DBT e Autismo Adulto: Navigare le Emozioni, Dati alla Mano
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che sta finalmente ricevendo l’attenzione che merita: come la Terapia Comportamentale Dialettica, meglio nota come DBT, può fare la differenza nella vita degli adulti nello spettro autistico che lottano con la disregolazione emotiva.
Vi è mai capitato di sentirvi sopraffatti dalle emozioni, al punto da non riuscire a gestirle? Ecco, per molte persone autistiche, questa è una sfida quotidiana, spesso complicata da un’altra condizione chiamata alessitimia, ovvero la difficoltà nel riconoscere e dare un nome alle proprie emozioni. Immaginate quanto possa essere difficile regolare qualcosa che non si riesce nemmeno a identificare chiaramente!
La Sfida: Disregolazione Emotiva e Alessitimia nell’Autismo
La ricerca ci dice che la disregolazione emotiva (ED) è piuttosto comune nell’autismo. Le cause? Un mix complesso che può includere vulnerabilità biologiche (come un’ipersensibilità o una reattività emotiva più intensa), un ambiente che magari non ha sempre compreso e validato le esperienze emotive (ambiente invalidante), e le tipiche differenze sensoriali e adattive dell’autismo. Pensate a quanto possa essere impattante essere particolarmente sensibili ai suoni, alle luci o ai cambiamenti: tutto questo può aumentare la reattività emotiva.
Molte persone autistiche sviluppano strategie per far fronte a queste intense emozioni, come i comportamenti auto-calmanti (dondolarsi, sfarfallare le mani – i cosiddetti “stimming”). Questi possono essere meccanismi protettivi fantastici! A volte, però, si può finire per fare affidamento su strategie meno utili a lungo termine, come l’evitamento o la ruminazione, che possono peggiorare la disregolazione. Nei casi più difficili, questo può sfociare in scoppi d’ira, aggressività o, purtroppo, anche comportamenti autolesivi e ideazione suicidaria, un rischio significativamente più alto negli adulti autistici.
Qui entra in gioco l’alessitimia. Se faccio fatica a capire se sono triste, arrabbiato o solo fisicamente a disagio, come posso scegliere la strategia giusta per stare meglio? È come cercare di risolvere un’equazione senza conoscere i numeri. L’alessitimia può portare a fare affidamento su meccanismi di evitamento, rendendo le emozioni negative ancora più difficili da calmare una volta che si sono scatenate.
La Terapia Comportamentale Dialettica (DBT) Entra in Scena
Fortunatamente, non siamo senza strumenti! La DBT è considerata una delle terapie d’elezione per la disregolazione emotiva. Nata originariamente per il Disturbo Borderline di Personalità, si è dimostrata efficace per una varietà di condizioni, e recenti studi ne stanno validando l’utilità anche per le persone autistiche.
Cosa fa la DBT, in parole povere? Ci insegna a:
- Essere presenti nel momento (mindfulness).
- Riconoscere e accettare le emozioni così come arrivano, senza giudizio.
- Agire in modo coerente con i nostri valori e obiettivi, anche quando le emozioni sono forti.
- Utilizzare strategie concrete per regolare le emozioni e tollerare lo stress.
Per rendere la DBT più accessibile alle persone autistiche, spesso vengono usati piccoli adattamenti, come supporti visivi per spiegare concetti astratti o una maggiore attenzione all’ambiente terapeutico e alle sensibilità sensoriali. L’obiettivo è sempre lo stesso: costruire “una vita degna di essere vissuta”.
Come Abbiamo Misurato il Cambiamento? Uno Sguardo da Vicino con EMA e Sensori
Ed eccoci al cuore dello studio che vi racconto oggi. Volevamo capire davvero come la DBT impattasse la vita quotidiana degli adulti autistici con disregolazione emotiva. I soliti questionari compilati a posteriori, sebbene utili, hanno dei limiti: la memoria può ingannare, e per chi ha alessitimia, descrivere le emozioni passate può essere ancora più complicato.
Così, abbiamo usato un approccio chiamato Ecological Momentary Assessment (EMA). Immaginate di ricevere delle notifiche sul cellulare più volte al giorno, per una settimana, che vi chiedono: “Come ti senti ora? Che emozioni provi? Quanto sono intense? Quanto senti di averne il controllo?”. Questo ci dà un quadro molto più realistico e “in tempo reale” dell’esperienza emotiva.
Ma non ci siamo fermati qui! Abbiamo anche chiesto ai partecipanti (26 adulti autistici che hanno seguito un programma DBT standard di 5 mesi) di indossare un braccialetto speciale (l’Empatica E4) che misurava continuamente parametri fisiologici legati alle emozioni:
- Frequenza Cardiaca (HR): Quanti battiti al minuto.
- Variabilità della Frequenza Cardiaca (HRV): La piccola variazione nel tempo tra un battito e l’altro, un indicatore interessante della flessibilità del nostro sistema nervoso autonomo e della capacità di regolazione.
- Conduttanza Cutanea (SCL): Misura la sudorazione della pelle, legata all’attivazione del sistema nervoso simpatico (la nostra risposta “attacco o fuga”).
Abbiamo fatto queste misurazioni sia prima che dopo il percorso di DBT, per vedere cosa fosse cambiato.

Cosa Abbiamo Scoperto? I Risultati Parlano Chiaro (e a Volte Sorprendono)
Allora, cosa ci hanno detto i dati raccolti “sul campo”? I risultati sono stati affascinanti!
Miglioramenti Soggettivi (Cosa hanno riportato le persone):
- Meno confusione emotiva: Dopo la DBT, le persone riportavano molto meno spesso la sensazione di “avere un’emozione che non so nominare”. Un calo significativo, quasi tre volte inferiore! Questo suggerisce un miglioramento nell’identificazione delle emozioni, un aspetto chiave dell’alessitimia.
- Più emozioni positive: C’è stato un aumento significativo nel riportare emozioni come gioia, calma e interesse. Sembra che la DBT aiuti davvero a costruire quella “vita degna di essere vissuta”.
- Maggiore controllo percepito: Le persone sentivano di avere più controllo sulle proprie emozioni dopo la terapia, anche quando l’intensità emotiva (arousal soggettivo) era alta.
- Più emozioni identificate (anche complesse): Sorprendentemente, dopo la DBT, le persone riportavano più spesso di provare emozioni multiple contemporaneamente, incluse quelle “conflittuali” (es. gioia e rabbia insieme). All’inizio potrebbe sembrare strano, ma pensiamo che questo rifletta una maggiore capacità di riconoscere la complessità del proprio panorama emotivo, piuttosto che un peggioramento. Se prima non riuscivo a nominare nulla, ora magari riesco a identificare diverse sfumature, anche contrastanti.
Cosa è Rimasto Stabile (o Quasi):
- Emozioni negative: Non abbiamo trovato differenze significative nei livelli di emozioni negative riportate (come tristezza o ansia) prima e dopo la DBT. Forse 5 mesi sono un tempo relativamente breve per vedere cambiamenti su questo fronte, o forse l’effetto principale è sul controllo più che sulla frequenza.
- “Nessuna emozione”: Anche la frequenza del riportare “non ho emozioni” non è cambiata significativamente. Questo suggerisce che la DBT potrebbe agire più sull’identificazione delle emozioni presenti che sull’esperienza di “vuoto” emotivo, che potrebbe essere legata ad altri aspetti dell’alessitimia.
- Fisiologia di base: Le misure fisiologiche a riposo (HR, HRV, SCL) non hanno mostrato cambiamenti significativi dopo i 5 mesi di DBT. Questo non significa che la DBT non abbia effetto a livello corporeo, ma forse ci vuole più tempo, o forse i cambiamenti sono più sottili e legati a momenti specifici di stress piuttosto che alla baseline generale misurata in questo modo.
