Un'immagine concettuale che rappresenta molecole di colesterolo e trigliceridi che fluttuano in un vaso sanguigno stilizzato, con un cuore umano sano in background. Macro lens, 100mm, alta definizione, illuminazione controllata per evidenziare i dettagli molecolari, colori vividi ma realistici.

Colesterolo alle Stelle in Corea del Sud? Vi racconto cosa sta succedendo (e perché dovrebbe interessarci!)

Amici, oggi voglio parlarvi di qualcosa che, magari, non è proprio in cima ai vostri pensieri quotidiani, ma che ha implicazioni enormi per la salute di milioni di persone: la dislipidemia. Detta così suona un po’ tecnica, vero? In parole povere, stiamo parlando di quando i livelli di grassi nel sangue – come il colesterolo e i trigliceridi – vanno un po’ fuori controllo. E perché ve ne parlo? Perché ho sottomano uno studio freschissimo che arriva dalla Corea del Sud e che ci racconta una storia affascinante, e per certi versi preoccupante, sull’evoluzione di questo problema dal 2005 al 2022.

Pensate che le malattie cardiovascolari sono tra le principali cause di morte e disabilità nel mondo. E la dislipidemia? Beh, è una delle principali micce che accendono questi problemi, contribuendo a circa un terzo delle malattie ischemiche del cuore e un quinto delle malattie cerebrovascolari a livello globale. Non proprio noccioline, eh?

Ma cos’è esattamente questa Dislipidemia? E perché la Corea del Sud?

Prima di tuffarci nei dati coreani, facciamo un piccolo ripasso. La dislipidemia si verifica quando abbiamo:

  • Colesterolo totale (TC) troppo alto (≥ 240 mg/dL)
  • Colesterolo LDL (quello “cattivo”) troppo alto (≥ 160 mg/dL)
  • Colesterolo HDL (quello “buono”) troppo basso (< 40 mg/dL)
  • Trigliceridi (TG) troppo alti (≥ 200 mg/dL)

Oppure, se una persona sta già assumendo farmaci per abbassare i lipidi o ha ricevuto una diagnosi medica.
Lo studio che ho analizzato ha preso in esame i dati del Korea National Health and Nutrition Examination Survey (KNHANES), una specie di super-censimento sulla salute dei coreani, coinvolgendo la bellezza di 98.396 persone sopra i 30 anni. Un campione enorme, che ci dà un quadro davvero rappresentativo!

I Numeri che Parlano: Prevalenza in Aumento

Allora, tenetevi forte: la prevalenza della dislipidemia in Corea del Sud è passata dal 41,30% nel periodo 2005-2009 al 48,41% nel 2020-2022. Quasi una persona su due! È un aumento costante e significativo, che ci dice che sempre più coreani devono fare i conti con questo problema. Ma non è tutto qui. Lo studio ha indagato anche altri aspetti fondamentali: la consapevolezza, il trattamento e il controllo della malattia.

Consapevolezza, Trattamento e Controllo: Luci e Ombre

Qui la storia si fa interessante. La consapevolezza – cioè quante persone con dislipidemia sanno di averla – è schizzata alle stelle: dal 17,87% al 48,90%. Un balzo enorme! Significa che quasi la metà delle persone colpite ora sa di esserlo, e questo è il primo passo fondamentale per agire.
Anche il trattamento (persone che assumono farmaci) è migliorato tantissimo, passando dal 7,10% al 38,19%. E il controllo tra chi ha la prevalenza (cioè chi, pur avendo la dislipidemia, riesce a tenere i valori sotto controllo) è salito dal 6,49% al 31,82%.
Questi sono segnali positivi, indicano che si sta facendo di più per diagnosticare e curare la dislipidemia.

Ma la vera sorpresa, amici, arriva quando guardiamo al periodo della pandemia di COVID-19. Sembra quasi un paradosso, ma durante quegli anni difficili (2020-2022), l’aumento del trattamento e del controllo tra chi ha la prevalenza è stato ancora più rapido rispetto al periodo pre-pandemico. Forse la maggiore attenzione generale alla salute, o un accesso facilitato a certi servizi grazie alla telemedicina, ha giocato un ruolo? Gli autori suggeriscono che una maggiore consapevolezza dei rischi per la salute durante la pandemia potrebbe aver spinto le persone a gestire più proattivamente le condizioni croniche. Inoltre, l’espansione dei servizi di telemedicina e una maggiore flessibilità nelle prescrizioni potrebbero aver migliorato l’aderenza ai trattamenti.

Un medico coreano dall'aspetto rassicurante che discute i risultati di un esame del sangue con un paziente di mezza età in uno studio medico moderno e luminoso. Prime lens, 35mm, profondità di campo, colori naturali, luce soffusa dalla finestra.

