Fotografia naturalistica di un gatto di Pallas (Manul) che sbuca da dietro una roccia nella steppa mongola del Parco Nazionale Hustai, luce dorata del tardo pomeriggio, erba secca e terreno roccioso, teleobiettivo 400mm, scatto rapido, tracciamento del movimento, alta definizione, messa a fuoco precisa sull'animale.

Sulle Tracce del Manul: Mistero e Scoperte nel Parco Nazionale Hustai in Mongolia

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel cuore della Mongolia, sulle tracce di uno dei felini più elusivi e misteriosi del pianeta: il gatto di Pallas, conosciuto anche come Manul (Otocolobus manul). Immaginate una creatura selvatica, un po’ più grande di un gatto domestico ma con un aspetto decisamente più selvaggio, un pelo foltissimo e un’espressione perennemente imbronciata che lo rende irresistibile. Vive nelle steppe sconfinate dell’Asia centrale e occidentale, e la Mongolia ospita la popolazione più numerosa.

Nonostante il suo areale vasto, sappiamo incredibilmente poco sulla sua vita. È sfuggente, abita zone remote e studiarlo è una vera sfida. Proprio per questo, capire dove vive esattamente è fondamentale per poterlo proteggere.

Perché è così importante sapere dove si trova?

La biodiversità globale sta diminuendo a ritmi preoccupanti, e noi conservazionisti siamo sempre alla ricerca di modi per salvaguardare le specie a rischio. Per farlo, abbiamo bisogno di informazioni di base: dove vive una specie? Quali sono le sue abitudini? Quali minacce deve affrontare? Senza queste conoscenze, è come navigare a vista nella nebbia.

Il gatto di Pallas, pur essendo classificato come “Minor Preoccupazione” (Least Concern) dall’IUCN per via della sua ampia distribuzione, sta affrontando un declino generale. Le sue popolazioni sono frammentate e minacciate da diversi fattori:

  • Perdita e frammentazione del suo habitat (le steppe).
  • Diminuzione delle sue prede principali (come i pika).
  • Pascolo intensivo del bestiame.
  • Cani da pastore, che possono predarlo.
  • Estrazione mineraria e sviluppo stradale.
  • Caccia per la sua pelliccia (storicamente un problema significativo).

Aggiungete a tutto questo la scarsità di ricerche dedicate, ed ecco che la conservazione diventa ancora più complicata. C’era un vuoto di conoscenza da colmare, soprattutto in un’area chiave come la Mongolia.

La nostra avventura nel Parco Nazionale Hustai

Così, tra giugno e luglio 2023, ci siamo diretti nel Parco Nazionale Hustai (HNP), nella Mongolia centrale, a circa 100 km dalla capitale Ulaanbaatar. Un posto magnifico, un ecosistema di steppa quasi incontaminato che si estende per circa 60.000 ettari tra piccole montagne, praterie e valli fluviali. È un’area protetta dal 1992, ricca di fauna selvatica, tra cui volpi, lupi, linci, cervi, cinghiali, gazzelle mongole e persino i cavalli di Przewalski reintrodotti. E, ovviamente, il nostro protagonista: il gatto di Pallas.

Ma come mappare la sua presenza in un’area così vasta senza vederlo direttamente (cosa molto difficile)? Abbiamo deciso di usare una risorsa preziosa: la conoscenza ecologica locale (LEK). In pratica, abbiamo intervistato le persone che vivono e lavorano nel parco, principalmente i pastori semi-nomadi (circa 110 famiglie nell’area) e i ranger.

Abbiamo suddiviso l’intero parco in 67 “celle” quadrate di 8×8 km (una dimensione che approssima l’home range medio di una femmina di Manul) e abbiamo condotto ben 107 interviste indipendenti.

Fotografia realistica di un ricercatore che conduce un'intervista con un pastore nomade mongolo all'esterno della sua ger (yurta tradizionale) nel Parco Nazionale Hustai. Il paesaggio circostante è la steppa ondulata sotto un cielo vasto. L'interazione è rispettosa e concentrata. Obiettivo prime 35mm, luce naturale, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo per concentrarsi sui soggetti.

Parlare con la gente del posto: un tesoro di informazioni (con cautela!)

