Primo piano fotorealistico dell'occhio di una trota iridea sott'acqua, con la luce solare che filtra dalla superficie creando riflessi vividi sul cristallino sferico. Obiettivo macro 70mm, alta definizione, messa a fuoco precisa sull'occhio, leggero effetto bokeh dello sfondo acquatico verde-blu.

Occhio alla Trota! Come i Raggi UVB Mettono Fuori Fuoco i Loro Cristallini (e Perché è Strano)

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo della biologia e, più precisamente, nell’occhio di un pesce. Sì, avete capito bene! Parleremo di come qualcosa di invisibile come i raggi ultravioletti B (UVB) possa influenzare la vista delle trote iridee (Oncorhynchus mykiss). Magari vi state chiedendo: “Ma perché proprio le trote?”. Beh, continuate a leggere e scoprirete che questi pesci sono modelli di studio eccezionali per capire come funzionano (e come si danneggiano) i cristallini, quelle piccole lenti naturali che abbiamo anche noi negli occhi per mettere a fuoco il mondo.

Perché studiare i cristallini delle trote?

Immaginate il cristallino come l’obiettivo di una macchina fotografica super sofisticata. Negli esseri umani e in altri mammiferi, questo obiettivo cambia forma per mettere a fuoco oggetti vicini o lontani. Nelle trote e in molti altri pesci teleostei, invece, il cristallino è rigido, sferico, e la messa a fuoco avviene spostando l’intera lente avanti e indietro rispetto alla retina. Questa rigidità è un vantaggio enorme per noi ricercatori quando studiamo i cristallini *in vitro* (cioè fuori dal corpo, in laboratorio). Perché? Semplice: la loro forma non cambia maneggiandoli, il che rende le misurazioni della loro capacità di messa a fuoco molto più precise e affidabili. Non dobbiamo preoccuparci che la lente si deformi e alteri i risultati!

L’esperimento: Raggi UVB sotto la lente (letteralmente!)

Nel nostro studio, abbiamo preso i cristallini da una ventina di trote iridee, tutte della stessa età per evitare differenze dovute all’invecchiamento. Li abbiamo prelevati con estrema cura, assicurandoci di non danneggiarli, e li abbiamo messi “a mollo” in un terreno di coltura speciale (chiamato H-10) che li mantiene vitali a 10°C, cambiando il liquido ogni giorno. Dopo un giorno di acclimatamento, abbiamo diviso i cristallini sani in due gruppi: uno di controllo (nessun trattamento) e uno che avremmo “bombardato” con una dose specifica di raggi UVB (0.2 J/cm² per 100 secondi, per i più tecnici tra voi).

Come abbiamo misurato la “qualità della vista” di questi cristallini? Abbiamo usato una tecnica chiamata analisi focale laser. Immaginate un raggio laser sottilissimo che viene fatto passare attraverso il cristallino in diversi punti, dal centro alla periferia. Misurando dove il raggio finisce su uno schermo posto a una distanza fissa, possiamo calcolare geometricamente come il cristallino devia la luce e, quindi, la sua lunghezza focale in quel punto specifico. Ripetendo la misura su tutto il diametro, otteniamo un profilo della capacità di messa a fuoco della lente. Due parametri sono fondamentali:

  • BCD (Back Centre Distance): La distanza media dal centro della lente al punto in cui i raggi convergono (il punto focale). Ci dice, in pratica, dove la lente mette a fuoco.
  • FLV (Focal Length Variability): La variabilità delle diverse lunghezze focali misurate attraverso la lente. Un FLV basso significa che tutti i raggi convergono quasi nello stesso punto (messa a fuoco nitida, alta qualità ottica). Un FLV alto indica che i raggi si sparpagliano (messa a fuoco sfocata, bassa qualità ottica).

Abbiamo fatto queste misurazioni ogni giorno, per ogni cristallino, fino a quando non diventava troppo opaco per far passare il laser in modo pulito.

Immagine macro fotorealistica di un cristallino di trota iridea in una piastra di Petri con terreno di coltura, illuminato lateralmente da un fascio laser sottile per l'analisi focale. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione controllata, messa a fuoco precisa sul cristallino trasparente.

