Viso Lungo, Viso Corto: Il Segreto Nascosto nei Tessuti Molli per un Sorriso Perfetto
Ciao a tutti! Avete mai pensato a quanto l’armonia del nostro viso sia una questione complessa, un puzzle tridimensionale dove ogni pezzo deve incastrarsi alla perfezione? Parliamo di estetica facciale, un argomento che mi affascina da sempre. Non si tratta solo di ossa e denti allineati; c’è un altro protagonista fondamentale che spesso trascuriamo: i tessuti molli facciali (FST – Facial Soft Tissue).
Per anni, nel campo dell’ortodonzia, ci siamo concentrati molto sulla struttura scheletrica e dentale. Ma ci siamo resi conto che per ottenere risultati davvero soddisfacenti e stabili nel tempo, dobbiamo capire a fondo anche come si comportano le labbra, le guance, il mento… insomma, tutto ciò che “riveste” il nostro scheletro facciale. Lo spessore di questi tessuti è diventato un parametro sempre più cruciale [3].
Perché Guardare alla Verticalità?
Mentre esistono montagne di studi che correlano i tessuti molli alla posizione sagittale delle ossa (cioè quanto la mascella o la mandibola sono avanti o indietro) [4-11], mi sono reso conto che si è parlato molto meno di come la dimensione verticale del viso influenzi questi tessuti. Cosa succede ai tessuti molli quando un viso è particolarmente lungo (iperdivergente) o corto (ipodivergente)?
Qualche ricerca precedente aveva già iniziato a sollevare il velo su questo aspetto. Kurkcuoglu et al. [12] avevano notato che chi ha un viso più lungo tende ad avere tessuti molli più sottili. Altri [13, 14] hanno osservato che chi cresce verticalmente potrebbe avere tessuti più spessi e lunghi, forse come meccanismo di compensazione per mascherare la displasia verticale, ma anche che gli adulti iperdivergenti mostrano uno spessore ridotto dei tessuti molli nel mento. Addirittura, Halazonetis et al. [15] hanno collegato il morso aperto (spesso associato a una maggiore dimensione verticale) a un angolo naso-labiale più ottuso. Insomma, la divergenza verticale sembra avere un impatto non trascurabile su labbra e mento [16-20].
Capire come la dimensione verticale influenzi i tessuti molli sovrastanti è essenziale. Ci permette di diagnosticare con più precisione le cause di malocclusioni e inestetismi e, di conseguenza, pianificare trattamenti più efficaci e mirati. Finora, però, l’attenzione si è concentrata principalmente sul terzo inferiore del viso (labbra e mento). Ma che dire della parte centrale, come la base della fronte o il ponte del naso? Cambiano anche loro a seconda che un viso sia lungo o corto? Ecco la domanda che mi ha spinto ad approfondire.
Lo Studio: Mettiamo a Confronto i Visi
Per cercare di rispondere, abbiamo coinvolto 120 persone adulte (60 uomini e 60 donne, età media circa 28 anni) che cercavano un trattamento ortodontico. La cosa importante è che nessuno di loro era più in fase di crescita. Abbiamo usato le loro radiografie cefalometriche laterali (quelle classiche “di profilo” che si fanno dall’ortodontista) per misurare un sacco di cose.
Abbiamo diviso i partecipanti in quattro gruppi, basandoci sull’inclinazione del piano mandibolare rispetto alla base cranica anteriore (l’angolo MP/SN), che in parole povere ci dice quanto il viso è “verticale”:
- Gruppo 1 (Ipodivergenti): Visi tendenzialmente corti (MP-SN ≤ 27°)
- Gruppo 2 (Normodivergenti -): Visi nella norma, tendenti al corto (27° < MP-SN ≤ 32°)
- Gruppo 3 (Normodivergenti +): Visi nella norma, tendenti al lungo (32° < MP-SN < 37°)
- Gruppo 4 (Iperdivergenti): Visi tendenzialmente lunghi (MP-SN ≥ 37°)
Per ogni persona, abbiamo misurato con precisione lo spessore dei tessuti molli in punti specifici (fronte, naso, labbra, mento), la lunghezza delle labbra, la proiezione del mento e vari angoli facciali. Poi, abbiamo confrontato i gruppi tra loro.

I Risultati: Il Terzo Inferiore Fa la Differenza!
Ebbene sì, le differenze significative sono emerse, e in modo piuttosto netto! La scoperta più eclatante è che la divergenza verticale influenza parecchio i tessuti molli, ma soprattutto nel terzo inferiore del viso.
Ecco cosa abbiamo notato, specialmente confrontando i due estremi (Gruppo 1 vs Gruppo 4):
- Altezza del viso: Gli individui iperdivergenti (Gruppo 4, viso lungo) hanno un’altezza facciale totale (TFH) e un’altezza facciale inferiore (LFH) significativamente maggiori rispetto agli ipodivergenti (Gruppo 1, viso corto). La differenza era statisticamente molto forte (p < 0.001).
- Lunghezza delle labbra: Chi ha il viso lungo (Gruppo 4) tende ad avere labbra superiori e inferiori più lunghe rispetto a chi ha il viso corto (Gruppo 1). Anche qui, differenze significative (p < 0.001). Addirittura, l'altezza del vermiglio (la parte rossa) del labbro superiore era maggiore nel Gruppo 4.
- Spessore del mento: Qui arriva il bello! Negli individui iperdivergenti (Gruppo 4), lo spessore dei tessuti molli del mento, misurato a livello del Gnathion (Gn-Gn’) e del Menton (Me-Me’), era significativamente minore rispetto agli ipodivergenti (Gruppo 1). Parliamo di valori p < 0.001 e p = 0.002, rispettivamente. Quindi, viso più lungo = mento "più sottile" nei tessuti molli.
- Altre caratteristiche del mento: Il solco mento-labiale (quella fossetta sotto il labbro inferiore) era più superficiale e l’angolo del mento più ottuso nel gruppo dei visi lunghi (Gruppo 4).
Curiosamente, e questo è un altro dato importante, non abbiamo trovato differenze statisticamente significative tra i quattro gruppi nella parte superiore e media del viso, né nelle misurazioni lineari né in quelle angolari. Sembra che la variabilità legata alla crescita verticale si manifesti prevalentemente “dal naso in giù”. Forse perché la mandibola ha una crescita più tardiva e una maggiore capacità di adattamento? È un’ipotesi affascinante. Anche la lunghezza e la proiezione del naso non differivano significativamente tra i gruppi.
Abbiamo anche controllato se la relazione sagittale tra le mascelle (Classe I, II o III) avesse un impatto, ma non abbiamo trovato associazioni significative con lo spessore dei tessuti molli nelle aree esaminate.
Uomini e Donne: Qualche Sfumatura
Analizzando i dati per genere, la maggior parte delle misurazioni non ha mostrato differenze significative tra uomini e donne all’interno dei gruppi. Tuttavia, un paio di dettagli sono emersi:
- I maschi tendevano ad avere un mento sagittalmente più proiettato rispetto alle femmine.
- Le femmine mostravano un angolo della gola (TgMe_T) tendenzialmente più ottuso rispetto ai maschi.
Sono sfumature, ma indicano che anche il genere può giocare un ruolo nella risposta dei tessuti molli.
Implicazioni Cliniche: Perché Tutto Questo è Utile?
“Ok,” potreste dire, “interessante, ma a cosa serve sapere tutto ciò?”. Serve eccome! Queste informazioni sono oro colato per noi ortodontisti e per i chirurghi maxillo-facciali. Ci aiutano a:
- Personalizzare i piani di trattamento: Non possiamo trattare un viso iperdivergente come uno ipodivergente. Dobbiamo tenere conto delle specifiche caratteristiche dei tessuti molli.
- Prevedere meglio i risultati estetici: Sapere che un paziente iperdivergente ha un mento “sottile” ci suggerisce che, in caso di chirurgia ortognatica, potremmo dover considerare un avanzamento osseo leggermente maggiore della sinfisi mandibolare per compensare e ottenere un profilo armonico.
- Gestire le labbra: Nei pazienti con “sindrome della faccia lunga” che si sottopongono a chirurgia, dobbiamo valutare attentamente l’aumentata lunghezza del labbro superiore. A volte, un intervento combinato di impattazione mascellare (per “accorciare” il viso) e un lip lift (per sollevare il labbro superiore) può essere la chiave per un risultato ottimale.
In sostanza, considerare la divergenza verticale e le sue conseguenze sui tessuti molli ci permette di essere più precisi, efficaci e di raggiungere quella armonia facciale che tutti desideriamo.
Uno Sguardo al Futuro (e i Limiti)
Come ogni studio, anche il nostro ha dei limiti. Si tratta di uno studio trasversale (una fotografia in un dato momento) e basato su radiografie 2D, che non colgono appieno la tridimensionalità e la dinamica dei tessuti. Sarebbe fantastico poter usare tecniche di imaging 3D e seguire i pazienti nel tempo (studi longitudinali) per capire ancora meglio come i tessuti cambiano.
In Conclusione
Questo viaggio nell’analisi dei tessuti molli ci ha confermato una cosa: la dimensione verticale del viso è un fattore cruciale che modella in modo significativo le caratteristiche dei tessuti molli, specialmente nel terzo inferiore. Labbra più lunghe e mento più sottile nei visi lunghi sono pattern che non possiamo ignorare. Spero che queste scoperte aiutino i colleghi a pianificare trattamenti sempre più personalizzati e a raggiungere risultati estetici che lascino i pazienti davvero soddisfatti. Perché un bel sorriso nasce da un equilibrio profondo, visibile e invisibile.
Fonte: Springer
