Fegato Grasso e Cervello Sotto Stress? La Dieta Potrebbe Essere la Chiave (e Vi Spiego Perché!)
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una cosa che, credetemi, mi ha davvero aperto gli occhi e spero farà lo stesso con voi. Parliamo di fegato grasso, o come lo chiamano gli esperti, MASLD (Malattia Epatica Steatosica Associata a Disfunzione Metabolica). So che suona complicato, ma in soldoni è quando il nostro fegato accumula troppo grasso, e non per colpa dell’alcol. È un problema diffusissimo, pensate che riguarda circa il 38% degli adulti nel mondo e le stime dicono che potrebbe arrivare al 55% entro il 2040! Un’enormità, vero?
Ma la parte che mi ha più incuriosito, e un po’ preoccupato, è che questa condizione non si limita a dare fastidio solo al fegato. No, amici miei, sembra proprio che ci sia un filo diretto tra un fegato “appesantito” e il nostro cervello. E qui entra in gioco il nostro studio, una vera e propria avventura scientifica per capire meglio questo legame.
Cos’è esattamente questa MASLD e perché dovrebbe interessarci tanto?
Allora, la MASLD è considerata la manifestazione epatica della sindrome metabolica. Questo significa che spesso va a braccetto con altri “tipi loschi” come l’obesità, la resistenza all’insulina (anticamera del diabete di tipo 2), colesterolo e trigliceridi sballati e pressione alta. Insomma, un pacchetto completo che mette a dura prova il nostro organismo.
Fin qui, forse, niente di sconvolgente per chi è un po’ informato. Ma la vera domanda che ci siamo posti è: che impatto ha tutto questo sul nostro organo più prezioso, il cervello? Alcuni studi suggerivano già che le persone con MASLD potessero avere qualche difficoltà cognitiva, tipo cali di attenzione, riflessi un po’ più lenti e problemi con le funzioni esecutive (quelle che ci aiutano a pianificare e organizzarci). Però, la faccenda non era chiarissima, un po’ per i metodi diagnostici diversi, un po’ perché le strade che portano a un eventuale danno cerebrale possono essere tante.
Il legame nascosto: MASLD, glutammato e mio-inositolo nel cervello
Noi abbiamo deciso di concentrarci su una via specifica: l’alterazione del metabolismo cerebrale. Sappiamo che quando il metabolismo generale del corpo non funziona bene, anche certi “messaggeri” nel cervello, i neurometaboliti, possono andare in tilt. Due di questi, in particolare, hanno attirato la nostra attenzione: il glutammato e il mio-inositolo.
Il glutammato è il principale neurotrasmettitore eccitatorio del nostro sistema nervoso centrale. È fondamentale per la crescita neuronale, l’apprendimento e la memoria. Però, come per tante cose, il troppo stroppia: un eccesso di glutammato può diventare neurotossico e portare a degenerazione neuronale. Il fegato gioca un ruolo chiave nel tenere sotto controllo i livelli di glutammato, soprattutto grazie alla sua capacità di detossificare l’ammoniaca. Se il fegato non funziona bene, l’ammoniaca può accumularsi e scombussolare tutto.
Il mio-inositolo, invece, è un osmoprotettore e un precursore di importanti secondi messaggeri. Spesso un suo aumento è visto come un segnale di proliferazione delle cellule gliali (le cellule di supporto dei neuroni), magari in risposta a uno stress o un’infiammazione. Nelle fasi avanzate di malattia epatica, i suoi livelli crollano, ma all’inizio potrebbero aumentare come tentativo di difesa.
Già in passato, nel nostro gruppo di ricerca, avevamo notato livelli elevati di glutammato e mio-inositolo cerebrale in persone con sindrome metabolica, anche senza sintomi cognitivi evidenti. Quindi, l’ipotesi era: se la MASLD è legata alla sindrome metabolica, potrebbe anch’essa sballare questi metaboliti nel cervello?

La nostra indagine: uno studio per vederci chiaro
Per rispondere a questa domanda, abbiamo messo in piedi uno studio longitudinale (cioè, abbiamo seguito le persone nel tempo) con un intervento dietetico. Abbiamo reclutato 55 adulti che avevano una diagnosi di MASLD o erano ad alto rischio (con almeno 3 fattori di rischio metabolico). Prima e dopo due settimane di dieta, abbiamo fatto delle risonanze magnetiche specializzate al fegato e al cervello.
Le diete proposte erano due, entrambe note per la loro efficacia nel ridurre il grasso epatico:
- Una dieta a basso contenuto di carboidrati (non più di 30 grammi al giorno).
- Una dieta a basso contenuto calorico (circa 1200 kcal al giorno per le donne e 1500 kcal per gli uomini).
I partecipanti sono stati assegnati casualmente a una delle due diete, e i pasti erano forniti da un servizio commerciale, così da essere sicuri che tutti seguissero il piano.
Alla fine, 44 persone hanno completato lo studio (36 donne, età media 54 anni). E qui una piccola sorpresa: nonostante avessimo cercato di reclutare solo persone con MASLD, circa il 30% dei volontari, alla risonanza, non aveva abbastanza grasso nel fegato per una diagnosi clinica (cioè, meno del 5% di trigliceridi epatici). Questo non ci ha stupito più di tanto, perché diagnosticare la MASLD senza immagini è difficilissimo. Però, questa situazione ci ha permesso di fare un confronto interessante tra chi aveva la sindrome metabolica con MASLD e chi senza.
