Giovane pesce Labeo rohita in difficoltà in acqua fredda e torbida contaminata da pesticidi come il carbendazim. Fotografia subacquea, obiettivo 35mm, profondità di campo, luce fioca, colori freddi e leggermente desaturati per trasmettere stress.

Pesci Sotto Stress: L’Inquietante Cocktail di Pesticidi e Freddo che Minaccia il Labeo Rohita

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi sta molto a cuore e che, francamente, dovrebbe preoccupare un po’ tutti noi, specialmente chi si interessa di ambiente, agricoltura e di come stiamo trattando le nostre acque. Parliamo di pesci, di pesticidi e di come questi due mondi, purtroppo, si scontrano in modi che stiamo solo iniziando a capire a fondo.

Avete presente i fungicidi? Sono quei prodotti che gli agricoltori usano per proteggere le colture dai funghi. Uno di questi, il carbendazim, è super diffuso, anche se in molti Paesi è stato messo al bando. Il problema è che finisce nelle acque superficiali – fiumi, laghi, stagni – e da lì entra in contatto con chi ci vive, come i nostri amici pinnuti.

Il Problema del Carbendazim: Un Nemico Silenzioso nelle Acque

Questo carbendazim è un tipo tosto: resiste alla luce solare e può rimanere nel suolo e nell’acqua per mesi, a volte anche per quasi un anno in condizioni particolari! Immaginatevi l’accumulo. In Asia, specialmente in Paesi come Thailandia, India e Malesia, se ne usa tantissimo. E non parliamo di quantità piccole: tonnellate! Questo significa che le concentrazioni nell’acqua possono diventare significative, abbastanza da dare fastidio, e parecchio, agli organismi acquatici.

I pesticidi, per loro natura, sono fatti per uccidere organismi viventi (i funghi, in questo caso). Ma siccome molti meccanismi biologici sono simili tra specie diverse, finiscono per essere tossici anche per chi non c’entra nulla, come i pesci. Il carbendazim, infatti, è noto per causare problemi di sviluppo, comportamentali, metabolici e stress ossidativo nei pesci.

Aggiungiamo il Freddo: Un Mix Esplosivo

Ora, aggiungete un altro fattore di stress: il freddo improvviso, quello che chiamiamo shock termico. Questo è un grosso problema in acquacoltura, specialmente nel subcontinente indiano, dove durante l’inverno le temperature notturne possono crollare drasticamente. Molti pesci muoiono proprio per questo. Si sa che lo stress termico può peggiorare gli effetti dei pesticidi, come se il pesce dovesse combattere su due fronti contemporaneamente.

E qui casca l’asino, come si suol dire. C’è un buco enorme nelle nostre conoscenze: come interagiscono esattamente il carbendazim e lo shock da freddo nei pesci? Soprattutto in quelli d’acqua dolce asiatici, che sono importantissimi per l’economia e l’alimentazione locale. Senza dati specifici per le specie locali, chi deve fare le leggi sull’uso dei pesticidi si basa su studi fatti su pesci magari americani o europei, che potrebbero reagire in modo completamente diverso!

La Nostra Indagine sul Labeo rohita (Rohu)

Ecco perché ci siamo messi al lavoro. Abbiamo deciso di studiare proprio questo: l’impatto del carbendazim sui giovani di Labeo rohita, chiamato comunemente rohu. È una carpa super importante, sia ecologicamente che economicamente, nativa del sistema fluviale Gange-Brahmaputra-Indo. È fondamentale per l’acquacoltura e la pesca nel subcontinente indiano.

Spesso questi pesci vengono allevati in stagni vicini a terreni agricoli, quindi sono esposti al ruscellamento che porta con sé pesticidi e nutrienti. L’inverno peggiora le cose, con morie di pesci dovute proprio agli sbalzi di temperatura, specialmente se l’acqua riceve scarichi agricoli. La nostra ipotesi era semplice: l’esposizione precedente al carbendazim rende i giovani rohu meno capaci di sopportare uno shock da freddo.

Abbiamo quindi condotto degli esperimenti per capire:

  • Qual è la dose letale di carbendazim per i giovani rohu (la famosa LC50 a 96 ore)?
  • Come cambia il comportamento e la salute (guardando il sangue) dei pesci esposti a dosi non letali di carbendazim?
  • Cosa succede quando a questa esposizione si aggiunge uno shock da freddo?

Fotografia macro di gocce d'acqua su una foglia verde in un campo agricolo, con un pesce Labeo rohita sfocato che nuota in un ruscello contaminato sullo sfondo. Obiettivo macro 90mm, illuminazione controllata, alta definizione, focus preciso sulla goccia che riflette sottilmente il pesce.

