COVID Lungo: L’Ombra Persistente su Sonno, Umore e Mente – Cosa Dice la Scienza?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che, purtroppo, tocca ancora molti di noi: le conseguenze a lungo termine del COVID-19. Non parlo solo della tosse o della stanchezza che non se ne va, ma di qualcosa di più profondo, che riguarda il nostro cervello e il nostro benessere mentale. Avete mai sentito parlare di Sindrome Post-COVID (PCS)? Si tratta di quell’insieme di sintomi che persistono per più di 12 settimane dopo l’infezione iniziale. E la cosa interessante è che non colpisce solo chi ha avuto forme gravi, ma anche chi ha avuto sintomi lievi o addirittura nessun sintomo!
Recentemente mi sono imbattuto in uno studio preliminare affascinante che ha cercato di fare luce proprio su questo. Si sono chiesti: cosa succede davvero al nostro sonno, al nostro umore, alla nostra energia e alle nostre capacità cognitive dopo aver avuto il COVID?
Lo Studio: Mettere a Confronto Chi Ha Avuto il COVID e Chi No
Tra aprile e dicembre 2021, un gruppo di ricercatori ha messo insieme due gruppi di persone: 45 che avevano avuto il COVID-19 da più di tre mesi (e avevano ancora sintomi) e 60 persone sane che non avevano mai contratto il virus (almeno stando a quanto ne sapevano). L’età media era simile, tra i 20 e i 30 anni per lo più, e nessuno dei partecipanti aveva problemi neurologici o psichiatrici preesistenti, né altre malattie croniche importanti. Questo è fondamentale per capire se i problemi riscontrati fossero davvero legati al COVID.
Cosa hanno fatto? Hanno raccolto un po’ di informazioni generali e poi hanno sottoposto tutti a una serie di test:
- Un questionario per valutare le funzioni cognitive generali (il famoso MoCA test).
- Due test specifici per la memoria di lavoro visiva (quella che usiamo per tenere a mente le informazioni per brevi periodi).
- Questionari per misurare i livelli di depressione (Beck Depression Inventory).
- Un questionario sull’impatto della fatica (Modified Fatigue Impact Scale).
- Un questionario sulla qualità del sonno (Pittsburgh Sleep Quality Index).
L’obiettivo era chiaro: vedere se c’erano differenze significative tra chi aveva avuto il COVID e chi no, in queste aree specifiche.
I Risultati: Sonno e Umore Sotto Scacco, Ma Non Solo
Ebbene, i risultati sono piuttosto eloquenti, anche se con qualche sorpresa. Vediamoli insieme.
Cognizione Generale (“Nebbia Mentale”): Sebbene i punteggi generali al test MoCA non fossero statisticamente diversissimi tra i due gruppi, la percentuale di persone con un vero e proprio deterioramento cognitivo era nettamente più alta nel gruppo Post-COVID (13.3% contro 1.6%). Parliamo di quella sensazione di “nebbia mentale”, difficoltà di concentrazione o memoria che tanti lamentano. E questo anche in persone giovani!
Depressione: Qui la differenza è stata marcata. Nel gruppo Post-COVID, ben il 53.9% mostrava sintomi depressivi, contro il 25.9% del gruppo di controllo. Quasi il doppio! È importante sottolineare che lo studio ha escluso persone con disturbi psichiatrici precedenti, quindi sembra proprio esserci un legame con l’infezione o le sue conseguenze.
Qualità del Sonno: Altro tasto dolente. Il 53.9% del gruppo PCS ha riportato disturbi del sonno, rispetto al solo 18.6% dei controlli sani. In particolare, i problemi riguardavano la difficoltà ad addormentarsi (latenza del sonno) e la durata effettiva del sonno. Dormire male, si sa, ha un impatto a cascata su tutto il resto.
Fatica e Memoria di Lavoro: Le Sorprese? Qui arrivano i dati forse inaspettati. Nonostante la fatica sia uno dei sintomi più riportati nel Post-COVID, in *questo specifico studio* non sono emerse differenze significative tra i due gruppi usando il questionario MFIS. Allo stesso modo, i test specifici sulla memoria di lavoro visiva (DMS e n-back) non hanno mostrato differenze rilevanti. Come mai? I ricercatori ipotizzano che questo possa dipendere dalle caratteristiche del campione: persone relativamente giovani, per lo più con forme lievi/moderate di COVID e non ospedalizzate. Fattori come l’ospedalizzazione prolungata, la terapia intensiva o la grave mancanza di ossigeno, spesso associati a deficit cognitivi più marcati, erano assenti in gran parte di questo gruppo.
Perché Succede Tutto Questo? Il Ruolo dell’Infiammazione
Una delle ipotesi più accreditate, menzionata anche nello studio, è che l’infiammazione giochi un ruolo chiave. Il COVID-19 può scatenare una risposta infiammatoria sistemica, una sorta di “tempesta citochinica”, che può avere effetti diretti anche sul cervello (neuroinfiammazione). Questa infiammazione potrebbe persistere per mesi dopo l’infezione acuta, contribuendo ai sintomi cognitivi, depressivi e ai disturbi del sonno. Pensateci: l’infiammazione cronica è collegata da tempo alla depressione e può sicuramente interferire con i delicati meccanismi che regolano il sonno e le funzioni cognitive.
A questo si aggiungono gli stress psicologici legati alla pandemia stessa: l’isolamento, la paura, l’incertezza economica. Un mix micidiale che può peggiorare il quadro.
Il Rischio Nascosto: Demenza Futura?
Qui lo studio lancia un monito importante. Sappiamo da altre ricerche che sia la depressione cronica sia i disturbi del sonno persistenti sono fattori di rischio significativi per il declino cognitivo e lo sviluppo di demenza in età avanzata. Ora, mettiamo insieme i pezzi:
- Il COVID-19 aumenta significativamente il rischio di sviluppare depressione e disturbi del sonno a lungo termine.
- Questi disturbi, se non trattati, aumentano il rischio di demenza.
La conclusione, anche se basata su dati preliminari e ipotesi, è preoccupante: non affrontare adeguatamente la depressione e i problemi di sonno che emergono dopo il COVID potrebbe aumentare il rischio di deterioramento cognitivo e demenza per molte persone negli anni a venire. È un aspetto da non sottovalutare assolutamente.
Cosa Portiamo a Casa?
Questo studio, pur con i suoi limiti (campione piccolo, prevalentemente giovane, mancanza di dati pre-infezione), ci dà conferme importanti e spunti di riflessione:
- La Sindrome Post-COVID è reale e può avere un impatto significativo su sonno, umore e funzioni cognitive, anche mesi dopo l’infezione.
- Questi problemi possono colpire anche persone giovani e che hanno avuto forme lievi di COVID, non solo i casi gravi o ospedalizzati.
- L’infiammazione persistente è probabilmente uno dei meccanismi chiave dietro questi sintomi.
- È fondamentale diagnosticare e trattare la depressione e i disturbi del sonno post-COVID, non solo per migliorare la qualità della vita attuale, ma anche per ridurre potenziali rischi futuri legati al declino cognitivo e alla demenza.
C’è ancora tanto da capire, ovviamente. Servono studi più ampi, che seguano le persone nel tempo (longitudinali) e che includano gruppi più diversificati per età e gravità della malattia iniziale. Ma il messaggio è chiaro: non dobbiamo abbassare la guardia sulle conseguenze a lungo termine del COVID-19. Ascoltare il nostro corpo e la nostra mente è il primo passo. Se sentite che qualcosa non va, parlatene con il vostro medico. Prendersi cura di sé è sempre la scelta migliore.
Fonte: Springer