Parole Fuori Posto e Cervelli Maturi: Come Leggiamo il Cinese con l’Età?
Ciao a tutti, appassionati di come funziona la nostra mente! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo della lettura, ma con una lente d’ingrandimento speciale: l’invecchiamento e la lingua cinese. Sì, avete capito bene! Ci tufferemo in uno studio che cerca di capire come la capacità del nostro cervello di “mettere in ordine” le parole mentre leggiamo cambi con il passare degli anni, specialmente quando si tratta di una lingua come il cinese, dove i confini tra le parole non sono così netti come, ad esempio, nell’italiano.
Ma cos’è questa ‘codifica della posizione delle parole’?
Immaginate di leggere una frase. Il vostro cervello non solo riconosce le singole parole, ma capisce anche l’ordine in cui sono disposte. Questa abilità, chiamata codifica della posizione delle parole, è fondamentale per afferrare il significato di ciò che stiamo leggendo. Se le parole fossero tutte mischiate, la comprensione sarebbe un bel rompicapo! Questo processo è diverso dal riconoscere l’ordine delle lettere all’interno di una singola parola (come capire “giudce” invece di “giudice”). Qui parliamo proprio dell’ordine delle parole intere in una frase, un meccanismo cruciale per l’analisi sintattica e la comprensione generale del testo.
Sappiamo che l’invecchiamento porta con sé cambiamenti visivi e cognitivi. Quindi, la domanda sorge spontanea: questa flessibilità nel gestire l’ordine delle parole, che sembra essere una caratteristica dei giovani lettori adulti, rimane intatta o si modifica con l’età? E come si manifesta questo nella lettura del cinese, dove l’assenza di spazi tra le parole rende questo compito potenzialmente più arduo?
L’effetto “parola trasposta”: il nostro termometro per la flessibilità
Per investigare questa faccenda, i ricercatori (e mi ci metto idealmente in mezzo, perché l’argomento mi entusiasma!) hanno utilizzato un trucchetto chiamato “effetto parola trasposta” (TW effect). In pratica, si presentano ai partecipanti delle frasi in cui due parole adiacenti sono state scambiate di posto (ad esempio, “Il bianco era gatto grosso” invece di “Il gatto bianco era grosso”). Si misura poi quanto tempo impiegano e quanti errori fanno nel giudicare se la frase è grammaticalmente corretta o meno, confrontando queste frasi “scombinate” con frasi di controllo.
Se il cervello è flessibile, cercherà di “riordinare” le parole e, anche se ci metterà un po’ di più o farà qualche errore, dimostrerà di essere sensibile a questa anomalia. Questo effetto è stato osservato in lettori giovani e abili, ma che succede quando l’età avanza?
La nostra indagine: giovani vs. meno giovani lettori cinesi
Nello studio che sto “vivendo” con voi, abbiamo coinvolto due gruppi di madrelingua cinesi: giovani adulti (tra i 18 e i 24 anni) e adulti più anziani (tra i 65 e i 75 anni). A tutti è stato chiesto di leggere delle frasi, alcune con parole trasposte e altre normali o sgrammaticate come controllo, e di decidere il più velocemente e accuratamente possibile se fossero grammaticalmente corrette. Questo tipo di compito, chiamato “giudizio di grammaticalità rapido”, è uno strumento rodato per misurare proprio la sensibilità all’ordine delle parole.
L’ipotesi di partenza? Beh, ci aspettavamo che entrambi i gruppi mostrassero l’effetto della parola trasposta, ma sospettavamo che i giovani potessero essere un po’ più “svelti” e flessibili nel gestire queste frasi ingarbugliate rispetto ai loro colleghi più maturi. Questo perché, con l’età, alcune abilità cognitive e la stessa percezione visiva possono rallentare un pochino.
Abbiamo anche tenuto conto di altri fattori, come l’ampiezza del vocabolario e la capacità della memoria di lavoro, per vedere se potessero influenzare i risultati. Curiosamente, i giovani avevano punteggi più alti nella memoria di lavoro, mentre gli anziani primeggiavano nel vocabolario – un classico quando si confrontano queste fasce d’età!
I risultati: conferme e sorprese!
Ebbene, i risultati sono stati davvero illuminanti! Entrambi i gruppi, giovani e anziani, hanno mostrato l’effetto della parola trasposta. Cioè, sia i giovani che gli anziani impiegavano più tempo e facevano più errori con le frasi che avevano le parole scambiate rispetto alle frasi di controllo. Questa è una gran bella notizia: significa che la capacità di base di codificare la posizione delle parole e di essere sensibili al loro ordine rimane funzionale anche in età avanzata, almeno nella lettura del cinese.
Ma ecco il punto cruciale: l’effetto della parola trasposta era più marcato nei giovani adulti rispetto agli adulti più anziani. Cosa significa? Che i giovani erano, per così dire, più “disturbati” dalle parole scambiate, o meglio, la loro performance ne risentiva di più in termini di rallentamento e aumento degli errori. Questo suggerisce che, sebbene la flessibilità nella codifica della posizione delle parole sia preservata con l’età, gli adulti più anziani mostrano una flessibilità ridotta rispetto ai giovani.