Quanto Carbendazim Uccide? La Dose Letale

Il primo risultato importante è stata la determinazione della LC50 a 96 ore: per i giovani rohu è risultata essere di 2 mg per litro d’acqua. Cosa significa? Che a questa concentrazione, metà dei pesci esposti muore entro 96 ore. Confrontando questo valore con quello di altre specie, sembra che il rohu sia più sensibile di altri pesci come lo Zebrafish o il pesce gatto africano, ma meno sensibile di trote o altri pesci gatto nordamericani. È interessante notare che il milkfish, un altro pesce importante allevato in Asia, sembra essere molto più sensibile, ma vive in acque salmastre, quindi il confronto è difficile.

La cosa preoccupante è la scarsità di dati simili per le carpe tropicali, che sono così vitali per l’economia asiatica. Basarsi su dati di specie non native è rischioso e può portare a valutazioni ecologiche sbagliate. Il nostro, per quanto ne sappiamo, è il primo valore di LC50 riportato per un pesce d’acqua dolce alimentare di questa famiglia (Cyprinidae) in quell’area geografica.

Non Solo Morte: I Cambiamenti nel Comportamento

Ma la tossicità non è solo questione di vita o di morte. Anche a concentrazioni più basse (sub-letali), il carbendazim fa danni. Abbiamo osservato una serie di comportamenti strani e preoccupanti nei pesci esposti:

  • Nuoto irregolare e scattante (darting)
  • Perdita di equilibrio
  • Iperattività e reazioni esagerate a suoni e luci
  • Tendenza a nascondersi negli angoli bui (scototassi)
  • Tendenza a stare vicino alle pareti della vasca (tigmotassi)
  • Abbandono del comportamento di gruppo (schooling) a concentrazioni superiori a 2 mg/L
  • Difficoltà respiratorie (boccheggiare in superficie) a concentrazioni superiori a 3 mg/L

Questi comportamenti indicano chiaramente uno stato di stress e ansia. Probabilmente il carbendazim interferisce con i sistemi neurologici che regolano queste risposte. Immaginate cosa significhi in natura: un pesce che non nuota in banco è una preda più facile, un pesce ansioso fatica a nutrirsi e a riprodursi. Questi effetti sub-letali possono avere un impatto devastante sulle popolazioni selvatiche.

Fotografia subacquea di un banco di giovani pesci Labeo rohita che nuotano erraticamente e si separano in un acquario scarsamente illuminato, alcuni si nascondono negli angoli bui. Obiettivo grandangolare 24mm, profondità di campo, atmosfera cupa, colori desaturati.

Danni Visibili: Il Tributo Fisico

Oltre al comportamento, abbiamo notato danni fisici evidenti, specialmente a concentrazioni più alte (≥ 4 mg/L):

  • Branchie danneggiate: apparivano nere, gonfie (edema) e con le lamelle fuse. A 10 mg/L c’erano anche piccole emorragie. Questo suggerisce un forte stress ossidativo e problemi respiratori (da qui il boccheggiare).
  • Necrosi della coda (Tail rot): a concentrazioni ≥ 6 mg/L.
  • Scolorimento del corpo e macchie bianche.
  • Colorazione giallastra vicino alle pinne pettorali (≥ 4 mg/L), che potrebbe indicare problemi al fegato (disfunzione epatocellulare).

Questi segni indicano che il pesce sta soffrendo a livello fisiologico. L’ipotesi più probabile è che il carbendazim causi stress ossidativo, danneggiando direttamente i tessuti come le branchie (fondamentali per respirare!) e il fegato (essenziale per depurare l’organismo).

Primo piano estremo delle branchie di un pesce Labeo rohita mostrando lesioni, edema e scurimento. Obiettivo macro 105mm, alta definizione, illuminazione laterale drammatica per evidenziare la texture danneggiata, messa a fuoco precisa sulle lamelle branchiali.

Cosa Dice il Sangue: Un Quadro Clinico Preoccupante

Per capire meglio cosa succede “dentro” al pesce, abbiamo analizzato il sangue. Qui le cose si fanno ancora più interessanti, soprattutto quando entra in gioco lo shock da freddo. Abbiamo esposto i pesci a una dose sub-letale di carbendazim (0.5 mg/L) per 12 giorni, e negli ultimi 4 giorni alcuni di questi (e un gruppo di controllo) hanno subito uno shock termico (un’ora a 15°C).

