Ruggine Assassina: Come il Ferro Minaccia Silenziosamente i Capolavori a Olio
Ciao a tutti, appassionati d’arte e curiosi di scienza! Oggi voglio parlarvi di un nemico subdolo, quasi invisibile, che lavora nell’ombra per rovinare alcuni dei nostri tesori più preziosi: i dipinti ad olio storici. E no, non sto parlando di ladri d’arte o di vandali, ma di qualcosa di molto più comune e insidioso: la ruggine. Sì, avete capito bene, quella stessa ruggine che attacca i vecchi cancelli o gli attrezzi dimenticati in giardino. Ma come fa a finire su un dipinto? E che danni combina? Mettetevi comodi, perché sto per svelarvi i risultati di uno studio affascinante che getta luce su questo fenomeno.
Un Chiodo Tira l’Altro… e la Ruggine si Diffonde
Vi siete mai chiesti come venivano fissate le tele ai telai secoli fa? Spesso con dei semplici chiodi di ferro. Col tempo, soprattutto se il dipinto è stato conservato in ambienti non proprio ideali – pensate a umidità e sbalzi di temperatura – questi chiodi iniziano a corrodersi. E qui comincia il guaio. La ruggine non se ne sta buona buona sul chiodo, ma inizia un lento e inesorabile viaggio.
Immaginate queste particelle di ruggine, questi ioni di ferro (Fe2+ per i più tecnici), che migrano. Si infiltrano prima nelle fibre della tela, rendendola più fragile e soggetta a rotture proprio nelle zone arrugginite. Poi, non contenti, proseguono la loro marcia attraverso gli strati preparatori – quella base che si stende sulla tela prima di dipingere – fino ad arrivare al bersaglio grosso: lo strato pittorico.
Quando i Colori Incontrano il Ferro: Un Disastro Cromatico
Ed è qui che la situazione si fa davvero critica per l’aspetto del dipinto. Abbiamo condotto esperimenti su campioni di colore preparati ad arte, utilizzando pigmenti storici come l’ocra rossa, l’ocra gialla e il blu oltremare, mescolati con olio come si faceva una volta. Su questi campioni abbiamo posizionato chiodi arrugginiti e poi abbiamo simulato un invecchiamento accelerato, esponendoli a calore e umidità. I risultati? Sorprendenti e preoccupanti.
Abbiamo misurato il cambiamento di colore (un valore chiamato ∆E) prima e dopo questo “trattamento”. Ebbene, il colore blu è risultato il più disastrato, con un cambiamento cromatico enorme (∆E = *42.7). Immaginate un cielo blu brillante che diventa cupo, spento, quasi nerastro in alcuni punti, con macchie arancioni e marroni che affiorano. Un vero incubo per un restauratore!
Anche il rosso non se l’è cavata bene, mostrando un cambiamento significativo (∆E* = 23.6), seguito a ruota dal giallo (∆E* = 21.7). In pratica, la ruggine non si limita a “sporcare” il colore, ma reagisce chimicamente con i pigmenti e con il legante oleoso. Pensate che nel caso del giallo e del rosso, gli ioni di ferro reagiscono con gli acidi grassi dell’olio, formando delle specie di “saponi metallici” che alterano la consistenza e l’aspetto del colore. Possono comparire macchie, inscurimenti, o addirittura zone che sembrano sbiancare o virare verso tonalità inaspettate.
Al microscopio, la situazione è ancora più chiara: la ruggine si distribuisce in modo irregolare, creando chiazze arancioni sulla superficie e insinuandosi tra i granelli di colore. Abbiamo visto la comparsa di micro-crepe che attraversano gli strati pittorici, proprio lì dove i prodotti della corrosione del ferro si sono mescolati con i pigmenti. È come se la struttura stessa del colore venisse disgregata dall’interno.

Non Solo Colori: Tutta la Struttura Soffre
Ma i guai non finiscono qui. La migrazione degli ioni ferro e la formazione dei prodotti di corrosione non danneggiano solo l’estetica. L’integrità strutturale dell’opera è a rischio.
- La tela, come accennavo, si indebolisce. Le fibre di cellulosa che la compongono subiscono processi di idrolisi e ossidazione, accelerati dalla presenza degli ioni metallici e dall’acidità che si può creare. Diventa più friabile, più incline a strapparsi.
- Lo strato pittorico può perdere coesione. I legami tra i pigmenti e il legante oleoso si indeboliscono. Questo può portare a fenomeni di sfaldamento, distacco del colore, o alla formazione di quelle antiestetiche craquelure (le ragnatele di crepe) che a volte vediamo sui dipinti antichi.
