Dentisti sull’Orlo di una Crisi di Nervi: Stress Morale e Paura dell’Ignoto Stanno Svuotando gli Studi?
Ehilà! Vi siete mai chiesti cosa passi per la testa del vostro dentista mentre vi sistema un dente o vi spiega un piano di trattamento? Probabilmente siete concentrati sul fastidio o sull’ansia del momento, ma c’è un mondo di pressioni e dilemmi che molti di noi professionisti del sorriso affrontano quotidianamente. Oggi voglio parlarvi a cuore aperto di due bestie nere che stanno mettendo a dura prova la nostra categoria, soprattutto per chi lavora nel sistema sanitario pubblico (come l’NHS nel Regno Unito, ma le dinamiche sono spesso simili altrove): lo stress morale e l’intolleranza all’incertezza.
Ma cos’è esattamente lo Stress Morale? Un peso invisibile sulla coscienza
Immaginate questa scena: sapete qual è la cosa giusta da fare per un paziente, la cura migliore, quella che eticamente vi sentireste a posto nel consigliare. Però, per qualche motivo – che sia una politica interna, una regola del sistema sanitario, o una questione economica – non potete farla. Ecco, quella sensazione di frustrazione, rabbia, a volte persino colpa, è il cuore dello stress morale. Non è solo un “uffa, che seccatura”, ma un vero e proprio disagio psicologico che nasce quando ci sentiamo impediti ad agire secondo i nostri valori etici.
Per anni si è parlato di stress morale soprattutto per gli infermieri, ma la verità è che tocca un po’ tutte le professioni sanitarie, e noi dentisti non siamo certo immuni. Anzi! Pensateci: spesso ci troviamo a dover bilanciare la salute orale del paziente con la sostenibilità economica dello studio, soprattutto quando si lavora con tariffe imposte o budget limitati. Un collega raccontava: “O devo dire una mezza bugia al paziente, cosa che non farò mai, o devo trovare un modo per dilazionare il trattamento esponendomi a rischi con l’Ordine e tutti gli altri. Oppure semplicemente vado avanti, ci rimetto di tasca mia e la mia famiglia ne soffre“. Capite il dilemma? È come essere tra l’incudine e il martello.
Questo tipo di stress, se ripetuto nel tempo, può avere un “effetto crescendo”, portando a sfiducia, ansia, rabbia, vergogna e, nei casi peggiori, a quello che viene chiamato danno morale (moral injury). È come se la tua integrità venisse erosa giorno dopo giorno. E non pensate che sia la stessa cosa del burnout, anche se spesso vanno a braccetto. Il burnout può derivare da un carico di lavoro eccessivo o da inefficienze del sistema, mentre il danno morale colpisce quando le azioni o le politiche compromettono direttamente la nostra capacità di mettere al primo posto il benessere del paziente.
L’NHS e quel sistema che a volte ti “stritola”
Nel Regno Unito, il sistema delle UDA (Units of Dental Activity) è spesso citato come fonte di enorme stress. In pratica, si viene pagati per “quantità” di attività, non sempre per la “qualità” o la complessità del lavoro. Un dentista ha detto chiaramente: “Le UDA mettono i numeri, i soldi, la produzione, prima di ciò che è buono per il paziente“. Questo crea un conflitto etico costante: fare il trattamento più etico potrebbe significare una perdita finanziaria. E la paura di un’azione disciplinare da parte degli organi di controllo è sempre dietro l’angolo se si cerca di “aggirare” il sistema per fare il bene del paziente.
Non sorprende che alti livelli di stress morale siano collegati all’intenzione di lasciare la professione, a stress traumatico secondario, a fatica da compassione, e persino a problemi di salute come l’abuso di farmaci o alcol. E la qualità delle cure? Ovviamente ne risente, con un aumento degli errori clinici e una generale insoddisfazione per il livello di assistenza fornito.
E l’Incertezza? Quella Compagna Scomoda
Passiamo ora all’altra protagonista della nostra chiacchierata: l’intolleranza all’incertezza (IU). L’incertezza fa parte della vita, no? Ma per alcuni, l’incapacità di tollerare situazioni ambigue o l’assenza di informazioni chiare può diventare una fonte significativa di ansia e stress. È come se il cervello andasse in tilt di fronte al “non sapere cosa succederà”.
Pensate alla nostra pratica clinica: ogni giorno è pieno di piccole e grandi incertezze. “Il paziente avrà capito davvero le opzioni di trattamento?“, “Cosa succederà se questo dente si frattura mentre metto la diga?“, “E se ricevo una lettera da un avvocato per presunta negligenza?“. Queste sono tutte situazioni che possono scatenare ansia, soprattutto in chi ha una bassa tolleranza all’incertezza. La sensazione di non avere il controllo è terribile. Un collega diceva: “Sei abituato ad avere il controllo… quando lo perdi… è lì che entri in un’area difficile“.
L’IU è associata a preoccupazione cronica, ansia generalizzata, depressione e, indovinate un po’, anche al burnout. Per noi dentisti, la paura dell’ignoto e la perdita di controllo in ambito clinico sono trigger potentissimi. Non ci sono ancora tantissime ricerche specifiche su dentisti e IU, ma alcuni strumenti di valutazione dell’ansia, come la scala DACSS-R, contengono item che toccano proprio questi punti nevralgici.
Come si gestiscono queste “rogne”?
Gli esperti suggeriscono di categorizzare le situazioni incerte per capire come affrontarle. Ci sono:
- Problemi ipotetici: “Se il mio studio fallisce, il mio partner mi lascerà, i miei figli mi odieranno…” (il classico film mentale catastrofico).
- Situazioni reali, non modificabili dalla persona: “Non riesco a rendere questo studio redditizio con le attuali tariffe NHS e non ho modo di influenzarle”.
- Incertezze genuine, non modificabili: “Cosa succederà all’odontoiatria dopo le elezioni? Avremo mai un nuovo contratto che ci permetta di lavorare serenamente nell’NHS?”.
- Situazioni reali, contemporanee, potenzialmente modificabili: “Il mio studio non è redditizio”. Qui si può applicare il problem-solving: “Potrei chiedere ai pazienti se vogliono aderire a un piano di pagamento? Potrei assumere un igienista? Rinnovare lo studio per attirare più pazienti privati?”.
Interagire con gli organi di regolamentazione, come il General Dental Council (GDC) nel Regno Unito, crea ulteriore incertezza. In teoria, rispettare l’etica dovrebbe tranquillizzare, ma in pratica, le preoccupazioni per reclami, contenziosi e controlli generano molta ansia. Sono stress reali, cronici e spesso al di fuori del controllo del singolo dentista. La conseguenza? Molti vedono la fuga come unica soluzione: lasciare l’NHS, abbandonare del tutto la professione o, in casi estremi, pensieri ancora più cupi.
È più facile gestire lo stress clinico, quello che puoi modificare con le tue azioni (prenderti più tempo, cambiare piano di trattamento, riferire un caso complesso), rispetto allo stress che viene da “fuori”, come contratti e soldi, su cui senti di non avere potere.
Cosa ci Riserva il Futuro? Una Chiamata all’Azione
Lo so, il quadro che ho dipinto non è dei più rosei. Ma è fondamentale parlare di queste cose. Lo stress morale e l’intolleranza all’incertezza sono due macigni pesantissimi per noi dentisti. C’è un bisogno urgente di ricerca per capire a fondo i livelli di danno e stress morale nella nostra professione, specialmente considerando le sfide uniche poste da certi sistemi tariffari, come quello dell’NHS.
I risultati di queste ricerche potrebbero, e dovrebbero, informare lo sviluppo di nuovi accordi contrattuali, mirati ad alleviare i dilemmi morali, lo stress e le incertezze finanziarie che affrontiamo. Immaginate una forza lavoro meno stressata, meno ansiosa, meno incline al burnout. Dentisti che non sentono il bisogno di fuggire nel privato per una vita “migliore”, e magari alcuni che considerano persino di tornare a servire la sanità pubblica.
Inoltre, studiare l’intolleranza all’incertezza tra di noi potrebbe aiutarci a sviluppare strategie di coping più efficaci per gestire le inevitabili ambiguità della pratica clinica quotidiana. Perché alla fine, il nostro benessere si riflette direttamente sulla qualità delle cure che offriamo ai nostri pazienti. E questo, credetemi, è quello che ci sta più a cuore.
Fonte: Springer