Ecco i risultati principali dell’ematologia:

  • Globuli Rossi (RBC), Emoglobina (Hb) ed Ematocrito (Hct): Il carbendazim da solo ha causato una riduzione significativa di Hb e Hct, e una tendenza alla riduzione dei RBC. Questo significa meno capacità di trasportare ossigeno, il che combacia con i problemi respiratori osservati. Lo shock da freddo da solo, invece, ha aumentato i RBC (una tipica risposta allo stress acuto). Ma… nei pesci esposti prima al carbendazim, lo shock da freddo non è riuscito a far aumentare i RBC come previsto. È come se il pesce fosse già troppo debilitato per reagire correttamente.
  • Globuli Bianchi (WBC): Il carbendazim (da solo o combinato col freddo) ha ridotto significativamente i WBC. Lo shock da freddo da solo li ha aumentati (attivazione del sistema immunitario). Ancora una volta, però, nei pesci già esposti al carbendazim, lo shock da freddo non ha prodotto l’aumento atteso. Questo suggerisce una immunosoppressione: il fungicida indebolisce le difese immunitarie e impedisce al pesce di rispondere adeguatamente a un ulteriore stress.
  • Proteine del Siero (Totali, Albumina, Globulina): Il carbendazim (da solo o combinato) ha ridotto drasticamente le proteine totali, l’albumina e la globulina. Questo indica che il pesce sta probabilmente utilizzando le proteine come fonte di energia per far fronte allo stress cronico indotto dal pesticida, oppure che la sintesi di nuove proteine è compromessa. In entrambi i casi, non è un buon segno per la salute generale.
  • Glucosio nel Sangue: L’esposizione iniziale al carbendazim (dopo 24 ore) ha causato un picco di glucosio (iperglicemia), tipica risposta acuta allo stress. Dopo 10 giorni, i livelli erano tornati normali. Al 15° giorno, lo shock da freddo ha causato un nuovo aumento del glucosio in tutti i gruppi che lo hanno subito, anche quelli pre-esposti al carbendazim. Questo dimostra che lo shock da freddo è uno stress potente, ma il quadro generale, unito alla riduzione delle proteine e ai problemi immunitari, suggerisce che l’esposizione prolungata al carbendazim porta a uno stato di esaurimento metabolico.

Still life scientifico: una provetta con un campione di sangue di pesce accanto a un microscopio e vetrini su un tavolo da laboratorio pulito. Obiettivo macro 60mm, illuminazione da laboratorio controllata, alta definizione, focus selettivo sulla provetta.

Il Nocciolo della Questione: L’Interazione è Pericolosa

Quindi, cosa ci dice tutto questo? Che il carbendazim non è solo tossico di per sé, ma compromette seriamente la capacità del pesce di affrontare altri stress ambientali, come il freddo improvviso. Rende i pesci ansiosi, danneggia organi vitali come branchie e fegato, sballa i parametri sanguigni, indebolisce il sistema immunitario e manda in tilt il metabolismo energetico.

Quando arriva il freddo, un pesce già indebolito dal carbendazim non riesce a mettere in campo le normali risposte fisiologiche per proteggersi. È come mandare un soldato in battaglia senza armatura e già ferito.

Perché Tutto Questo è Importante?

Questi risultati sono un campanello d’allarme. Ci dicono che dobbiamo stare molto attenti all’uso di pesticidi come il carbendazim, specialmente in aree dove i pesci sono già sottoposti ad altri stress, come quelli termici invernali.

  • Per l’acquacoltura: Gli allevatori devono essere consapevoli che la contaminazione da pesticidi può rendere i loro pesci molto più vulnerabili alle malattie e alle morie invernali.
  • Per l’ambiente: Gli effetti sub-letali sul comportamento e sulla fisiologia possono avere conseguenze a cascata sugli ecosistemi acquatici, alterando le dinamiche preda-predatore e la struttura delle popolazioni ittiche.
  • Per le normative: C’è un bisogno urgente di dati tossicologici specifici per le specie native e per le condizioni ambientali locali. Le attuali normative potrebbero non essere sufficientemente protettive. Bisogna considerare gli effetti combinati di diversi stressori.

Certo, le concentrazioni usate nel nostro esperimento per determinare la LC50 sono alte e forse rare in natura, anche se livelli di 0.2-0.5 mg/L sono stati riportati in canali agricoli. Ma gli effetti sub-letali e l’interazione con il freddo si sono visti a concentrazioni più basse (0.5 mg/L). Questo studio dimostra che anche a livelli considerati “sicuri”, i fungicidi possono avere effetti subdoli ma significativi.

C’è ancora molto da indagare, specialmente sui meccanismi precisi con cui il carbendazim agisce e sugli effetti a lungo termine di concentrazioni ambientalmente realistiche, magari anche sulla riproduzione. Ma una cosa è chiara: non possiamo ignorare l’impatto che le nostre pratiche agricole hanno sulla delicata vita acquatica. Dobbiamo trovare un equilibrio migliore, per il bene dei pesci e, in definitiva, anche per il nostro.

Fonte: Springer

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