Un gruppo eterogeneo di docenti universitari, uomini e donne di età diverse, seduti attorno a un tavolo moderno in un'aula luminosa. Stanno discutendo animatamente ma in modo costruttivo, con appunti, laptop e prototipi semplici sparsi sul tavolo, rappresentando una sessione di Design Based Learning Study (DBLS). L'atmosfera è collaborativa e focalizzata sull'apprendimento collettivo. Fotografia di ritratti di gruppo, obiettivo prime 35mm, profondità di campo media per mantenere a fuoco il gruppo ma sfocare leggermente lo sfondo dell'aula universitaria, illuminazione naturale morbida.

Metti in Pratica Quello che Predichi: Quando i Docenti Imparano la Didattica Basata sul Design

Viviamo in un mondo che corre veloce, vero? Il mercato del lavoro cambia, la società si trasforma e l’università, giustamente, cerca di tenere il passo. Per preparare al meglio i nostri studenti al futuro, introduciamo continuamente innovazioni didattiche, nuovi modi di insegnare e apprendere. Spesso, queste novità si basano su approcci centrati sullo studente, dove i ragazzi e le ragazze sono protagonisti del loro percorso, costruiscono conoscenza insieme e sviluppano quelle competenze flessibili che serviranno là fuori. Bello, no? Certo, ma c’è un “ma”.

La Sfida del Cambiamento: Da Esperto a Facilitatore

Per noi docenti, queste innovazioni significano spesso dover cambiare pelle. Il nostro ruolo si trasforma: da esperti che trasmettono sapere a facilitatori che guidano i processi di apprendimento degli studenti. E diciamocelo, non è una passeggiata. Questo cambiamento tocca corde profonde, mette in discussione la nostra identità professionale, il modo in cui ci percepiamo come insegnanti. Siamo abituati a essere il punto di riferimento sul contenuto, e ora ci viene chiesto di fare un passo indietro, di orchestrare più che dirigere.

È chiaro che siamo cruciali per far funzionare queste innovazioni. Senza il nostro impegno, la nostra capacità di adattarci, anche la migliore delle idee rischia di rimanere sulla carta. Per questo, è fondamentale supportarci in questa transizione attraverso percorsi di sviluppo professionale (quelli che in gergo chiamiamo PDI, Professional Development Initiatives). Il problema è che i PDI “tradizionali” – le classiche giornate di formazione frontale – spesso non bastano a cambiare davvero le nostre conoscenze, competenze e, soprattutto, il nostro modo di fare lezione in aula. Serve qualcosa di più.

Imparare Insieme: La Forza del Collettivo

Ed è qui che entra in gioco un’idea affascinante, studiata di recente in un’università olandese che ha adottato la Design-Based Education (DBE). La DBE è proprio uno di quegli approcci innovativi: studenti, docenti e partner esterni lavorano insieme in “atelier”, affrontando sfide reali attraverso fasi iterative di ricerca, ideazione, prototipazione e test. Il docente diventa un facilitatore di questi atelier.

Per aiutare i docenti a calarsi in questo nuovo ruolo, hanno creato un PDI speciale, chiamato Design Based Learning Study (DBLS). La sua forza? Due ingredienti chiave: l’apprendimento collettivo e la congruenza.

Cosa significa apprendimento collettivo? Semplicemente, imparare insieme ai colleghi. Invece di affrontare le sfide didattiche da soli, come spesso facciamo, nel DBLS i docenti lavoravano in gruppo su problemi concreti emersi nella loro pratica quotidiana negli atelier. Questo processo si basa su quattro pilastri fondamentali:

  • Dialogo Inquisitivo: Non solo chiacchiere, ma un confronto aperto, critico, che mette in discussione le abitudini e cerca di capire a fondo i principi della DBE.
  • Visione Condivisa: Costruire insieme un’idea comune su come applicare i principi della DBE, partendo dalle diverse prospettive.
  • Azione Collettiva: Progettare e sperimentare insieme piccole strategie pedagogiche negli atelier.
  • Valutazione e Riflessione: Analizzare insieme i risultati delle sperimentazioni, imparare dagli errori e dai successi.

I risultati dello studio sono stati incoraggianti. Noi docenti abbiamo vissuto positivamente l’esperienza dell’apprendimento collettivo. Il dialogo inquisitivo è emerso come l’elemento più potente: ci ha spinto a confrontarci sui principi della DBE, a cercare un significato più profondo nelle nostre azioni didattiche, a volte anche ad approfondire la letteratura scientifica (cosa non sempre scontata!). Lavorare con i colleghi è stato citato come uno dei fattori che più ha facilitato il nostro apprendimento. Condividere dubbi, successi e fallimenti in un ambiente sicuro è stato prezioso. Certo, non è stato tutto rose e fiori.

Primo piano su due docenti universitari, un uomo e una donna di mezza età, impegnati in un dialogo intenso e costruttivo durante una sessione di formazione DBLS. Si guardano negli occhi, gesticolano leggermente, con espressioni concentrate ma aperte. Sul tavolo tra loro, fogli con schemi e appunti sulla Design-Based Education. Fotografia di ritratto, obiettivo 50mm, profondità di campo ridotta per isolarli, luce laterale morbida proveniente da una finestra, toni caldi e professionali.

Costruire una visione davvero condivisa si è rivelato più complesso, perché ognuno di noi porta con sé le proprie convinzioni e il proprio stile. E anche la fase di valutazione e riflessione, pur riconosciuta come importante, è risultata meno sviluppata, forse anche per la cronica mancanza di tempo. A volte, la tendenza era quella di “saltare alle soluzioni” senza un’adeguata riflessione preliminare, un’abitudine che il dialogo strutturato del DBLS ha cercato di contrastare.

