Dieta Omanita: Tra Tradizione e Rischi Nascosti per la Salute
Ragazzi, parliamoci chiaro: quello che mettiamo nel piatto fa una differenza enorme per la nostra salute. Viviamo in un’epoca di “transizione nutrizionale”, il che suona complicato ma significa semplicemente che stiamo mangiando sempre più cibi processati, densi di calorie, comodi, e sempre meno roba sana come frutta e verdura ricche di fibre. Questa tendenza globale sta avendo un impatto pazzesco sull’aumento delle malattie non trasmissibili (NCDs), quelle patologie croniche come diabete, malattie cardiovascolari, e alcuni tipi di cancro, che non si prendono come un raffreddore ma si sviluppano nel tempo, spesso a causa del nostro stile di vita.
Pensate che nel 2019, i fattori di rischio legati alla dieta sono stati responsabili di quasi 8 milioni di morti nel mondo! È un numero impressionante, quasi un terzo di tutte le morti legate alle NCDs. Per questo, l’ONU e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stanno spingendo tantissimo per invertire la rotta, puntando sui principali fattori di rischio: dieta scorretta, alcol, fumo e poca attività fisica. Promuovere un’alimentazione sana è una delle strategie “best buy”, quelle più efficaci ed economiche.
La Situazione in Oman: Uno Sguardo Approfondito
Recentemente mi sono imbattuto in uno studio affascinante condotto in Oman, un paese del Golfo Arabo dove, come in molte altre parti del mondo, le abitudini alimentari stanno cambiando rapidamente. Lo studio ha usato metodi statistici piuttosto avanzati, come l’Analisi delle Classi Latenti (LCA) e la Modellazione ad Equazioni Strutturali (SEM). Non spaventatevi per i nomi! In pratica, l’LCA aiuta a scoprire “gruppi nascosti” nella popolazione con abitudini alimentari simili, mentre la SEM permette di mappare le complesse relazioni tra dieta, stile di vita e indicatori di salute (come pressione sanguigna, colesterolo, glicemia). È come usare una lente d’ingrandimento super potente per capire cosa sta succedendo davvero.
I ricercatori hanno analizzato i dati di un’indagine nazionale su larga scala (la Oman NCD Risk Factors Survey del 2017, basata sul metodo STEPS dell’OMS) che ha coinvolto oltre 4300 cittadini omaniti adulti. Si sono concentrati su tre aspetti chiave della dieta:
- Consumo di frutta e verdura
- Abitudine di mangiare fuori casa
- Tipo di olio usato per cucinare
Fotografia della Dieta Omanita: Cosa è Emerso?
I risultati sono stati piuttosto eloquenti e, per certi versi, preoccupanti. Guardate un po’:
- Ben il 55,8% degli omaniti consuma meno delle famose 5 porzioni di frutta e verdura al giorno raccomandate dall’OMS. Pochino, vero?
- Il 45,3% mangia fuori casa da 1 a 3 volte alla settimana. Questo è spesso un indicatore indiretto del consumo di fast food o cibi meno controllati.
- L’87,3% usa prevalentemente olio vegetale per cucinare. Un dato altissimo! Solo una piccola percentuale (4,3%) usa burro o altri grassi.
- Inoltre, è emerso che il 60,8% consuma troppo sale.
Questi dati mostrano chiaramente che i fattori di rischio dietetici sono molto diffusi. Ma lo studio è andato oltre, cercando di capire chi è più a rischio e come queste abitudini si collegano ai problemi di salute.

Gruppi Nascosti: Chi Rischia di Più?
Qui entra in gioco l’Analisi delle Classi Latenti (LCA). Questo metodo ha permesso di identificare due “profili” principali nella popolazione omanita. La cosa interessante è che la stragrande maggioranza (circa il 67% di probabilità per un individuo di appartenere a questa classe, secondo un’analisi più dettagliata) rientra in un gruppo specifico, che potremmo chiamare “Classe 1”. Le caratteristiche di questa classe sono:
- Età: Prevalentemente giovani adulti (18-39 anni).
- Istruzione: Livello di istruzione medio-alto (scuola secondaria o superiore).
- Stato Civile: Sposati.
- Lavoro: Non attualmente occupati.
- Dieta: Consumano meno di 5 porzioni di frutta/verdura, stile di vita sedentario, mangiano fuori 1-3 volte/settimana e usano olio vegetale.
Un’altra analisi LCA (che ha dato una probabilità del 90% di appartenere a una classe simile ma focalizzata solo sulle abitudini) ha mostrato che questo tipo di profilo è associato a una maggiore probabilità di avere un rapporto vita-fianchi anomalo (obesità addominale). Inoltre, l’analisi che includeva i dati demografici ha rivelato che, pur essendo giovani, gli individui in questa “Classe 1” hanno una probabilità significativa (21% pre-diabete, 6% diabete) di sviluppare problemi di glicemia se mantengono queste abitudini con l’avanzare dell’età. Infatti, un’altra classe identificata (più anziana, sopra i 50 anni, con abitudini simili ma meno istruita) aveva una probabilità del 32% di avere il diabete! Questo suggerisce che le cattive abitudini prese da giovani possono avere conseguenze pesanti più avanti.
Connessioni Inaspettate: La Mappa dei Rischi (SEM)
La Modellazione ad Equazioni Strutturali (SEM) ha poi disegnato una mappa delle connessioni tra queste abitudini e gli indicatori di salute. È emerso un quadro complesso:
- Mangiare fuori casa: Ha un effetto diretto e indiretto su quasi tutto! Influenza la pressione sanguigna sistolica, il rapporto vita-fianchi, il colesterolo totale e abbassa il colesterolo “buono” (HDL).
- Consumo di frutta e verdura: Come ci si aspetterebbe, un maggior consumo è associato a risultati migliori, in particolare un rapporto vita-fianchi più basso e livelli di colesterolo più favorevoli (effetto diretto sul colesterolo).
- Tipo di olio per cucinare: L’uso predominante di olio vegetale ha mostrato effetti significativi su tutti i parametri, influenzando direttamente il rapporto vita-fianchi, la pressione sanguigna e il colesterolo totale.
Una cosa curiosa: mentre mangiare fuori era legato a pressione alta e girovita abbondante, livelli più alti di colesterolo totale e glicemia sembravano più associati a chi mangiava prevalentemente a casa! Questo potrebbe sembrare un controsenso, ma i ricercatori ipotizzano che possa dipendere dalla facilità con cui si preparano a casa cibi pronti, processati e ad alto contenuto calorico, simili al fast food. Inoltre, il forte legame tra uso di olio vegetale (usato dall’87%!) e colesterolo alto/rapporto vita-fianchi anomalo è un campanello d’allarme. Spesso pensiamo “vegetale = sano”, ma non è sempre così semplice, specialmente per oli come quello di palma o di cocco, o quando usati in grandi quantità o per fritture.

Il Sale, un Nemico Silenzioso
Non dimentichiamoci del sale! Lo studio ha confermato che oltre il 60% degli omaniti ne consuma troppo. Questo è un fattore di rischio notissimo per l’ipertensione e le malattie cardiovascolari. Anche qui, c’è tanto lavoro da fare.
Cosa Possiamo Imparare da Tutto Questo?
Questo studio sull’Oman è prezioso perché ci mostra quanto siano diffuse le abitudini alimentari rischiose e, soprattutto, come queste si intreccino con altri fattori (età, sesso, istruzione, stile di vita) nel determinare la nostra salute. L’uso di tecniche come LCA e SEM è fondamentale per “scovare” i gruppi più a rischio e capire le dinamiche complesse in gioco.
I risultati suggeriscono che le campagne di promozione della salute devono essere mirate. In Oman, ad esempio, un target importante sembra essere proprio la popolazione giovane e istruita, che adotta comportamenti a rischio (poco sport, poche verdure, mangia fuori, usa oli vegetali in abbondanza). Raggiungere questo gruppo richiede strategie innovative e canali di comunicazione moderni.
È fondamentale promuovere le linee guida dietetiche basate sugli alimenti (FBDG), come quelle sviluppate per i paesi del Golfo Arabo, che incoraggiano un maggior consumo di cereali integrali, frutta, verdura, legumi, noci e semi, e una riduzione di carni rosse e processate, grassi saturi e sale.
Limiti dello Studio (Perché la Scienza è Onesta)
Certo, ogni studio ha i suoi limiti. I dati sulla dieta erano auto-riferiti, quindi soggetti a possibili errori di memoria (il famoso “recall bias”). Inoltre, lo studio ha esaminato solo tre aspetti della dieta, anche se molto importanti. Infine, essendo uno studio “trasversale” (una fotografia in un dato momento), non può stabilire con certezza rapporti di causa-effetto, ma solo associazioni. Servirebbero studi longitudinali (che seguono le persone nel tempo) per confermare alcune dinamiche.

In Conclusione: La Dieta Conta, Eccome!
Questo viaggio nella dieta omanita ci ricorda una verità universale: siamo quello che mangiamo. Le scelte quotidiane, anche quelle che sembrano innocue come il tipo di olio che usiamo per cucinare, hanno un peso enorme sulla nostra salute a lungo termine. Studi come questo sono fondamentali perché ci aiutano a capire meglio i rischi, a identificare chi ha più bisogno di aiuto e a sviluppare interventi più efficaci. La lotta contro le malattie non trasmissibili passa, in gran parte, dalla nostra tavola. E voi, avete mai pensato a come le vostre abitudini alimentari potrebbero influenzare la vostra salute futura?
Fonte: Springer
