Robot Riabilitativi e AI: La Mia Sfida alla Cinematica Inversa con il Deep Learning
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un’avventura affascinante nel mondo della robotica riabilitativa, un campo dove tecnologia e medicina si incontrano per aiutare le persone a recuperare funzionalità preziose. In particolare, vi racconterò come abbiamo affrontato una delle sfide più toste: il controllo preciso di robot complessi pensati per la riabilitazione dell’arto superiore, come quelli usati dopo un ictus.
Il Problema: Far Muovere i Robot Come Vogliamo Noi
Immaginate un braccio robotico progettato per aiutare un paziente a muovere il braccio e la spalla. Per essere efficace, questo robot deve poter posizionare la mano del paziente (quello che chiamiamo “end-effector”) in punti precisi dello spazio, seguendo traiettorie fluide e naturali. Questo è fondamentale per esercizi riabilitativi mirati.
Il problema è che noi controlliamo il robot agendo sui suoi motori, che corrispondono alle “articolazioni” (i giunti). Sapere dove finirà la mano dati certi angoli dei giunti è relativamente facile, si chiama cinematica diretta. Ma fare il contrario, cioè calcolare quali angoli dare ai giunti per portare la mano in un punto desiderato, è un bel rompicapo. Questo è il problema della cinematica inversa (IK).
Perché è così difficile? Perché le equazioni che legano la posizione della mano agli angoli dei giunti sono spesso complesse, non lineari, e a volte possono avere più soluzioni (il robot può raggiungere lo stesso punto con diverse configurazioni di giunti) o addirittura nessuna! I metodi tradizionali, come quelli analitici (basati su formule matematiche dirette) o numerici (che cercano la soluzione per tentativi ed errori), hanno i loro limiti:
- Complessità computazionale: Richiedono molti calcoli, il che può essere un problema per il controllo in tempo reale.
- Singolarità: Ci sono configurazioni particolari del robot dove questi metodi vanno in crisi.
- Adattabilità: Spesso sono specifici per un design di robot e faticano ad adattarsi a robot diversi o alle esigenze specifiche di un paziente.
Per robot complessi come quelli per la riabilitazione dell’arto superiore, che spesso hanno 6 gradi di libertà (DOF) per mimare la spalla, il gomito e il polso, queste sfide diventano ancora più grandi.
La Svolta: E se Insegnassimo al Robot? Entra in Scena il Deep Learning
Qui entra in gioco la mia passione: l’intelligenza artificiale, e in particolare il deep learning. E se invece di cercare formule complicate, potessimo “insegnare” a un modello computazionale a capire la relazione tra la posizione della mano e gli angoli dei giunti, semplicemente mostrandogli tantissimi esempi?
Questa è l’idea alla base del nostro lavoro. Abbiamo pensato: perché non usare una rete neurale profonda per risolvere il problema della cinematica inversa? I modelli di deep learning sono bravissimi a scovare pattern complessi e relazioni non lineari nascoste nei dati, proprio quello che serve a noi!
Tra le varie architetture di deep learning, abbiamo puntato sulle reti LSTM (Long Short-Term Memory). Perché proprio le LSTM? Perché sono particolarmente adatte a lavorare con dati sequenziali, come le traiettorie di movimento. Un esercizio riabilitativo non è solo raggiungere un punto, ma muoversi fluidamente lungo un percorso. Le LSTM hanno una sorta di “memoria” che permette loro di tenere conto dei movimenti precedenti per prevedere quelli successivi, garantendo traiettorie più lisce e naturali. Inoltre, sono più robuste rispetto ad altri tipi di reti ricorrenti (RNN) quando si tratta di imparare dipendenze a lungo termine, evitando alcuni problemi tecnici come il “vanishing gradient”.
Il Nostro Robot e Come Abbiamo Addestrato l’AI
Il protagonista della nostra ricerca è un robot per la riabilitazione dell’arto superiore a 6 gradi di libertà. Questo significa che può muoversi in modo molto simile a un braccio umano, con:
- 3 gradi di libertà per la spalla (flessione/estensione, abduzione/adduzione, rotazione interna/esterna)
- 1 grado di libertà per il gomito (flessione/estensione)
- 2 gradi di libertà per il polso (abduzione/adduzione, pronazione/supinazione)
Abbiamo anche realizzato un primo prototipo fisico, utilizzando la stampa 3D, che può essere adattato alle dimensioni del paziente e operare sia in modalità passiva (guidando il movimento) che attiva (assistendo il movimento del paziente).
Ma come abbiamo “insegnato” alla nostra rete LSTM?
- Generazione dei Dati: Abbiamo creato un enorme dataset. Usando la cinematica diretta (quella facile!), abbiamo generato 8000 set casuali di angoli dei giunti, coprendo tutte le possibili configurazioni del robot all’interno dei suoi limiti operativi. Per ogni set di angoli, abbiamo calcolato la posizione e l’orientamento corrispondente dell’end-effector (la “mano” del robot).
