Primo piano di un piatto colorato e salutare simbolo di una dieta anti-infiammatoria: salmone grigliato adagiato su un letto di quinoa, accompagnato da broccoli al vapore, pomodorini ciliegino tagliati a metà e qualche foglia di spinacio fresco. Macro lens, 100mm, high detail, precise focusing sul salmone e le verdure, controlled lighting dall'alto leggermente laterale per creare ombre morbide, sfondo neutro sfocato.

Cibo che “infiamma”: il legame nascosto con le malattie croniche negli anziani

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi sta molto a cuore e che riguarda tutti noi, direttamente o indirettamente: la salute dei nostri “nonni” e come quello che mangiano possa fare una differenza enorme. Parliamo di malattie croniche – quelle bestiacce come problemi di cuore, diabete, ipertensione – che purtroppo diventano più comuni con l’avanzare dell’età. Ma se vi dicessi che potremmo avere un’arma in più, proprio nel piatto?

Il “termometro” dell’infiammazione nel piatto: cos’è il DII?

Avete mai sentito parlare dell’Indice Infiammatorio Dietetico (o DII, dall’inglese Dietary Inflammatory Index)? Immaginatelo come un punteggio che misura quanto la nostra dieta tende a “scaldare” o “raffreddare” l’infiammazione nel corpo. Un punteggio alto significa che stiamo mangiando cibi che tendono a promuovere l’infiammazione (pro-infiammatori), mentre un punteggio basso indica una dieta più calmante (anti-infiammatoria). Perché è importante? Perché un’infiammazione cronica, anche di basso grado, è come una miccia sempre accesa che può contribuire all’insorgenza di molte malattie legate all’età.

Lo studio che ci apre gli occhi: NHANES e gli anziani USA

Recentemente, mi sono imbattuto in uno studio affascinante basato sui dati del NHANES (National Health and Nutrition Examination Surveys), una gigantesca indagine sulla salute e la nutrizione condotta negli Stati Uniti. I ricercatori hanno analizzato i dati di ben 16.512 adulti americani sopra i 60 anni, raccolti tra il 1999 e il 2018. L’obiettivo? Capire se ci fosse un legame tra il loro punteggio DII (calcolato sulla base di cosa mangiavano) e la presenza di cinque principali malattie croniche:

  • Malattie cardiovascolari (CVD – infarto, ictus, scompenso cardiaco, angina)
  • Ipertensione (pressione alta)
  • Diabete
  • BPCO (Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva)
  • Cancro

Hanno diviso i partecipanti in quattro gruppi (quartili) in base al loro punteggio DII, dal più basso (dieta più anti-infiammatoria) al più alto (dieta più pro-infiammatoria).

Risultati che fanno riflettere: più infiammazione, più malattie?

Ebbene sì, i risultati parlano chiaro. Le persone nel gruppo con il DII più alto (quarto quartile, Q4) avevano una probabilità significativamente maggiore di soffrire di alcune malattie croniche rispetto a quelle nel gruppo con il DII più basso (primo quartile, Q1), anche dopo aver tenuto conto di tanti altri fattori come età, sesso, fumo, alcol, BMI, etnia, reddito, ecc.
Nello specifico:

  • +28% di probabilità di avere malattie cardiovascolari (CVD)
  • +17% di probabilità di avere il diabete
  • +19% di probabilità di avere l’ipertensione

Non solo: hanno visto che anche solo un aumento di un punto nel punteggio DII era associato a un aumento del rischio di CVD (+5%) e ipertensione (+3%). Pensateci: ogni piccola scelta alimentare pro-infiammatoria, sommata giorno dopo giorno, potrebbe contribuire ad aumentare il rischio!

Una selezione colorata di cibi anti-infiammatori come frutta fresca (bacche, arance), verdure a foglia verde (spinaci, kale), noci, semi e pesce grasso (salmone), disposti artisticamente su un tavolo di legno chiaro. Macro lens, 85mm, high detail, precise focusing, controlled natural lighting laterale morbida.