Le interviste sono state fondamentali. Abbiamo chiesto ai partecipanti dettagli sulla loro vita nel parco, e poi siamo passati al sodo: conoscevano il gatto di Pallas? Lo avevano visto? Per essere sicuri che le informazioni fossero affidabili, abbiamo usato un processo di verifica in due fasi. Prima, chiedevamo di descrivere l’animale. Poi, mostravamo loro delle foto a colori di quattro piccoli felini (il Manul, il gatto delle sabbie, la lince eurasiatica e il gatto selvatico europeo) e chiedevamo di identificarlo.

Questo metodo ci ha permesso di “filtrare” le risposte, includendo nell’analisi solo i dati provenienti da persone che dimostravano di conoscere davvero il gatto di Pallas. È un approccio standard in questo tipo di studi, ma è importante essere consapevoli dei limiti: la LEK può talvolta portare a sovrastimare la presenza di una specie, specialmente per animali piccoli ed elusivi. Nel nostro caso, ben l’85% degli intervistati (su 107) è stato in grado di identificare correttamente il Manul! Un risultato notevole, molto più alto rispetto a studi simili condotti in altre parti della Mongolia. Dei restanti 22, non abbiamo proseguito con le domande specifiche sul Manul.

Abbiamo raccolto 56 segnalazioni di avvistamenti avvenuti nel 2023 da parte di coloro che hanno superato la verifica. La maggior parte degli intervistati erano uomini (80%), pastori (85%), con un’età media tra i 36 e i 45 anni, e molti vivevano nell’area da oltre 20 anni (74%). Un dato interessante emerso è stata la presenza di 182 cani da pastore nell’area di studio.

Analizzare i dati: cosa ci dicono i numeri?

Una volta raccolti i dati sugli avvistamenti (presenza/assenza in base alle testimonianze), li abbiamo messi in relazione con le caratteristiche ambientali e topografiche dell’area associata a ciascun intervistato (considerando un raggio di 5 km attorno alla loro abitazione, dato che raramente si allontanavano di più). Abbiamo usato mappe dettagliate della copertura del suolo (steppe, praterie, aree rocciose, ecc.) e dati sull’altitudine e sulla “rugosità” del terreno (quanto è accidentato).

Utilizzando un modello statistico chiamato regressione logistica a effetti misti (lo so, suona complicato, ma in pratica ci aiuta a capire quali fattori influenzano la probabilità di trovare il Manul in un certo posto), abbiamo scoperto due cose principali:

1. La presenza del gatto di Pallas è significativamente e positivamente associata all’habitat della steppa. In parole povere: più steppa c’è in un’area, più è probabile trovarci il Manul. Questo conferma quello che già sospettavamo, essendo la steppa il suo ambiente preferito.
2. C’è anche una tendenza (quasi statisticamente significativa, p=0.054) che suggerisce un’associazione positiva con la rugosità del terreno. Aree più accidentate, con rocce e anfratti, sembrano essere preferite, probabilmente perché offrono rifugio e protezione dai predatori.

Abbiamo escluso dai modelli variabili correlate tra loro, come la steppa prativa (correlata negativamente con la steppa) e l’altitudine (correlata con la rugosità), per evitare problemi statistici.

Cosa significa tutto questo per il gatto di Pallas?

I nostri risultati, sebbene basati su dati preliminari derivanti dalle interviste, dipingono un quadro più chiaro della distribuzione del Manul all’interno del Parco Nazionale Hustai. Confermano l’importanza cruciale degli habitat di steppa e suggeriscono che le aree rocciose e accidentate sono anch’esse fondamentali per questa specie.

Hustai si conferma un’area chiave per la biodiversità mongola e un potenziale rifugio per il gatto di Pallas, grazie anche all’abbondanza di prede. Tuttavia, è essenziale ricordare che i dati basati sulla conoscenza locale, per quanto preziosi, vanno presi con cautela e idealmente integrati con metodi di ricerca diretta (come fototrappolaggio, telemetria GPS o analisi genetiche non invasive).

Questo studio rappresenta un primo passo importante. Ci fornisce una mappa preliminare della distribuzione del Manul nel parco e identifica gli habitat chiave su cui concentrare gli sforzi di monitoraggio e conservazione futuri. Speriamo che queste informazioni siano una base solida per proteggere questo affascinante e sfuggente felino delle steppe. C’è ancora tanto da scoprire, ma ogni piccolo passo avanti è una vittoria per la conservazione!

Fonte: Springer

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