Visualizzazione 3D astratta di nanoparticelle magnetiche che emettono segnali colorati all'interno di un campo di vista di uno scanner MPI, con alcuni segnali che 'traboccano' in modo evidente nelle aree adiacenti, illustrando l'effetto spillover. Illuminazione da studio controllata, lente macro 90mm, alta definizione per evidenziare la dispersione del segnale.

MPI e l’Effetto Spillover: Quando i Segnali si “Rubano” la Scena!

Amici appassionati di scienza e imaging, oggi voglio parlarvi di una sfida tecnica che mi sta particolarmente a cuore nel mondo dell’Imaging a Particelle Magnetiche (MPI). Immaginate di avere una tecnica super sensibile, capace di tracciare nanoparticelle magnetiche (le famose SPIO, Superparamagnetic Iron Oxide) dentro un organismo vivente, con una precisione pazzesca. Fantastico, no? L’MPI promette proprio questo, aprendo scenari incredibili per lo studio della farmacocinetica, il tracciamento cellulare, la teranostica (pensate a terapie guidate da immagini, come l’ipertermia) e l’imaging vascolare. Insomma, una vera rivoluzione.

Però, come in ogni bella storia, c’è un “ma”. E nel nostro caso, questo “ma” si chiama effetto spillover. Un nome un po’ tecnico, lo so, ma cercherò di spiegarvelo in modo semplice e, spero, affascinante.

Cos’è Questo “Effetto Spillover” e Perché Dovrebbe Importarci?

Avete presente quando ascoltate musica in una stanza e un po’ del suono “trapela” in quella accanto? Ecco, l’effetto spillover nell’MPI è qualcosa di simile. Definiamolo come una sorta di “fuga” di segnale da aree adiacenti all’interno della regione di interesse che stiamo osservando. Questo succede soprattutto quando abbiamo più “punti caldi” (hot spot) di segnale vicini tra loro nel campo visivo, una situazione comunissima quando, ad esempio, iniettiamo un tracciante magnetico che si distribuisce in vari organi.

Questo fenomeno, che i miei colleghi a volte chiamano “shine-through” e che ricorda un po’ l’effetto di volume parziale (PVE) nell’imaging nucleare, può compromettere seriamente l’accuratezza della quantificazione del segnale. E se non possiamo quantificare con precisione, capite bene che l’utilità dell’MPI, soprattutto per il suo potenziale passaggio alla clinica, ne risente parecchio. Pensate a studi in cui dobbiamo capire quante cellule marcate con nanoparticelle hanno raggiunto un organo bersaglio, come il cervello, dopo una somministrazione intra-arteriosa. Se il segnale del cervello è “contaminato” da quello dei polmoni o del fegato vicini, i nostri conti non tornano!

Negli esseri umani, con organi più grandi e distanziati, il problema potrebbe essere meno sentito per analisi inter-organo. Ma quando si tratta di imaging su piccoli animali, o di analisi intra-organo anche nell’uomo (dove magari vogliamo distinguere lesioni vicine), la risoluzione spaziale diventa cruciale. E qui lo spillover ci mette lo zampino.

La Nostra Missione: Smascherare e Mitigare lo Spillover

Basandoci sulla nostra esperienza, maturata in oltre un centinaio di esperimenti in vivo ed ex vivo, ci siamo resi conto che questo effetto spillover era un aspetto cruciale da affrontare. Non bastava solo scegliere bene la regione di interesse (ROI) o gestire il rumore di fondo; c’era dell’altro.

Di solito, per calibrare e quantificare il segnale MPI, si usano dei “fiducial”, piccoli campioni con una quantità nota di nanoparticelle. Si possono mettere nello stesso campo visivo del soggetto o scansionarli separatamente. La seconda opzione è più accurata ma poco pratica per studi dinamici veloci. Noi ci siamo concentrati sul primo scenario, quello più complesso.

Ci siamo chiesti: come possiamo minimizzare questa interferenza? Abbiamo quindi progettato una serie di studi, prima in vitro con dei fantocci (phantom) appositamente creati, e poi in vivo su modelli murini. L’obiettivo? Capire l’impatto del posizionamento dei fiducial, del loro contenuto di ferro, del rapporto di concentrazione di ferro tra i punti caldi, e vedere se diverse modalità di scansione MPI fossero più o meno adatte a una quantificazione accurata.

