Giovani Adulti Sotto Stress: Quando Trauma e Aggressività (Anche Cyber) Aumentano il Disagio
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un tema che mi sta molto a cuore e che, secondo me, tocca le corde di tantissimi di noi: il disagio psicologico nei giovani adulti. Sapete, quel periodo tra i 18 e i 29 anni circa, un’età pazzesca, piena di scoperte, di prime volte, ma anche di incertezze e della grande sfida di diventare indipendenti. Non siamo più sotto l’ala protettiva dei genitori, ma non siamo ancora completamente “arrivati”. È una fase che può mettere a dura prova, non trovate?
L’Età dell’Incertezza e dello Stress
Non lo dico io, lo dicono gli studi: questa fase della vita, chiamata “emerging adulthood”, è spesso un bel concentrato di stress. Relazioni, lavoro, studio… tutto sembra in movimento, in definizione. E questa incertezza, questa nuova indipendenza, può portare a un bel po’ di disagio psicologico. Pensate che alcune ricerche americane hanno mostrato come la prevalenza di disturbi psichiatrici (ansia e umore in primis) sia più alta proprio tra i 18 e i 29 anni rispetto ad altre fasce d’età. E la pandemia, ahimè, non ha certo aiutato, anzi, ha peggiorato la situazione per molti giovani.
Ma cosa scatena questo disagio? Beh, le cause sono tante, ma un fattore chiave su cui la ricerca si è concentrata molto è l’esposizione precoce a traumi o violenze. Qui entra in gioco un modello interessante, quello del processo dello stress di Pearlin. In pratica, ci dice che gli stressor (eventi traumatici, tensioni croniche, ecc.) non arrivano quasi mai da soli, ma si accumulano, si intrecciano, e dipendono anche dal nostro contesto sociale e dalla fase di vita che stiamo attraversando. Quindi, non è tanto il singolo evento a pesare, quanto l’accumulo di stressor.
Oltre la Vittima: E Chi Commette Aggressività?
Fin qui, tutto abbastanza noto. Ma c’è un aspetto che mi ha colpito molto nello studio che ho approfondito (e di cui vi parlerò tra poco): la maggior parte delle ricerche sulla violenza e il disagio si è sempre focalizzata sulla prospettiva della vittima. Giustissimo, per carità. Ma cosa succede a chi la violenza la commette? Specialmente quando parliamo di aggressione nel partner intimo (IPA), sia quella faccia a faccia (fisica, psicologica, sessuale) sia quella più subdola e moderna, la cyber aggressione nel partner intimo (CIPA)?
Sappiamo che la violenza bidirezionale nelle coppie è molto comune, quindi distinguere nettamente tra vittima e carnefice è spesso difficile. Eppure, il ruolo di chi perpetra violenza nel predire il proprio disagio psicologico è stato poco esplorato. Ed è qui che si inserisce lo studio che voglio condividere con voi.
Lo Studio: Trauma, IPA, CIPA e Disagio in Giovani Adulti Israeliani
Un gruppo di ricercatori ha voluto vederci chiaro, esaminando proprio l’effetto cumulativo dell’esposizione a eventi traumatici e della perpetrazione di aggressione (sia IPA che CIPA) sul disagio psicologico. Hanno coinvolto 520 giovani adulti ebrei israeliani (età 19-32 anni) e hanno raccolto dati tramite questionari self-report su:
- Eventi traumatici vissuti (usando la Life Events Checklist – LEC-5)
- Perpetrazione di aggressione nel partner intimo faccia a faccia (con la Conflict Tactics Scale – CTS2S)
- Perpetrazione di cyber aggressione nel partner intimo (con la Cyber Aggression in Relationships Scale – CARS)
- Livello di disagio psicologico (ansia e depressione, misurate con il Brief Symptom Inventory – BSI-18)
Hanno anche tenuto conto di variabili come età, genere e consumo di alcol. L’obiettivo era capire non solo i legami diretti, ma anche se l’esposizione a traumi potesse moderare, cioè cambiare, la relazione tra il commettere aggressioni e il sentirsi male.
I Risultati: Conferme e Sorprese
Allora, cosa è emerso? Prima conferma: sì, l’esposizione a eventi traumatici è associata a un maggiore disagio psicologico. E più traumi si accumulano, peggio è. Questo rafforza l’idea dell’effetto cumulativo dello stress.
