Diagnosi Neurologiche: La Rivoluzione Multi-Omica che Guarda Oltre il DNA
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un viaggio affascinante nel cuore della diagnosi medica, un campo dove le sfide sono tante, ma le scoperte possono davvero cambiare la vita delle persone. Immaginate di trovarvi di fronte a un puzzle complicatissimo, una malattia neurologica dello sviluppo (NDD) in un bambino, senza riuscire a trovare il pezzo mancante che spieghi il perché. Ecco, questo è il punto di partenza per molti pazienti e le loro famiglie.
Le NDD sono condizioni croniche che toccano aree cruciali come la cognizione, le capacità motorie, il comportamento e la comunicazione. Spesso i sintomi sono sfumati, mascherati dalla crescita stessa del bambino, rendendo la diagnosi un vero percorso a ostacoli. Identificare la causa genetica precisa è fondamentale, non solo per dare un nome alla malattia, ma per aprire le porte a cure personalizzate e trattamenti mirati.
Negli ultimi anni, le tecnologie di sequenziamento di nuova generazione (NGS), come il sequenziamento dell’intero esoma (WES) o dell’intero genoma (WGS), hanno fatto passi da gigante. Ci hanno permesso di “leggere” il DNA dei pazienti come mai prima d’ora, portando il tasso di diagnosi per le malattie neurologiche rare intorno al 35-40%. Un risultato notevole, certo, ma che lascia ancora una fetta enorme di pazienti (oltre il 60%!) senza una risposta. Perché?
Il Muro delle Varianti di Significato Incerto (VUS)
Uno dei problemi principali è che l’analisi del DNA spesso ci restituisce una marea di “varianti di significato incerto”, le cosiddette VUS. Si tratta di piccole differenze nel codice genetico che non sappiamo se siano innocue peculiarità individuali o la causa scatenante della malattia. Interpretare queste VUS è una delle sfide più grandi, specialmente per popolazioni non europee, per le quali abbiamo meno dati di confronto. Si stima che le VUS contribuiscano a quasi un terzo dei casi che rimangono irrisolti dopo l’analisi genetica standard.
Rianalizzare i dati del DNA a distanza di tempo, usando database aggiornati e nuove informazioni cliniche, aiuta a risolvere circa un 12% in più di casi. Ma per andare oltre, dobbiamo guardare più in profondità, superare il livello del DNA.
Entra in Scena la Multi-Omica: RNA e Proteine come Detective
E se vi dicessi che la chiave potrebbe essere nascosta non solo nel progetto (il DNA), ma anche in come quel progetto viene letto ed eseguito? Qui entrano in gioco altre “omiche”: la trascrittomica (lo studio dell’RNA, il messaggero che porta le istruzioni dal DNA alle “fabbriche” cellulari) e la proteomica (lo studio delle proteine, le molecole che svolgono materialmente le funzioni cellulari).
L’idea, che potremmo definire un approccio “outlier” (cioè, alla ricerca di ciò che è fuori norma), è semplice ma potente: cercare nei pazienti livelli o sequenze di RNA e proteine che siano significativamente diversi rispetto a quelli di individui sani. Queste anomalie, questi “outlier”, possono essere la spia che ci indica dove guardare nel DNA, aiutandoci a capire se una VUS è davvero problematica o a scovare varianti sfuggite alla prima analisi.
Per farlo, abbiamo usato software specifici: DROP per l’RNA (che cerca espressione anomala, splicing aberrante e espressione monoallelica) e PROTRIDER per le proteine (che individua livelli proteici anomali). Entrambi si basano su algoritmi statistici sofisticati, capaci di “ripulire” i dati da fattori confondenti e far emergere le vere anomalie.

La Nostra Esperienza: Un Tuffo nei Dati di 34 Pazienti
Abbiamo applicato questo approccio multi-omico a 34 pazienti, bambini e giovani adulti, con disturbi neurologici dello sviluppo rimasti senza diagnosi nonostante analisi genetiche approfondite, incluso il WES. Abbiamo prelevato piccole biopsie cutanee per ottenere fibroblasti, cellule che, sorprendentemente, esprimono una vasta gamma di geni, inclusi molti legati a malattie rare, rendendole un’ottima risorsa per questo tipo di studi.
Dai fibroblasti abbiamo estratto RNA e proteine e li abbiamo analizzati con RNA-seq (per la trascrittomica) e spettrometria di massa quantitativa (LC-MS, per la proteomica). Abbiamo confrontato i dati di ogni paziente con quelli di controlli sani per identificare gli “outlier”.
I risultati? Siamo riusciti a dare una diagnosi a 11 dei 34 pazienti (il 32%)! Un passo avanti enorme per queste famiglie. Di questi 11 casi:
- In 5 casi (15%), la diagnosi è stata direttamente guidata dalle anomalie trovate nell’RNA o nelle proteine grazie all’approccio outlier.