I risultati che ci hanno entusiasmato!
E ora, la parte più succosa! Cosa abbiamo scoperto? Beh, prima di tutto, non c’erano differenze significative tra i due tipi di dieta per quanto riguarda i nostri obiettivi principali, quindi abbiamo analizzato i dati tutti insieme.
Nei pazienti con MASLD confermata (30 su 44), l’intervento dietetico di sole due settimane ha portato a:
- Una riduzione significativa del grasso nel fegato (in media una diminuzione del 3.1% della frazione di grasso, un risultato notevole!). Ben il 97% di loro ha visto un miglioramento.
- Una diminuzione significativa del glutammato cerebrale (in media 0.753 mmol/kg). Il 77% ha avuto una riduzione.
- Una diminuzione significativa del mio-inositolo cerebrale (in media 0.478 mmol/kg). Il 70% ha avuto una riduzione.
Questi sono dati che fanno riflettere! Sembra proprio che alleggerire il fegato dal grasso in eccesso abbia un effetto benefico quasi immediato anche su questi importanti metaboliti cerebrali.
Inoltre, confrontando i livelli basali, abbiamo visto che le persone con sindrome metabolica E MASLD avevano livelli di mio-inositolo cerebrale significativamente più alti rispetto a quelle con sindrome metabolica MA SENZA MASLD. Per il glutammato, invece, non c’era una differenza così netta al basale tra i due gruppi.
Ovviamente, la dieta ha portato anche a una perdita di peso, e questa era correlata alla riduzione del grasso epatico. Ma la cosa interessante è che la riduzione dei trigliceridi nel fegato era significativamente associata alla riduzione del glutammato cerebrale, mentre la correlazione tra perdita di peso e glutammato cerebrale era più debole. Questo suggerisce che potrebbe esserci un effetto più diretto del miglioramento della salute epatica sul cervello, al di là della semplice perdita di peso.

Cosa significa tutto questo per la nostra salute?
Beh, questi risultati sono piuttosto importanti, a mio avviso. Suggeriscono che la MASLD potrebbe davvero essere una fonte di “stress” per il cervello, contribuendo a un ambiente potenzialmente neurotossico (a causa dell’eccesso di glutammato) e a neuroinfiammazione. E la buona notizia è che la dieta sembra essere una strategia efficace non solo per la salute del fegato, ma anche per quella del cervello in questi pazienti.
È uno dei primi studi, per quanto ne so, a mostrare cambiamenti del glutammato nel cervello umano in risposta a una dieta restrittiva misurati con risonanza magnetica a campo clinico (3 Tesla). E soprattutto, è la prima volta che si dimostra come l’asse fegato-cervello sia sensibile a un intervento in una fase così precoce della malattia epatica. Si sapeva che le diete migliorano rapidamente il fegato, ma finora si poteva solo ipotizzare un beneficio neurometabolico concomitante in questi pazienti.
Noi ipotizziamo che la riduzione del glutammato e del mio-inositolo indichi una benefica riduzione della neurotossicità legata al miglioramento della funzione epatica. Certo, servirebbero studi a lungo termine con test cognitivi per vedere se questi cambiamenti si traducono in un miglioramento delle capacità mentali, ma è un primo passo importantissimo.
Il fatto che glutammato e mio-inositolo “viaggino insieme” in condizioni di lieve stress metabolico supporta l’idea che la vulnerabilità cerebrale nella MASLD possa essere reversibile con un intervento precoce. E questo è cruciale, specialmente alla luce di studi recenti che sottolineano l’importanza della salute degli organi periferici per le malattie neuropsichiatriche, inclusa la demenza.
Un pizzico di cautela: i limiti dello studio
Come ogni studio scientifico che si rispetti, anche il nostro ha dei limiti. Si tratta di uno studio “proof-of-concept”, con un numero relativamente piccolo di partecipanti e condotto in un singolo momento della loro vita. Quindi, non possiamo fare previsioni a lungo termine sugli effetti cognitivi o comportamentali. La mancanza di un gruppo di controllo sano che seguisse la stessa dieta è un altro limite importante per stabilire nessi di causa-effetto in modo definitivo. Inoltre, il nostro campione era prevalentemente femminile, quindi non abbiamo potuto esplorare le differenze di genere. Infine, le misurazioni di glutammato e mio-inositolo potrebbero essere ulteriormente affinate con sequenze di risonanza magnetica ancora più specifiche.
In conclusione: la dieta come alleata preziosa
Nonostante i limiti, i risultati del nostro studio sono davvero incoraggianti. Abbiamo scoperto che diete a basso contenuto calorico o a basso contenuto di carboidrati possono ridurre efficacemente le concentrazioni di glutammato libero e mio-inositolo nel cervello in persone con MASLD, parallelamente alla riduzione dei trigliceridi nel fegato. Poiché un aumento del glutammato cerebrale libero può essere neurotossico, questo lavoro potrebbe fornire un modo quantitativo per monitorare la salute del cervello in adulti con malattia epatica allo stadio iniziale.
Questi risultati migliorano la nostra comprensione dell’impatto neurometabolico della MASLD negli adulti con sindrome metabolica e supportano l’uso della spettroscopia RM come strumento di ricerca utile per esaminare le relazioni fegato-cervello. Insomma, ancora una volta, sembra che prendersi cura di ciò che mangiamo sia una delle armi più potenti che abbiamo per proteggere non solo il nostro corpo, ma anche la nostra mente!
Fonte: Springer
