DNA Svela Segreti Iberici: Il Ponte Genetico con l’Africa Spezzato dalla Cacciata dei Moriscos
Ciao a tutti! Avete mai pensato a cosa possono raccontarci le ossa dei nostri antenati, sepolte da secoli? Io sì, e vi assicuro che le storie nascoste nel loro DNA sono più avvincenti di qualsiasi romanzo. Recentemente, abbiamo fatto un viaggio incredibile nel tempo, analizzando i genomi di individui vissuti nell’est della Penisola Iberica, quella che oggi conosciamo più o meno come la regione di Valencia, in un arco di tempo che va dall’epoca romana fino al XVII secolo. E quello che abbiamo scoperto ha dell’incredibile: una storia di migrazioni, mescolanze e, alla fine, una drastica cesura che ha cambiato per sempre il volto genetico di quella terra.
Un Mediterraneo Connesso Già Prima dell’Islam
Prima di tuffarci nel cuore della dominazione islamica, Al-Andalus, facciamo un passo indietro. Si tende a pensare che il legame genetico forte tra la Penisola Iberica e il Nord Africa sia iniziato con la conquista islamica nel 711 d.C. Ma indovinate un po’? Le nostre analisi dicono altro! Abbiamo studiato i resti di persone vissute in epoca romana e tardo-visigota, prima dell’arrivo degli eserciti arabi e berberi. Ebbene, già in questi individui abbiamo trovato tracce di ascendenza nordafricana. Non erano maggioritarie, certo, ma c’erano.
Questo suggerisce che i contatti attraverso il Mediterraneo fossero già intensi secoli prima. Pensate a una donna romana (l’abbiamo chiamata GOG50), vissuta a Valencia tra il III e il V secolo d.C. Il suo DNA era un affascinante mix mediterraneo, con influenze che sembrano arrivare dall’Italia, dalla Sardegna e persino dal Mediterraneo orientale. Era un vero e proprio “melting pot” genetico, figlio di quell’omogeneizzazione che l’Impero Romano aveva favorito. E la sorpresa nella sorpresa? Il suo DNA mitocondriale (quello che si eredita per via materna) appartiene a un lignaggio, il D4e1, tipico dell’Asia Orientale! Rarissimo in Europa, specialmente all’epoca. Come ci sia arrivato è un mistero affascinante: forse legato alle migrazioni di popoli delle steppe come Unni, Alani o Sarmati? O magari attraverso rotte commerciali e schiavili che collegavano angoli remoti dell’Impero? Fatto sta che questa donna ci dimostra quanto fosse dinamica e connessa Valencia già in epoca romana, con legami che si estendevano ben oltre il Nord Africa.
Anche una coppia padre-figlia (GOG34 e GOG35) vissuta poco prima o durante le primissime fasi della conquista islamica mostrava già questa componente nordafricana, seppur in misura minore rispetto a chi verrà dopo. Il padre, in particolare, aveva una percentuale non trascurabile, suggerendo che uno dei suoi genitori avesse radici più marcate al di là dello stretto di Gibilterra.
Al-Andalus: Il Ponte si Consolida
Con l’arrivo dell’Islam, quel filo genetico che già legava Iberia e Nord Africa si trasforma in un vero e proprio ponte. Non è un’invasione che sostituisce completamente la popolazione locale, ma un processo complesso di mescolanza, conversione e convivenza. I nuovi arrivati, principalmente Berberi (Amazigh) dal Nord Africa e una minoranza araba, si uniscono agli Ispano-Romani e Visigoti locali. Molti locali si convertono all’Islam (i Muladíes), altri mantengono la fede cristiana pur vivendo in territorio islamico (i Mozarabi).
I genomi che abbiamo analizzato dal periodo islamico (tra l’VIII e il XIII secolo, individui come GOG20, GOG24, GOG25, GOG26) mostrano chiaramente questo processo. L’ascendenza nordafricana diventa una componente stabile e significativa, intorno al 14-18% in media nel nostro campione proveniente da Vall d’Uixó. Questi individui rappresentano probabilmente quella popolazione “berberizzata” che si è formata durante i secoli di Al-Andalus.
Uno dei ritrovamenti più emozionanti è stato quello di GOG23, una delle sepolture islamiche più antiche mai studiate geneticamente in Spagna, datata tra l’VIII e il IX secolo. Quest’uomo era geneticamente diverso dagli altri: la sua ascendenza nordafricana era molto più alta, quasi il 50% secondo alcuni modelli, suggerendo un legame molto più diretto e recente con il Maghreb. Curiosamente, mostrava anche alti livelli di consanguineità, come se fosse figlio di parenti stretti (forse cugini). Questo potrebbe indicare che le prime comunità di nuovi arrivati o convertiti fossero relativamente piccole e isolate, portando a matrimoni all’interno dello stesso gruppo.
La Reconquista Cambia Poco (Geneticamente Parlando)
Arriviamo alla cosiddetta Reconquista. Nel 1238, Valencia viene conquistata dalle forze cristiane di Giacomo I d’Aragona. Ci si aspetterebbe un cambiamento radicale nella popolazione, magari con la sostituzione dei musulmani con coloni cristiani dal nord. E invece, la genetica ci racconta una storia diversa, più sfumata.