- Negli altri 6 casi, la soluzione è arrivata rianalizzando i dati dell’esoma alla luce delle conoscenze scientifiche più recenti (nuove associazioni gene-malattia emerse in letteratura).
Decifrare i VUS: Quando le Proteine Parlano
La proteomica si è rivelata particolarmente preziosa per interpretare quelle VUS che non alterano l’RNA ma impattano direttamente sulla proteina, ad esempio rendendola instabile.
Nel caso SF269, abbiamo trovato livelli significativamente bassi della proteina SHMT2. Questo ci ha spinto a riconsiderare due varianti missenso (che cambiano un singolo “mattone” della proteina) nel gene SHMT2, precedentemente classificate come VUS. L’anomalia proteica suggeriva fortemente che queste varianti compromettessero la stabilità della proteina, fornendo l’evidenza mancante per classificarle come patogeniche.
Un altro caso interessante è SF231. Qui, una riduzione dei livelli della proteina GARS1 (inizialmente rilevata come outlier, anche se poi il dato finale era al limite della significatività statistica) ci ha messo sulla pista giusta. Siamo andati a rivedere i dati WES con più attenzione e abbiamo scovato una piccola inserzione nel gene GARS1 che era sfuggita alla prima analisi e che spiegava perfettamente i sintomi del paziente.
L’RNA Svela Segreti Nascosti
Anche la trascrittomica ha giocato un ruolo chiave.
Nel caso SF185, l’analisi dell’RNA ha mostrato che una variante missenso nel gene MSTO1 era espressa quasi da sola (espressione monoallelica). Questo suggeriva un problema nell’altra copia del gene. Riguardando i dati, abbiamo trovato una variante in una regione di splicing che causava la produzione di un RNA difettoso, spiegando l’espressione sbilanciata e confermando la diagnosi.
Nel caso SF188, abbiamo osservato un’anomala sovraespressione di ben 26 geni degli istoni (proteine fondamentali per impacchettare il DNA). Questo pattern insolito ci ha guidato verso varianti nel gene RNU7-1, noto per essere coinvolto nella processazione dell’RNA degli istoni e associato alla sindrome di Aicardi-Goutières, compatibile con il quadro clinico del paziente.
Infine, nel caso SF197, abbiamo trovato livelli bassissimi sia di RNA che di proteina per il gene GFM1. Questo ci ha portato a scoprire una delezione di 100.000 basi nel DNA, non nel gene stesso ma in una regione vicina contenente degli “interruttori” (enhancer) che ne regolano l’espressione. Una scoperta impossibile con la sola analisi dell’esoma standard.

Non Solo Diagnosi: Verso la Medicina di Precisione
Questo approccio multi-omico non si ferma alla diagnosi. Capire come una variante genetica causa la malattia a livello di RNA e proteine ci apre le porte a una comprensione più profonda dei meccanismi patologici. E questo è fondamentale per sviluppare terapie mirate.
Ad esempio, identificare specifiche alterazioni dell’RNA potrebbe suggerire l’uso di terapie basate su oligonucleotidi antisenso (ASO), molecole progettate per correggere specifici difetti dell’RNA.
Inoltre, riconoscere che diverse malattie genetiche convergono su pathway biologici comuni (come le “interferonopatie” nel caso della sindrome di Aicardi-Goutières, o le “Rasopatie” e le “mTORopatie”) apre la strada al riposizionamento di farmaci: usare medicinali già approvati per altre condizioni per trattare malattie rare che condividono lo stesso meccanismo alterato. Questo è cruciale per le malattie rare, spesso orfane di investimenti specifici per lo sviluppo di nuovi farmaci.
Sfide e Orizzonti Futuri
Certo, la strada non è priva di ostacoli. Una sfida importante è che le linee guida ufficiali (come quelle dell’ACMG) non hanno ancora standardizzato l’uso della proteomica per classificare le varianti genetiche. Servono più studi e dati per stabilire criteri robusti.
Un’altra limitazione è legata al tessuto analizzato. I fibroblasti sono utili, ma non tutti i geni sono attivi in queste cellule. Tecnologie future, come la riprogrammazione dei fibroblasti in neuroni, potrebbero ampliare ulteriormente le nostre capacità diagnostiche.
Nonostante queste sfide, credo fermamente che l’integrazione della multi-omica nella pratica clinica sia il futuro. Offre una speranza concreta a tante famiglie che affrontano l’odissea diagnostica delle malattie rare. Ridurre i tempi per una diagnosi non solo allevia l’incertezza, ma può anche ridurre i costi sanitari e migliorare l’accesso a cure appropriate.
Il nostro lavoro su questo gruppo di pazienti con disturbi neurologici dimostra il potenziale di questo approccio integrato. Combinando la rianalisi dell’esoma con le informazioni funzionali fornite da trascrittomica e proteomica, possiamo davvero iniziare a risolvere alcuni dei puzzle medici più complessi, un passo alla volta. È un campo in rapida evoluzione, e sono entusiasta di vedere dove ci porterà!
Fonte: Springer
