Fiato Corto: Uomini e Donne Reagiscono Uguale al Pericolo? La Scienza Risponde!
Ammettiamolo, quando manca il fiato, il panico è dietro l’angolo. La dispnea, o più semplicemente il “fiato corto”, è uno di quei sintomi che ci mette subito in allarme, e a ragione! È una delle cause più comuni per cui ci si rivolge alla guardia medica e, pensate un po’, nei Paesi Bassi è il motivo principale per le visite domiciliari dei medici di base e la seconda causa più frequente per l’invio di un’ambulanza dopo una chiamata alla guardia medica. Insomma, non è roba da poco.
Ma c’è una domanda che mi frulla in testa da un po’: uomini e donne vivono e descrivono questo sintomo allo stesso modo, soprattutto quando sotto c’è qualcosa di veramente serio? Sappiamo che ci sono differenze biologiche e di percezione, ma si traducono in un modo diverso di presentare i sintomi durante un evento potenzialmente letale (LTE, come lo chiamano gli esperti)?
Quando il Respiro si Fa Pesante: Un Campanello d’Allarme Comune
La dispnea può nascondere condizioni mediche critiche come una sindrome coronarica acuta, un’insufficienza cardiaca acuta, un’embolia polmonare o gravi riacutizzazioni di asma o BPCO. Capite bene che un triage efficace è fondamentale. Eppure, studi precedenti hanno mostrato che il triage telefonico per la dispnea non è ottimale: quasi la metà dei pazienti con un evento grave non riceve un’urgenza alta (sottostima del rischio), mentre più di un terzo di quelli senza un evento grave riceve un’urgenza alta (sovrastima del rischio). Un bel pasticcio, no?
Parte della difficoltà sta nel fatto che la dispnea è un sintomo molto soggettivo. Come la percepiamo e la esprimiamo può variare tantissimo da persona a persona. E qui entrano in gioco le differenze di genere. Ricerche passate hanno indicato, ad esempio, che le donne tendono a percepire i sintomi dell’asma come più fastidiosi rispetto agli uomini, anche con misure oggettive di gravità simili. O ancora, le donne con sindrome coronarica acuta erano meno propense a pensare che i loro sintomi fossero legati al cuore.
Uomini e Donne: Percezioni e Biologie Diverse?
Non dimentichiamoci le differenze biologiche: le donne, a parità di statura, hanno polmoni più piccoli, vie aeree più strette, muscoli respiratori meno potenti e una superficie ridotta per lo scambio gassoso. Tutti fattori che potrebbero influenzare la dispnea o i sintomi correlati.
Ma la vera domanda per chi fa triage è: queste differenze si traducono in un diverso quadro sintomatologico quando c’è un’emergenza in corso? Molti studi hanno confrontato i sintomi di uomini e donne con una diagnosi già accertata di LTE respiratorio o cardiovascolare. Però, clinicamente, al momento del triage, serve sapere come, tra le donne (o gli uomini) con dispnea, quelle con un LTE differiscono da quelle senza. E studi così, finora, mancavano.
Lo Studio Olandese: Cosa Abbiamo Cercato di Capire?
Ed è qui che entra in gioco uno studio affascinante condotto nei Paesi Bassi, parte del più ampio progetto “Opticall”, che punta a migliorare il triage telefonico per la dispnea. L’obiettivo era proprio questo: valutare se le caratteristiche del paziente e della chiamata, la storia medica, l’uso di farmaci e i sintomi predittivi di un evento potenzialmente letale variassero tra uomini e donne che contattavano la guardia medica per fiato corto.
I ricercatori hanno analizzato i dati di 1.861 adulti che si sono rivolti a due grandi centri di guardia medica olandesi per dispnea tra settembre 2020 e agosto 2021. Hanno riascoltato le registrazioni delle chiamate di triage (un lavoro certosino!) e hanno collegato queste informazioni con i dati di follow-up sulla diagnosi finale ottenuti dai medici di base dei pazienti. Gli eventi potenzialmente letali includevano una vasta gamma di condizioni: embolia polmonare, sindrome coronarica acuta, insufficienza cardiaca acuta, ictus, sepsi, polmonite grave, e così via.

I Risultati: Sorprese e Conferme
Ebbene, cosa abbiamo scoperto? Innanzitutto, le donne con dispnea chiamavano la guardia medica più spesso degli uomini (55,3% contro 44,7%). L’età media dei pazienti era di circa 53 anni.
Un dato importante: il rischio di un evento potenzialmente letale era inferiore nelle donne rispetto agli uomini (15,0% contro 18,7%). Complessivamente, circa 1 paziente su 6 che chiamava per dispnea aveva un LTE.
Le diagnosi più comuni di LTE erano infezione grave da COVID-19 (ricordiamoci il periodo dello studio!), insufficienza cardiaca acuta, grave riacutizzazione di BPCO e polmonite grave. Tra le diagnosi non-LTE, spiccavano l’infezione da COVID-19 lieve o moderata e la dispnea non specificata.