Abbiamo giocato con due parametri chiave:

  • La “distanza target-fiducial (TFD)”: quanto lontano deve stare il nostro campione di calibrazione dal “bersaglio” che emette segnale?
  • Il “rapporto di concentrazione di Fe target-fiducial (TFCR)”: che rapporto ci deve essere tra la quantità di ferro nel bersaglio e quella nel fiducial?

E abbiamo testato quattro diverse modalità di scansione MPI: standard, alta risoluzione (HR), alta sensibilità (HS) e alta concentrazione (HC).

Immagine macro di nanoparticelle magnetiche di ossido di ferro sospese in una soluzione acquosa all'interno di una provetta da laboratorio, con illuminazione laterale che ne evidenzia la dispersione. Lente macro 100mm, alta definizione, focus preciso sulle particelle.

Risultati dagli Studi su Fantoccio: Un Ballo di Distanze e Concentrazioni

Ve la faccio breve, ma i risultati sono stati illuminanti! Abbiamo usato tre set di fiducial (F1, F2, F3 con concentrazioni crescenti di ferro) e li abbiamo messi a distanze variabili (10, 20, 30, 40 mm) da un “target” con concentrazioni di ferro ancora maggiori.

Modalità Standard: Con questa modalità, abbiamo visto che una distanza di 20 mm sembrava sufficiente per evitare grossi problemi di spillover, a meno che il rapporto di concentrazione TFCR non fosse esageratamente alto (tipo 80:1). Per stare sul sicuro, un TFCR ≤ 10:1 e una TFD ≥ 20 mm sembrano una buona accoppiata.

Modalità Alta Risoluzione (HR): Qui lo spillover tendeva ad essere più pronunciato rispetto alla modalità standard. Anche in questo caso, una separazione di 20 mm aiutava, ma con TFCR elevati (tipo 80:1 o anche ≥20:1 con alto contenuto di ferro) c’era comunque un aumento del segnale del fiducial. Quindi, anche qui, TFCR ≤ 10:1 e TFD ≥ 20 mm sembrano la scelta giusta.

Modalità Alta Sensibilità (HS): Questa modalità ha mostrato un effetto spillover generalmente più debole rispetto a standard e HR. Però, per rendere visibile un fiducial, serviva un TFCR ≤ 5:1. E anche qui, con TFCR molto alti, i 20 mm di distanza potevano non bastare. La raccomandazione è quindi TFCR ≤ 5:1 e TFD ≥ 20 mm.

Modalità Alta Concentrazione (HC): Questa è stata la modalità con l’effetto spillover più forte! E fiducial con bassissimo contenuto di ferro (come il nostro F1 da 1 µg) erano praticamente invisibili o indistinguibili dal rumore. Per una quantificazione decente, meglio usare fiducial con più ferro e mantenere un TFCR ≥ 5:1 (notate l’inversione rispetto alle altre modalità per il TFCR minimo) e una TFD ≥ 20 mm.

Un aspetto emerso chiaramente è che non solo TFD e TFCR contano, ma anche il contenuto assoluto di ferro. A parità di rapporto e distanza, più ferro c’era nei campioni, maggiore era la visibilità, ma anche il potenziale spillover se le condizioni non erano ottimali.

E negli Studi In Vivo? La Prova del Nove

Dopo i fantocci, siamo passati ai topi. Abbiamo scelto la modalità standard per gli esperimenti in vivo perché offriva un buon compromesso tra velocità di acquisizione (importante per studi dinamici) e un margine di sicurezza più ampio per i valori di TFCR rispetto alla modalità HS.

Abbiamo iniettato ferucarbotran (il nostro tracciante SPIO) per via endovenosa in topi immunodeficienti e abbiamo monitorato l’accumulo nel fegato e nella milza, organi che “catturano” queste nanoparticelle. Abbiamo posizionato due fiducial con diverse quantità di ferro vicino a questi organi, variando la loro posizione.