Un Legame Interessante:
Abbiamo però trovato una correlazione positiva tra l’intensità emotiva soggettiva riportata (arousal) e la variabilità della frequenza cardiaca (HRV). Di solito, un HRV più alto è associato a stati di calma. Questo risultato inatteso potrebbe indicare una maggiore capacità del sistema fisiologico di adattarsi a stati emotivi intensi dopo la DBT, ma è un’ipotesi che necessita di ulteriori indagini.
Infine, i questionari tradizionali compilati prima e dopo la terapia hanno confermato i miglioramenti: i punteggi relativi alle difficoltà di regolazione emotiva (DERS) e all’alessitimia (GAFS-8) sono diminuiti significativamente.

Interpretare i Dati: Cosa Significa Tutto Questo?
Mettendo insieme i pezzi, questo studio pilota suggerisce fortemente che la DBT è uno strumento prezioso per gli adulti autistici. Sembra migliorare significativamente la consapevolezza emotiva (riducendo l’alessitimia legata all’identificazione), aumentare le emozioni positive e dare una maggiore sensazione di controllo nella vita quotidiana.
Il fatto che le emozioni negative non siano diminuite subito non sminuisce il risultato. La DBT non mira a eliminare le emozioni spiacevoli (sarebbe impossibile e innaturale!), ma a imparare a gestirle, a tollerarle e a non farsi travolgere. Sentire di avere più controllo, anche se l’emozione negativa è presente, è un passo avanti enorme per il benessere psicologico.
L’aumento delle emozioni conflittuali riportate, letto insieme alla diminuzione delle emozioni “non identificate”, sembra proprio indicare una maggiore ricchezza e accuratezza nella percezione di sé. È come passare da una visione in bianco e nero a una a colori: magari si notano più contrasti, ma la visione è più completa.
La mancanza di cambiamenti fisiologici di base evidenti in 5 mesi ci ricorda che corpo e mente hanno tempi diversi, e che forse le misure fisiologiche continue colgono aspetti differenti rispetto all’esperienza soggettiva immediata. Oppure, semplicemente, ci vuole più tempo di terapia per vedere modifiche stabili a quel livello.
L’approccio EMA si conferma potentissimo: ci permette di andare oltre i limiti dei questionari retrospettivi e di cogliere le dinamiche emotive nel loro farsi, nella vita reale. Combinarlo con misure fisiologiche apre scenari di ricerca davvero promettenti per capire i meccanismi di cambiamento della terapia.
Limiti e Prospettive Future: La Ricerca Continua
Come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti. È uno studio pilota, senza un gruppo di controllo (persone che non hanno fatto la DBT), quindi non possiamo essere certi al 100% che i cambiamenti siano dovuti *solo* alla terapia. Il campione è relativamente piccolo (26 persone) e molti assumevano farmaci, il che potrebbe influenzare i risultati. Inoltre, le misure EMA usate per alessitimia e controllo emotivo erano semplici (una sola domanda), e i sensori da polso, per quanto comodi, sono meno precisi di strumenti da laboratorio.
Cosa ci portiamo a casa? La conferma che la DBT è promettente e che vale la pena continuare a studiarla per l’autismo adulto, magari con studi più grandi, con gruppi di controllo, misure ancora più raffinate (sia soggettive che fisiologiche) e follow-up più lunghi per vedere gli effetti a distanza. Sarebbe bello anche esplorare più in dettaglio quali strategie DBT specifiche sono più utili e come vengono usate nella vita quotidiana.
In conclusione, questo “viaggio” nei dati ci dice che la DBT può davvero aiutare gli adulti autistici a navigare il complesso mondo delle emozioni, migliorando la consapevolezza, il controllo e l’esperienza di emozioni positive. Un passo importante verso una migliore qualità di vita.
Fonte: Springer
