Cuori Divisi: Uomini, Donne e la Sfida Globale della Cardiopatia Ischemica
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore, letteralmente: la cardiopatia ischemica (IHD). È una delle principali cause di morte nel mondo, un vero spauracchio per la salute pubblica del XXI secolo. Ma c’è un aspetto particolarmente affascinante e complesso che emerge da un recente studio sistematico basato sui dati del Global Burden of Disease (GBD) dal 1990 al 2021: le differenze tra uomini e donne. Sembra che i nostri cuori, in questo senso, siano davvero “divisi”.
Il Cuore al Centro: Cos’è la Cardiopatia Ischemica?
Prima di addentrarci nelle differenze di genere, facciamo un passo indietro. La cardiopatia ischemica, in parole povere, si verifica quando il flusso di sangue al muscolo cardiaco è ridotto, spesso a causa dell’aterosclerosi (l’accumulo di placche nelle arterie coronarie). Questo può portare a conseguenze serie come l’angina pectoris, l’infarto miocardico acuto e, nei casi peggiori, alla morte. Non solo: provoca anche anni di vita persi (YLL) e anni vissuti con disabilità (YLD), impattando pesantemente sulla qualità della vita. E le proiezioni non sono rosee: si prevede che l’incidenza continuerà a salire, complici l’invecchiamento della popolazione e la diffusione di fattori di rischio come diabete, obesità e sindrome metabolica. Pensate che l’impatto economico globale delle malattie cardiovascolari potrebbe superare il trilione di dollari entro il 2030!
Uomini e Donne: Un Divario che Cambia
Storicamente, si sa che la cardiopatia ischemica è meno comune nelle donne rispetto agli uomini, almeno fino a una certa età. Ma lo studio GBD ci dice che questo divario si è ridotto negli ultimi decenni. Attenzione però, la situazione è più sfumata di così. Per capirla meglio, i ricercatori hanno usato un indicatore chiamato Sex Parity Ratio (SPR), che è semplicemente il rapporto tra i tassi femminili e quelli maschili per varie misure (incidenza, prevalenza, mortalità, ecc.). Un SPR inferiore a 1 indica un carico maggiore negli uomini, superiore a 1 nelle donne, e uguale a 1 parità.
Numeri Globali: Prevalenza e Incidenza in Evoluzione
Allora, cosa ci dicono i numeri globali? Nel 2021, circa 254 milioni di persone convivevano con l’IHD, il 57% uomini e il 43% donne. La prevalenza standardizzata per età (ASPR) era più alta negli uomini, ma mentre per loro è leggermente diminuita dal 1990 (-2.1%), per le donne è aumentata (+4.8%)! Questo ha fatto salire l’SPR globale per la prevalenza da 0.610 a 0.653.
Anche per l’incidenza (nuovi casi), sebbene sia diminuita per entrambi i sessi dal 1990 (un buon segno!), il calo è stato minore per le donne (-8.5%) rispetto agli uomini (-13.7%). Risultato? L’SPR per l’incidenza (ASIR) è passato da 0.631 a 0.670.
Insomma, sembra che, in termini di presenza della malattia e nuovi casi, il divario tra uomini e donne si stia assottigliando, con un aumento relativo nelle donne.

Mortalità e Anni Persi: Un Quadro Diverso
Ma ecco la sorpresa: quando guardiamo alla mortalità (ASMR) e agli anni di vita persi aggiustati per disabilità (DALY – ASDR), la storia cambia. Qui, il calo dal 1990 è stato più marcato per le donne che per gli uomini. La mortalità standardizzata per età è scesa di più nelle donne, e lo stesso vale per i DALY (che combinano anni persi per morte prematura – YLL – e anni vissuti con disabilità – YLD).
Nello specifico, la riduzione dei DALY è stata del 33.7% nelle donne contro il 25.4% negli uomini. Gran parte di questo miglioramento per le donne deriva da una diminuzione più netta degli YLL (anni persi per morte prematura). Gli anni vissuti con disabilità (YLD), invece, sono rimasti abbastanza costanti per entrambi i sessi.
Cosa significa? Che l’SPR per mortalità e DALY è diminuito globalmente (da 0.621 a 0.552 per i DALY, per esempio). Quindi, se da un lato più donne sembrano sviluppare o convivere con la malattia (prevalenza/incidenza), dall’altro il loro rischio relativo di morirne o subirne le conseguenze più gravi in termini di anni persi sembra diminuito più rapidamente rispetto agli uomini. Un bel rompicapo, vero?
L’Età Conta: Disparità tra le Generazioni
Le differenze non sono uguali per tutti. Analizzando le fasce d’età, vediamo che l’aumento dell’SPR per prevalenza e incidenza, e la diminuzione dell’SPR per mortalità e DALY, si osservano in tutti i gruppi. Tuttavia, gli adulti sopra i 70 anni hanno costantemente mostrato gli SPR più alti (cioè un divario minore o addirittura un carico maggiore per le donne in quella fascia), ma hanno anche visto la diminuzione più marcata dell’SPR per mortalità e DALY tra il 1990 e il 2021. Questo suggerisce che, sebbene ci siano stati miglioramenti trasversali, la disparità tra gli anziani si è ridotta maggiormente nel tempo, forse grazie a migliori cure o diagnosi più precoci anche nelle donne anziane.
Un Mondo a Macchie di Leopardo: Le Differenze Regionali e Socio-Demografiche
Il quadro globale nasconde enormi variazioni locali. L’SPR per mortalità e DALY è diminuito nella maggior parte delle regioni GBD, ma non ovunque. In Africa sub-sahariana meridionale, Europa Centrale e Asia Centrale, ad esempio, l’SPR per la mortalità è leggermente aumentato. Al contrario, cali molto significativi si sono visti in Africa sub-sahariana occidentale, Asia orientale e America Latina centrale. Questo ci dice che le strategie sanitarie e i contesti locali giocano un ruolo cruciale.
Anche lo stato socio-demografico (misurato con l’indice SDI) conta. La diminuzione dell’SPR per mortalità e DALY è stata più pronunciata nei paesi a basso e medio-basso SDI. Nei paesi ad alto e medio-alto SDI, invece, le variazioni sono state minori, forse perché partivano già da livelli di disparità diversi o perché i miglioramenti hanno riguardato entrambi i sessi in modo più simile. A livello nazionale, le differenze sono estreme: nel 2021, l’Afghanistan aveva l’SPR più alto per DALY (3.056, indicando un carico molto maggiore per le donne!), mentre lo Yemen aveva il più basso (0.243).

