Immagine al microscopio elettronico del batterio Pasteurella multocida, con dettagli della sua struttura cellulare e della capsula. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione controllata per evidenziare le caratteristiche morfologiche rilevanti per la sua virulenza.

Fis Disarmato: Come un Gene “Messo KO” Rende Pasteurella Meno Cattiva e Protegge i Nostri Amici Topi!

Ciao a tutti, appassionati di scienza e curiosi di ogni età! Oggi voglio raccontarvi una storia affascinante che arriva direttamente dal mondo microscopico dei batteri, una di quelle scoperte che ci fa dire “Wow, la natura è incredibile!”. Parliamo di un batterio un po’ birichino, il cui nome scientifico è Pasteurella multocida. Non fatevi ingannare dal nome complesso, perché quello che fa è piuttosto semplice da capire: causa un sacco di guai agli animali, sia domestici che selvatici. Pensate a malattie come la setticemia emorragica negli ungulati, il colera aviario nel pollame o la rinite atrofica nei maiali. Insomma, un tipetto con cui è meglio non avere a che fare, e che purtroppo provoca anche ingenti perdite economiche.

Un “Interruttore” Chiamato Fis

Ora, dovete sapere che i batteri, come tutti gli esseri viventi, hanno un loro “manuale di istruzioni” genetico, il DNA. All’interno di questo manuale ci sono dei geni che funzionano un po’ come interruttori o direttori d’orchestra, regolando un sacco di attività. Uno di questi “direttori” in Pasteurella multocida si chiama Fis (acronimo che sta per “Factor for inversion stimulation”, ma non preoccupatevi troppo del nome tecnico). Fis è una proteina che si lega al DNA e, nel nostro batterio, gioca un ruolo chiave nel regolare la produzione della capsula. Cos’è la capsula? Immaginatela come uno scudo, un mantello protettivo che il batterio usa per difendersi e sopravvivere meglio nell’ospite. Più capsula ha, più è “cattivo”, cioè virulento.

La cosa interessante è che i ricercatori hanno notato che i livelli del gene fis aumentavano parecchio quando P. multocida si trovava all’interno di un organismo infettato. Questo ha fatto suonare un campanello d’allarme: e se Fis fosse uno dei principali responsabili della “cattiveria” di questo batterio?

L’Esperimento: Togliamo di Mezzo Fis!

Per capirci di più, gli scienziati hanno fatto una cosa tanto semplice nel concetto quanto complessa nella pratica: hanno creato una versione di Pasteurella multocida (chiamata PmCQ2, un ceppo di sierotipo A) a cui era stato rimosso il gene fis. Hanno usato una tecnica chiamata ricombinazione omologa, un po’ come fare un “taglia e cuci” genetico di precisione. Hanno poi confrontato questo batterio “modificato” (che chiameremo Δfis, dove delta sta per delezione) con quello originale.

E qui le cose si sono fatte davvero interessanti! Ecco cosa hanno scoperto:

  • Crescita più lenta: Il batterio senza Fis (Δfis) cresceva più lentamente rispetto al suo cugino “selvaggio”. Un primo indizio che qualcosa era cambiato.
  • Meno capsula, più biofilm: Come sospettato, Δfis produceva molta meno capsula. Meno scudo, quindi! Curiosamente, però, produceva più biofilm. Il biofilm è una specie di “cittadella” che i batteri costruiscono per proteggersi, ma in questo contesto, la riduzione della capsula sembrava avere un impatto maggiore sulla virulenza.
  • Problemi col ferro: Questa è una delle scoperte più fighe, secondo me! I batteri, per vivere e prosperare, hanno bisogno di ferro, proprio come noi. P. multocida è abile a “rubare” il ferro dall’ospite, anche quello legato a molecole come l’eme (presente nell’emoglobina). Bene, il ceppo Δfis ha mostrato di non essere più capace di utilizzare il ferro legato! Sembra che Fis regoli i recettori per l’emoglobina, delle specie di “mani” che il batterio usa per afferrare queste molecole ricche di ferro. Senza Fis, niente “mani” efficienti, niente ferro extra. Davvero un brutto colpo per il batterio!

Immagine macro di colonie del batterio Pasteurella multocida su una piastra di Petri, obiettivo macro 90mm, alta definizione, illuminazione da laboratorio controllata per evidenziare la struttura batterica e la differenza di crescita tra ceppi.

Meno Virulenza: I Topi Ringraziano!

Ok, tutte queste osservazioni in laboratorio sono belle, ma la vera prova del nove è vedere cosa succede in un organismo vivente. E così, i nostri amici topi sono entrati in scena. Quando i topi sono stati infettati con il ceppo Δfis, la loro tasso di sopravvivenza è stato significativamente più alto rispetto a quelli infettati con il batterio originale. Per darvi un’idea, la dose letale 50% (LD50), cioè la quantità di batteri necessaria per uccidere il 50% degli animali, per il ceppo Δfis era enormemente più alta (2.37 × 108 CFU) rispetto al ceppo originale (appena 1 CFU!). Praticamente, il batterio senza Fis era diventato quasi innocuo.

Non solo: nei topi infettati con Δfis, i livelli di alcune molecole infiammatorie (come TNF-α e IL-6) nei polmoni erano molto più bassi. Meno infiammazione significa meno danni ai tessuti e un decorso della malattia più lieve. E, come se non bastasse, la quantità di batteri trovata negli organi dei topi infettati con Δfis era decisamente inferiore. Sembrava proprio che il sistema immunitario riuscisse a gestire molto meglio questo batterio “depotenziato”.