- La formazione di alcuni composti di ruggine, come la goethite (α-FeOOH) o la lepidocrocite (γ-FeOOH), comporta un aumento di volume. Questa espansione può esercitare una pressione fisica sugli strati pittorici, causando sollevamenti, bolle o il distacco della pittura dal supporto.
L’umidità, ovviamente, è una grande complice in tutto questo. Un’umidità relativa superiore al 65% accelera drasticamente la corrosione del ferro. E se nell’ambiente ci sono anche inquinanti atmosferici come solfati o cloruri (pensate all’aria salmastra vicino al mare), la situazione peggiora ulteriormente, portando alla formazione di composti ancora più aggressivi come l’akaganeite (β-FeOOH), che si forma tipicamente in presenza di ioni cloruro.
Cosa Ci Dice la Chimica? Uno Sguardo Approfondito
Per capire meglio cosa succede a livello molecolare, abbiamo usato tecniche di analisi sofisticate come la spettroscopia FTIR e l’analisi EDS. Queste ci hanno permesso di “vedere” la composizione chimica dei colori prima e dopo l’invecchiamento e l’esposizione alla ruggine.
L’analisi EDS, per esempio, ci ha mostrato chiaramente un aumento della concentrazione di ferro (Fe) in tutti i campioni colorati dopo il trattamento. Nel blu, dove prima non c’era traccia di ferro, dopo l’invecchiamento ne abbiamo trovato ben il 14.1%! Anche nel giallo e nel rosso, che contengono naturalmente composti di ferro (le ocre sono ossidi di ferro), la sua concentrazione è aumentata significativamente. Questo è il segno inequivocabile che il ferro dei chiodi è migrato e si è “integrato” nello strato pittorico. Parallelamente, abbiamo notato un aumento dell’ossigeno, altro indicatore della formazione di ossidi e idrossidi di ferro.
Un altro dato interessante è la diminuzione del carbonio. Questo suggerisce una decomposizione del legante organico (l’olio), che perde la sua capacità di tenere insieme i granelli di pigmento, contribuendo alla loro disintegrazione e separazione.
La spettroscopia FTIR ci ha aiutato a identificare i specifici composti di ruggine formatisi. Ad esempio, abbiamo rilevato la presenza di magnetite (Fe3O4), goethite, lepidocrocite e, in alcuni casi, anche tracce di composti che si formano in presenza di solfati o carbonati, come la siderite (FeCO3). Queste analisi confermano che non si tratta di una semplice “macchia”, ma di una vera e propria trasformazione chimica del materiale pittorico. Per esempio, nel caso del rosso (ematite, Fe2O3), abbiamo osservato una parziale conversione in magnetite (Fe3O4), che è nera, spiegando l’inscurimento di alcune aree.

Cosa Possiamo Fare? Consigli per la Conservazione
Questo studio ci insegna quanto sia importante monitorare attentamente le condizioni di conservazione dei dipinti ad olio, specialmente quelli più antichi che potrebbero avere chiodi di ferro originali. Ma non solo: ci dà anche indicazioni su come intervenire.
Se si sospetta un problema di ruggine, la prima cosa è una diagnosi accurata. Poi, si possono valutare diverse strategie:
- Rimozione dei chiodi: Se possibile e se non compromette la stabilità strutturale dell’opera, i chiodi originali possono essere rimossi.
- Trattamento dei chiodi: Qualora la rimozione non fosse un’opzione, i chiodi possono essere trattati con inibitori di corrosione.
- Isolamento: Una soluzione potrebbe essere quella di inserire una striscia di materiale tessile trattato contro la ruggine tra la tela e i punti di fissaggio dei chiodi, per creare una barriera.
Ovviamente, il controllo ambientale (temperatura tra 18-24°C e umidità relativa tra 40-60%) rimane fondamentale per prevenire o rallentare questi processi degradativi.
Insomma, la lotta per preservare il nostro patrimonio artistico è continua e piena di sfide. Capire a fondo i meccanismi di degrado, come quello causato dalla ruggine del ferro, è il primo passo per sviluppare strategie di conservazione e restauro sempre più efficaci. È un lavoro da detective, dove ogni indizio chimico e fisico ci aiuta a proteggere la bellezza che i grandi maestri ci hanno lasciato. Spero che questo piccolo viaggio nel mondo nascosto del degrado dei dipinti vi sia piaciuto e vi abbia fatto apprezzare ancora di più la complessità e la fragilità delle opere d’arte!
Fonte: Springer
