Fotografia stile still life di cibi sani e nutrienti, incluse verdure fresche colorate, frutta esotica e pezzi di pesce alla griglia che rappresentano cibi tradizionali indigeni, disposti artisticamente su un tavolo di legno rustico in una luminosa ambientazione esterna di una comunità remota australiana. Obiettivo macro 60mm, illuminazione naturale controllata per esaltare i colori, alta definizione dei dettagli del cibo.

Nutrire il Futuro: Dieta, Sicurezza Alimentare e Tradizione nelle Comunità Remote Australiane

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore e che tocca le fondamenta della salute e del benessere, specialmente per le mamme e i bambini: la nutrizione. Sappiamo tutti quanto sia cruciale mangiare bene durante la gravidanza, l’allattamento e nei primissimi anni di vita. Questi periodi sono come le fondamenta di una casa: se sono solide, tutta la struttura sarà più forte per tutta la vita, influenzando persino il nostro metabolismo e il rischio di malattie future.

Ma cosa succede quando l’accesso a cibo sano e nutriente non è scontato? Ho avuto modo di approfondire uno studio affascinante che ci porta in un contesto molto particolare: otto remote comunità Aborigene e Isolane dello Stretto di Torres in Australia. Qui, le dinamiche legate al cibo sono complesse, intrecciate con la storia, la cultura e sfide socio-economiche uniche.

Il Contesto: Tra Storia e Sfide Attuali

Prima della colonizzazione europea, queste popolazioni avevano diete incredibilmente varie e salutari, basate su ciò che la terra e il mare offrivano stagionalmente: animali selvatici (mammiferi, uccelli, rettili, insetti, creature marine) e una miriade di piante (radici, legumi, semi, noci, frutti, nettari, fiori, gomme). Esistevano regole precise per la condivisione del cibo, dando priorità agli anziani, alle donne incinte e ai bambini. Un sistema sostenibile e profondamente legato alla loro cultura.

Purtroppo, la colonizzazione ha stravolto tutto questo. Ha interrotto i sistemi alimentari tradizionali, costringendo molte comunità a dipendere da cibi processati, poveri di nutrienti e varietà, come farina e zucchero. Le conseguenze si vedono ancora oggi: tassi sproporzionatamente alti di insicurezza alimentare (la difficoltà, o l’impossibilità, di accedere costantemente a cibo sufficiente, sicuro e nutriente) colpiscono queste comunità, specialmente quelle più remote. Pensate che in alcune aree remote, oltre la metà delle famiglie lotta con l’insicurezza alimentare!

Per le popolazioni Aborigene, la sicurezza alimentare non è solo avere cibo in tavola. È un concetto più profondo: è proteggere il cibo degli antenati, averlo sempre disponibile per sé e per i propri figli, poter accedere facilmente a cibo “non tradizionale” sano e conveniente, poter condividere, scegliere con consapevolezza e saper preparare il cibo.

Le sfide sono tante: i costi elevatissimi del cibo nei negozi delle comunità remote (molto più alti che nelle città), i bassi redditi, la pressione sociale della condivisione in contesti di sovraffollamento abitativo.

Lo Studio: Cosa Abbiamo Cercato di Capire?

Il nostro studio si è concentrato proprio su questo intreccio: volevamo capire come fosse la qualità della dieta di donne incinte o che allattano e dei bambini dai 6 mesi ai 5 anni in queste comunità remote. Volevamo anche misurare il livello di sicurezza alimentare delle famiglie e, soprattutto, esplorare come il consumo di cibi tradizionali (quelli legati alla loro cultura e raccolti/cacciati localmente) potesse influenzare questa dinamica.

Abbiamo raccolto dati in otto comunità, quattro nella regione costiera di Cape York (Queensland) e quattro nel deserto dell’Australia Centrale (Territorio del Nord), tra giugno e settembre 2021. Abbiamo usato questionari validati per capire cosa mangiavano abitualmente le persone e per calcolare un punteggio di qualità della dieta. Abbiamo anche misurato la sicurezza alimentare a livello familiare.

Risultati Sorprendenti: Sfide e Resilienza

I risultati sono stati, per certi versi, preoccupanti, ma anche incredibilmente illuminanti sulla forza e la resilienza di queste comunità.

L’insicurezza alimentare è altissima: ben il 76% delle famiglie intervistate è risultato essere in condizioni di insicurezza alimentare, con un picco ancora più grave (28%) classificato come “molto bassa sicurezza alimentare”. Questo significa che tantissime famiglie faticano a mettere cibo sufficiente e adeguato in tavola. Abbiamo notato differenze significative: le comunità di Cape York, quelle costiere, mostravano livelli di insicurezza alimentare meno gravi rispetto a quelle del deserto dell’Australia Centrale.