Sotto la Lente: I Fattori di Rischio
E i fattori di rischio? Qui emergono altre differenze interessanti. A livello globale, le donne risultano molto più esposte alla scarsa attività fisica rispetto agli uomini, e questo divario è persino aumentato tra il 1990 e il 2021 (SPR da 1.514 a 1.568). Allarmante!
All’estremo opposto c’è il fumo: l’esposizione è nettamente maggiore negli uomini, e l’SPR è ulteriormente diminuito (da 0.267 a 0.214). Tuttavia, attenzione: l’esposizione al fumo passivo era maggiore nelle donne, anche se l’SPR è calato.
Altri trend: l’SPR per l’esposizione a pressione alta sistolica e alto indice di massa corporea (BMI) è diminuito, mentre quello per colesterolo LDL alto e glicemia a digiuno alta è aumentato. Questo significa che il profilo di rischio relativo sta cambiando in modo diverso per uomini e donne.

Perché Queste Differenze? Tra Biologia e Società
Spiegare queste tendenze complesse non è semplice. Entrano in gioco tanti fattori:
- Biologia e Ormoni: Gli estrogeni offrono una certa protezione alle donne in pre-menopausa, ritardando l’insorgenza dell’IHD di circa 10 anni. Dopo la menopausa, questo vantaggio svanisce e il rischio aumenta rapidamente.
- Fisiopatologia: Le donne tendono ad avere lesioni coronariche diverse (meno calcificazioni, più placche non ostruttive, più malattia microvascolare), che possono essere più difficili da diagnosticare con metodi tradizionali.
- Fattori di Rischio Specifici o con Impatto Diverso: Condizioni come PCOS, diabete gestazionale, pre-eclampsia aumentano il rischio cardiovascolare nelle donne. Inoltre, alcuni fattori di rischio comuni (come diabete, fumo, ipertensione) sembrano aumentare il rischio relativo di più nelle donne che negli uomini.
- Diagnosi e Trattamento: Storicamente, le donne sono state sottodiagnosticate e sottotrattate. Sebbene la diagnosi stia migliorando (il che potrebbe spiegare in parte l’aumento di incidenza/prevalenza rilevato), persistono disparità nell’uso di terapie basate sulle linee guida e farmaci preventivi. Le donne potrebbero ricevere meno farmaci cardioprotettivi, a volte per timore di effetti collaterali (spesso hanno concentrazioni ematiche più alte) o perché gli studi clinici si sono concentrati storicamente sugli uomini.
- Stili di Vita e Fattori Socio-Economici: Come abbiamo visto, ci sono differenze nell’attività fisica e nel fumo. Anche fattori socio-economici possono influenzare l’accesso alle cure e l’aderenza alle terapie.
Cosa Possiamo Fare? Verso un Futuro più Equo
Cosa ci portiamo a casa da tutto questo? Che la battaglia contro la cardiopatia ischemica deve tenere conto delle differenze di genere, ma anche delle specificità legate all’età, alla regione geografica e al livello socio-economico. Non esiste una soluzione unica.
È fondamentale:
- Monitorare continuamente queste tendenze per capire come evolvono le disparità.
- Sviluppare politiche sanitarie adattive e pratiche cliniche specifiche per sesso.
- Migliorare la consapevolezza, la diagnosi e il trattamento dell’IHD nelle donne, specialmente per le forme meno “tipiche”.
- Implementare programmi di prevenzione mirati: ad esempio, programmi antifumo per gli uomini nelle regioni a basso SDI, promozione dell’attività fisica per le donne ovunque, screening cardiovascolare accurato per le donne nelle aree ad alto SDI.
- Garantire un accesso equo alle cure preventive e terapeutiche per tutti.

Insomma, anche se abbiamo fatto progressi nel ridurre il peso complessivo della cardiopatia ischemica, le crescenti (o mutevoli) disparità di genere in alcune aree e gruppi d’età ci ricordano che la strada per risultati sanitari equi è ancora lunga. Dobbiamo continuare a studiare, adattare le nostre strategie e assicurarci che nessuno, uomo o donna che sia, venga lasciato indietro nella lotta per un cuore sano.
Fonte: Springer