Nei Panni degli Studenti: L’Apprendimento Congruente

L’altro ingrediente speciale del DBLS è stata la congruenza. Cosa significa? Che il percorso di formazione è stato progettato per farci vivere, come docenti, un’esperienza simile a quella che i nostri studenti vivono nella DBE. In pratica, abbiamo seguito le stesse fasi iterative di ricerca, ideazione, prototipazione e test per sviluppare le nostre strategie didattiche.

Questa è stata una vera illuminazione per molti di noi! Ci siamo trovati ad affrontare le stesse difficoltà che osserviamo nei nostri studenti: la fatica del lavoro di gruppo, l’incertezza nel problem-solving, la pressione delle scadenze. Qualcuno ha detto: “Ho visto quello che osservavo nei miei studenti… quell’esperienza mi ha fatto pensare, wow, ma cosa stiamo chiedendo loro?“. Questa consapevolezza ci ha reso più empatici, più “miti” – come ha detto una collega – e ci ha spinto a ripensare il nostro modo di facilitare il loro apprendimento, magari fornendo più supporto (scaffolding) invece di lasciarli “scoprire tutto da soli”.

Interessante notare come anche tra noi docenti siano emerse esigenze diverse, proprio come tra gli studenti: alcuni cercavano più struttura e guida, altri preferivano un approccio più libero ed esplorativo. Questo ci ricorda che non esiste una ricetta unica, né per gli studenti né per noi.

Tuttavia, non tutti hanno colto immediatamente questo parallelismo tra la nostra esperienza nel DBLS e quella degli studenti nella DBE. Alcuni hanno vissuto le due cose come separate. Questo suggerisce che forse il collegamento tra l’esperienza del docente e quella dello studente andrebbe reso ancora più esplicito durante la formazione.

Un docente universitario di mezza età, seduto a un banco in un'aula universitaria moderna, guarda con espressione pensierosa e un po' confusa un compito o un prototipo semplice che ha davanti, simile a quello che potrebbe avere uno studente DBE. Intorno a lui, sfocati, altri docenti lavorano individualmente o in piccoli gruppi. Fotografia di ritratto, obiettivo 35mm, bianco e nero con leggero effetto film grain per dare un tono introspettivo e di riflessione, profondità di campo media.

Cosa Funziona e Cosa Meno: Fattori Chiave

Al di là dei due pilastri principali (apprendimento collettivo e congruenza), cosa ha aiutato e cosa ha ostacolato il nostro percorso nel DBLS?

Fattori facilitanti:

  • Il lavoro collaborativo con i colleghi è stato il più citato. È motivante e permette di completarsi a vicenda.
  • Lo scambio di informazioni e buone pratiche tra i sottogruppi.
  • La varietà delle attività proposte.
  • La struttura chiara del percorso DBLS.
  • La possibilità di approfondire tematiche specifiche.
  • Il feedback ricevuto dai facilitatori e dai pari.
  • Il supporto e la guida dei facilitatori (figure chiave nel gestire il processo).
  • Vedere i risultati concreti delle piccole sperimentazioni didattiche.

Fattori inibenti:

  • La mancanza di tempo è stata la spina nel fianco principale. Preparare le sessioni, dedicarsi al progetto… tutto “in più” rispetto al carico di lavoro normale.
  • Il timing: alcuni sentivano di aver bisogno di più esperienza pratica con la DBE prima di poter beneficiare appieno del DBLS. Era come “mettere in pratica quello che predichi” quando ancora non si è sicuri di cosa si stia predicando.
  • L’eccessiva quantità di attività o informazioni in alcune sessioni.
  • L’incertezza su come integrare stabilmente le nuove pratiche dopo la fine del DBLS.
  • Occasionali problemi nella collaborazione tra colleghi (siamo umani!).

Tiriamo le Somme: La Strada per l’Innovazione Didattica

Allora, cosa ci portiamo a casa da questa esperienza? Che per accompagnare noi docenti nel mare magnum dell’innovazione didattica, come la Design-Based Education, puntare sull’apprendimento collettivo e sulla congruenza (farci “provare sulla pelle” l’esperienza dello studente) sembra essere una strada promettente.

Il dialogo aperto e riflessivo tra colleghi è fondamentale per superare l’approccio “ad hoc” e costruire strategie didattiche più consapevoli e fondate. Vivere in prima persona le sfide degli studenti aumenta l’empatia e può portare a cambiamenti concreti nel nostro modo di insegnare.

Ma attenzione, non è una bacchetta magica. Perché funzioni, servono condizioni precise:

  • Tempo dedicato e riconosciuto dall’organizzazione.
  • Un ambiente di apprendimento sicuro dove sentirsi liberi di sbagliare e condividere.
  • Facilitatori esperti, capaci di guidare il processo collettivo e portare conoscenza quando serve.
  • Il giusto timing rispetto all’introduzione dell’innovazione didattica.
  • La consapevolezza che è un processo graduale, che richiede impegno e volontà da parte di tutti.

L’obiettivo finale non è solo partecipare a un corso, ma integrare queste pratiche collaborative e riflessive nel nostro lavoro quotidiano, per un miglioramento continuo della didattica. È una sfida, certo, ma imparare insieme, mettendo in pratica quello che predichiamo, sembra essere la direzione giusta.

Fonte: Springer

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