Diete a confronto: bambini vs donne: In generale, la dieta dei bambini piccoli (6 mesi – 5 anni) è risultata più vicina alle raccomandazioni nutrizionali rispetto a quella delle donne. Le mamme, purtroppo, spesso non riuscivano a consumare quantità adeguate della maggior parte dei gruppi alimentari (frutta, verdura, latticini, cereali), anche se l’apporto di carne era generalmente sufficiente sia per loro che per i bambini. Questo si rifletteva nei punteggi di qualità della dieta: quelli dei bambini erano in media del 23% più alti rispetto a quelli delle donne.
Un dato interessante riguarda i piccolissimi (6-12 mesi): l’83% di loro consumava abbastanza verdure, ma questa percentuale crollava drasticamente con l’età (32% tra 1 e 2 anni, solo 4% tra 2 e 5 anni) e ancora meno per le donne. Preoccupante anche il consumo di cibi e bevande “discrezionali” (dolci, snack, bevande zuccherate): basso nei neonati, ma molto alto e superiore alle raccomandazioni nei bambini più grandi e nelle donne (il 94% dei bambini 2-5 anni e delle donne consumava bevande zuccherate almeno occasionalmente, l’85% settimanalmente o più).

Fotografia macro di un piatto contenente cibi tradizionali aborigeni australiani come pesce alla griglia pescato localmente e bacche selvatiche raccolte nella boscaglia, illuminazione controllata laterale per evidenziare le texture, dettagli elevati, obiettivo macro 100mm.

Allattamento al seno prolungato: Una pratica incredibilmente positiva e diffusa è l’allattamento al seno. Il 58% dei bambini sotto i due anni era allattato al seno al momento dell’intervista, e questa pratica continuava a lungo: ben il 36% dei bambini tra i 2 e i 4 anni veniva ancora allattato! Le percentuali erano più alte nell’Australia Centrale, dove l’allattamento oltre i due anni era più comune. Questo è un fattore protettivo fondamentale per la salute dei bambini.

Il ruolo cruciale dei cibi tradizionali: Qui arriva una delle scoperte più affascinanti. Il consumo di cibi tradizionali (pesce, tartaruga, canguro, wallaby, frutta selvatica, ecc.) era significativamente più alto a Cape York (39% dei partecipanti li consumava 3 o più volte a settimana) rispetto all’Australia Centrale (solo 8%). E questo faceva una differenza enorme!
Abbiamo analizzato l’interazione tra qualità della dieta, sicurezza alimentare e consumo di cibi tradizionali, distinguendo tra adulti (donne) e bambini. È emersa una chiara correlazione: più frequentemente si consumavano cibi tradizionali, migliore era la qualità della dieta, per tutti. Ma l’aspetto più potente è stato vedere come il consumo di cibi tradizionali riuscisse a mitigare l’impatto negativo dell’insicurezza alimentare sulla qualità della dieta. In pratica, le persone che mangiavano spesso cibi tradizionali, anche se vivevano in famiglie con bassa sicurezza alimentare, riuscivano ad avere una dieta di qualità superiore rispetto a chi non mangiava cibi tradizionali, pur avendo magari una sicurezza alimentare leggermente maggiore. Questo effetto “cuscinetto” dei cibi tradizionali era particolarmente forte per le donne.

Cosa Ci Insegnano Questi Dati?

Questi risultati ci dicono tante cose. Prima di tutto, confermano le enormi difficoltà sistemiche che le comunità Aborigene remote affrontano a causa dell’eredità della colonizzazione: accesso limitato a cibo sano e conveniente, alti tassi di insicurezza alimentare. È inaccettabile che in un paese ricco come l’Australia, le madri debbano trovarsi nella condizione di scegliere se nutrire adeguatamente se stesse o i propri figli.

Ma ci mostrano anche l’incredibile resilienza di queste comunità. Pratiche come l’allattamento prolungato e la tendenza a dare priorità al cibo per i bambini quando questo scarseggia sono strategie culturali fortissime che proteggono la salute dei più piccoli nonostante le avversità.

E, soprattutto, emerge con prepotenza l’importanza vitale dei cibi tradizionali. Non sono solo nutrimento per il corpo, ma anche per l’anima, per la cultura, per l’identità. Sostenere l’accesso continuo e facilitato a questi cibi non è solo una questione nutrizionale, ma un passo fondamentale per migliorare la sicurezza alimentare complessiva e la salute, rispettando e valorizzando i sistemi alimentari indigeni.

Ritratto fotografico di una donna Aborigena Australiana sorridente, di circa 30 anni, che tiene in braccio il suo bambino piccolo in un ambiente esterno naturale tipico di Cape York, Australia, con vegetazione tropicale sullo sfondo. Obiettivo 35mm, profondità di campo ridotta per sfocare lo sfondo, luce naturale morbida, bianco e nero.

Le differenze tra Cape York e l’Australia Centrale sottolineano che le strategie devono essere adattate ai contesti locali e che è urgente intervenire dove l’accesso ai cibi tradizionali è più compromesso.

Uno Sguardo al Futuro

Questo studio rafforza la necessità di mettere i sistemi alimentari Aborigeni e Isolani dello Stretto di Torres al centro degli sforzi per combattere l’insicurezza alimentare e le disparità di salute. Bisogna lavorare per garantire i diritti di accesso alle risorse tradizionali, finanziare la raccolta e le iniziative comunitarie legate al cibo tradizionale, e sviluppare una forza lavoro indigena che integri queste conoscenze nell’educazione sanitaria.

La ricerca e le politiche future devono assolutamente partire dalle soluzioni identificate e guidate dalle comunità stesse. È una questione di diritti umani fondamentali: il diritto ad un cibo adeguato, sano e culturalmente appropriato. Solo così potremo davvero iniziare a “nutrire il futuro” di queste comunità.

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *