Dita di Dawson: Il Segno Nascosto nella Risonanza Magnetica che Rivela la Sclerosi Multipla
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente affascinante nel campo della neurologia, un segno radiologico che ha un nome quasi poetico: le “dita di Dawson“. No, non si tratta di un nuovo personaggio di una serie TV, ma di un indizio prezioso che i medici cercano nelle risonanze magnetiche (MRI) per diagnosticare una condizione complessa come la Sclerosi Multipla (SM).
La SM, lo sapete, è una malattia un po’ misteriosa, la più comune tra le patologie infiammatorie demielinizzanti immuno-mediate del sistema nervoso centrale qui nel Regno Unito, con picchi di prevalenza addirittura nel nord della Scozia. Immaginate il sistema nervoso come una rete elettrica super complessa: la SM colpisce la “guaina isolante” (la mielina) dei “fili” (gli assoni), creando aree di demielinizzazione. Questo può causare un sacco di sintomi diversi, rendendo la diagnosi una vera sfida. Non esiste un test unico e definitivo, ma ci affidiamo a un puzzle di indizi clinici, radiologici e di laboratorio.
Ma cosa sono esattamente le “Dita di Dawson”?
Qui entra in gioco la risonanza magnetica, il nostro strumento d’elezione, una sorta di “occhio” super potente che guarda dentro il cervello. Tra le varie immagini che può mostrarci, a volte compaiono delle lesioni particolari: sono delle aree iperintense (cioè più chiare) nelle sequenze T2/FLAIR, di forma ovoidale, situate tipicamente intorno ai ventricoli cerebrali (le cavità piene di liquido nel cervello). La cosa affascinante è che spesso si dispongono perpendicolarmente al corpo calloso (la grande struttura che collega i due emisferi cerebrali), quasi come dita che si irradiano da esso. Ecco perché le chiamiamo “dita di Dawson”, in onore del patologo scozzese James Walker Dawson che le descrisse per primo nel lontano 1916 su campioni istopatologici (anche se il termine fu coniato più tardi da Charles Lumsden).
Queste “dita” sono particolarmente visibili nel piano sagittale della risonanza. La loro importanza? Beh, hanno una specificità molto alta per la SM. Significa che se le vediamo, è molto probabile che si tratti proprio di SM, aiutandoci a distinguerla da altre malattie demielinizzanti che possono dare sintomi simili, come la MOGAD (malattia associata agli anticorpi anti-MOG) o lo spettro della neuromielite ottica (NMO), dove le dita di Dawson sono rare o assenti.
Un caso emblematico: la storia di una giovane donna
Per farvi capire meglio, vi racconto brevemente un caso descritto in letteratura. Una giovane donna di 26 anni si presenta dal medico con una strana sensazione, una disestesia (alterazione della sensibilità, tipo formicolio o ipersensibilità al dolore) sul lato destro del corpo, iniziata alla gamba e poi risalita al braccio, viso e lingua. Dopo qualche tempo, questi sintomi si risolvono, ma compare una vera e propria vertigine. Scattano gli approfondimenti.
La risonanza magnetica diventa cruciale. E cosa rivela? Proprio loro, le dita di Dawson! Si vedono chiaramente queste lesioni iperintense periventricolari bilaterali, con l’aspetto tipico a “dita” intorno al trigono del ventricolo laterale destro. Vengono identificate anche altre lesioni in altre aree tipiche della SM (midollo allungato, midollo cervicale). Poiché le lesioni compaiono in momenti e luoghi diversi del sistema nervoso centrale, si soddisfano i famosi criteri di McDonald per la “disseminazione nello spazio e nel tempo”, fondamentali per la diagnosi.

A completare il quadro, l’analisi del liquido cerebrospinale (ottenuto con una puntura lombare) mostra la presenza di bande oligoclonali G (Oligo-G), un altro marcatore che, pur non essendo strettamente necessario se i criteri MRI sono soddisfatti, aumenta la confidenza nella diagnosi. Così, circa 6 mesi dopo i primi sintomi, arriva la diagnosi ufficiale: Sclerosi Multipla Recidivante Remittente (SMRR). La paziente inizia una terapia specifica (dimetilfumarato) con buoni risultati.
Non solo SM: un legame inaspettato
Ma la storia delle dita di Dawson ha un colpo di scena! Studi recenti hanno notato qualcosa di intrigante: queste lesioni non sono un’esclusiva assoluta della SM. Sono state osservate, seppur con minore frequenza, anche in pazienti con malattia dei piccoli vasi cerebrali (CSVD), specialmente in quelli con diabete mellito di lunga data. Questo apre scenari affascinanti. Cosa accomuna queste due condizioni apparentemente diverse?
L’ipotesi è che le dita di Dawson possano essere, in realtà, un marcatore dell’integrità venosa. Sappiamo che nella SM le placche demielinizzanti si formano spesso attorno alle piccole vene (le venule midollari). Alcune ricerche suggeriscono un ruolo del VEGF (fattore di crescita vascolare endoteliale), una molecola che aumenta nel siero dei pazienti con SM durante le fasi attive della malattia. Il VEGF potrebbe aumentare la permeabilità della barriera emato-encefalica (la “dogana” che protegge il cervello), favorendo l’infiammazione e le ricadute.
Questo potrebbe spiegare perché vediamo le dita di Dawson sia nella SM (dove l’infiammazione perivascolare è centrale) sia nella CSVD (dove c’è un danno vascolare cronico). È come se queste “dita” ci indicassero un punto debole nell’interazione tra vasi sanguigni e tessuto nervoso.
Fattori di rischio vascolare e SM: cosa sappiamo?
Questa connessione vascolare getta nuova luce anche sui fattori di rischio. È stato visto che fattori come ipertensione, dislipidemia e diabete possono influenzare la gravità della SM e l’aspetto di alcune lesioni cerebrali. In particolare, il fumo sembra aumentare unilateralmente la presenza delle dita di Dawson, indipendentemente dalla durata della malattia, peggiorando la prognosi. Smettere di fumare, quindi, potrebbe non solo migliorare la salute vascolare generale, ma avere un impatto positivo anche sull’integrità neurologica nei pazienti con SM.

Conclusioni e prospettive future
Insomma, le dita di Dawson sono molto più di un semplice segno radiologico. Sono un reperto importantissimo nella diagnosi di SM, con un’alta specificità che ci aiuta a distinguerla da altre condizioni. Ma la loro presenza anche nella CSVD ci spinge a riflettere sull’intricato legame tra salute vascolare e integrità neuronale.
C’è ancora molto da scoprire su come fattori angiogenici (come il VEGF), il danno vascolare e la demielinizzazione interagiscano nella progressione della SM, e forse anche nel suo esordio. Le dita di Dawson, queste silenziose “impronte digitali” nel cervello, continuano a essere un punto focale per la ricerca, promettendo di svelarci ancora molti segreti sull’affascinante e complesso mondo del nostro sistema nervoso.
Fonte: Springer