Abbiamo analizzato due donne (GOG56 e GOG57) sepolte in un cimitero cristiano di Valencia tra il XIV e il XV secolo, quindi ben due secoli dopo la conquista cristiana. Sorprendentemente, il loro profilo genetico è quasi identico a quello degli individui del periodo islamico precedente! Mantengono quella stessa significativa componente nordafricana. Chi erano? Molto probabilmente discendenti dei Mudéjar, i musulmani a cui era stato permesso di rimanere in territorio cristiano mantenendo la loro religione (almeno inizialmente), o forse già dei primi Moriscos, i musulmani costretti a convertirsi al cristianesimo a partire dal XVI secolo.
Questo ci dice una cosa fondamentale: la conquista militare e il cambio di potere politico non hanno significato un’immediata sostituzione genetica. La popolazione locale, con il suo mix genetico formatosi durante Al-Andalus, è rimasta in gran parte al suo posto, almeno per secoli.
Nello stesso cimitero cristiano, ma in epoca successiva (XVI secolo), troviamo un’altra storia toccante: GOG59. Un uomo sepolto con un pesante ceppo di ferro alla caviglia destra. Il suo DNA parla chiaro: è quasi interamente nordafricano, molto simile agli attuali Berberi marocchini. Un uomo ridotto in schiavitù, probabilmente catturato durante le incursioni cristiane sulle coste del Maghreb, una pratica tristemente comune all’epoca. La sua presenza ci ricorda la complessità e la durezza delle relazioni tra le due sponde del Mediterraneo in quel periodo.
1609: La Rottura del Ponte e la Cacciata dei Moriscos
Se la Reconquista non ha cancellato il ponte genetico, un altro evento lo ha fatto, e in modo brutale. Parliamo della Cacciata dei Moriscos, decretata da Filippo III nel 1609. I Moriscos, discendenti dei musulmani convertiti forzatamente, erano visti con sospetto, accusati di praticare l’Islam in segreto e di mantenere usi e costumi diversi. Nella sola regione di Valencia, si stima che oltre un terzo della popolazione – forse 120.000 persone – fu espulso e deportato in Nord Africa. In tutta la Spagna, si parla di circa 300.000 persone.
E qui, la genetica mostra un cambiamento netto. Nello stesso cimitero di San Lorenzo a Valencia, accanto allo schiavo GOG59, troviamo GOG60, vissuto nel XVII secolo, poco dopo l’espulsione. Il suo profilo genetico è completamente diverso: nessuna traccia significativa di ascendenza nordafricana. Assomiglia molto di più agli spagnoli attuali.
È come se l’espulsione avesse premuto un interruttore. La popolazione che portava con sé l’eredità genetica di secoli di Al-Andalus, quel mix unico ibero-nordafricano, fu sradicata. Al suo posto arrivarono coloni da altre regioni della Spagna, soprattutto dal nord (Aragona, Catalogna), che avevano livelli molto più bassi, o nulli, di questa componente genetica. L’espulsione del 1609 non fu solo una tragedia umana e culturale, ma rappresentò una vera e propria cesura genetica, smantellando quel ponte che aveva collegato le due sponde del Mediterraneo per quasi un millennio.
Eredità Nascoste e Conclusioni
Questa storia ha anche un’eco sorprendente nel presente e oltreoceano. Vi siete mai chiesti perché le popolazioni attuali del Sud America mostrino una certa percentuale di ascendenza nordafricana? Non può essere spiegata solo dalla tratta degli schiavi dall’Africa subsahariana. I nostri dati suggeriscono una possibile risposta: i primi coloni spagnoli che partirono per le Americhe, soprattutto dai porti del sud come Siviglia e Cadice, potevano ancora portare con sé livelli significativi di quell’ascendenza nordafricana che era comune in Iberia prima della cacciata dei Moriscos, come dimostrano i nostri individui GOG56 e GOG57. Forse, parte di quel DNA “cancellato” in Spagna è sopravvissuto proprio nel Nuovo Mondo.
In conclusione, il nostro viaggio nel DNA antico dell’Iberia orientale ci ha rivelato una storia affascinante:
- Il legame genetico con il Nord Africa è antico, precede l’Islam.
- Il periodo di Al-Andalus ha consolidato e rafforzato questo legame, creando una popolazione mista.
- La Reconquista ha avuto un impatto genetico limitato nel breve-medio termine.
- La Cacciata dei Moriscos del 1609 è stata l’evento chiave che ha smantellato questo ponte genetico secolare, ridisegnando il panorama genetico della regione.
È incredibile come l’analisi di pochi frammenti di ossa possa riscrivere capitoli della nostra storia, rivelando dinamiche complesse e spesso dolorose che hanno plasmato chi siamo oggi. La genetica non è solo scienza da laboratorio, è una macchina del tempo che ci permette di ascoltare le voci silenziose del passato.
Fonte: Springer