Quindi, non è che gli anziani perdano completamente questa abilità, né che rimanga identica a quella dei ventenni. Piuttosto, sembra che questa capacità rimanga intatta ma diventi meno “agile”, meno capace di adattarsi rapidamente a un ordine inaspettato delle parole.
Perché questa differenza? Ipotesi sul tavolo
Ci siamo chiesti, ovviamente, da cosa potesse dipendere questa minore flessibilità negli anziani. Una spiegazione potrebbe risiedere in un declino fisiologico dell’elaborazione attentiva. Leggere richiede attenzione, e forse con l’età si fa più fatica a mantenere e spostare questa attenzione in modo efficiente tra le parole, specialmente se sono “fuori posto”.
Un’altra idea riguarda le strategie di lettura. Gli studi indicano che gli anziani tendono ad avere fissazioni oculari più lunghe e frequenti, e a fare più regressioni (cioè tornare indietro a rileggere) durante la lettura. Potrebbero adottare una strategia più cauta, affidandosi maggiormente alla rilettura o al contesto per compensare una minore flessibilità nella codifica immediata della posizione. Questo li aiuterebbe a capire, ma rallenterebbe il processo e renderebbe l’effetto della trasposizione meno “drammatico” rispetto ai giovani, che magari tentano un riordino più rapido e “rischioso”.
C’è poi il concetto di flessibilità cognitiva, ovvero la capacità di adattare le proprie strategie di elaborazione quando si incontra un input linguistico inaspettato o ambiguo. I giovani potrebbero aggiustare più rapidamente le loro aspettative quando l’ordine delle parole devia dalla norma, permettendo una reinterpretazione efficiente. Gli anziani, invece, potrebbero fare più fatica ad abbandonare schemi di lettura abituali e ad adattarsi a posizioni anomale delle parole.
Interessante notare che, nel nostro studio, le differenze individuali nella memoria di lavoro e nel vocabolario non sembravano modulare significativamente l’effetto della parola trasposta. Questo non vuol dire che non siano importanti per la lettura in generale, ma per questo specifico compito di flessibilità nell’ordine delle parole, altri fattori sembrano giocare un ruolo più centrale.
Un’occhiata alla memoria dichiarativa e al tipo di compito
Vale la pena fare una riflessione sul tipo di compito che abbiamo usato: il giudizio di grammaticalità. È un compito esplicito, che si basa sulla memoria dichiarativa. I partecipanti devono valutare coscientemente la struttura della frase, confrontarla con le loro conoscenze sintattiche immagazzinate e prendere una decisione deliberata. Sappiamo che la memoria dichiarativa tende a diminuire con l’età.
Quindi, mi chiedo: quanto di questa riduzione dell’effetto della parola trasposta negli anziani potrebbe essere dovuto a un declino della memoria dichiarativa? Forse faticano di più a riconoscere coscientemente le perturbazioni grammaticali causate dalle trasposizioni. È un’ipotesi intrigante che meriterebbe ulteriori indagini, magari includendo test specifici di memoria dichiarativa.
Non finisce qui: limiti e prospettive future
Come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti e apre la strada a nuove domande. Per esempio, non abbiamo controllato le differenze nell’esperienza di lettura pregressa tra i due gruppi. Chi legge molto per tutta la vita potrebbe mantenere certe abilità più affinate. Sarebbe interessante esplorarlo.
Inoltre, ci siamo concentrati sulla lettura del cinese. Sarebbe affascinante vedere se cambiamenti simili nella flessibilità della posizione delle parole si verificano anche in lingue alfabetiche, dove gli spazi tra le parole danno un aiuto visivo in più. E che dire della posizione delle parole trasposte? Noi le abbiamo messe a metà frase, ma cosa succederebbe se fossero all’inizio o alla fine?
Infine, l’uso di tecniche come l’eye-tracking (tracciamento oculare) potrebbe darci un quadro ancora più dettagliato di come gli occhi si muovono e di cosa succede in tempo reale mentre giovani e anziani affrontano queste frasi “scombinate”. Questo ci permetterebbe di cogliere aspetti più impliciti dell’elaborazione linguistica.
In conclusione: un cervello che si adatta, ma con i suoi tempi
Tirando le somme, questo studio ci regala una visione più sfumata di come l’invecchiamento influenzi un aspetto così specifico della lettura come la flessibilità nella codifica della posizione delle parole, specialmente in un contesto linguisticamente complesso come il cinese. La buona notizia è che questa capacità fondamentale non svanisce, ma sembra piuttosto adattarsi, diventando un po’ meno “scattante” rispetto alla gioventù.
Capire queste dinamiche non è solo una curiosità accademica: può aiutarci a comprendere meglio le difficoltà di lettura che alcuni anziani possono sperimentare e, chissà, a sviluppare strategie per mantenere questa importante abilità il più a lungo e vivace possibile. La mente umana, a qualsiasi età, non smette mai di sorprenderci!
Fonte: Springer