I risultati? Hanno confermato quanto visto in vitro! L’effetto spillover era dipendente dalla dose di tracciante iniettata e, soprattutto, dalla prossimità dei fiducial al fegato e alla milza. Più i fiducial erano vicini agli organi “caldi”, più il loro segnale veniva alterato, sovrastimato. Allontanandoli, la variazione del segnale dei fiducial diminuiva, rendendo la quantificazione più affidabile.

Abbiamo anche notato che la relazione tra concentrazione di ferro e segnale MPI non è perfettamente lineare in vivo, specialmente a dosi alte, probabilmente per un limite di saturazione nella captazione da parte delle cellule del fegato e della milza. Questo è un altro fattore da tenere in considerazione.

Un topo anestetizzato posizionato su un lettino personalizzato per scanner MPI, con catetere nella vena caudale e fiducial visibili ai lati. L'immagine cattura l'assetto sperimentale in vivo. Telephoto zoom 100mm, luce da laboratorio, focus sull'animale e sui fiducial.

Cosa Ci Dicono Questi Dati? Consigli Pratici e Uno Sguardo al Futuro

Insomma, l’effetto spillover è reale e può darci parecchio filo da torcere. Ma la buona notizia è che, con le giuste accortezze, possiamo mitigarlo significativamente. Ottimizzare la distanza target-fiducial (TFD) e il rapporto di concentrazione di ferro target-fiducial (TFCR) è fondamentale.

Le nostre raccomandazioni (riassunte in una tabella nello studio originale, che vi invito a leggere!) per il ferucarbotran sono un buon punto di partenza. Certo, altri traccianti MPI, magari ingegnerizzati per una risoluzione maggiore, potrebbero permettere distanze minori o rapporti di concentrazione più ampi. È un campo in continua evoluzione!

La risoluzione spaziale dell’MPI è intrinsecamente legata alla forza del gradiente del campo magnetico e alle proprietà delle nanoparticelle. Più alta è la risoluzione, più netti sono i confini tra le diverse regioni di interesse, e minore è il rischio di “fuga” di segnale. Qui entrano in gioco gli ingegneri elettrici, che lavorano a scanner MPI di nuova generazione con gradienti più potenti (si punta ai 10 T/m per risoluzioni sub-millimetriche!), e i chimici dei colloidi, che cercano di sintetizzare nanoparticelle “migliori” (ad esempio, a forma di bastoncello o con anisotropie magnetiche ottimizzate, o semplicemente più grandi e con magnetizzazione di saturazione più elevata).

Anche gli ingegneri software hanno un ruolo, affinando gli algoritmi di ricostruzione dell’immagine. E non dimentichiamo le tecniche di deep learning e machine learning, che stanno già dando un grande contributo nel migliorare la risoluzione spaziale e ridurre lo spillover, un po’ come è successo per l’effetto PVE nell’imaging nucleare.

Una curiosità: la temperatura potrebbe teoricamente influenzare la risoluzione spaziale e quindi lo spillover. Questo potrebbe diventare rilevante durante procedure di ipertermia guidata da MPI, dove il tumore caricato di nanoparticelle viene riscaldato. Tuttavia, in un nostro studio recente, abbiamo visto che, sebbene l’intensità del segnale MPI del ferucarbotran diminuisca con l’aumentare della temperatura, la variazione della risoluzione spaziale era trascurabile. Ma è un aspetto da non sottovalutare.

In conclusione, riconoscere e mitigare l’effetto spillover è essenziale per migliorare l’accuratezza e l’affidabilità dell’MPI come tecnica di imaging quantitativo. Non significa che non si possa fare imaging quantitativo affidabile, ma che serve un’attenta ottimizzazione e calibrazione delle procedure. I segnali dei fiducial devono rimanere costanti in tutte le condizioni sperimentali, e seguendo le raccomandazioni su TFD, TFCR e modalità di scansione MPI, possiamo fare grandi passi avanti, anche in scenari dinamici complessi. È una sfida continua, ma la promessa dell’MPI vale ogni sforzo!

Fonte: Springer Nature

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