Il colpo di scena: Trasparenza vs. Messa a Fuoco

E qui arriva la parte interessante, quasi un controsenso. Ci aspettavamo che i raggi UVB danneggiassero i cristallini, rendendoli opachi più velocemente. Invece, abbiamo osservato il contrario! I cristallini irradiati con UVB sono rimasti trasparenti più a lungo rispetto a quelli di controllo. Nel gruppo di controllo, metà dei cristallini erano diventati troppo opachi per l’analisi dopo 22 giorni; nel gruppo UVB, ci sono voluti ben 31 giorni per raggiungere lo stesso livello di opacizzazione. Sembra quasi che gli UVB abbiano indotto una sorta di “risposta allo stress” che ha ritardato l’opacizzazione superficiale che avviene normalmente in coltura.

Ma attenzione, non fatevi ingannare! Questa maggiore trasparenza non significava che i cristallini stessero meglio. Anzi. Quando siamo andati a vedere la qualità ottica nell’ultimo giorno in cui erano ancora abbastanza trasparenti per le misurazioni, abbiamo scoperto la verità.

Il vero danno: UVB sfuocano la vista

Proprio nell’ultimo giorno utile, i cristallini irradiati con UVB mostravano una qualità ottica peggiore rispetto ai controlli al momento della loro opacizzazione. In particolare, avevano un BCD medio significativamente più alto (5.31 mm contro 4.36 mm dei controlli). Questo significa che la loro capacità di rifrangere la luce era diminuita, mettendo a fuoco più lontano del normale. Anche la variabilità focale (FLV) tendeva ad essere maggiore nei cristallini UVB (1.01 mm contro 0.37 mm), indicando una messa a fuoco più “sparpagliata” e meno precisa, anche se questa differenza non era statisticamente significativa nel nostro campione. Un FLV superiore a 1 mm è considerato indice di scarsa qualità ottica, e i nostri cristallini UVB avevano raggiunto proprio quel valore prima di diventare completamente opachi.

C’è stato anche un momento, intorno all’undicesimo giorno, in cui abbiamo notato un picco di BCD e FLV nel gruppo UVB. Analizzando meglio, abbiamo visto che era dovuto principalmente a un singolo cristallino che si era deteriorato molto più rapidamente degli altri. Questo ci ricorda quanto sia importante lavorare con un numero elevato di campioni per non farsi trarre in inganno da casi isolati!

Fotografia macro comparativa di due cristallini di trota iridea affiancati: uno perfettamente trasparente (controllo) e uno leggermente opaco ma con segni di deterioramento ottico (irradiato UVB). Obiettivo macro 90mm, illuminazione diffusa controllata, alta definizione per mostrare la differenza di trasparenza e suggerire il danno funzionale.

Cosa significa tutto questo?

La scoperta chiave è che i raggi UVB possono danneggiare la capacità di messa a fuoco del cristallino (la sua funzione ottica) prima ancora che questo perda la sua trasparenza in modo evidente. Sembra che i meccanismi che mantengono la lente trasparente e quelli che ne garantiscono la corretta rifrazione siano, almeno in parte, separati. L’UVB colpisce la funzione refrattiva più rapidamente (o in modo diverso) rispetto alla trasparenza superficiale.

Perché succede? Una delle ipotesi più accreditate riguarda le proteine del cristallino, chiamate cristalline. Sono loro a determinare come la luce viene deviata. È noto che i raggi UV possono alterare queste proteine, specialmente negli strati esterni della lente, che sono cruciali per la rifrazione più forte. Potrebbero cambiare le concentrazioni delle diverse forme di cristalline o addirittura denaturarle, rendendole insolubili (il che potrebbe contribuire all’opacizzazione successiva).

Questo studio, quindi, non solo ci dice che una dose acuta di UVB fa male alla qualità ottica dei cristallini di trota, ma ci mostra anche che il danno funzionale può precedere quello visibile (l’opacizzazione). È un passo avanti importante per capire gli effetti delle radiazioni (sia UV che ionizzanti, come i raggi X, che sembrano avere effetti diversi o più lenti in studi precedenti) sulla salute degli occhi, non solo nei pesci ma potenzialmente anche in altri vertebrati, noi compresi. E ci fornisce uno strumento, l’analisi focale laser, per rilevare questi danni precocemente e in modo non distruttivo.

Insomma, anche se i cristallini irradiati sembravano “resistere” più a lungo mantenendo la trasparenza, in realtà stavano perdendo la loro capacità fondamentale: mettere a fuoco il mondo. Un monito a non giudicare sempre dalle apparenze!

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *