Fotografia paesaggistica di un vasto panorama della tundra artica durante la breve estate, illuminato dalla luce dorata del sole di mezzanotte. In primo piano, una varietà di piccole piante fiorite e arbusti bassi crescono tra rocce e muschi. Sullo sfondo, dolci colline ondulate si perdono all'orizzonte sotto un cielo limpido. Obiettivo grandangolare 15mm, messa a fuoco nitida, lunga esposizione per catturare la luce particolare.

Artico Bollente, Piante Scombussolate: Viaggio Nella Nuova Diversità Vegetale del Grande Nord

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, ma anche un po’ preoccupante, verso il Grande Nord. Parliamo dell’Artico, quella vasta regione di ghiacci, tundra e aurore boreali che sta cambiando a una velocità pazzesca. Sapete, si sta scaldando quattro volte più velocemente del resto del pianeta! Una cosa enorme. E io, come tanti appassionati di natura e scienza, mi sono sempre chiesto: ma le piante lassù, quelle creature resilienti che sfidano il gelo, come stanno reagendo? Stanno scomparendo? Stanno arrivando nuove specie da sud? È un bel mistero.

Recentemente, ho avuto modo di approfondire uno studio pazzesco, basato su un’enorme raccolta di dati: pensate, oltre 42.000 osservazioni su quasi 500 specie di piante vascolari (quelle con radici, fusto e foglie, per intenderci), raccolte in più di 2.000 piccoli appezzamenti sparsi per tutto l’Artico, dal 1981 fino al 2022. Un lavoro immenso! L’obiettivo era proprio capire cosa sta succedendo alla diversità vegetale locale, sia in termini di numero di specie diverse (la cosiddetta ricchezza di specie) sia in termini di quali specie ci sono (la composizione).

La Sorpresa: Nessun Boom di Specie (in Media!)

La prima cosa che ci si potrebbe aspettare con il riscaldamento è: “Beh, farà più caldo, quindi arriveranno più piante da zone più temperate, e la ricchezza di specie aumenterà!”. In effetti, lo studio conferma che, in generale, nelle zone artiche più a sud (latitudini più basse) e nei siti con temperature medie più alte, ci sono effettivamente più specie di piante. Fin qui, tutto torna.

Ma la vera sorpresa è arrivata guardando i dati nel tempo. Nonostante decenni di riscaldamento accelerato, in media, il numero di specie diverse presenti nei singoli appezzamenti monitorati non è cambiato in modo significativo! Né un aumento netto, né una diminuzione netta. Sembra quasi che non sia successo nulla, ma come vedremo, non è affatto così. È un po’ come guardare il livello dell’acqua in una vasca dove entra tanta acqua da un rubinetto ma ne esce altrettanta dallo scarico: il livello rimane stabile, ma sotto la superficie c’è un gran movimento.

Un Gran Via Vai: Il Turnover delle Specie

Ed è proprio qui che le cose si fanno interessanti. Sebbene la ricchezza media non sia cambiata, la composizione delle comunità vegetali è in pieno fermento. Lo studio ha rivelato un turnover di specie diffuso: ben il 59% degli appezzamenti ha visto specie scomparire e/o nuove specie arrivare nel corso del tempo. Immaginate un piccolo pezzo di tundra: magari una piantina che c’era sempre stata non ce la fa più e scompare, ma contemporaneamente ne arriva un’altra, magari un po’ più amante del caldo, che prima non c’era. Il numero totale di specie può rimanere lo stesso, ma la “squadra” di piante è cambiata.

E indovinate un po’ cosa accelera questo “via vai”? Proprio il riscaldamento! Nelle aree dove le temperature sono aumentate di più, le percentuali di specie perse e guadagnate sono state maggiori. Il clima che cambia sta rimescolando le carte in tavola, rendendo l’ambiente più dinamico e instabile per le piante locali.

Fotografia paesaggistica di un tratto di tundra artica in estate, con fiori selvatici colorati (viola, gialli, bianchi) in primo piano che contrastano con il verde e marrone della vegetazione bassa e le montagne innevate in lontananza. Obiettivo grandangolare 18mm, messa a fuoco nitida su tutto il campo, luce solare diffusa.

Chi Tira le Fila? I Motori del Cambiamento

Ok, il riscaldamento smuove le acque, ma quali sono i meccanismi precisi dietro a queste perdite e guadagni? Lo studio ha identificato due attori principali:

  • Il Riscaldamento (ancora lui!): Come abbiamo visto, temperature più alte favoriscono il turnover. Le specie che amano il caldo potrebbero espandersi, mentre quelle adattate al freddo potrebbero soffrire e ritirarsi o scomparire localmente. Questo bilancio tra “vincitori” e “perdenti” del clima che cambia sembra, per ora, pareggiare i conti a livello di numero totale di specie medio.
  • L’Avanzata degli Arbusti: Qui c’è un altro colpevole, o meglio, un fattore chiave. L’espansione degli arbusti, in particolare quelli più alti e “eretti” (pensate a piccoli salici o betulle nane che diventano più grandi e fitti), è risultata associata a una maggiore perdita di specie e a una diminuzione della ricchezza complessiva negli appezzamenti. Perché? È una questione di competizione. Questi arbusti più grandi fanno ombra alle piante più piccole che amano la luce, e la loro lettiera (le foglie morte che cadono) può “soffocare” le specie più delicate. Quindi, dove gli arbusti prendono il sopravvento, la diversità tende a diminuire. È interessante notare che l’aumento degli arbusti nani, quelli più bassi e striscianti, non sembra avere lo stesso effetto negativo.

Al contrario, dove aumentava la copertura di erbe (graminoidi) e soprattutto di “forbe” (le piante a fiore non legnose, tipo i fiori di campo), la ricchezza di specie tendeva ad aumentare nel tempo. Sembra quindi che la battaglia per lo spazio e la luce, influenzata dal clima, stia ridisegnando le comunità vegetali artiche.

L’Artico Diventa Tutto Uguale? Non Ancora

Un’altra domanda che ci si pone spesso con il cambiamento globale è: le diverse regioni del mondo stanno diventando più simili tra loro dal punto di vista biologico? Questo fenomeno si chiama omogeneizzazione biotica. Si temeva che anche nell’Artico, magari con l’espansione delle stesse specie più competitive favorite dal caldo, le diverse aree potessero iniziare ad assomigliarsi di più.

Ebbene, lo studio ha analizzato anche questo aspetto, confrontando la composizione delle specie tra i vari siti all’inizio e alla fine del periodo di monitoraggio. Il risultato? Nessuna prova di omogeneizzazione finora. Le comunità vegetali artiche non stanno diventando né più simili né più diverse tra loro su larga scala. Stanno cambiando, sì, ma in direzioni diverse a seconda del contesto locale, della storia del sito, dei tipi di piante presenti e, ovviamente, dell’impatto del riscaldamento e della competizione con gli arbusti. L’Artico, per ora, mantiene la sua variegata “personalità” vegetale, anche se le singole comunità sono in pieno rimescolamento.

Primo piano estremo (macro) di un fiore di Dryas octopetala (camedrio alpino) su un letto di muschio nella tundra artica. Lente macro 100mm, altissimo dettaglio dei petali bianchi e del centro giallo, sfondo sfocato (bokeh), illuminazione laterale morbida che esalta la texture.

Perché Dovrebbe Importarci?

Potreste chiedervi: “Ma in fondo, se il numero totale di specie non cambia, che problema c’è?”. Il problema è che non tutte le specie sono uguali. Le piante sono alla base della catena alimentare terrestre nell’Artico. Forniscono cibo e habitat per insetti, uccelli, lemming, renne, buoi muschiati e tanti altri animali. Sono fondamentali per il ciclo del carbonio e influenzano il permafrost. E non dimentichiamo che sono cruciali per la sussistenza e la cultura delle popolazioni indigene artiche.

Anche se il numero totale di specie rimane stabile in media, il cambiamento nella composizione – quali specie ci sono, quali dominano, quali scompaiono – può avere effetti a cascata enormi. Un paesaggio dominato da fitti arbusti è molto diverso da una tundra ricca di fiori e licheni, sia per gli animali che ci vivono sia per le funzioni dell’ecosistema. Questi cambiamenti nella composizione, che stiamo osservando ora, potrebbero essere solo l’inizio, il preludio a future perdite (o guadagni) di biodiversità più marcate che potrebbero alterare profondamente l’Artico come lo conosciamo.

Cosa Ci Riserva il Futuro?

Questo studio ci lascia con un quadro complesso. L’Artico si scalda, le piante rispondono, ma non in modo semplice e lineare come forse ci aspettavamo. Non c’è (ancora?) una perdita netta generalizzata di specie vegetali a livello locale, ma un forte rimescolamento guidato dal riscaldamento e dalla competizione, soprattutto con gli arbusti più invadenti.

Cosa succederà dopo? Difficile dirlo. Ci sono tanti fattori in gioco:

  • Ritardi Ecologici: Le piante artiche sono spesso longeve, magari gli effetti peggiori del cambiamento climatico devono ancora manifestarsi pienamente (il cosiddetto “debito di estinzione”).
  • Microclimi: Piccole variazioni nel terreno, nell’esposizione al sole o nell’umidità possono creare micro-rifugi dove le specie resistono meglio.
  • Piante Non Vascolari: Muschi e licheni sono importantissimi nell’Artico, ma questo studio non li ha potuti includere in modo sistematico. Come stanno cambiando loro? E come interagiscono con le piante vascolari? Servono più dati!
  • Altri Fattori: Scioglimento del permafrost, cambiamenti nelle precipitazioni, ruolo degli animali erbivori… l’Artico è un sistema complesso.

Quello che è certo è l’importanza incredibile di continuare a monitorare questi ecosistemi unici. Grazie a reti di ricerca come ITEX+ (International Tundra Experiment Plus), da cui provengono i dati di questo studio, possiamo tenere il polso della situazione e cercare di capire meglio dove stiamo andando.

Questo viaggio nella diversità vegetale artica ci dimostra che la risposta della natura al cambiamento climatico è tutt’altro che scontata. È una storia dinamica, fatta di vincitori e perdenti locali, di equilibri che si spostano, e che sottolinea l’urgenza di comprendere questi processi per proteggere la biodiversità e le funzioni vitali di questi ecosistemi fragili, fondamentali non solo per chi ci vive, ma per l’intero pianeta.

Veduta aerea con drone di un paesaggio artico con pattern poligonali formati dal permafrost parzialmente scongelato, con vegetazione rada che cresce nelle depressioni. Luce del sole bassa che crea lunghe ombre, evidenziando la texture del terreno. Obiettivo 24mm, alta risoluzione.

Fonte: Springer

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