Le Domande che Facciamo Contano: Svelare i Tesori Nascosti della Natura con le Parole Giuste
Avete mai pensato a quanto contino le parole che usiamo? Sembra una banalità, ma nel mio campo, quello della ricerca sulla sostenibilità e su come noi esseri umani ci relazioniamo con la natura, le parole sono tutto. E non solo le parole che usiamo per descrivere i nostri risultati, ma soprattutto quelle che usiamo per porre le domande. Sì, avete capito bene: le domande che facciamo possono cambiare radicalmente quello che scopriamo.
Recentemente, mi sono imbattuto in uno studio affascinante che ha messo nero su bianco proprio questo concetto, analizzando come diversi modi di formulare le domande durante le interviste possano influenzare la comprensione dei “Contributi della Natura alle Persone” (NCP, dall’inglese Nature’s Contributions to People). Pensate agli NCP come a un modo più ampio e inclusivo di guardare a tutto ciò che la natura ci offre, andando oltre la vecchia idea dei semplici “servizi ecosistemici”. È un approccio che riconosce il diritto di ognuno di interpretare il proprio legame con la natura a modo suo.
Il Contesto: Il Kilimanjaro e i Suoi “Narratori”
Lo studio si è svolto in un luogo iconico: il Kilimanjaro, in Tanzania. Un gigante che non è solo una montagna, ma un intero sistema socio-ecologico che fornisce risorse vitali e esperienze uniche a tantissime persone. I ricercatori hanno intervistato tre gruppi distinti: conservazionisti della natura (28 persone), guide turistiche (20) e turisti (38). Ognuno con il suo bagaglio di esperienze, conoscenze e legami con quel territorio.
L’idea era capire come questi diversi attori sociali esprimessero i contributi della natura. E qui entra in gioco la “magia” delle domande. Ai partecipanti sono state poste domande aperte, ma formulate in quattro modi leggermente diversi, usando termini chiave come:
- “Apprezzare” (Appreciation)
- “Benefici” (Benefits)
- “Contributo al benessere/qualità della vita” (Well-being)
- “Importanza della natura” (Importance)
Sembrano sinonimi, vero? Eppure, come vedremo, queste sottili differenze hanno fatto emergere un quadro molto più ricco e sfumato.
Cosa Abbiamo Scoperto? Il Potere Nascosto delle Parole
I risultati sono stati illuminanti! In totale, sono stati identificati ben 27 contributi specifici della natura. I conservazionisti li hanno espressi tutti e 27, le guide 25 e i turisti 19. Ma la cosa più interessante è che nessuna singola formulazione della domanda è riuscita a far emergere tutti i contributi da sola, per nessuno dei gruppi. Era necessario usare tutte e quattro le “chiavi” per aprire l’intero scrigno dei NCP.
Pensateci: è come se ogni parola chiave accendesse una lampadina diversa nella mente dell’intervistato, portando alla luce aspetti che altrimenti sarebbero rimasti in ombra. Ad esempio, la domanda sull'”importanza della natura” è stata cruciale per far emergere i “benefici intergenerazionali”, cioè il valore di conservare la natura per le generazioni future. Altre formulazioni non erano altrettanto efficaci per questo specifico NCP.
Dieci di questi contributi si sono rivelati particolarmente “sensibili”: la loro emersione dipendeva dalla formulazione della domanda, dal tipo di attore sociale intervistato, o addirittura da entrambi i fattori. Questo ci dice che non possiamo dare per scontato nulla. Se avessimo usato una sola formulazione, o intervistato un solo tipo di persona, ci saremmo persi un sacco di informazioni preziose.

Questo studio, quindi, non ci parla solo del Kilimanjaro. Ci lancia un messaggio importantissimo: noi ricercatori abbiamo una grande responsabilità. I metodi che scegliamo, e persino le singole parole che usiamo nelle nostre domande, non sono neutri. Essi agiscono come delle “istituzioni che articolano i NCP“. In pratica, i nostri strumenti di indagine non si limitano a “catturare” i valori e i contributi esistenti, ma contribuiscono a definirli, a renderli visibili e dicibili.
Pluralismo Metodologico: Non Solo Tanti Metodi, Ma Tante “Sfumature”
Da tempo si parla dell’importanza di usare “metodi plurali” nella ricerca sulla sostenibilità, cioè combinare approcci diversi (interviste, questionari, osservazione partecipata, disegni, ecc.) per ottenere un quadro più completo. Questo studio fa un passo in più, introducendo quello che potremmo chiamare un “pluralismo intra-metodo“.
Cosa significa? Significa che anche all’interno di un singolo metodo, come le interviste semi-strutturate, possiamo (e dobbiamo!) cercare la pluralità. Variare la formulazione delle domande, come hanno fatto i colleghi sul Kilimanjaro, è un esempio perfetto. È un modo per “sfruttare il potere delle parole” per amplificare la capacità degli intervistati di esprimere la ricchezza delle loro percezioni ed esperienze con la natura.
Questo è fondamentale se vogliamo una gestione della natura che sia davvero inclusiva, che tenga conto delle diverse voci, delle diverse visioni del mondo e dei diversi sistemi di conoscenza. Non possiamo permetterci di omettere dei contributi semplicemente perché non abbiamo posto la domanda “giusta” o non l’abbiamo posta nel modo “giusto”.
Implicazioni Pratiche e Sfide Future
Le implicazioni di questa ricerca sono enormi. Per noi ricercatori, significa essere molto più consapevoli e riflessivi sulle nostre scelte metodologiche. Dobbiamo progettare i nostri studi con cura, pensando a come ogni elemento – dalla scelta dei partecipanti alla formulazione delle domande – possa influenzare ciò che scopriamo. Significa anche investire tempo per costruire relazioni di fiducia con le persone che intervistiamo, perché solo così potremo accedere a una comprensione più profonda.
Per i gestori del territorio e i responsabili politici, questo studio suggerisce che, quando si raccolgono informazioni dalle comunità locali o dagli stakeholder, è cruciale variare il modo in cui si pongono le domande. Affidarsi a un unico approccio potrebbe portare a una visione incompleta dei contributi della natura, e quindi a decisioni di gestione meno efficaci o addirittura controproducenti.
Lo studio apre anche nuove strade per la ricerca futura:
- Esplorare altre formulazioni: Quali altre parole o frasi potrebbero svelare ulteriori aspetti dei NCP?
- Confrontare il “pluralismo intra-metodo” tra metodi diversi: Funziona allo stesso modo con i questionari o i focus group?
- Considerare la variazione all’interno dei gruppi sociali: Non tutti i “turisti” o i “conservazionisti” sono uguali. Come tener conto di questa eterogeneità interna?
- Riflettere sul ruolo dell’analisi dei dati: Anche il modo in cui traduciamo le parole degli intervistati nel linguaggio scientifico è una forma di “articolazione”.

In conclusione, questo studio ci ricorda una verità semplice ma profonda: le domande che facciamo contano, eccome. Svelare la complessità delle relazioni tra uomo e natura è una delle sfide cruciali del nostro tempo. Farlo in modo inclusivo e completo richiede non solo scienza rigorosa, ma anche un’attenta considerazione del linguaggio che usiamo. È un invito a continuare a sviluppare e affinare i nostri metodi, perché solo così potremo sperare di comprendere appieno – e quindi proteggere meglio – i preziosi contributi che la natura offre alle nostre vite.
È un po’ come essere degli esploratori: a volte, per trovare il tesoro nascosto, non basta avere la mappa giusta, serve anche la chiave giusta per aprire lo scrigno. E in questo caso, le chiavi sono le parole.
Fonte: Springer