Inoltre, è emerso che le persone con un DII più alto tendevano ad avere anche un maggior numero di malattie croniche contemporaneamente (multimorbilità). Nel gruppo con la dieta più infiammatoria, la percentuale di persone con ben cinque malattie croniche era quasi doppia rispetto a quella senza malattie (29.6% vs 17.8%). Questo sottolinea come una dieta pro-infiammatoria possa avere un impatto negativo sulla salute generale, non solo su una singola patologia.

E la BPCO e il Cancro?

Forse vi state chiedendo della BPCO e del cancro. Inizialmente, sembrava esserci un legame anche per la BPCO (rischio maggiore con DII alto) e, curiosamente, un’associazione inversa per il cancro (rischio minore con DII alto nel modello iniziale). Tuttavia, queste associazioni non sono rimaste significative dopo aver considerato tutti i fattori confondenti, in particolare il fumo per la BPCO. Per il cancro, i risultati sono stati un po’ contraddittori rispetto ad altri studi e potrebbero essere dovuti a limitazioni dello studio stesso o alla complessità della relazione tra dieta e diversi tipi di cancro. Serviranno sicuramente altre ricerche per chiarire questi aspetti.

Perché la dieta “infiamma”? Meccanismi possibili

Ma come fa il cibo a influenzare l’infiammazione? Anche se i meccanismi esatti sono ancora oggetto di studio, si pensa che alcuni componenti della dieta, come i grassi saturi e trans, possano attivare vie infiammatorie (ad esempio, agendo sui recettori Toll-like 4) e influenzare negativamente il nostro prezioso microbioma intestinale. Una dieta pro-infiammatoria può portare al rilascio di “messaggeri” infiammatori (citochine come IL-1, TNF-α) che richiamano globuli bianchi nei tessuti, ad esempio nei vasi sanguigni, contribuendo a processi come l’aterosclerosi (alla base di molte CVD). L’obesità, spesso legata a diete poco sane, può peggiorare ulteriormente questo stato infiammatorio.

Un medico sorridente che misura la pressione sanguigna a un paziente anziano in uno studio medico luminoso e accogliente. Prime lens, 35mm, depth of field per sfocare leggermente lo sfondo, luce naturale morbida dalla finestra.

Cosa possiamo portarci a casa?

Questo studio, condotto su un campione vasto e rappresentativo della popolazione anziana USA, ci lancia un messaggio forte: una dieta che tende a promuovere l’infiammazione è associata a un rischio maggiore di sviluppare malattie cardiovascolari, diabete e ipertensione in età avanzata.
La buona notizia? La dieta è un fattore modificabile! Scegliere un’alimentazione ricca di cibi con potenziale anti-infiammatorio – pensiamo a frutta, verdura, cereali integrali, legumi, pesce grasso, noci, olio d’oliva – potrebbe essere una strategia vincente non solo per prevenire queste malattie, ma anche per gestirle meglio se già presenti.

Certo, lo studio ha i suoi limiti: è trasversale (osserva una fotografia in un dato momento, non stabilisce causa-effetto), si basa su dati auto-riferiti (possibili errori di memoria nel ricordare cosa si è mangiato), e i risultati potrebbero non essere generalizzabili a tutte le popolazioni del mondo. Tuttavia, le evidenze sono solide e si aggiungono a un corpo crescente di letteratura che punta nella stessa direzione.

Quindi, la prossima volta che facciamo la spesa o ci sediamo a tavola, pensiamo al nostro “punteggio DII”. Stiamo scegliendo cibi che “spengono” o che “accendono” l’infiammazione? Potrebbe fare una grande differenza per la nostra salute futura, e per quella dei nostri cari più avanti con gli anni. Mangiare bene non è solo una questione di linea, ma un vero e proprio investimento sulla nostra salute a lungo termine!

Una coppia di anziani attivi e sorridenti che prepara insieme un'insalata colorata in una cucina moderna e luminosa, usando verdure fresche, olio d'oliva e limone. Zoom lens, 50mm, depth of field per mantenere a fuoco la coppia e il cibo, luce calda e accogliente.

Fonte: Springer

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