Un altro esperimento interessante ha riguardato i macrofagi, le nostre cellule “spazzine” che inglobano e distruggono i batteri. Il ceppo Δfis, privo della sua robusta capsula e forse più “visibile” al sistema immunitario, veniva fagocitato (cioè “mangiato”) più facilmente dai macrofagi rispetto al batterio originale. Togliere Fis, insomma, ha reso P. multocida molto meno bravo a nascondersi e a resistere alle difese dell’ospite.

Una Speranza per un Vaccino?

A questo punto, i ricercatori si sono chiesti: se questo ceppo Δfis è così poco virulento ma conserva ancora delle caratteristiche del batterio originale, potrebbe essere usato come vaccino attenuato? Un vaccino attenuato contiene una versione viva ma indebolita del patogeno, capace di stimolare il sistema immunitario a produrre una risposta protettiva senza causare la malattia vera e propria.

Hanno quindi immunizzato dei topi con il ceppo Δfis vivo e poi li hanno “sfidati” infettandoli con ceppi virulenti di P. multocida, sia di sierotipo A (lo stesso da cui derivava Δfis) che di sierotipo B (un tipo diverso, ma altrettanto pericoloso). I risultati sono stati entusiasmanti! I topi vaccinati con Δfis vivo hanno mostrato una protezione del 100% contro il sierotipo A e addirittura del 90% contro il sierotipo B! Questa si chiama protezione crociata, ed è importantissima perché significa che un singolo vaccino potrebbe proteggere da più varianti del batterio.

Hanno anche provato a usare Δfis inattivato (cioè ucciso), ma la protezione, specialmente contro il sierotipo B, era molto inferiore (solo il 30%). Questo suggerisce che la presenza del batterio vivo, seppur attenuato, stimola una risposta immunitaria più completa e robusta.

Visualizzazione artistica ma scientificamente accurata di un filamento di DNA batterico con una sezione evidenziata in rosso per rappresentare il gene 'fis' deleto, e ioni di ferro che fluttuano inutilizzati nelle vicinanze. Obiettivo macro 70mm, illuminazione drammatica per enfatizzare i dettagli molecolari e il concetto di inutilizzo del ferro.

Gli anticorpi prodotti dai topi vaccinati con Δfis vivo sono rimasti alti per almeno 90 giorni, indicando una memoria immunologica duratura. Perché questa protezione crociata? Probabilmente perché, anche senza Fis e con meno capsula, il batterio Δfis espone altre proteine che sono comuni a diversi sierotipi, permettendo al sistema immunitario di “imparare” a riconoscere un nemico più ampio.

Cosa Ci Insegna Questa Storia?

Questa ricerca è un bellissimo esempio di come, studiando i meccanismi fondamentali della vita batterica, possiamo trovare nuove strategie per combattere le malattie. Il gene fis si è rivelato un vero e proprio “tallone d’Achille” per Pasteurella multocida. La sua delezione non solo riduce drasticamente la capacità del batterio di causare malattie (influenzando crescita, capsula, acquisizione del ferro e resistenza ai macrofagi), ma apre anche la strada allo sviluppo di un candidato vaccinale vivo attenuato con un potenziale di protezione ampio, contro diversi sierotipi.

Pensate alle implicazioni per la salute animale e per l’industria zootecnica! Un vaccino efficace e ad ampio spettro contro P. multocida sarebbe una vera manna dal cielo. Certo, la strada dalla ricerca di base all’applicazione pratica è ancora lunga, ma studi come questo ci danno una speranza concreta.

La scienza, amici miei, è un’avventura continua. Ogni gene, ogni proteina, ogni interazione può nascondere segreti che, una volta svelati, possono migliorare la vita sul nostro pianeta. E chissà quante altre proteine “Fis” aspettano solo di essere scoperte in altri batteri!

Micrografia elettronica a scansione simulata, molto dettagliata, di un macrofago (grande cellula immunitaria) che sta attivamente fagocitando, o inglobando, piccoli batteri Pasteurella multocida (ceppo Δfis, meno capsulato). Obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione che accentua le membrane cellulari e i batteri, evidenziando l'efficacia del sistema immunitario contro il ceppo modificato.

Per chi volesse approfondire, lo studio ha anche analizzato nel dettaglio quali geni legati ai recettori per l’emoglobina fossero sotto il controllo di Fis, trovandone diversi (Pm040, Pm236, Pm300, e altri). Hanno anche provato a “pescare” le proteine che interagiscono direttamente con Fis, ma senza successo per ora, quindi c’è ancora mistero da svelare sul meccanismo molecolare preciso.

In conclusione, disarmare il gene fis sembra essere una strategia promettente per rendere Pasteurella multocida molto meno temibile e, contemporaneamente, per “addestrare” il sistema immunitario a difendersi efficacemente. Una vittoria su due fronti, insomma! E tutto grazie alla curiosità e alla perseveranza dei ricercatori. Non è fantastico?

Fotografia di topi da laboratorio sani e vivaci in una gabbia pulita e ben illuminata, uno dei quali riceve delicatamente un'iniezione da una siringa tenuta da una mano guantata di un ricercatore (volto non visibile per focus sull'azione). Obiettivo 50mm, profondità di campo per mettere a fuoco l'azione della vaccinazione, illuminazione chiara e sterile da laboratorio, a simboleggiare la protezione vaccinale.

Spero che questo viaggio nel mondo della microbiologia vi sia piaciuto. Alla prossima scoperta!

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *