Donne Medico in Nepal: Il Curriculum Nascosto che Nessuno Vede
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di davvero importante, qualcosa che spesso rimane invisibile ma che ha un impatto enorme sulla vita di tante persone, specialmente delle donne. Parliamo di medicina, di sogni, di carriere, ma anche di ostacoli silenziosi, quelli che formano il cosiddetto “curriculum nascosto”. E lo faremo guardando a una realtà specifica, quella delle giovani donne medico in Nepal.
Sapete, raggiungere la parità di genere nell’istruzione non è solo una questione di giustizia sociale, è una leva potentissima per la crescita economica e per migliorare la salute di intere popolazioni. Quando le donne studiano, ne beneficia tutta la società. Eppure, nonostante i progressi, ci sono ancora troppe barriere. Pensate che nel 2023, secondo l’UNESCO, oltre 122 milioni di ragazze nel mondo erano ancora fuori dalla scuola. Un numero pazzesco, vero?
Il Contesto Nepalese: Tra Tradizione e Progresso
Ora, focalizziamoci sul Nepal. Un paese affascinante, ma anche una nazione a basso-medio reddito con sfide sanitarie notevoli. Qui, le norme socio-culturali sono profondamente radicate, e i valori patriarcali influenzano pesantemente le opportunità educative delle donne, soprattutto in campi come la medicina. Immaginate: anche se sempre più ragazze si iscrivono a medicina (nel 2018/19 erano oltre il 61%!), questo non si traduce automaticamente in una loro piena partecipazione alla professione. Attualmente, solo il 25% dei medici generici in Nepal sono donne, e addirittura solo il 19% degli specialisti. Com’è possibile?
Qui entra in gioco il “curriculum nascosto”. Non si tratta di materie o esami ufficiali, ma di quell’insieme di valori impliciti, norme comportamentali non dette e pregiudizi istituzionali che permeano l’ambiente formativo e clinico. È come un copione invisibile che indirizza le studentesse lontano da specialità considerate “prestigiose” o maschili, rinforzando i ruoli tradizionali di cura. Questo “curriculum” modella le competenze, gli atteggiamenti e le identità professionali, finendo per limitare la diversità e il potenziale della futura forza lavoro sanitaria.
La Ricerca: Dare Voce alle Studentesse
Per capire meglio questa dinamica, è stato condotto uno studio qualitativo molto interessante. Ho avuto modo di approfondire i risultati, basati su interviste semi-strutturate a quindici studentesse di medicina all’ultimo anno in un college privato a Bharatpur, Nepal. L’obiettivo era proprio esplorare come queste giovani donne percepiscono, navigano e rispondono a questo “curriculum nascosto” di genere durante la loro formazione e come questo influenzi le loro scelte future. E quello che è emerso è davvero illuminante. Sono stati identificati cinque temi principali, cinque fili conduttori che tessono le loro storie.
Tema 1: Il Mandato del Matrimonio – Negoziare Famiglia, Tradizione e Aspirazioni
Questo è forse uno dei temi più potenti. Le partecipanti hanno descritto come le aspettative sociali legate al matrimonio e alla famiglia influenzino profondamente le loro ambizioni professionali. C’è una tensione costante tra i ruoli di genere tradizionali e il desiderio di una carriera medica appagante. Una studentessa, che chiameremo Anya, ha raccontato: “I miei genitori […] credono che l’obiettivo finale di una donna sia il matrimonio e la maternità. Hanno sostenuto la mia decisione di studiare medicina, ma a volte sento che è vista come una cosa temporanea, qualcosa da fare prima di sistemarmi… È difficile perché voglio renderli orgogliosi, ma ho anche questo desiderio ardente di diventare un chirurgo esperto… A volte temo che la mia famiglia non capirà o non sosterrà quel percorso, specialmente se significa ritardare il matrimonio…”. Questa testimonianza fa capire la posizione precaria di molte: il supporto iniziale per gli studi c’è, ma spesso è visto come un preludio al matrimonio, non come l’inizio di una carriera. La pressione a conformarsi a tempistiche tradizionali per sposarsi e avere figli è un fardello enorme, specialmente per chi sogna specializzazioni impegnative.
Ma non è solo pressione diretta. C’è anche una “pressione silenziosa”, fatta di sguardi, domande indirette, assunzioni. Maya ha detto: “Nessuno mi dice esplicitamente di sposarmi e rinunciare alla carriera, ma l’aspettativa sociale non detta è sempre lì… È nel modo in cui i parenti mi guardano con pietà quando parlo dei miei piani di specializzazione… È un costante promemoria che il mio valore come donna è spesso legato al mio stato civile, non ai miei successi come medico”. È frustrante e può portare ad ansia e dubbi.
Eppure, c’è anche chi resiste. Nisha ha affermato con forza: “Mi rifiuto di lasciare che le aspettative sociali dettino il mio futuro… Voglio diventare un medico esperto, contribuire alla mia comunità… So che non sarà facile… Ma sono determinata a perseguire i miei sogni… Raggiungendo i miei obiettivi, posso ispirare altre giovani donne a fare lo stesso”. Questa resilienza è un segnale di cambiamento, un ridefinire i ruoli di genere.
Tema 2: La Clinica “di Genere” – Svelare i Pregiudizi nell’Educazione e nella Pratica Medica
Qui parliamo dei pregiudizi che si manifestano concretamente nell’ambiente formativo e clinico. Le studentesse hanno raccontato di essere state “incanalate” verso specialità considerate più “adatte” alle donne, come pediatria o ginecologia, e scoraggiate da quelle dominate dagli uomini, come chirurgia o cardiologia. Priya ha condiviso: “Durante le mie rotazioni in cardiologia… ai miei colleghi maschi venivano date più opportunità di osservare interventi complessi… Quando ho espresso il mio interesse per la cardiologia, alcuni medici mi hanno suggerito di considerare pediatria… Sembrava che il mio potenziale fosse limitato dalle loro nozioni preconcette”. Questo non solo limita le opzioni individuali, ma perpetua la segregazione di genere nel campo medico.
I pregiudizi si trovano anche nei curriculum. Riya ha notato: “In molti dei nostri libri di testo, i casi clinici presentano prevalentemente pazienti maschi… La salute delle donne è spesso relegata a capitoli specifici o presentata come una variazione della norma maschile… Questo rafforza l’idea che la fisiologia maschile sia lo standard”. Questo ha implicazioni serie sulla capacità di diagnosticare e trattare efficacemente le pazienti donne.
E poi c’è la mentalità del “club per soli uomini”, specialmente in chirurgia. Reena ha descritto: “La chirurgia è ancora molto un ‘club per soli uomini’… sentivo di dover lavorare il doppio per dimostrare il mio valore… Ho sentito un chirurgo anziano dire che le donne sono ‘troppo emotive’ per essere buoni chirurghi. È scoraggiante…”. Questo ambiente ostile richiede una resilienza enorme e scoraggia molte donne talentuose.
Tema 3: Investire nelle Figlie, Aspettandosi Ritorni – L’Economia di Genere dell’Educazione Medica
Questo tema esplora come l’investimento economico della famiglia nell’educazione medica di una figlia sia spesso legato ad aspettative di ritorno sociale ed economico, soprattutto tramite il matrimonio. Per molte famiglie, pagare gli studi di medicina è un sacrificio enorme, spesso fatto ipotecando terreni o indebitandosi. Anjali ha spiegato: “I miei genitori hanno ipotecato la nostra terra… Hanno riversato tutte le loro risorse su di me, sperando che diventi un medico di successo… Sento un’immensa pressione per soddisfare le loro aspettative. Parlano spesso di come il mio futuro marito debba essere ben educato e finanziariamente sicuro… È come se la mia educazione non fosse solo un investimento nel mio futuro, ma anche un mezzo per assicurare un buon matrimonio…”. L’istruzione diventa quasi una “dote” moderna.
Questo crea un senso di “debito della figlia”. Bina ha riflettuto: “Sento un profondo obbligo verso i miei genitori… A volte, questo sembra un debito che devo ripagare, non solo con supporto finanziario ma anche soddisfacendo le loro aspettative di matrimonio… Mi fa mettere in discussione il mio desiderio di perseguire una carriera in sanità pubblica, che potrebbe non essere così redditizia… Temo che le mie scelte li deluderanno”. È un dilemma morale che può influenzare pesantemente le scelte di carriera.
Tuttavia, anche qui emerge la volontà di rompere il ciclo. Chanda ha detto: “Sono grata per la mia educazione… Tuttavia, riconosco che l’aspettativa tradizionale che le figlie ‘sposino bene’… perpetua un ciclo di disuguaglianza. Voglio rompere quel ciclo… Credo che perseguendo il mio percorso e raggiungendo l’indipendenza finanziaria, posso ispirare altre giovani donne”. È un potente passo verso l’empowerment.
Tema 4: Aspirazioni Transnazionali – Negoziare Mobilità, Matrimonio e Carriera Medica
Per molte, cercare opportunità all’estero non è solo una questione di avanzamento professionale, ma anche un modo per sfuggire alle pressioni sociali e familiari del Nepal. Deepa ha espresso questo desiderio di liberazione: “Per me, andare all’estero… non riguarda solo l’avanzamento della mia carriera medica; riguarda il guadagnare indipendenza e sfuggire alle aspettative soffocanti… [All’estero] posso concentrarmi esclusivamente sui miei studi e sulla mia carriera senza quelle pressioni”.
Tuttavia, non è semplice. Bisogna negoziare con le famiglie, preoccupate per il benessere e l’aderenza alle norme culturali. Gita ha raccontato: “La mia famiglia sostiene le mie ambizioni, ma si preoccupano anche che io vada all’estero da sola. Vogliono che mi sposi prima di partire… Capisco le loro preoccupazioni, ma temo anche che sposarmi possa limitare la mia mobilità… È un delicato atto di equilibrio”.
È importante notare che molte vedono l’esperienza internazionale come un modo per acquisire competenze da riportare in Nepal. Hema ha detto: “Credo che studiare all’estero… mi esporrà a diversi sistemi sanitari… Voglio imparare dai migliori al mondo e riportare quelle esperienze in Nepal… Immagino di lavorare nelle comunità rurali… La mia esperienza internazionale mi renderà un medico più completo”. Questo trasforma la potenziale “fuga di cervelli” (brain drain) in un possibile “guadagno di cervelli” (brain gain).
Tema 5: Rivendicare Spazio – Agency, Resistenza e Ridefinire il Successo
Nonostante tutte le sfide, le partecipanti hanno mostrato una notevole capacità di agire (agency) e resistere. Hanno descritto come sfidano attivamente lo status quo. Ishwari, ad esempio, ha raccontato di esprimere apertamente le sue opinioni, mettere in discussione pratiche obsolete e promuovere l’uguaglianza di genere all’interno del college, anche avviando discussioni con i docenti sulla necessità di maggiore rappresentanza femminile e di un curriculum più inclusivo. “Non è sempre facile… ma credo sia importante farsi sentire e creare spazio per me stessa e per le altre donne in questo campo”.
Un’altra forma di resistenza è ridefinire il successo. Molte hanno messo in discussione l’enfasi tradizionale sulla carriera a tutti i costi, privilegiando una visione più olistica che include benessere personale e equilibrio vita-lavoro. Jyoti ha detto: “Per molto tempo, ho pensato che il successo significasse diventare uno specialista rinomato… Ma ora, mi rendo conto che il successo può essere definito in molti modi… Voglio essere un medico competente e compassionevole, ma voglio anche avere una vita appagante al di fuori della medicina… Raggiungere un equilibrio… mi rende un medico migliore”. Questo sfida il modello spesso maschile di successo professionale.
Infine, hanno sottolineato l’importanza di creare reti di supporto e solidarietà tra donne. Il mentoring, formale e informale, gioca un ruolo cruciale. Kalpana ha evidenziato: “Credo sia cruciale che le donne in medicina si sostengano a vicenda… Faccio da mentore attivamente alle studentesse più giovani… Le incoraggio a perseguire i loro sogni… Costruendo una forte rete di mentori e alleate donne, possiamo creare un ambiente più inclusivo”. Questo potere dell’azione collettiva è fondamentale.
Cosa Ci Dice Tutto Questo? Implicazioni e Riflessioni
Le storie di queste giovani donne nepalesi non sono solo aneddoti personali. Riflettono problemi sistemici profondi. Il “mandato del matrimonio” e i pregiudizi nella formazione medica limitano il potenziale di metà della popolazione studentesca di medicina, con conseguenze gravi per il sistema sanitario nepalese, già sotto pressione. La carenza di medici donna, specialmente in ruoli di leadership e in aree rurali, è un problema di salute pubblica. Pensateci: a livello globale, le donne dedicano 3,2 volte più tempo degli uomini al lavoro di cura non retribuito. Questo fardello invisibile limita enormemente la loro capacità di dedicarsi a carriere impegnative come quella medica.
Il fatto che le famiglie investano nell’educazione delle figlie aspettandosi un ritorno tramite il matrimonio (“daughter debt”) perpetua strutture patriarcali. E quando le donne sono spinte verso certe specialità o scoraggiate da altre, o quando il curriculum stesso ignora le specificità della salute femminile, si creano disparità nella cura dei pazienti. Ricerche mostrano che le donne hanno meno probabilità di ricevere un’adeguata gestione del dolore e più probabilità di essere diagnosticate erroneamente per alcune condizioni.
La resilienza e la resistenza mostrate da queste studentesse sono ammirevoli, ma non bastano. Non possiamo aspettarci che siano le singole donne a smantellare da sole barriere sistemiche. Serve un cambiamento culturale e istituzionale profondo.
La Strada da Percorrere: Raccomandazioni per un Futuro Equo
Lo studio non si limita a descrivere il problema, ma propone anche strategie concrete. E io credo fermamente che siano passi necessari:
- Curriculum Medici Trasformativi di Genere: Non basta aggiungere contenuti sulla salute delle donne. Bisogna decostruire attivamente gli stereotipi di genere, affrontare i pregiudizi impliciti e promuovere una riflessione critica sulle dinamiche di genere. Formare i docenti è cruciale.
- Uffici Istituzionali per l’Equità di Genere: Servono strutture dedicate all’interno delle istituzioni mediche per monitorare e affrontare pregiudizi e discriminazioni, con meccanismi di segnalazione confidenziali e audit regolari.
- Programmi Mirati di Leadership e Mentoring: Sviluppare programmi specifici per le professioniste mediche, fornendo competenze critiche (come negoziazione) e accesso a mentori influenti.
- Quote di Genere Obbligatorie nella Leadership: Per accelerare la parità, basandosi sugli impegni costituzionali del Nepal, si potrebbero introdurre quote (es. 33%, come per le borse di studio) per le donne in tutte le posizioni di leadership negli ospedali, college e organi di governance sanitaria.
- Supporto Finanziario Mirato: Borse di studio basate sul bisogno, esoneri dalle tasse, programmi di condono del debito per le laureate in medicina, magari vincolati a un periodo di servizio in aree rurali o bisognose.
- Politiche e Sistemi di Supporto “Family-Friendly”: Applicare politiche che supportino l’equilibrio vita-lavoro per tutti (orari flessibili, asili nido accessibili, congedi parentali adeguati) e sfidare i ruoli di genere tradizionali nella cura.
In conclusione, le esperienze di queste future dottoresse nepalesi ci mostrano una realtà complessa, fatta di ostacoli radicati ma anche di incredibile determinazione. La loro lotta per affermarsi non è solo una questione personale, ma un imperativo strategico per migliorare la salute pubblica, rafforzare i sistemi sanitari e promuovere la giustizia sociale in Nepal e, per estensione, ovunque persistano queste dinamiche. Dare potere alle donne nella professione medica non è solo giusto, è intelligente. Arricchisce la forza lavoro, migliora la qualità dell’assistenza e contribuisce a costruire società più sane, eque e inclusive per tutti noi.
Fonte: Springer