Visualizzazione 3D fotorealistica di una sezione cellulare che mostra la proteina EGFR sulla membrana di un lisosoma (sfera grigiastra). EGFR (struttura complessa blu/viola) interagisce con Rheb (piccola proteina gialla), facilitando il caricamento di GTP (sfera rossa luminosa) su Rheb. Questo attiva il complesso mTORC1 (grande struttura multimerica arancione/rossa) anch'esso localizzato sul lisosoma. Effetto profondità di campo, illuminazione drammatica che evidenzia l'interazione chiave. Obiettivo macro 90mm, alta risoluzione.

EGFR: La Sorpresa nel Lisosoma che Attiva la Crescita Cellulare!

Ciao a tutti, appassionati di scienza e scoperte! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha davvero entusiasmato nel campo della biologia cellulare e dell’oncologia. Parliamo di una proteina molto conosciuta, quasi una celebrità nel mondo della ricerca sul cancro: il recettore del fattore di crescita epidermico, o più semplicemente EGFR.

Per anni, abbiamo studiato EGFR principalmente per la sua attività chinasica. In pratica, quando viene attivato (spesso da mutazioni nei tumori), inizia una cascata di segnali fosforilando altre proteine, un po’ come un effetto domino. Uno dei risultati principali di questa cascata è l’attivazione di un altro complesso importantissimo per la crescita cellulare, chiamato mTORC1 (mechanistic Target Of Rapamycin Complex 1). Questo complesso è come un direttore d’orchestra che regola la produzione di proteine, lipidi e altre molecole essenziali, dicendo alla cellula: “Cresci! Prolifera!”. Fin qui, tutto abbastanza noto: EGFR mutato -> attivazione della via PI3K/AKT -> attivazione di mTORC1 -> crescita tumorale. Semplice, no?

La Stranezza degli Inibitori: Un Indizio Cruciale

Ma la scienza è bella perché riserva sempre sorprese. Studi recenti hanno iniziato a suggerire che EGFR potesse avere anche ruoli indipendenti dalla sua attività chinasica. E qui entra in gioco la nostra scoperta, un po’ come risolvere un giallo molecolare.

Abbiamo notato una cosa strana analizzando campioni di tumore polmonare (adenocarcinoma a non piccole cellule, NSCLC) con mutazioni di EGFR, prelevati da pazienti trattati con diversi inibitori di EGFR (EGFR-TKI). C’erano due tipi principali di farmaci: quelli di prima generazione come l’erlotinib e quelli di seconda generazione come l’afatinib. Entrambi bloccano l’attività chinasica di EGFR. Eppure, guardando i livelli di attivazione di mTORC1 (misurando la fosforilazione di una proteina bersaglio, S6K1), abbiamo visto una differenza netta: nei pazienti trattati con afatinib, l’attivazione di mTORC1 era molto più bassa rispetto a quelli trattati con erlotinib. Questo era strano, perché entrambi i farmaci sembravano spegnere l’attività chinasica di EGFR e la via AKT in modo simile. Come era possibile? Doveva esserci qualcos’altro sotto!

Abbiamo confermato questa osservazione in laboratorio, usando linee cellulari tumorali (PC9 e HCC827) che hanno mutazioni endogene di EGFR. Stesso risultato: afatinib riduceva l’attivazione di mTORC1 molto più drasticamente di erlotinib, nonostante entrambi inibissero la fosforilazione di EGFR e AKT allo stesso modo. Questo ci ha convinto: l’attività chinasica di EGFR non è indispensabile per attivare mTORC1. C’era un meccanismo alternativo, e afatinib sembrava interferire anche con quello, a differenza di erlotinib.

Destinazione Lisosoma: La Chiave è la Posizione

Allora, come fa EGFR ad attivare mTORC1 senza usare la sua “classica” attività chinasica? Abbiamo iniziato a pensare al traffico intracellulare di EGFR. Sappiamo che le forme mutate di EGFR, quelle oncogeniche, non se ne stanno tranquille sulla membrana cellulare, ma vengono continuamente internalizzate e spesso finiscono nei lisosomi, gli “inceneritori” della cellula, per essere degradate. Ma guarda caso, mTORC1 viene attivato proprio sulla superficie dei lisosomi! Coincidenza? Noi non crediamo.

Abbiamo fatto degli esperimenti per bloccare il viaggio di EGFR verso il lisosoma, usando inibitori specifici (come LY3000328 che blocca il passaggio dagli endosomi tardivi ai lisosomi, o Dyngo-4a che blocca l’endocitosi). Risultato? Bloccando l’arrivo di EGFR al lisosoma, l’attivazione di mTORC1 diminuiva drasticamente, senza influenzare l’attività chinasica residua di EGFR o le vie AKT/ERK! Questo valeva sia per le cellule con EGFR mutato sia per quelle con EGFR normale (wild-type, WT) stimolate con alte dosi di EGF (il suo attivatore naturale), che ne promuovono l’invio ai lisosomi. Quindi, la localizzazione lisosomiale di EGFR è critica per l’attivazione di mTORC1.

Microscopia a super-risoluzione (SIM) che mostra la co-localizzazione di EGFR mutato endogeno (rosa) con Rheb (verde) e la proteina lisosomiale LAMP1 (rosso) in cellule tumorali PC9. Si notano i puntini sovrapposti che indicano la vicinanza delle tre proteine sulla superficie lisosomiale. Obiettivo 100x oil immersion, alta risoluzione, illuminazione controllata per dettagli molecolari.

L’Incontro Fatale: EGFR e Rheb Faccia a Faccia

Ma cosa succede esattamente sul lisosoma? Sappiamo che l’attivazione di mTORC1 sul lisosoma richiede l’interazione con una piccola proteina GTPasi chiamata Rheb, che deve essere nella sua forma attiva, legata al GTP (guanosina trifosfato). Poteva essere che EGFR, una volta arrivato lì, interagisse direttamente con Rheb?

Usando tecniche di microscopia avanzata (come la SIM, Structure Illumination Microscopy) e immunoprecipitazione lisosomiale (lyso-IP), abbiamo visto proprio questo: nelle cellule con EGFR mutato, EGFR si trovava sulla superficie dei lisosomi (marcati con LAMP1) proprio insieme a Rheb e a mTOR stesso! Un vero e proprio “incontro” molecolare. Anche in cellule con EGFR normale, stimolate adeguatamente, vedevamo EGFR internalizzato e Rheb incontrarsi sui lisosomi.

Abbiamo poi confermato che EGFR e Rheb si legano fisicamente, e questa interazione avviene tramite il dominio chinasico (TKD) di EGFR, ma – attenzione – non dipende dall’attività chinasica! Infatti, anche una versione “morta” della chinasi (kinase-dead, KD) legava Rheb tanto quanto quella normale. E qui la sorpresa nella sorpresa: abbiamo scoperto che afatinib, ma non erlotinib, impediva a EGFR di legarsi a Rheb, sia nelle cellule che in vitro usando proteine purificate! Questo spiegava perfettamente perché afatinib fosse più efficace nel bloccare mTORC1.

EGFR si Riscopre GEF: Un Nuovo Lavoro per una Vecchia Proteina

A questo punto, ci siamo chiesti: se EGFR lega Rheb indipendentemente dalla sua attività chinasica, cosa fa esattamente? Rheb, come tutte le piccole GTPasi, funziona come un interruttore molecolare: è “acceso” quando lega GTP e “spento” quando lega GDP (guanosina difosfato). Per passare da spento ad acceso, ha bisogno di un aiuto, una proteina chiamata GEF (Guanine nucleotide Exchange Factor), che facilita il rilascio del GDP e l’ingresso del GTP.

