Fotografia subacquea a grande profondità, obiettivo 24mm, che mostra un paesaggio sottomarino lungo le dorsali del Pacifico sud-orientale. In primo piano, un'aragosta Projasus bahamondei e un granchio Paromola rathbuni si trovano vicini su un fondale misto di roccia scura e sabbia grossolana a circa 400m. Luce artificiale controllata illumina i crostacei, evidenziandone i dettagli e i colori tenui. Profondità di campo che mantiene a fuoco entrambi i soggetti principali, sfondo leggermente sfocato che suggerisce l'immensità abissale.

Segreti Abissali: Svelando la Vita Nascosta dei Crostacei sulle Dorsali del Pacifico

Ciao a tutti, appassionati degli abissi! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio virtuale in uno degli angoli più remoti e meno conosciuti del nostro pianeta: le dorsali di Salas y Gómez, Nazca e Juan Fernández, nel cuore del Pacifico sud-orientale. Immaginate catene montuose sottomarine che si estendono per migliaia di chilometri, un vero hotspot di biodiversità, talmente prezioso da essere dichiarato Area Marina Ecologicamente o Biologicamente Significativa (EBSA). Eppure, nonostante la loro importanza, rimangono avvolte nel mistero a causa della loro posizione isolata e dei costi proibitivi della ricerca in acque profonde.

Pensate, queste dorsali ospitano ecosistemi unici, con livelli di endemismo tra i più alti conosciuti e le barriere coralline dipendenti dalla luce più profonde del mondo! Sono anche corridoi vitali per specie migratorie e aree di nursery. Ma cosa sappiamo davvero degli abitanti di questi fondali? Molto poco, specialmente quando si parla di creature che vivono nella zona mesofotica, quella “zona crepuscolare” dove filtra ancora un filo di luce.

I Protagonisti della Nostra Avventura Sottomarina

In questo scenario affascinante, abbiamo puntato i nostri “riflettori” (spesso quelli dei ROV, i veicoli sottomarini a comando remoto!) su due crostacei decapodi particolarmente emblematici e, diciamocelo, piuttosto imponenti: Projasus bahamondei (conosciuta come l’aragosta spinosa di Juan Fernández) e Paromola rathbuni (il granchio frastagliato cileno). Perché proprio loro? Beh, sono relativamente comuni in queste zone (anche se assenti sulla dorsale di Salas y Gómez), vengono spesso catturati accidentalmente (bycatch) nella pesca artigianale di un altro granchio, Chaceon chilensis, e la loro presenza o assenza lungo queste immense catene montuose sottomarine poteva darci indizi preziosi sui fattori ambientali che ne modellano la vita. Paromola rathbuni ha anche un certo interesse locale come cibo, mentre Projasus bahamondei, pur abbondante, non ha mercato locale, anche se si è pensato a studi per una pesca esplorativa.

La nostra missione era capire la loro ecologia spaziale: dove vivono esattamente? Quali fattori ambientali (temperatura, salinità, ossigeno disciolto) influenzano la loro distribuzione lungo l’asse orizzontale (longitudine) e verticale (profondità)? E che tipo di habitat preferiscono?

Immergersi nei Dati: Cosa Abbiamo Scoperto?

Per rispondere a queste domande, abbiamo messo insieme un puzzle di informazioni: dati pubblicati, ma soprattutto osservazioni dirette raccolte durante ben cinque spedizioni scientifiche nella regione. Abbiamo usato potenti strumenti statistici, come i modelli Random Forest (RF) e i Modelli Lineari Generalizzati (GLM), per analizzare le relazioni tra la presenza di queste specie e le condizioni ambientali.

E i risultati sono stati illuminanti! Abbiamo scoperto che diverse combinazioni di variabili abiotiche influenzano la distribuzione delle due specie.

Per Projasus bahamondei, i fattori chiave sono risultati essere:

  • Ossigeno disciolto: Questo è il fattore più importante! Questa aragosta sembra prediligere acque con bassi livelli di ossigeno.
  • Longitudine (Ovest): La sua presenza è fortemente legata alla posizione geografica lungo le dorsali.
  • Temperatura: Anche la temperatura gioca un ruolo significativo.

In secondo piano, ma comunque importanti, troviamo la profondità e la latitudine (Sud). Questi fattori combinati spiegano ben il 95% della sua distribuzione! I modelli GLM hanno confermato che la probabilità di trovare P. bahamondei aumenta significativamente al diminuire dell’ossigeno e della temperatura. Sembra trovarsi particolarmente a suo agio tra i 400 e i 500 metri di profondità.

Fotografia subacquea, obiettivo macro 100mm, che mostra un primo piano dettagliato dell'aragosta Projasus bahamondei su un substrato roccioso scuro a 450m di profondità. Illuminazione controllata per evidenziare la texture del carapace e le lunghe antenne. Alta definizione, messa a fuoco precisa sull'occhio del crostaceo.

Per Paromola rathbuni, l’ordine di importanza dei fattori è leggermente diverso:

  • Longitudine (Ovest): Il fattore geografico principale.
  • Profondità: Un elemento chiave per spiegare dove trovarla.
  • Temperatura e Ossigeno disciolto: Hanno un’influenza secondaria ma comunque rilevante.

Questi fattori spiegano il 93% della sua distribuzione. Anche per questo granchio, i modelli GLM indicano che bassi livelli di ossigeno e basse temperature ne influenzano significativamente la presenza, con una preferenza per profondità tra i 300 e i 400 metri. La sua associazione con l’ossigeno basso, però, sembra meno stretta rispetto a P. bahamondei.

