MIS-C e COVID: Meno Casi, Stessa Gravità? Vi racconto uno studio milanese che fa riflettere!
Amici della scienza, preparatevi perché oggi vi porto nel cuore di una questione che ha tenuto col fiato sospeso medici e genitori durante la pandemia di COVID-19: la Sindrome Infiammatoria Multisistemica nei Bambini, meglio conosciuta come MIS-C. Una condizione rara, per fortuna, ma decisamente seria, che può spuntare come un fungo velenoso qualche settimana dopo che un bambino ha incrociato la sua strada con il virus SARS-CoV-2.
Ora, con tutte le varianti del virus che si sono succedute – dalla famigerata Alpha alla Delta, fino alla più recente (all’epoca dello studio) Omicron – una domanda sorgeva spontanea: queste nuove “versioni” del virus hanno cambiato le carte in tavola per la MIS-C? Hanno influenzato la sua comparsa o, magari, la sua aggressività? Bene, mettetevi comodi, perché ho sottomano i risultati di uno studio tutto italiano, condotto nell’area metropolitana di Milano, che ha cercato di far luce proprio su questo.
Lo studio milanese: un faro nella nebbia della MIS-C
Immaginatevi l’Ospedale dei Bambini Buzzi di Milano, un punto di riferimento importantissimo. Tra novembre 2020 e luglio 2022, i medici di questo ospedale hanno seguito 57 piccoli pazienti (età media intorno agli 8 anni) a cui è stata diagnosticata la MIS-C. Pensate, meno dell’1% dei bambini esposti al COVID-19 sviluppa questa sindrome, quindi ogni caso è prezioso per capire meglio.
La cosa affascinante di questo studio è come i ricercatori siano riusciti a “dare un nome e un cognome” alla variante del SARS-CoV-2 responsabile dell’infezione originaria in questi bambini. Come? O analizzando l’“impronta digitale” degli anticorpi presenti nel siero dei piccoli (una tecnica super avanzata con un biosensore a microarray, roba da scienziati con gli occhiali spessi!) oppure, più semplicemente, basandosi sulla variante che in quel momento era la più diffusa.
I sintomi più comuni? Un vero e proprio attacco su più fronti: problemi gastrointestinali, al cuore, al sangue, e manifestazioni sulla pelle e sulle mucose. Meno frequentemente, ma comunque presenti, problemi ai reni, al sistema nervoso, ai muscoli e alle ossa. La maggior parte di questi bambini, prima della MIS-C, erano sani come pesci, senza particolari malattie pregresse, a parte forse un po’ di asma o sovrappeso.
Picchi di casi e il mistero della gravità
Analizzando i dati, sono emersi due periodi principali in cui i casi di MIS-C si sono concentrati: un picco a dicembre 2020 e un altro a febbraio 2022. Curiosamente, il picco di dicembre 2020 ha visto quasi il doppio dei casi giornalieri rispetto a quello di febbraio 2022, nonostante in quest’ultimo periodo ci fossero molti più contagi da COVID-19 in generale nella popolazione. Strano, vero?
I ricercatori hanno notato che i picchi di MIS-C seguivano di circa 3-4 settimane i picchi di infezioni da SARS-CoV-2. Ma la vera sorpresa, o meglio, la conferma di un sospetto, riguarda la gravità della malattia. Per valutarla, hanno usato un sistema a punteggio che considerava il coinvolgimento di vari organi. Ebbene, nonostante le diverse varianti del virus in circolazione (dal ceppo originale, o “Wild Type”, fino a Omicron), la gravità della MIS-C, una volta che si manifestava, è rimasta sostanzialmente la stessa. Non ci sono state differenze statisticamente rilevanti tra le varianti.
Questo è un punto cruciale: anche se le varianti più recenti, come Omicron, sembravano causare meno casi di MIS-C in proporzione al numero totale di infezioni, quando la sindrome si scatenava, lo faceva con una “forza” paragonabile a quella vista con le varianti precedenti.

Insomma, sembra che il “motore” della MIS-C, una volta acceso, segua un suo percorso indipendente dalle caratteristiche specifiche della variante virale che ha dato il via a tutto. Certo, le varianti più recenti potrebbero essere state meno “brave” a innescare la MIS-C, ma una volta partita, la corsa era simile.
E i vaccini? Che ruolo hanno giocato?
Una domanda che tutti ci poniamo: la campagna vaccinale pediatrica ha influito? Lo studio ha provato a dare un’occhiata. In Italia, la vaccinazione per la fascia 12-15 anni è partita a giugno 2021, e per i 5-11 anni a dicembre 2021. Al momento del secondo picco di MIS-C (febbraio 2022), oltre l’80% dei ragazzi tra i 12 e i 19 anni era vaccinato, mentre per i più piccoli (0-11 anni) la percentuale era sotto il 30% e in crescita proprio in quel periodo.
Confrontando i gruppi di età e i periodi pre e post avvio vaccinazione per i più piccoli, i dati raccolti in questo specifico studio non hanno permesso di stabilire una correlazione diretta e inequivocabile tra la vaccinazione e una riduzione della probabilità di sviluppare MIS-C nei singoli vaccinati che si sono poi infettati. Addirittura, tra i 12 casi di MIS-C attribuiti a Omicron, ben 4 erano bambini vaccinati (sebbene con il vaccino basato sul ceppo originale). Tuttavia, è fondamentale sottolineare un aspetto: la riduzione generale delle infezioni grazie alla campagna vaccinale ha, di conseguenza, portato a una riduzione dei casi di MIS-C, rendendoli eventi sempre più rari. Meno infezioni in giro, meno possibilità che scatti la MIS-C, logico no?
L’importanza dell’impronta anticorpale
Vorrei soffermarmi un attimo sulla tecnica usata per identificare la variante “colpevole”. L’analisi dell’impronta digitale sierologica è pazzesca! In pratica, si va a vedere quali anticorpi ha sviluppato il bambino contro le diverse parti (soprattutto il dominio RBD della proteina Spike) delle varie varianti del virus. Se il sistema immunitario ha reagito più forte contro, diciamo, la variante Delta, è molto probabile che sia stata quella l’infezione scatenante.
Questa tecnica ha permesso di attribuire correttamente i casi anche quando c’era una “convivenza” di diverse varianti in circolazione. Ad esempio, il picco di MIS-C di dicembre 2020 era tutto dovuto al ceppo originale (WT), mentre quello di febbraio 2022 era prevalentemente legato a Omicron. Questa precisione è fondamentale per studi come questo.

Cosa ci portiamo a casa?
Allora, tirando le somme di questo affascinante studio milanese, cosa possiamo dire?
- Meno casi, ma non meno grave: L’incidenza della MIS-C sembra essere diminuita con l’evolversi delle varianti del SARS-CoV-2, in particolare con Omicron, rispetto al numero totale di infezioni. Questo potrebbe essere dovuto a una combinazione di fattori: l’immunità acquisita dalla popolazione (per infezioni precedenti o vaccinazioni) e forse caratteristiche intrinseche delle nuove varianti meno propense a scatenare la sindrome.
- Gravità costante: La notizia forse più impattante è che, quando la MIS-C si presenta, la sua gravità nei bambini ospedalizzati non sembra essere cambiata significativamente con le diverse varianti. Omicron inclusa. Una volta che la cascata infiammatoria parte, il suo corso sembra essere indipendente dalla “scintilla” virale iniziale.
- Vigilanza continua: Anche se i casi di MIS-C sono diventati più rari, la sindrome rimane una condizione seria che richiede attenzione e trattamenti rapidi ed efficaci. L’esperienza e la preparazione dei centri medici sono cruciali.
Certo, come ogni studio scientifico che si rispetti, anche questo ha i suoi limiti: il numero di pazienti non è enorme, i dati provengono da un singolo centro (anche se di eccellenza) e l’identificazione della variante è stata fatta a posteriori. Serviranno studi più ampi per confermare e ampliare queste scoperte.
Però, ragazzi, che lavoro! Ci ricorda che la scienza è un puzzle complesso e che ogni tessera, come questo studio, ci aiuta a vedere il quadro generale un po’ più chiaramente. E ci dice anche che non bisogna mai abbassare la guardia quando si tratta della salute dei nostri piccoli.
Fonte: Springer
