CO2 in un solvente organico, illuminazione controllata, alta definizione, obiettivo macro 60mm, che mostra il trasferimento di protoni e il cambiamento di stato redox.

A livello di processo, il RAMAR elimina la necessità di metalli pesanti o di chimiche di elettrodeposizione/intercalazione poco reversibili, a differenza di tentativi precedenti di elettrificare la cattura con ammine. E, cosa importantissima, tutte le specie coinvolte nel processo RAMAR sono stabili in condizioni ambientali, specialmente in presenza di ossigeno! Questo apre la strada a implementazioni pratiche in ambienti gassosi complessi.

Dentro il Meccanismo: Protoni, Elettroni e pKa da Record

Per capire meglio, i ricercatori hanno usato un composto modello, la N1,N4-difenilbenzen-1,4-diammina (chiamiamolo RA1), e la monoetanolammina (MEA), un’ammina classica. Hanno condotto elettrolisi e spettroscopia NMR, confermando che l’ossidazione elettrochimica di RA1 lo trasforma nella sua forma acida (1-ox) e che i protoni vengono trasferiti alla MEA, facilitando il rilascio di CO2. Il processo è altamente reversibile: la riduzione di 1-ox rigenera RA1 e l’ammina pronta a catturare altra CO2.

Esperimenti di voltammetria ciclica (CV) hanno svelato ulteriori dettagli. La presenza di MEA modifica il comportamento elettrochimico di RA1, indicando un processo di trasferimento di elettroni accoppiato a protoni (PCET). In pratica, l’ammina “aiuta” l’ossidazione di RA1 tirando via i protoni, ma ostacola il trasferimento di protoni a 1-ox, spostandone il potenziale di riduzione. Curiosamente, saturando la soluzione con CO2, il potenziale di ossidazione torna simile a quello in assenza di MEA, perché la MEA è “impegnata” a formare addotti con la CO2.

Per andare ancora più a fondo, hanno usato la teoria del funzionale della densità (DFT) per calcolare i percorsi energetici e i valori di pKa. I calcoli hanno rivelato un’oscillazione del pKa per RA1 tra -7.3 e 30.1! Questo ampio intervallo dinamico di pKa è fondamentale. Hanno anche tracciato un diagramma potenziale di riduzione-pKa, che mostra come il meccanismo di reazione cambi a seconda dell’acidità dell’ambiente. Questo diagramma è una guida preziosa per abbinare le ammine giuste agli RA. Idealmente, si vorrebbe un meccanismo a un elettrone e due protoni per la massima efficienza energetica, ma questo richiederebbe ammine con basicità e nucleofilicità particolari. Una sfida interessante per l’ingegneria molecolare futura degli RA!

Non Solo RA1: Una Famiglia di Molecole Versatili

La bellezza dei composti tipo Wurster (la famiglia a cui appartengono questi RA) è che sono come dei mattoncini LEGO: si possono modificare per ottimizzare le loro proprietà. I ricercatori hanno dimostrato questo con altre tre strutture (RA2, RA3, RA4), introducendo gruppi che donano o attirano elettroni per sintonizzare il potenziale redox e la reversibilità. Un gap di voltaggio più piccolo tra ossidazione e riduzione significa un minor consumo energetico teorico.

Un altro superpotere di questi RA è la loro robustezza all’ossigeno. Molti assorbenti redox-attivi per CO2 sono sensibili all’O2 nella loro forma ridotta, il che è un bel problema se si lavora con fumi industriali che contengono ossigeno. RA1, invece, se ne infischia! Test CV in presenza di O2 e CO2 hanno mostrato che il potenziale di riduzione di RA1 è abbastanza positivo da non interferire con la riduzione dell’ossigeno e non la promuove nemmeno. Addirittura, RA1 è rimasto chimicamente integro dopo 7 giorni in atmosfera di ossigeno puro! Questo perché nel RAMAR, il trasferimento di elettroni e la complessazione della CO2 sono disaccoppiati: le ammine catturano/rilasciano CO2, gli RA gestiscono i protoni.

Per le applicazioni pratiche, serve anche una buona solubilità. RA1 è altamente solubile in DMSO (dimetilsolfossido, un solvente organico), anche in presenza di sali di supporto e ammine. E se si vuole ancora di più, modificando la molecola (come in RA3, che è liquido a temperatura ambiente) si può ottenere una miscibilità completa.

Fotografia di un prototipo di cella a flusso elettrochimica per la cattura del carbonio in un laboratorio high-tech, con tubi e fili collegati, illuminazione da laboratorio, obiettivo 35mm, profondità di campo, che mostra l'innovazione tecnologica.

Espandere gli Orizzonti: Diverse Ammine per il RAMAR

Il sistema RAMAR non è limitato alla sola MEA. I test con altre ammine come dietanolammina (DEA), morfolina (Mph), tetraidroisochinolina (THIQ), piperazina (Pz) e altre hanno mostrato comportamenti CV simili, suggerendo la generalizzabilità della chimica RAMAR. Ovviamente, la basicità diversa di ogni ammina sposta leggermente i picchi redox. È importante anche la stabilità elettrochimica delle ammine: le ammine primarie sembrano più stabili delle secondarie, e la CO2 le stabilizza ulteriormente formando addotti. La MEA, ad esempio, ha una finestra di stabilità sufficiente per il range redox di RA1.

