Gruppo di atlete d'élite di diverse discipline sportive che si allenano intensamente in una palestra moderna. Fotografia sportiva, teleobiettivo zoom 100-400mm, alta velocità dell'otturatore, tracciamento del movimento, luce dinamica da palestra che evidenzia lo sforzo e la concentrazione.

Atlete d’Élite e Ciclo Mestruale: Un Tabù da Sfatare o un Problema Sottovalutato?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che, ammettiamolo, spesso finisce nel dimenticatoio o viene trattato con un po’ di imbarazzo: la salute mestruale delle atlete d’élite. Sì, perché mentre ammiriamo le loro prestazioni incredibili, raramente ci soffermiamo a pensare a come il loro corpo, sottoposto a stress fisici e psicologici enormi, gestisca una cosa così naturale ma complessa come il ciclo mestruale. Un recente studio tedesco ha gettato nuova luce su questa tematica, e i risultati, ve lo dico subito, sono piuttosto sorprendenti e ci fanno capire quanto ancora ci sia da fare.

Il Ciclo Mestruale: Un Indicatore di Salute da Non Ignorare

Prima di tuffarci nei dati, facciamo un piccolo ripasso. Un ciclo mestruale regolare è, per una donna che non usa contraccettivi ormonali, un vero e proprio campanello d’allarme per la sua salute generale. Se qualcosa non va, il ciclo è spesso uno dei primi a risentirne. Eppure, tra le atlete di alto livello, le disfunzioni mestruali (MD) e le convinzioni errate sui contraccettivi ormonali (HC) sono, ahimè, fin troppo comuni. E questo, capite bene, può mettere a rischio la loro salute.

Lo studio tedesco di cui vi parlo ha coinvolto ben 584 atlete d’élite, con un’età media di circa 21 anni, provenienti da 64 discipline sportive diverse. L’obiettivo? Capire la prevalenza delle disfunzioni mestruali, attuali e passate, indagare i fattori associati e studiare come queste atlete utilizzano i contraccettivi ormonali.

I Numeri Parlano Chiaro: Le Disfunzioni Mestruali sono Diffuse

Allora, cosa è emerso? Tra le atlete che non usavano contraccettivi ormonali, il 69% ha riferito un ciclo regolare. Ma attenzione ai “ma”:

  • Il 13% soffriva di oligomenorrea (cicli più lunghi di 35 giorni).
  • L’8% di amenorrea secondaria (assenza di ciclo per più di 3 mesi dopo il menarca).
  • Il 2% di amenorrea primaria (mancato arrivo del menarca entro i 16 anni).
  • L’8% di polimenorrea (cicli più corti di 24 giorni).

Un dato interessante è che la prevalenza attuale di amenorrea primaria variava significativamente tra le diverse discipline sportive, mentre quella di oligomenorrea e amenorrea secondaria no.

Se guardiamo alla storia di queste atlete (“lifetime prevalence”), i numeri diventano ancora più eloquenti: il 10% ha sperimentato amenorrea primaria e ben il 74% oligomenorrea! Anche qui, con differenze significative tra gli sport. L’amenorrea primaria, sia attuale che passata, era più alta negli sport estetici (pensate alla ginnastica, al pattinaggio artistico), mentre l’oligomenorrea “lifetime” era più comune nelle discipline di resistenza. E l’amenorrea secondaria? Il 40% l’ha sperimentata almeno una volta, senza differenze significative tra sport.

Questo ci dice una cosa fondamentale: le disfunzioni mestruali non sono un problema esclusivo degli sport di resistenza o estetici, quelli che spesso associamo a fisici molto magri. Anche le atlete di altre discipline, come i giochi di squadra, possono essere a rischio.

Perché Succede? La Pressione della Performance e la LEA

Vi starete chiedendo: ma perché così tante atlete soffrono di questi disturbi? Una delle principali colpevoli è la Low Energy Availability (LEA), ovvero una bassa disponibilità energetica. In parole povere, l’energia introdotta con l’alimentazione non è sufficiente a coprire il dispendio energetico dell’allenamento intenso e le funzioni corporee di base. Questo può accadere intenzionalmente (diete restrittive, disturbi alimentari) o non intenzionalmente (semplicemente non si mangia abbastanza per compensare l’allenamento). La LEA può portare alla sindrome da Deficienza Energetica Relativa nello Sport (REDs), che ha un impatto negativo su tantissimi aspetti: densità ossea, umore, metabolismo, crescita e, ovviamente, performance. Pensate che bastano pochi giorni di LEA severa per impattare la sintesi proteica muscolare e la regolazione ormonale del ciclo!

Atleta d'élite di una disciplina estetica, come la ginnastica ritmica, durante un allenamento intenso, con focus sull'espressione concentrata e la fisicità. Fotografia sportiva, teleobiettivo 150mm, fast shutter speed, luce da palestra ben bilanciata per evidenziare il movimento.

Nonostante si sappia da oltre 50 anni che le MD nelle atlete sono un problema serio, spesso vengono ancora considerate una “normale” conseguenza dell’allenamento. Il ciclo mestruale è ancora un tabù, e c’è una diffusa mancanza di conoscenza. Le atlete si trovano spesso di fronte al dilemma: salute o performance?

Fattori Protettivi e Fattori di Rischio

Lo studio ha identificato alcuni fattori che sembrano fare la differenza:

  • Monitorare il ciclo mestruale: chi lo faceva regolarmente aveva una minore prevalenza di MD. E oggi, con le app, è facilissimo!
  • Maggiore età ginecologica (il tempo trascorso dal menarca): più tempo è passato, minore il rischio.
  • Controlli ginecologici regolari: sembra ovvio, ma non lo è. Chi li faceva, stava meglio.
  • Sorprendentemente, una diagnosi pregressa di disturbo alimentare era associata a una minore prevalenza di MD attuali. Questo potrebbe significare che chi ha ricevuto una diagnosi è probabilmente entrata in contatto con personale medico qualificato che ha aiutato ad aumentare la consapevolezza su LEA e MD.

D’altro canto, le variazioni di peso intenzionali, comuni soprattutto negli sport con categorie di peso, non sembravano direttamente associate alle MD in questo studio, anche se il 39% le attuava per “migliorare la performance fisica”.

L’Uso dei Contraccettivi Ormonali: Una Soluzione o un Palliativo?

E i contraccettivi ormonali (HC)? Il 29% delle atlete tedesche li usava. Di queste, il 15% ha dichiarato di usarli come “trattamento per le disfunzioni mestruali”. Questo è un punto cruciale e un po’ dolente. Sebbene gli HC possano essere considerati se altre opzioni non farmacologiche non hanno funzionato, usarli come unica soluzione per le MD senza affrontare la causa sottostante (spesso la LEA) è come mettere una pezza su un buco che continua ad allargarsi. Gli HC possono mascherare la REDs, impedendo di usare il ciclo come indicatore di salute.

È interessante notare che l’uso di HC in Germania tra le atlete d’élite (29%) è inferiore rispetto ad altri paesi come Svizzera (45%), Regno Unito (50%) e Danimarca (57%), ma simile all’Australia (33%). C’è una crescente scetticismo verso gli ormoni sintetici, eppure il 14% delle atlete tedesche non conosceva il nome preciso del contraccettivo che stava usando! Questo la dice lunga sulla necessità di maggiore informazione.

Cosa Possiamo Imparare? L’Importanza dell’Educazione e del Supporto

Questo studio ci sbatte in faccia una realtà: le atlete d’élite, di tutte le discipline, sono a rischio di sviluppare disfunzioni mestruali. Non è un problema di nicchia. E il fatto che quasi il 75% delle atlete abbia sperimentato MD in passato e che il 15% di chi usa HC lo faccia per “trattare irregolarità” è un segnale d’allarme.

Cosa fare, quindi? La parola chiave è EDUCAZIONE. Bisogna educare le atlete, gli allenatori, i genitori, i medici sportivi. Devono capire i fattori di rischio, come prevenire le MD, e soprattutto che un ciclo irregolare o assente non è un segno di “allenamento efficace”, ma un potenziale sintomo di REDs.
È fondamentale che le atlete riconoscano le MD come un possibile segnale che qualcosa non va e che comprendano gli effetti reali degli HC, soprattutto nel contesto sportivo.

Una giovane atleta che parla con un medico sportivo o un ginecologo in un ambiente clinico accogliente. Entrambi sono seduti e l'atleta ascolta attentamente. Ritratto, obiettivo prime 35mm, profondità di campo, duotone blu e grigio per un'atmosfera seria ma rassicurante.

Implementare strutture come screening obbligatori per la REDs e fornire accesso a ginecologi specializzati nello sport, magari come parte delle visite medico-sportive annuali, potrebbe fare una differenza enorme. E non dimentichiamo il ruolo degli psicologi dello sport e dei nutrizionisti: un approccio multidisciplinare è la via da seguire.

Un aspetto che mi ha colpito è l’associazione tra una diagnosi di disturbo alimentare e una minor incidenza di MD. Questo suggerisce che, una volta identificato un problema e intrapreso un percorso di cura con professionisti, la consapevolezza e la gestione della propria salute migliorano. Questo rinforza l’idea che l’accesso a team medici competenti e specializzati sia cruciale.

Lo studio ha anche usato un modello statistico interessante (CART model) che ha evidenziato interdipendenze complesse. Ad esempio, una combinazione di età ginecologica molto giovane (meno di 1.5 anni dal menarca) e un team di supporto a prevalenza femminile o equamente distribuito era sempre associata a MD. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che allenatrici o dottoresse lavorano più spesso con atlete giovani, e in pubertà le irregolarità possono essere fisiologiche fino a due anni. Tuttavia, proprio la pubertà è un periodo critico per prevenire conseguenze a lungo termine, come problemi di densità ossea.

Un Appello Finale

Insomma, c’è tanto lavoro da fare. Dobbiamo smettere di considerare il ciclo mestruale un tabù o un fastidio da “gestire” con la pillola senza porsi troppe domande. È un indicatore prezioso della salute femminile, soprattutto in contesti di alta performance come lo sport d’élite. Spero che studi come questo spingano sempre più federazioni sportive, team medici e le atlete stesse a dare la giusta priorità alla salute ginecologica. Perché una atleta sana è un’atleta più forte, sotto tutti i punti di vista. E voi, cosa ne pensate? Avete esperienze dirette o riflessioni da condividere? Parliamone!

Fonte: Springer

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