Immagine emblematica di un paziente siriano durante una seduta di emodialisi in un centro medico improvvisato nel Nord-Ovest della Siria. Il paziente guarda fuori da una finestra, espressione mista di stanchezza e speranza. Accanto, la macchina per la dialisi è in funzione. L'ambiente mostra segni del conflitto (muri scrostati, finestre protette) ma è pulito. Luce naturale filtrata, obiettivo 35mm, profondità di campo che isola il paziente ma lascia intravedere il contesto. Photorealistic, portrait photography, 35mm prime lens, depth of field, natural light.

Vite Appese a un Filo: La Lotta Quotidiana per la Dialisi nel Nord-Ovest della Siria in Guerra

Sapete, quando pensiamo alle zone di conflitto, spesso le prime immagini che ci vengono in mente sono quelle dei combattimenti, delle bombe, della fuga disperata. Ma c’è una realtà più silenziosa, una battaglia quotidiana combattuta lontano dai riflettori: quella dei malati cronici, persone la cui vita dipende da cure costanti che la guerra rende incredibilmente difficili da ottenere. Oggi voglio portarvi con me nel cuore del Nord-Ovest della Siria, un’area martoriata da oltre un decennio di conflitto, per raccontarvi la storia dei pazienti con insufficienza renale allo stadio terminale (ESKD – End-Stage Kidney Disease) e la loro lotta per accedere all’emodialisi, un trattamento salvavita.

Immaginate di avere bisogno di una macchina per pulire il vostro sangue tre volte a settimana, per ore, per poter sopravvivere. Ora immaginate di doverlo fare mentre intorno a voi c’è instabilità, insicurezza, e le strutture sanitarie stesse sono fragili o danneggiate. Questa è la realtà per circa 850 persone nel Nord-Ovest della Siria.

Capire da Vicino: La Voce dei Pazienti

Per capire davvero cosa significhi vivere questa condizione, abbiamo deciso di ascoltare direttamente loro, i pazienti. All’inizio del 2023, abbiamo condotto uno studio parlando al telefono con 101 persone selezionate casualmente da 12 dei 14 centri dialisi attivi nella regione. Non è stato facile, la connessione a volte era un problema, ma siamo riusciti a raccogliere testimonianze preziose.

Chi sono queste persone? L’età media è di circa 50 anni, ma il range è vastissimo, dai bambini di 7 anni agli anziani di 81. Poco più della metà sono uomini (55.4%). Una cosa che colpisce subito è che quasi la metà di loro (48 su 101) sono sfollati interni (IDP), persone che hanno dovuto lasciare le loro case in altre parti della Siria a causa della guerra e hanno cercato rifugio in quest’area. Pensate che ben 61 pazienti su 101 hanno dovuto cambiare casa almeno una volta nell’ultimo anno proprio a causa dell’insicurezza percepita. Questo continuo spostarsi, come potete immaginare, è un incubo per chi ha bisogno di cure regolari come la dialisi.

La Sfida dell’Accesso e della Continuità

E qui arriviamo al nodo cruciale: l’accesso alle cure. Quasi un terzo dei pazienti intervistati (28.7%) ha riferito di non essere riuscito a fare una o più sedute di dialisi programmate nell’anno precedente. Per alcuni (7%), questa interruzione è avvenuta almeno una volta al mese. La causa principale? L’insicurezza. A volte erano i pazienti a non potersi muovere, altre volte erano proprio i centri dialisi a dover chiudere temporaneamente per motivi di sicurezza.

Questo costringe molti a una sorta di “nomadismo sanitario”. Sebbene due terzi (67.3%) siano riusciti a ricevere cure sempre nello stesso centro nell’ultimo anno, un quinto (20.8%) ha dovuto usarne due e oltre il 10% addirittura tre. La buona notizia, se così si può dire, è che grazie a una distribuzione abbastanza decentralizzata delle strutture, la metà dei pazienti riesce a raggiungere il centro dialisi in 30 minuti o meno, spesso con costi di trasporto minimi o nulli (oltre la metà non ha spese vive per il trasporto, a volte grazie all’aiuto di veicoli della Protezione Civile). Ma la continuità resta un miraggio per troppi.

Fotografia di un paziente anziano siriano seduto su una sedia d'attesa fuori da un modesto centro dialisi nel Nord-Ovest della Siria. L'edificio mostra segni di usura o lievi danni da conflitto. Il paziente ha uno sguardo preoccupato ma resiliente. Luce naturale pomeridiana, obiettivo 35mm, profondità di campo ridotta per focalizzare sul paziente, toni leggermente desaturati per trasmettere la difficoltà della situazione. Photorealistic, portrait photography, 35mm prime lens, depth of field.

Comorbilità e Conoscenza della Malattia: Un Quadro Complesso

La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che la maggior parte di questi pazienti non combatte solo contro l’insufficienza renale. Due terzi (67.3%) hanno altre malattie croniche (comorbilità), con ipertensione (87.1%) e diabete (34.7%) in cima alla lista. Pensate che dei 35 pazienti diabetici, 15 avevano bisogno di insulina, un’altra terapia che richiede costanza e disponibilità di farmaci.