Curiosamente, le donne rispetto agli uomini presentavano più spesso infezioni del tratto respiratorio superiore, dolore toracico non specificato e dispnea non specificata. Gli uomini, d’altro canto, avevano più frequentemente un’infezione grave da COVID-19, una sindrome coronarica acuta e dispnea dovuta a cancro preesistente.
I pazienti con LTE erano generalmente più anziani, più spesso avevano qualcun altro che chiamava per loro, una storia di malattie cardiovascolari, assumevano farmaci cardiovascolari e non riuscivano a parlare con frasi complete. Questo valeva per entrambi i sessi.
Poche Differenze nei Sintomi, Ma Occhio al Contesto!
Ma la vera notizia, quella che forse non ci aspettavamo, è che non sono emerse prove forti di differenze significative nella sintomatologia tra uomini e donne che stavano vivendo un evento potenzialmente letale. I sintomi che potevano far pensare a un’emergenza erano, in linea di massima, gli stessi.
Tuttavia, un paio di differenze nelle caratteristiche della chiamata sono emerse:
- Le donne con un LTE chiamavano relativamente più spesso di notte rispetto alle donne senza LTE. Questo pattern non si osservava negli uomini.
- I medici di base partecipavano più spesso al triage telefonico degli uomini che poi si rivelavano avere un LTE, ma non nelle donne con LTE.
L’età si è confermata un fattore cruciale. Negli uomini, il rischio di LTE aumentava dai 20 anni in su, stabilizzandosi intorno ai 75 anni con un picco del 27%. Nelle donne, l’aumento del rischio partiva dai 40 anni, con un picco del 30% a 76 anni, per poi diminuire leggermente.
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Questo studio è il primo a confrontare in questo modo caratteristiche e sintomi tra uomini e donne che chiamano la guardia medica per dispnea, analizzando specificamente se le variabili predicevano un LTE in modo diverso nei due sessi. Un punto di forza enorme è stato l’aver riascoltato le conversazioni di triage originali, accedendo così alla presentazione iniziale dei sintomi del chiamante, senza il senno di poi.
Limiti e Punti di Forza: L’Onestà della Scienza
Certo, come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti. C’erano dati mancanti per alcuni sintomi, e il periodo dello studio coincideva con la pandemia di COVID-19, il che potrebbe aver influenzato la prevalenza degli LTE. Inoltre, una quota di pazienti non è stata inclusa per impossibilità di ottenere informazioni di follow-up, anche se le caratteristiche di questi pazienti non sembravano differire significativamente da quelli inclusi.
Nonostante ciò, i risultati sono probabilmente generalizzabili ad altri paesi con servizi di guardia medica simili. Il fatto che le donne ricevano più spesso diagnosi “non specificate” (come dispnea o dolore toracico non specificato) è una vecchia storia, già vista in altri contesti. Questo studio lo conferma e solleva l’interrogativo se dietro queste diagnosi vaghe si possano nascondere LTE non riconosciuti, soprattutto nel sesso femminile. Il follow-up a 30 giorni ha cercato di mitigare questo rischio.
Si è ipotizzato in passato che le donne ricevano diagnosi meno precise perché cercano più spesso assistenza sanitaria o presentano i sintomi in modo meno “lineare”. Questo studio ha confermato che più donne contattavano la guardia medica per dispnea, ma non ci dice se le donne con dispnea chiamino relativamente più o meno spesso degli uomini con dispnea nella popolazione generale.
Cosa Ci Portiamo a Casa?
La conclusione principale è che, nonostante le differenze biologiche e di percezione, non sembrano esserci grandi differenze nei sintomi che uomini e donne riportano quando hanno il fiato corto a causa di un’emergenza medica grave. I campanelli d’allarme sembrano essere simili.
Questo non significa che il genere non conti. Anzi, il fatto che gli uomini avessero un rischio leggermente più alto di LTE suggerisce che il sesso del paziente potrebbe essere di per sé un fattore da considerare nel triage. L’età è un altro fattore importantissimo, con dinamiche leggermente diverse tra i due sessi.
Altre “red flag” emerse, valide per entrambi, sono:
- Qualcun altro che chiama per conto del paziente.
- Una storia di malattie cardiovascolari.
- L’uso di farmaci per il cuore.
- L’incapacità di parlare con frasi complete.
La scoperta che le donne con LTE chiamano più di notte merita ulteriori approfondimenti prima di trarre conclusioni definitive per la pratica clinica.

Certo, la mancanza di prove di interazioni forti non esclude del tutto che differenze significative tra uomini e donne possano esistere; studi con campioni ancora più ampi potrebbero far luce su sfumature più sottili. Ma per ora, l’indicazione è che, quando si tratta di fiato corto e pericolo imminente, i sintomi da tenere d’occhio sono in gran parte universali. Questo è un messaggio importante per chiunque si trovi a dover valutare una persona in difficoltà respiratoria, che sia un operatore sanitario o un familiare preoccupato. La ricerca continua, ma ogni tassello ci aiuta a capire meglio e, speriamo, a salvare più vite.
Fonte: Springer