Chi Rischia di Più? I Fattori Determinanti

Lo studio ha anche messo il dito nella piaga, identificando i gruppi più a rischio di sviluppare la dislipidemia. E qui, purtroppo, alcune cose non sorprendono:

  • Sesso maschile: Noi maschietti sembriamo essere più esposti.
  • Età avanzata: Con l’avanzare degli anni, il rischio aumenta.
  • Residenza rurale: Chi vive in campagna sembra più a rischio.
  • BMI elevato e adiposità centrale: Sovrappeso, obesità e la classica “pancetta” sono nemici giurati. L’obesità, pensate, aumenta il rischio di oltre 5 volte!
  • Basso livello di istruzione e reddito: Purtroppo, le disuguaglianze socioeconomiche pesano anche qui.
  • Fumo: Un classico, ma sempre attuale.
  • Consumo elevato di alcol: Anche il bicchiere di troppo fa la sua parte.

Questi dati sono fondamentali perché ci dicono dove concentrare gli sforzi di prevenzione e sensibilizzazione.

Consapevolezza e Trattamento: Chi Resta Indietro?

Ma c’è un altro lato della medaglia. Quando si tratta di consapevolezza, trattamento e controllo tra chi ha già la dislipidemia, chi sono quelli che restano indietro?

  • Sesso maschile: Ancora noi uomini, che tendiamo ad essere meno consapevoli e a curarci meno.
  • Popolazione più giovane: I giovani, forse sentendosi meno a rischio, tendono a sottovalutare il problema.
  • Residenza rurale: Le difficoltà di accesso ai servizi sanitari nelle aree rurali potrebbero giocare un ruolo.
  • Livelli di istruzione e reddito PIÙ ALTI: E questa è una sorpresa! Sembra che chi ha un’istruzione superiore e un reddito maggiore, pur avendo la dislipidemia, sia meno propenso a esserne consapevole o a trattarla. Gli autori ipotizzano che queste persone potrebbero percepirsi a minor rischio grazie a stili di vita generalmente più sani o a un benessere generale, oppure che impegni lavorativi intensi e diversi comportamenti nella ricerca di assistenza sanitaria portino a meno controlli di routine. Un dato su cui riflettere!
  • Fumo e consumo elevato di alcol: Chi ha questi vizi tende anche a gestire peggio la dislipidemia.

È interessante notare come, ad esempio, le persone anziane (60-70+ anni) abbiano una consapevolezza e tassi di trattamento significativamente più alti rispetto ai giovani. Questo ha senso, dato che il rischio percepito aumenta con l’età. Al contrario, i più giovani sono spesso in un “angolo cieco” della gestione, risultando in tassi di gestione significativamente più bassi.

Perché la Corea del Sud è un Caso Studio Importante?

Qualcuno potrebbe chiedersi: “Ma perché ci interessa così tanto la Corea del Sud?”. Beh, le tendenze osservate lì possono offrire spunti preziosi anche per noi. Il loro sistema sanitario universale garantisce un ampio accesso ai servizi, il che potrebbe spiegare i tassi di trattamento e controllo più alti rispetto a nazioni con sistemi meno accessibili. Tuttavia, anche lì, come abbiamo visto, la prevalenza è in aumento, forse a causa di cambiamenti nelle abitudini alimentari (più cibi processati e ipercalorici) e, come menzionato nello studio, una diminuzione dell’attività fisica durante la pandemia. Ci sono poi fattori genetici specifici delle popolazioni dell’Asia orientale che potrebbero influenzare il metabolismo dei lipidi.

Una persona che utilizza un'app per smartphone per una consulenza medica online (telemedicina) riguardante la gestione del colesterolo, seduta comodamente su un divano in un salotto moderno. Prime lens, 50mm, focus sul volto concentrato della persona e sullo schermo del telefono, luce ambientale calda e accogliente.

Lo studio sottolinea come, nonostante i progressi in consapevolezza e trattamento, la continua crescita della prevalenza richieda una gestione costante. Per migliorare ulteriormente, le politiche di sanità pubblica dovrebbero concentrarsi sull’espansione dei programmi di screening, specialmente per i giovani adulti e i gruppi ad alto rischio come uomini, fumatori e persone obese.

Cosa ci Portiamo a Casa?

Questo studio coreano è una miniera d’oro di informazioni. Ci dice che, nonostante i notevoli miglioramenti nella consapevolezza e nel trattamento della dislipidemia (con un’accelerazione sorprendente durante la pandemia!), la battaglia è lungi dall’essere vinta. La prevalenza continua a salire, e ci sono ancora troppe disparità tra i diversi gruppi socioeconomici.

La lezione? Non abbassare mai la guardia. È fondamentale:

  • Potenziare gli screening, soprattutto per i giovani e i gruppi a rischio.
  • Campagne di sensibilizzazione mirate, che parlino un linguaggio comprensibile a tutti.
  • Migliorare l’accesso alle cure, specialmente nelle aree rurali, magari sfruttando di più la telemedicina.
  • Considerare i fattori di rischio individuali (sesso, età, BMI, abitudini, ecc.) per sviluppare politiche sanitarie davvero efficaci e personalizzate.

Insomma, la dislipidemia è un avversario tosto, ma con la giusta informazione, prevenzione e cura, possiamo tenerla sotto controllo. E studi come questo ci aiutano a capire meglio come affilare le nostre armi. E voi, l’ultimo controllo quando lo avete fatto?

Fonte: Springer

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