Seconda conferma, ed è quella che trovo più interessante: anche la perpetrazione sia di IPA (aggressione fisica/psicologica/sessuale diretta) sia di CIPA (cyberstalking, insulti online, controllo digitale, ecc.) è associata a un maggiore disagio psicologico. Quindi, attenzione: non solo chi subisce, ma anche chi agisce violenza nella coppia soffre a livello psicologico. Questo è un punto fondamentale, spesso trascurato. Forse perché, come suggeriscono alcuni, chi commette questi atti poi si ritrova isolato, solo, depresso, incapace di gestire le conseguenze delle proprie azioni.
Ma la vera sorpresa, il “twist” della ricerca, sta nel ruolo moderatore del trauma.
Il Ruolo “Camaleontico” del Trauma
Qui le cose si fanno più complesse, ma affascinanti. Lo studio ha scoperto che l’esposizione a eventi traumatici passati non solo contribuisce direttamente al disagio, ma modifica il modo in cui la perpetrazione di aggressione impatta sul benessere psicologico. E lo fa in modo diverso per l’IPA e la CIPA!
- Per l’IPA (aggressione faccia a faccia): L’associazione positiva tra commettere aggressione e sentirsi male (alto punteggio BSI) era più forte quando i partecipanti avevano subito molti eventi traumatici in passato. È come se, per chi ha già sofferto traumi, commettere violenza diretta amplificasse il disagio. Forse per la paura di ripetere schemi subiti? Per un conflitto interiore più forte?
- Per la CIPA (cyber aggressione): Qui il pattern si inverte! L’associazione tra commettere cyber aggressione e sentirsi male era più forte quando i partecipanti avevano subito pochi eventi traumatici. Sembra quasi che, per chi ha avuto un passato meno traumatico, l’atto di commettere aggressione online sia vissuto come più estraneo, più disturbante, e quindi generi più disagio.
Questi risultati sono pazzeschi, perché ci dicono che il meccanismo che lega l’agire violento al disagio personale non è uguale per tutti, ma dipende dalle esperienze passate e anche dal *tipo* di aggressione (online vs offline). Supportano l’idea che lo stress si accumula (effetto cumulativo) ma anche che le nostre esperienze passate (i traumi) influenzano come reagiamo e come viviamo le nostre azioni presenti (ruolo moderatore).
Cosa Ci Portiamo a Casa da Tutto Questo?
Beh, secondo me, parecchio.
Primo: dobbiamo smetterla di pensare solo in termini di “vittima” vs “carnefice”. La realtà è più sfumata. Chi commette violenza, specialmente in giovane età, spesso porta con sé un bagaglio di sofferenza, traumi passati, e prova a sua volta disagio psicologico. Questo non giustifica la violenza, sia chiaro, ma ci aiuta a capire meglio le dinamiche e a pensare interventi più efficaci.
Secondo: l’importanza di una valutazione completa. Quando si lavora con giovani adulti che mostrano disagio, è fondamentale indagare non solo eventuali traumi subiti, ma anche se e come agiscono violenza nelle loro relazioni intime, sia online che offline. Bisogna considerare entrambi i ruoli e entrambi i tipi di aggressione.
Terzo: il ruolo del trauma. È un fattore chiave. Riconoscere e affrontare i traumi passati può essere cruciale per spezzare cicli di violenza e alleviare il disagio presente. Gli approcci terapeutici focalizzati sul trauma potrebbero essere particolarmente utili.
Quarto: la prevenzione e la resilienza. Servono programmi universali, magari nelle scuole o nelle università, che aiutino i giovani a sviluppare relazioni sane, a gestire i conflitti in modo costruttivo e a rafforzare la propria resilienza di fronte alle difficoltà. E visto l’uso massiccio dei social, è indispensabile educare sui rischi e le conseguenze della cyber aggressione.
Certo, lo studio ha i suoi limiti (dati self-report, focus su un gruppo culturale specifico, ecc.), ma apre davvero gli occhi sulla complessità del disagio giovanile. Ci ricorda che dietro la sofferenza di un giovane adulto possono nascondersi storie di traumi passati e comportamenti presenti (come l’aggressività) che si alimentano a vicenda.
Insomma, un invito a guardare oltre le apparenze, a considerare l’intreccio tra passato e presente, tra subire e agire, per capire e aiutare davvero i giovani adulti ad attraversare questa fase così delicata e fondamentale della vita.
Fonte: Springer