La Barriera Invisibile dell’Ossigeno

Una delle scoperte più intriganti è stata la conferma di un’interruzione nella distribuzione di entrambe le specie a ovest di circa 85° di longitudine Ovest. Cosa succede lì? Sembra che questa zona coincida con l’indebolimento della cosiddetta Zona di Minimo Ossigeno (OMZ). L’OMZ è una fascia d’acqua oceanica dove l’ossigeno disciolto è naturalmente molto basso. Ad est di 85°W, l’influenza della Corrente di Humboldt porta acque fredde e povere di ossigeno, tipiche dell’OMZ. Più a ovest, invece, le acque diventano più calde, più ossigenate e meno ricche di nutrienti, sotto l’influenza delle acque subtropicali.

Questa transizione oceanografica, già identificata come una zona di transizione biogeografica, sembra agire come una vera e propria barriera invisibile per le nostre due specie, nonostante il loro potenziale di dispersione (soprattutto per le larve) sia considerato alto. Projasus bahamondei, in particolare, è stata osservata prevalentemente all’interno dell’OMZ, con il 75% degli avvistamenti in condizioni ipossiche (meno di 2 ml/L di ossigeno) e in un intervallo termico ristretto (6-9 °C). Per Paromola rathbuni, circa il 50% degli avvistamenti è avvenuto in condizioni di basso ossigeno e temperature inferiori a 10 °C.

Vivere nell’OMZ non è per tutti. Molti organismi non tollerano la mancanza di ossigeno. Ma per quelli adattati, come sembrano essere i nostri crostacei, l’OMZ può offrire vantaggi: un rifugio dai predatori meno tolleranti e una fonte di cibo abbondante sotto forma di detrito organico che si accumula.

Habitat Preferiti e Compagni di Viaggio

Grazie alle osservazioni dirette fatte con i ROV, abbiamo potuto sbirciare nelle “case” di questi crostacei. Abbiamo identificato due tipi principali di habitat frequentati:

  1. Substrato duro: Fondali rocciosi con rilievi marcati, crepacci, spesso intervallati da chiazze di sabbia grossolana. Qui dominano piccole spugne, coralli pizzo (Stylaster sp.) e penne di mare (Scleroptilum sp.). Un ambiente ideale per trovare riparo, frequentato anche da molti pesci.
  2. Substrato molle: Fondali sabbiosi con poco rilievo, composti da sabbia grossolana e depositi di organismi morti (gusci di foraminiferi e pteropodi). Abitata da anemoni (Ceriantharidae, Hormathiidae), altre penne di mare (Protoptilum sp.) e diversi pesci.

Projasus bahamondei è stata vista principalmente sul substrato duro, spesso su pendii ripidi o dentro grotte, e frequentemente in aggregazioni di oltre 10 individui! Un comportamento sociale affascinante da osservare negli abissi.

Fotografia subacquea grandangolare, obiettivo 18mm, che cattura un'aggregazione di aragoste Projasus bahamondei su una parete rocciosa verticale a 480m. Luce stroboscopica controllata illumina la scena, mostrando almeno una dozzina di individui. Acqua limpida, sharp focus sull'intera scena.

Paromola rathbuni, invece, sembra più versatile, trovandosi a suo agio sia su fondali rocciosi che sabbiosi, ma generalmente in piccoli gruppi di 2 o 3 individui.

Un altro dettaglio curioso riguarda gli epibionti, piccoli organismi che vivono attaccati al corpo dei nostri crostacei. Abbiamo osservato diversi cirripedi (parenti dei “denti di cane”) vivi, come Poecilasma spp., attaccati alle antenne, al carapace e alle appendici di entrambe le specie. È interessante notare che questi cirripedi erano presenti solo sugli esemplari raccolti sulla Dorsale di Nazca e nell’area protetta del Parco Marino Nazca-Desventuradas, ma erano assenti sugli individui provenienti dall’Arcipelago Juan Fernández. Questo suggerisce che, sebbene questi epibionti abbiano un alto potenziale di dispersione, potrebbero avere limiti fisiologici legati alle diverse condizioni ambientali tra le dorsali e l’arcipelago più a sud. Questo rafforza l’idea che anche per i nostri crostacei, i limiti ambientali (come l’aumento di temperatura e ossigeno a ovest di 85°W) siano più importanti della capacità di dispersione nel definirne la distribuzione.

Uno Sguardo al Futuro: L’Impatto del Cambiamento Climatico

Cosa succederà a questi affascinanti abitanti degli abissi con il cambiamento climatico? Le proiezioni per questa regione del Pacifico indicano alterazioni significative della temperatura e delle condizioni di ossigeno, in particolare nell’intensità e nell’estensione dell’OMZ. Dato che la distribuzione di Projasus bahamondei e Paromola rathbuni è così strettamente legata a questi fattori, è molto probabile che assisteremo a cambiamenti nei loro pattern di distribuzione geografica e batimetrica. Potrebbero espandersi o contrarsi, a seconda della direzione dei cambiamenti ambientali. La barriera biogeografica a 85°W potrebbe spostarsi, rafforzarsi o indebolirsi, influenzando la connettività tra le popolazioni.

Il nostro studio aggiunge un tassello importante alla conoscenza di questi ecosistemi remoti e vulnerabili. Capire come queste specie rispondono alle condizioni ambientali attuali è fondamentale per prevedere come potrebbero reagire ai cambiamenti futuri e per informare le strategie di conservazione in queste aree di eccezionale valore biologico. C’è ancora tantissimo da scoprire negli abissi delle dorsali del Pacifico sud-orientale, un mondo nascosto che merita tutta la nostra attenzione e protezione.

Fonte: Springer

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