- Preparazione dei Dati: Abbiamo “appiattito” le matrici di trasformazione che descrivono la posizione/orientamento e normalizzato tutti i valori (portandoli in un range tra 0 e 1) per aiutare la rete neurale a imparare meglio.
- Architettura LSTM: Abbiamo costruito un modello LSTM con due strati nascosti e uno strato finale “denso” (fully connected) per predire i 6 angoli dei giunti.
- Addestramento: Abbiamo addestrato il modello usando questo dataset, chiedendogli di minimizzare l’errore quadratico medio (MSE) tra gli angoli predetti e quelli reali. Abbiamo usato un ottimizzatore chiamato Adam e tecniche come l'”early stopping” per evitare che il modello imparasse troppo a memoria i dati di training (overfitting) senza generalizzare bene. L’80% dei dati è stato usato per l’addestramento vero e proprio, il 10% per la validazione durante l’addestramento e il restante 10% per il test finale.
I Risultati: Funziona Davvero?
E ora, la parte più emozionante: i risultati! Come se l’è cavata il nostro modello LSTM? Devo dire, in modo eccellente!
Abbiamo confrontato gli angoli dei giunti predetti dal modello con quelli reali per un migliaio di posizioni diverse, coprendo l’intero spazio di lavoro del robot. Le corrispondenze erano incredibilmente vicine! Per darvi un’idea, abbiamo raggiunto accuratezze specifiche per ogni giunto che vanno dall’85% al 93%. Fantastico!
Abbiamo anche visualizzato la distribuzione degli errori assoluti: la maggior parte degli errori era vicinissima allo zero, confermando la precisione del modello. Confrontando il nostro approccio basato su LSTM con un metodo analitico tradizionale e una rete neurale più semplice (Feedforward Neural Network – FFNN), il nostro modello ha mostrato errori medi assoluti (MAE) e deviazioni standard significativamente più bassi. Questo significa non solo più precisione, ma anche più affidabilità.
Ma la vera prova del nove è stata la generazione di traiettorie. Abbiamo dato al modello delle traiettorie desiderate per l’end-effector, sia semplici che complesse (con curve e cambi di velocità), e gli abbiamo chiesto di calcolare la sequenza di angoli dei giunti necessaria per seguirle.
I risultati sono stati impressionanti. Il modello è riuscito a generare traiettorie fluide e precise, seguendo molto da vicino i percorsi desiderati. Certo, abbiamo notato qualche piccola deviazione nei punti di curva più stretta o nei segmenti ad alta velocità, ma nel complesso la performance è stata ottima. E, cosa fondamentale, tutti gli angoli calcolati rimanevano sempre all’interno dei limiti di sicurezza del robot.
Questo successo nella generazione di traiettorie apre scenari importantissimi per la riabilitazione:
- Maggiore Efficacia Terapeutica: Movimenti precisi e fluidi significano esercizi più efficaci.
- Sicurezza del Paziente: Il controllo accurato garantisce che il robot operi sempre entro limiti sicuri.
- Personalizzazione: La capacità del modello di adattarsi a diverse traiettorie apre la porta a terapie veramente personalizzate sulle esigenze del singolo paziente.
Non è Tutto Oro Quel che Luccica? Sensibilità e Prospettive Future
Ovviamente, come in ogni ricerca, ci sono aspetti da considerare. Abbiamo condotto un’analisi di sensibilità per vedere come diverse scelte (funzioni di attivazione, tasso di apprendimento, numero di neuroni) influenzassero le prestazioni. Abbiamo scoperto che funzioni come ReLU e tanh e un tasso di apprendimento basso (0.001) davano i risultati migliori e più stabili. Questo sottolinea come la messa a punto di questi modelli richieda attenzione.
Un limite intrinseco degli approcci basati sul deep learning è che la loro performance dipende fortemente dalla qualità e quantità dei dati di addestramento. Se i dati non coprono bene tutte le situazioni possibili, il modello potrebbe non generalizzare perfettamente. Inoltre, capire *perché* un modello deep learning prende una certa decisione (la sua “interpretabilità”) può essere difficile.
Nonostante queste considerazioni, i risultati sono estremamente promettenti. Abbiamo dimostrato che un approccio basato su LSTM può risolvere efficacemente il complesso problema della cinematica inversa per un robot riabilitativo a 6 DOF, con alta precisione e capacità di generare traiettorie complesse.
Cosa ci riserva il futuro? Il prossimo passo fondamentale sarà testare il nostro modello su pazienti reali, in particolare persone che hanno subito un ictus, per valutarne l’efficacia in scenari clinici concreti. Inoltre, siamo curiosi di esplorare modelli di machine learning ancora più avanzati, come i Transformer o architetture ibride, per vedere se possiamo migliorare ulteriormente le prestazioni.
Questa ricerca è solo un tassello, ma crediamo fermamente che l’unione tra robotica avanzata e intelligenza artificiale possa davvero rivoluzionare il campo della riabilitazione, offrendo terapie più efficaci, personalizzate e accessibili. È un percorso entusiasmante e sono felice di farne parte!
Fonte: Springer