Un aspetto cruciale è la solubilità degli addotti ammina-CO2. Le monoammine primarie formano addotti solubili, mentre le diammine possono dare precipitati. Quindi, le monoammine primarie sembrano le candidate ideali. Anche la viscosità della miscela RA-ammina è importante: per una formulazione pratica, la miscela satura di CO2 rimane un liquido scorrevole, con una viscosità gestibile per i costi di pompaggio e la cinetica di trasferimento di massa.

Capire gli Addotti Ammina-CO2 in Solenti Non Acquosi

In solventi come il DMSO, le ammine possono formare con la CO2 sia acido carbammico (un’ammina per una CO2) sia carbammato (due ammine per una CO2). Capire quale via predomina è fondamentale per determinare la capacità di assorbimento della CO2. Studi NMR hanno mostrato che in soluzioni diluite di MEA, domina l’acido carbammico. Ma in condizioni più simili a quelle operative del RAMAR (con sale di supporto LiTFSI, concentrazioni di MEA più alte, o basse pressioni parziali di CO2), la via del carbammato diventa più rilevante, influenzando la capacità di assorbimento. Esperimenti di titolazione hanno confermato questi risultati, indicando che in condizioni simulate (0.5 M MEA, 0.5 M LiTFSI in DMSO, 10% CO2), si possono separare circa 0.6 CO2 per monoammina. Questo significa che ogni elettrone fornito agli RA genera un protone, che può liberare 0.6 CO2.

La Prova del Nove: Test in Celle a Flusso Simmetriche

Uno dei problemi dei dispositivi EMCC non acquosi è il “crossover” delle specie attive attraverso la membrana a scambio ionico, che compromette la stabilità. Le celle a flusso simmetriche, che usano lo stesso materiale in stati redox diversi sia come catolita che anolita, possono mitigare questo problema. Grazie alla stabilità e alla possibilità di isolare gli RA sia in forma ridotta che ossidata, assemblare queste celle è più semplice. Inoltre, il tasso di crossover di RA1 attraverso una membrana Nafion è 20 volte più lento di quello del ferrocene, un comune contro-elettrolita.

I ricercatori hanno quindi costruito una cella a flusso simmetrica su scala da banco. Utilizzando RA1 e MEA, hanno eseguito cicli di cattura-rilascio della CO2. I risultati? Funzionamento reversibile al 100% di efficienza elettrochimica, e un’efficienza di utilizzo della capacità di CO2 vicina all’unità. Il lavoro medio di separazione è stato di circa 62.3 kJ mol-1 CO2, quasi la metà di quanto riportato per altri sistemi EMCC non acquosi!

Primo piano di elettrodi in carbonio all'interno di una cella a flusso, con bollicine di CO2 visibili, illuminazione tecnica precisa, obiettivo macro 100mm, alta definizione, per illustrare il processo di cattura e rilascio del gas.

Non contenti, hanno spinto il sistema al limite:

  • Hanno aumentato la concentrazione dell’assorbente e testato diverse densità di corrente, mantenendo alte efficienze.
  • Hanno aggiunto il 10% di acqua all’elettrolita: il sistema ha mantenuto prestazioni stabili, con un leggero miglioramento energetico dovuto alla ridotta impedenza.
  • Hanno testato il sistema in condizioni aerobiche (10% CO2 con 2% O2 e poi con 21% O2) per centinaia di ore (oltre 400 ore con 21% O2!). Sorprendentemente, RA1 ha mantenuto la sua integrità chimica, confermata da NMR, con prestazioni in linea con quelle in assenza di O2. Questo è un risultato pazzesco!
  • Infine, un test di rimozione profonda della CO2 con campi di flusso cinque volte più grandi ha raggiunto una rimozione superiore all’85% in un singolo passaggio da un flusso al 10% di CO2, con RA1 ancora puro dopo 200 ore di ciclo.

Conclusioni Elettrizzanti

Cosa ci portiamo a casa da tutta questa storia? Che sfruttando la sinergia tra questi acidi redox-sintonizzabili e le ammine classiche, il meccanismo RAMAR offre una strategia super efficace per superare i limiti pratici di molti attuali assorbenti EMCC. Parliamo di stabilità in condizioni aerobiche, resistenza a reazioni parassite, costi di sintesi contenuti e compatibilità con le membrane a scambio ionico.

Gli RA di tipo Wurster, con la loro incredibile capacità di modulare l’acidità elettrochimicamente, possono rigenerare efficacemente e reversibilmente le ammine (e potenzialmente altri assorbenti basici) per la cattura del carbonio. Questo lavoro non solo ci fornisce una comprensione fondamentale dei percorsi PCET, dei principi di progettazione molecolare degli RA e delle interazioni CO2-ammina in sistemi non acquosi, ma dimostra anche un prototipo di cattura del carbonio a flusso simmetrico con una stabilità eccezionale in condizioni realistiche.

Insomma, amici, questa tecnologia ha tutte le carte in regola per accelerare l’adozione diffusa delle tecnologie di cattura del carbonio, magari diventando un sostituto “drop-in” più sostenibile per l’attuale amine scrubbing. Una vera e propria scossa positiva per il nostro pianeta!

Fonte: Springer

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