E qui emerge un altro dato preoccupante: la conoscenza della propria malattia e del trattamento. Solo circa la metà dei pazienti (52.5%) aveva visto un nefrologo o un medico specialista negli ultimi sei mesi. E quando abbiamo sondato la loro comprensione dell’ESKD e della dialisi, i risultati sono stati allarmanti. Solo un terzo (32.7%) sembrava avere una piena consapevolezza delle questioni legate alla malattia. Riguardo alla dialisi stessa, quasi la metà (42.6%) aveva dubbi su alcuni aspetti e quasi un quarto (24.8%) aveva diverse convinzioni errate. Questo basso livello di “alfabetizzazione sanitaria” è un problema serio, specialmente in un contesto con così pochi specialisti (ricordiamo: solo 1 nefrologo pediatrico e 3 per adulti per tutta l’area!). Una buona comprensione della malattia è fondamentale per l’autogestione e per seguire correttamente le terapie.

Cosa Rende l’Accesso Più Difficile?

Analizzando i dati, abbiamo visto che alcuni fattori sono significativamente associati alla probabilità di saltare le sedute di dialisi. Non sorprende che lo status di sfollato (p=0.022), l’aver dovuto traslocare a causa dell’insicurezza (p=0.014) e la frequenza di questi traslochi (p=0.046) siano fortemente legati a maggiori difficoltà di accesso. Chi si è dovuto spostare per l’insicurezza ha una probabilità 4.5 volte maggiore di saltare sedute rispetto a chi è rimasto stanziale.

Anche l’aver utilizzato più centri dialisi durante l’anno è associato a maggiori interruzioni (p=0.002), probabilmente perché riflette una situazione di maggiore instabilità generale. Questi pazienti hanno una probabilità 3.8 volte maggiore di mancare appuntamenti. C’è anche un’associazione con il livello di istruzione (p=0.024), suggerendo che chi ha livelli di istruzione più bassi (e potenzialmente minore alfabetizzazione sanitaria) incontra maggiori ostacoli, anche se l’analisi più approfondita mostra che questa tendenza non raggiunge la significatività statistica netta per tutte le categorie rispetto a chi ha un diploma o più.

Primo piano dettagliato di una macchina per emodialisi in funzione all'interno di una clinica semplice nel Nord-Ovest della Siria. Si vedono i tubi con il sangue che scorre e il monitor con i parametri vitali. L'ambiente è pulito ma essenziale. Illuminazione controllata e focalizzata sulla macchina. Macro lens, 100mm, high detail, precise focusing, controlled lighting.

Non Solo in Siria: Un Problema Globale nelle Crisi

È importante sottolineare che le difficoltà incontrate dai pazienti in dialisi nel Nord-Ovest della Siria non sono un caso isolato. Problemi simili – interruzioni delle forniture, danni alle infrastrutture, mancanza di personale specializzato, difficoltà di accesso – sono stati documentati in altre zone di conflitto recenti come il Sudan, l’Etiopia (Tigray), l’Ucraina e persino in paesi colpiti da gravi crisi economiche come il Libano. La cura della dialisi è complessa e vulnerabile, e le crisi umanitarie la mettono a durissima prova ovunque.

Resilienza e Passi Avanti: Cosa Possiamo Fare?

Nonostante tutto, quello che emerge da questo studio è anche una straordinaria resilienza, sia da parte dei pazienti che del personale sanitario e delle organizzazioni che cercano di mantenere attivi i servizi. Il lavoro svolto dalla task force per l’emodialisi, supportata dall’OMS e da diverse ONG, ha già portato a miglioramenti nella qualità delle cure e nel controllo delle infezioni attraverso formazione e standardizzazione.

Ma c’è ancora tanto da fare. I risultati del nostro studio suggeriscono alcune azioni chiave, fattibili anche in contesti a basse risorse:

  • Migliorare l’alfabetizzazione sanitaria: Implementare programmi educativi specifici per i pazienti nei centri dialisi, magari usando materiale semplice, visivo, o persino la tecnologia mobile dove possibile. Coinvolgere maggiormente i tecnici di dialisi in questo ruolo educativo potrebbe essere una strategia.
  • Rafforzare il coordinamento tra centri: Creare sistemi (anche semplici, come gruppi WhatsApp sicuri o registri condivisi basilari) per condividere informazioni sui pazienti quando devono spostarsi o un centro chiude, garantendo così una maggiore continuità.
  • Protocolli di follow-up strutturati: Data la scarsità di nefrologi, definire protocolli chiari per il monitoraggio dei pazienti, magari affidando compiti specifici a medici internisti o generalisti formati ad hoc per la gestione di base.
  • Supporto logistico: Dove possibile, rafforzare o espandere le opzioni di trasporto gratuito o a basso costo per i pazienti.
  • Pianificazione di emergenza: Integrare le necessità specifiche della dialisi nei piani di risposta umanitaria più ampi, assicurando che le forniture e il supporto a questi servizi siano considerati prioritari.

Fotografia di un medico o infermiere che controlla attentamente i parametri di un paziente durante una seduta di emodialisi in un centro nel Nord-Ovest della Siria. L'operatore sanitario indossa dispositivi di protezione. L'atmosfera è di cura e concentrazione nonostante l'ambiente semplice. Obiettivo 50mm, luce morbida ma direzionale, profondità di campo media per includere sia l'operatore che parte della macchina. Photorealistic, medical setting, 50mm lens, controlled lighting, depth of field.

La strada è ancora lunga e complessa. La recente caduta del regime di Assad potrebbe aprire nuove possibilità, forse anche per opzioni come il trapianto di rene in futuro, ma nell’immediato la priorità è garantire che chi oggi dipende dalla dialisi possa continuare a ricevere questo trattamento salvavita, nonostante la guerra e le sue conseguenze. È una questione di dignità umana e di diritto alla salute, anche, e soprattutto, nelle circostanze più difficili.

Fonte: Springer

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