Abbiamo fatto degli esperimenti per vedere con quale forma di Rheb preferisse legarsi EGFR. Sorprendentemente, EGFR legava molto meglio la forma “spenta” (GDP-bound) o “vuota” (senza nucleotide) di Rheb, rispetto a quella “accesa” (GTP-bound). Questo è tipico delle proteine GEF!

La prova del nove è arrivata con un saggio di scambio nucleotidico in vitro. Abbiamo messo insieme EGFR purificato e Rheb caricato con GDP, aggiungendo un analogo fluorescente del GTP. Ebbene sì: EGFR era in grado di catalizzare lo scambio, facendo caricare Rheb con GTP! In altre parole, EGFR agiva come un GEF per Rheb. Era una funzione completamente nuova e inaspettata per questa proteina! Abbiamo anche visto che questa capacità era specifica di EGFR: i domini intracellulari di altri recettori tirosin-chinasici (come HER2, IGF1R, c-MET), anche se forzati ad andare sul lisosoma, non riuscivano ad attivare mTORC1.

Il “Dito Glutammico” e la Mutazione Chiave

Come fa EGFR a fare da GEF? Guardando la struttura predetta del complesso EGFR-Rheb (usando AlphaFold2), abbiamo notato un residuo specifico nel dominio chinasico di EGFR, un acido glutammico in posizione 804 (Glu804), che sembrava sporgere proprio verso la tasca di legame del nucleotide di Rheb, in modo simile a come altri GEF usano un “dito glutammico” per facilitare lo scambio.

Per testare questa ipotesi, abbiamo creato una mutazione, cambiando questo acido glutammico in una lisina (E804K). Risultato? Questa mutazione aboliva quasi completamente il legame tra EGFR e Rheb e impediva a EGFR di funzionare come GEF nel saggio in vitro! Inoltre, se mettevamo sul lisosoma la versione E804K del dominio chinasico di EGFR, questa non riusciva più ad attivare mTORC1, a differenza delle versioni normale (WT) o chinasicamente inattiva (KD). Questo confermava che Glu804 è fondamentale per la funzione GEF di EGFR.

Grafico di un saggio di scambio nucleotidico in vitro che confronta l'attività GEF di EGFR-TKD normale (WT, linea blu) e mutato E804K (linea rossa). La versione E804K non mostra attività GEF significativa, indicando l'importanza del residuo Glu804. Controllo positivo Dbs/RhoA (verde). Obiettivo macro 100mm, alta precisione, dati visualizzati chiaramente.

Curiosamente, abbiamo anche visto che afatinib, ma non erlotinib, riusciva a bloccare l’attività GEF di EGFR in vitro. Questo si allineava perfettamente con la sua capacità di rompere l’interazione EGFR-Rheb e di ridurre i livelli di Rheb-GTP nelle cellule.

Implicazioni Funzionali: Crescita Cellulare e Sensibilità ai Farmaci

Per capire l’importanza di questa nuova funzione GEF nel contesto biologico, abbiamo fatto un passo ulteriore: usando la tecnica CRISPR-Cas9, abbiamo introdotto la mutazione E804K direttamente nel gene EGFR delle cellule tumorali PC9 (creando cellule “knock-in” EGFR-E804K).

Cosa abbiamo osservato?

  • L’attività chinasica di EGFR e le vie AKT/ERK rimanevano intatte.
  • MA, l’attivazione di mTORC1 era significativamente ridotta.
  • Il legame tra EGFR e Rheb era interrotto.
  • I livelli di Rheb-GTP erano molto più bassi.
  • La proliferazione cellulare (misurata con vari saggi come CCK-8, formazione di colonie, EdU) era fortemente inibita.
  • Le cellule EGFR-E804K diventavano molto meno sensibili all’afatinib (la sua IC50, la concentrazione che inibisce la crescita del 50%, aumentava di quasi 20 volte!), mentre la sensibilità all’erlotinib cambiava poco. Questo dimostra che gran parte dell’efficacia superiore di afatinib deriva proprio dal blocco della funzione GEF!

Abbiamo confermato questi risultati anche in modelli animali (xenotrapianti): i tumori formati dalle cellule EGFR-E804K crescevano molto più lentamente ed erano più piccoli rispetto a quelli formati dalle cellule originali.

Questi dati dimostrano in modo convincente che l’attività Rheb-GEF di EGFR è cruciale per l’attivazione di mTORC1 e per la crescita delle cellule tumorali che dipendono da EGFR mutato.

Verso Nuove Terapie: Colpire Entrambe le Funzioni di EGFR

L’afatinib, pur essendo più efficace di erlotinib, ha anche effetti collaterali non trascurabili. La nostra scoperta, però, apre la strada a una nuova strategia terapeutica: sviluppare inibitori che blocchino specificamente ed efficacemente entrambe le attività di EGFR, quella chinasica e quella Rheb-GEF.

Partendo da questa idea, abbiamo identificato e ottimizzato una nuova piccola molecola, che abbiamo chiamato BIEGi-1. Questa molecola ha una struttura chimica diversa da afatinib e, secondo i modelli molecolari, sembra legarsi a EGFR in modo da interferire sia con il sito di legame dell’ATP (per l’attività chinasica) sia con l’interfaccia di interazione con Rheb (per l’attività GEF).

Modello molecolare 3D che mostra la proteina EGFR-TKD (rappresentazione superficiale) con il sito di legame per l'ATP (arancione) e l'interfaccia predetta per Rheb/GEF (blu). La piccola molecola BIEGi-1 (modello ball-and-stick) è mostrata legata, sovrapponendosi a entrambe le regioni funzionali. Alta risoluzione, rendering scientifico dettagliato.

E i test preliminari sono promettenti! BIEGi-1 ha mostrato:

  • Una capacità di bloccare l’attività GEF di EGFR in vitro superiore a quella di afatinib.
  • La capacità di rompere l’interazione EGFR-Rheb nelle cellule.
  • Una forte inibizione sia dell’attività chinasica di EGFR sia dell’attivazione di mTORC1 nelle cellule tumorali con EGFR mutato.
  • Potenti effetti anti-proliferativi su queste cellule, con IC50 molto basse (17-20 nM).
  • La capacità di bloccare l’attivazione di mTORC1 indotta da EGFR-TKD localizzato sul lisosoma, cosa che erlotinib non riesce a fare.

Conclusioni e Prospettive Future

Quindi, ricapitolando, abbiamo scoperto un meccanismo completamente nuovo e inaspettato attraverso cui EGFR attiva mTORC1: agendo come GEF per Rheb direttamente sulla superficie lisosomiale, in modo indipendente dalla sua attività chinasica ma dipendente dalla sua localizzazione. Questa scoperta non solo aggiunge un tassello fondamentale alla nostra comprensione di come la crescita cellulare è regolata (completando il quadro del segnale dei fattori di crescita su mTORC1), ma spiega anche perché diverse classi di inibitori di EGFR hanno efficacie diverse e perché a volte i tumori sembrano crescere anche quando l’attività chinasica è bloccata.

Soprattutto, apre la strada a strategie terapeutiche più intelligenti. Inibire entrambe le funzioni di EGFR – la chinasi e la nuova attività GEF – potrebbe essere molto più efficace nel combattere i tumori con mutazioni di EGFR. La nostra molecola BIEGi-1 è un prototipo promettente in questa direzione, e ora stiamo lavorando per valutarne l’efficacia e la sicurezza in modelli animali, con la speranza di poterla portare un giorno ai pazienti.

È davvero affascinante come anche le molecole che pensiamo di conoscere bene possano ancora riservarci sorprese incredibili! Continuate a seguire la scienza, perché c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire dietro l’angolo.

Fonte: Springer

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